termine, lavoro a
Rapporto di impiego caratterizzato dall’apposizione di un t. finale alla durata del contratto. Viene anche detto lavoro a tempo determinato.
È una forma di lavoro atipico (➔ lavoro, tipologie di; atipico). La l. 230/1962 ha sancito il principio (riaffermato nella l. 247/2007) secondo cui il contratto di lavoro è normalmente a tempo indeterminato, e quindi il lavoro a t. deve essere considerato un’eccezione rispetto a tale regola generale. Le assunzioni a t. sono consentite per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche nell’ambito della ordinaria attività dell’impresa, di fatto quindi estendendo notevolmente la possibilità di stipulare tali contratti. È richiesta la forma scritta, la specificazione del t. (una data stabilita o legata a un evento futuro di cui non si conosca il momento di realizzazione), e l’indicazione della ragione dell’assunzione a termine. In alcuni casi le imprese non possono ricorrere al lavoro a t., per es. per sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero o presso imprese nelle quali nei 6 mesi precedenti siano stati effettuati licenziamenti collettivi con riferimento alle stesse mansioni fissate dal contratto a tempo determinato. I lavoratori hanno diritto al medesimo trattamento economico e normativo previsto per comparabili lavoratori a tempo indeterminato. A chi ha prestato l’attività per periodi superiori a 6 mesi è garantito il diritto di precedenza, ossia il diritto di essere preferiti ad altri lavoratori nel caso l’impresa proceda a nuove assunzioni. Non esistono vincoli numerici alle assunzioni a t. rispetto all’organico complessivo, salvo diversa indicazione da parte della contrattazione collettiva (➔ lavoro, contratto collettivo di). In alcuni casi, non può essere apposta alcuna limitazione neanche dai contratti collettivi, per es. nella fase di avvio di nuove attività, in casi di sostituzioni o per contratti di natura stagionale. Il contratto, previo consenso del lavoratore, può essere prorogato una sola volta oltre la scadenza se la durata massima complessiva non è superiore ai 3 anni, se è richiesta da ragioni oggettive e se si riferisce alla stessa attività lavorativa per la quale è stato stipulato il contratto a tempo determinato. È contemplata tuttavia la possibilità di proseguire il rapporto per brevi periodi (massimo 20 o 30 giorni se il contratto ha durata rispettivamente inferiore o superiore a 6 mesi) oltre la scadenza per consentire di ultimare le attività lavorative in corso. Dopo tali termini, il contratto viene trasformato automaticamente a tempo indeterminato. Alla scadenza del contratto è possibile riassumere il lavoratore con un nuovo contratto a tempo determinato, purché siano trascorsi 10 o 20 giorni dalla data di scadenza del contratto di durata rispettivamente inferiore o superiore a 6 mesi; per ridurre tuttavia la successione dei contratti a t. e il rischio di precarietà (➔), è stata stabilita una durata massima complessiva di 36 mesi per i contratti a tempo determinato tra un certo datore di lavoro e il lavoratore. ● Il d.d.l. 3249/2012, con l’obiettivo di contrastare un’eccessiva reiterazione di rapporti a t. tra le stesse parti, stabilisce l’ampliamento dell’intervallo tra un contratto e l’altro a 60 giorni nel caso di un contratto di durata inferiore a 6 mesi, e a 90 giorni nel caso di un contratto di durata superiore. Nel contempo, tenuto conto delle possibili esigenze organizzative delle imprese, si prevede un prolungamento del periodo durante il quale il rapporto a t. può proseguire oltre la scadenza, da 20 a 30 giorni per contratti di durata inferiore ai 6 mesi e da 30 a 50 giorni per quelli di durata superiore. Si decreta, inoltre, che ai fini della determinazione del periodo massimo di 36 mesi sancito per la stipulazione di contratti a t. con un medesimo dipendente, vengano computati anche eventuali periodi di lavoro somministrato intercorsi tra il lavoratore e il datore/utilizzatore. Poiché, infine, i rapporti di lavoro regolati da questo istituto presentano una maggiore propensione, rispetto al contratto di lavoro a tempo indeterminato, all’attivazione di strumenti assicurativi, si determina un incremento del relativo costo contributivo (aliquota 1,4%), destinato al finanziamento dell’ASpI (➔).