lavorare [lavorroe, in rima, I singol. cond. pres.]
In If XIII 150 se non fosse che 'n sul passo d'Arno / rimane ancor di lui [Marte] alcuna vista, / que' cittadin che poi la rifondarno [Firenze] / sovra 'l cener che d'Attila rimase, / avrebber fatto lavorare indarno, dove sarà da intendere come infinito, con oggetto sottinteso (" avrebbero fatto lavorare invano i costruttori ", Porena) piuttosto che infinito sostantivato (" avrebbero speso inutilmente le loro fatiche ", Mattalia). " Se non fosse che alcuna reliquia d'esso [Marte] rimase in su 'l passo d'Arno, indarno avrebbero rifondata la cittade quelli cittadini, che la rifecero " (Ottimo).
Situazione più mossa nel Fiore, dove il verbo ricorre talora nel senso proprio di " attendere a un lavoro pratico " (CX 13, CXIII 10, CXV 13, CXX 2, 8 e - sostantivato - 9; con diverso valore il participio attributivo di XXVIII 8 marmo lavorato ad iscarpello). Si noti poi l'intonazione fortemente allusiva di CXXXVI 11 Falsembiante col rasoio lavora, e CCXIX 6 i' [Venere] lavorroe / col mi' brandone; così anche in LXIV 8 a le' servir tuttor pensa e lavora; CXCVI 13 'l diavol, che di notte in lei [Gelosia] lavora.