LAVORO (XX, p. 650)
Una delle novità essenziali del codice civile del 1942 è costituita dalla introduzione nel codice stesso del libro "Del lavoro" (libro V, articoli da 2060-2642). Esso comprende non soltanto il rapporto di lavoro in senso stretto, ma tutta l'attività della vita economica, dal rapporto e dal contratto di lavoro alla nozione e alla disciplina dell'impresa, come economia organizzata, alle società, alle mutue assicuratrici, ai consorzî, ecc.; sorto dall'idea della soppressione di un separato codice di commercio, è impostato sul concetto di una visione unitaria dell'attività umana e dei rapporti giuridici ad essa inerenti.
Una parte preponderante della disciplina del nuovo codice è dedicata al diritto del lavoro vero e proprio, sorgente dal rapporto di lavoro, inteso questo come rapporto di scamlbio economico, e comprendente sia il diritto individuale, sia quello collettivo o sindacale.
Il diritto del lavoro ha assunto in questo ultimo mezzo secolo una fisionomia sempre più spiccata ed autonoma ed è il risultato di una lenta elaborazione della coscienza giuridica dei varî paesi, concretatasi in alcuni di essi in veri e proprî codici del lavoro (Francia: 1920; Russia: 1922; Messico: 1931; Turchia: 1936, ecc.) e in altri paesi in disposizioni di vario genere, contenute in leggi o in contratti collettivi, giacché la mancanza, in essi, di una disciplina organica del rapporto di lavoro non rappresenta una lacuna o una insensibilità politica di fronte a determinati problemi, ma risponde ad una consuetudine legislativa riposta essenzialmente nella tradizione, in relazione peraltro al grado di potenzialità raggiunto dalle organizzazioni sindacali (Gran Bretagna, Stati Uniti, Nuova Zelanda, ecc.).
In Italia per quanto riguarda il diritto individuale, nel codice del 1865 il rapporto di lavoro poteva trovare la sua collocazione nel contratto di locazione, che comprendeva, accanto alla locazione delle cose, anche quella delle opere, nella quale pochissime disposizioni, e del tutto insufficienti, riguardavano il lavoro subordinato e quello autonomo. Tale insufficienza non tardò ad essere avvertita, come d'altra parte avveniva o già era avvenuto in altri paesi, specie col progredire dell'organizzazione della vita economica e sociale, che s'impostava per molti aspetti come problema di lavoro. Si provvide così mano mano all'emanazione di particolari disposizioni legislative per disciplinare questo o quell'aspetto del rapporto di lavoro, sia per quanto riguardava il lavoro manuale, sia per quanto riguardava il lavoro impiegatizio. Il codice del 1942 ha voluto dare una regolamentazione sistematica, disciplinando tanto il rapporto di lavoro subordinato, quanto il lavoro autonomo.
Per ciò che si riferisce al secondo aspetto del diritto del lavoro e cioè a quello collettivo e sindacale, il ragionamento è più complesso. Per quanto tutto il libro del lavoro si richiami alla "carta del lavoro" e all'ordinamento corporativo sindacale fascista, tuttavia è evidente che, cessata in base al decr. legge luog. 14 settembre 1944, n. 287, l'efficacia giuridica della carta del lavoro, soppresso col r. decr. legge 9 agosto 1943, n. 721, l'ordinamento corporativo, soppresse in base al decr. legge luog. 23 novembre 1944, n. 369, le organizzazioni sindacali fasciste e liquidati i relativi patrimonî, deve ritenersi abrogata la legislazione sindacale fascista e, mentre le disposizioni del codice sono rimaste in vita per quanto riguarda il diritto individuale del lavoro, devono invece ritenersi abrogate quelle relative al diritto collettivo o quanto meno quelle - e sono la maggior parte - incompatibili con l'attuale sistema sindacale.
Diritto sindacale. - La nuova costituzione si è occupata dell'organizzazione sindacale e all'art. 39 ne ha stabilito i principî essenziali. Tali principî riguardano essenzialmente: 1) libertà sindacale, libertà che si riflette in tre aspetti principali e cioè: libertà del singolo di iscriversi ad una associazione sindacale; pluralità di associazioni sindacali per una stessa categoria professionale e nell'ambito di una stessa circoscrizione territoriale; autogoverno dell'associazione sindacale; 2) statuto dell'associazione sindacale a base democratica; 3) obbligo dell'associazione sindacale alla sola registrazione; 4) partecipazione unitaria delle associazioni registrate alla stipulazione di un contratto collettivo di lavoro; 5) efficacia erga omnes del contratto collettivo come sopra stipulato. La costituzione prevede quindi una legge speciale sulla disciplina dell'ordinamento sindacale; il problema è ora allo studio.
Per quanto sia compito della dottrina stabilire la natura e la struttura giuridica del sindacato, secondo le norme della costituzione, nonché il carattere e l'efficacia del contratto collettivo stipulato dal sindacato registrato, o meglio, dalla rappresentanza unitaria dei sindacati registrati, può dirsi tuttavia che il sistema accennato dalla costituzione italiana sembra avvicinarsi a quello francese, seguito a sua volta dall'Olanda, dalla Svizzera, dal Brasile, dalla Iugoslavia, ecc., in cui è previsto il riconoscimento giuridico delle associazioni sindacali ed è altresì prevista, sia pure attraverso diverse modalità, la possibilità di estendere l'efficacia del contratto collettivo a tutti gli appartenenti alla medesima categoria professionale, anche se non soci delle associazioni stipulanti. Conseguente alla registrazione è, per la costituzione italiana, il riconoscimento della personalità giuridica dell'associazione sindacale, acquisito al di fuori di ogni altra formalità e che conferisce all'associazione medesima la possibilità di stipulare, attraverso un sistema di rappresentanza unitaria, contratti collettivi valevoli per tutta la categoria.
Abrogata implicitamente la legge 3 aprile 1926, n. 563, nonché il relativo regolamento, approvato con r. decr. 10 luglio 1926, n. 1130, sul riconoscimento giuridico delle associazioni sindacali e sui contratti collettivi di lavoro, alle attuali associazioni sindacali possono ritenersi applicabili le norme di cui al capo terzo del libro I del codice, relative alle associazioni non riconosciute, per cui l'ordinamento interno, l'amministrazione e la rappresentanza delle associazioni stesse sono regolate dagli accordi degli associati.
Il decr. legge luog. 23 novembre 1944, n. 369, sulla soppressione delle organizzazioni sindacali fasciste, stabilisce, fra l'altro, che per i rapporti collettivi ed individuali restano in vigore, salvo le successive modifiche, le norme contenute nei contratti collettivi, negli accordi economici, nelle sentenze della magistratura del lavoro e nelle ordinanze corporative. Si tratta di disposizioni, come è evidente, di carattere transitorio, dettate dalla necessità di non lasciare scoperti di una regolamentazione contrattuale, con la soppressione dell'ordinamento corporativo sindacale, tutti i settori dell'attività produttiva. Gli attuali contratti collettivi rientrano nell'ambito del diritto comune e non possono obbligare che gli iscritti alle associazioni stipulanti, salva successiva adesione di altre parti.
In alcuni casi però lo Stato, per rendere applicabili erga omnes le disposizioni di alcuni contratti, è intervenuto a dare forza di legge al contenuto di essi: così, per esempio, col d. legisl. luog. 2 novembre 1944, n. 203; col d. legisl. luog. 25 gennaio 1945, n. 13; col d. legisl. luog. 8 febbraio 1946, n. 50, e, da ultimo, con la legge 8 agosto 1948, n. 1094, con la quale, oltre a prorogare per un altr'anno i contratti di mezzadria e di colonia, si è dato forza di legge al cosiddetto patto di tregua mezzadrile, stipulato tra le organizzazioni interessate nel giugno 1947, prorogandone per un ulteriore anno la validità. Ciò del resto è comune alla prassi seguita in molti altri paesi (Francia, Austria, Brasile, Olanda, Bulgaria ecc.), nei quali l'estensione del contratto a tutti gli appartenenti alla categoria avviene per legge o per atto dell'autorità amministrativa.
Dopo la soppressione delle organizzazioni sindacali fasciste si sono venute creando, sia nel campo dei lavoratori, sia in quello dei datori di lavoro, nuove associazioni sindacali, che hanno carattere libero e non possono ritenersi, allo stato della legislazione, se non associazioni di fatto, a meno che qualcuna di esse non abbia richiesto ed ottenuto il riconoscimento giuridico a norma degli articoli 12 e segg. del codice civile.
Come organizzazioni centrali per i lavoratori, si era ricostituita, subito dopo la liberazione, la Confederazione generale italiana del lavoro che, espressione essenziale dei tre partiti di massa, sul piano sindacale inquadrava e rappresentava unitariamente i lavoratori. Scissa però l'unità sindacale nel 1948, la corrente democristiana ha costituito una organizzazione a sé: la Libera Confederazione italiana del lavoro. È sorta pure la Confederazione sindacale italiana dei lavoratori. Nel campo dei datori di lavoro esistono, nell'industria, la Confederazione generale italiana dell'industria (Confindustria), la Confederazione degli armatori, la Confederazione imprese dei trasporti; per l'agricoltura la Confederazione generale dell'agricoltura italiana (Confagricoltura; già Confida, Conf. ital. degli agricoltori) e la Confederazione nazionale dei coltivatori diretti; per il commercio la Confederazione generale italiana del commercio e la Federazione commercio estero; nel campo creditizio e assicurativo - ma come associazioni di primo grado - l'Associazione nazionale delle imprese assicuratrici, l'Associazione nazionale aziende del credito, l'Associazione nazionale casse di risparmio, l'Associazione banche popolari, l'Associazione nazionale esattori. Inoltre: la Confederazione dirigenti di azienda, una Confederazione dell'artigianato e una Confederazione nazionale piccole industrie.
Diritto individuale. - a) Lavoro nell'impresa. - Il titolo II del libro V è dedicato al lavoro nell'impresa, riferentesi cioè al lavoro individuale subordinato (per il lavoro autonomo v. appresso). L'impresa (v. in questa App.) costituisce uno dei punti basilari della nuova codificazione civile, in quanto essa rappresenta l'economia organizzata. Il capo I del predetto titolo parla dell'impresa in generale. Il concetto d'impresa non è legato a particolari settori dell'economia, ma abbraccia ogni forma di attività produttiva organizzata, agricola, industriale, commerciale, creditizia; non è legato a particolari dimensioni quantitative, ma comprende così la grande e la media impresa, come la piccola impresa del coltivatore diretto del fondo, dell'artigiano, del piccolo commerciante, salvo, per la piccola impresa, la particolarità del suo statuto. La disciplina data dal codice al rapporto di lavoro nell'impresa è di carattere generale. Ciò per lasciare largo posto nella materia alla legislazione speciale e alla regolamentazione collettiva. La disciplina data dal codice al rapporto di lavoro nell'impresa, fissa i principî generali ed essenziali, se pure tali principî comprendono tutto lo svolgimento del rapporto: e ciò allo scopo di consentire alle parti di adattare il rapporto alle diverse esigenze dei varî rami della produzione. Le norme del codice trovano applicazione qualunque sia la qualifica del prestatore di lavoro, sia egli dirigente, impiegato od operaio. In sintesi, con le norme del codice si è voluto garantire l'osservanza delle norme sul collocamento attraverso l'azione del pubblico ministero; la determinazione della retribuzione in difetto di accordo tra le parti, attraverso la pronuncia del giudice. Si dà per la prima volta una disciplina legislativa al sistema del cottimo. Si riconosce il diritto del prestatore di lavoro alle ferie e al riposo settimanale. Viene tutelata la posizione del prestatore d'opera in caso d'infortunio, malattia, gravidanza, puerperio, servizio militare, trasferimento di azienda. Si sono volute disciplinare le istituzioni di previdenza e di assistenza. Si sono voluti garantire i diritti del prestatore d'opera in caso di risoluzione del rapporto. Viene disciplinato il rapporto di tirocinio.
Va infine precisato che al rapporto considerato dal codice, nella sez. III del predetto capo primo, sono altresì applicabili i principî e le norme contemplate dal codice medesimo per le obbligazioni e per i contratti, trattandosi di un contratto, sia pure sui generis.
Il codice non dà una definizione del contratto di lavoro, i cui elementi essenziali, in base alla dottrina e alla giurisprudenza, possono tuttavia reperirsi nel carattere di scambio e di onerosità, nonché in quelli della personalità della prestazione e della subordinazione del prestatore d'opera. È invece definito il prestatore di lavoro subordinato che (art. 2094) è colui che si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore. L'art. 2095 distingue i prestatori di lavoro subordinato in dirigenti amministrativi o tecnici, impiegati ed operai.
Costituzione e svolgimento del rapporto. - Ad essi è dedicata la sez. III. L'art. 2096 tratta dell'assunzione in prova, stabilendo che il periodo di prova deve risultare da atto scritto. Una volta compiuto il periodo di prova l'assunzione diventa definitiva. Il contratto di lavoro è normalmente a tempo indeterminato. Può essere, però, anche a tempo determinato se il termine risulti dalla specialità del lavoro o da atto scritto, a meno che il termine non sia apposto per eludere le disposizioni relative al contratto a tempo indeterminato, nel qual caso si ha come un apposto (art. 2097). Il codice considera inoltre la violazione delle norme sul collocamento cfr. (articolo 2098).
Per quanto riguarda la retribuzione è stabilito (art. 2099) che, in mancanza di accordo fra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice. Il prestatore di lavoro può essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione al prodotto, con provvigione o con prestazioni in natura. L'art. 2100 dispone l'obbligatorietà del cottimo quando tale sistema è imposto dalla necessità della produzione o quando la valutazione della prestazione lavorativa è fatta in base al risultato delle misurazioni dei tempi di lavorazione. La partecipazione agli utili è determinata in base agli utili netti dell'impresa.
Gli articoli 2104, 2105 e 2106 parlano della diligenza da parte del prestatore di lavoro; della sua osservanza alle disposizioni per la esecuzione e la disciplina del lavoro; del divieto di trattare affari per conto proprio o di terzi in concorrenza con l'imprenditore e di quello di divulgare notizie circa l'organizzazione e i metodi di produzione dell'impresa, nonché delle sanzioni in caso d'inosservanza alle disposizioni precedenti.
Per l'orario di lavoro il codice si riferisce alle leggi speciali. Lo stesso fa per quanto riguarda i limiti, la durata e la retribuzione del lavoro straordinario e di quello notturno, per i quali, comunque, stabilisce uno speciale compenso. L'art. 2109 parla del periodo di riposo, che fissa in un giorno per settimana, e del periodo di ferie che deve essere annuale e retribuito, rimandando per la determinazione della durata di tale periodo alla legge speciale o agli usi.
Al prestatore di lavoro è garantita la retribuzione o un'indennità nel caso d'infortunio, malattia, gravidanza e puerperio. Le leggi speciali d'altra parte già provvedevano, specie per i lavoratori manuali, al riguardo (art. 2110). La chiamata o il richiamo alle armi sono disciplinate dall'art. 2111.
In caso di trasferimento di azienda, il contratto di lavoro continua col nuovo titolare ove l'alienante non abbia dato disdetta tempestiva.
Per l'art. 2113 non sono valide le rinunce e le transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili. Gli articoli 2114 e 2117 parlano dell'obbligo di previdenza e di assistenza obbligatoria rimandando in proposito alle leggi speciali (v., infortuna; previdenza sociale, in questa App.).
Da ricordare la disposizione contenuta nell'art. 2116 per le prestazioni assicurative che sono dovute al lavoratore anche quando vi sia stata inadempienza del datore di lavoro all'obbligo contributivo. Nel caso in cui l'istituto assicuratore non sia tenuto, per mancata o irregolare contribuzione, a corrispondere le prestazioni, il datore di lavoro è responsabile del danno che ne deriva al lavoratore.
Il contratto di lavoro può risolversi, da ciascuna delle parti, col preavviso da darsi nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi o dagli usi o, in mancanza, di una indennità corrispondente (art. 2118). La giusta causa è motivo di risoluzione immediata del rapporto (art. 2119). In caso di cessazione del rapporto il prestatore d'opera ha diritto ad un'indennità di anzianità proporzionata agli anni di servizio, salvo il caso di licenziamento per sua colpa o di dimissioni volontarie. L'ammontare delle indennità è determinato in base all'ultima retribuzione in relazione alla categoria alla quale appartiene il prestatore d'opera (art. 2120) e secondo le modalità previste dall'art. 2121. Nel caso di morte del prestatore d'opera le indennità di preavviso o di anzianità vanno corrisposte al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado. La ripartizione è regolata dall'art. 2122. È obbligatorio, da parte del datore di lavoro, il rilascio di un certificato di lavoro all'atto della cessazione del rapporto (art. 2124).
Dal codice è altresì considerato il lavoro a domicilio, stabilendosi che ad esso si applicano le disposizioni relative alla specialità del rapporto. Queste si applicano altresì ai dipendenti di enti pubblici, in quanto il loro rapporto non sia regolato diversamente dalla legge.
Tirocinio o apprendistato. - Per questo tipo di contratto di lavoro subordinato le disposizioni del codice hanno sostituito quelle di cui al r. decr. legisl. 21 giugno 1938, n. 1380. Anche se scopo dell'apprendista è quello di apprendere un mestiere, tuttavia egli s'inserisce nell'organizzazione dell'impresa, partecipando ai diritti e agli obblighi degli altri lavoratori dell'impresa stessa.
Impresa agricola. - Il capo II dello stesso titolo II è dedicato all'impresa agricola, altra novità notevole fissata dal nuovo codice, in quanto in essa trovano sede più propria i rapporti che attengono all'organizzazione dell'economia agricola.
La sistematica adottata dal nuovo codice non è tuttavia esente da difetti d'impostazione, in quanto l'impresa agricola non si esaurisce nei contratti a tipo associativo o contratti parziarî, i quali soltanto hanno trovato posto nel libro del lavoro, potendosi essa manifestare anche attraverso altre forme di contratti agrarî, primo dei quali l'affitto.
Tuttavia sta di fatto che con le norme dedicate dal codice all'impresa agricola non soltanto trovano una sistemazione più conveniente varî tipi di contratto che avevano nel codice del 1865 una collocazione assolutamente inadatta (la mezzadria, per esempio, era considerata quasi come una sottospecie della locazione), ma anche il diritto agrario trova la sua cittadinanza.
Notevoli, per ciò che riguarda la parte generale, le disposizioni relative alla definizione d'imprenditore agricolo, cioè di colui che esercita un'attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento del bestiame e ad attività connesse (art. 2235); l'inapplicabilità per l'impresa agricola delle norme relative all'iscrizione nel registro delle imprese; la responsabilità dell'imprenditore agricolo; i poteri dei dirigenti e dei fattori di campagna; lo scambio di mano d'opera o di servizî tra piccoli imprenditori agricoli. Per quanto riguarda l'impresa agricola e i singoli istituti in essa considerati v. impresa; mezzadria; colonia parziaria; Soccida, in questa App.
Il nuovo codice contempla infine al capo III le imprese commerciali e le altre imprese soggette a registrazioni.
Per quanto riguarda il registro delle imprese, la rappresentanza, i libri di commercio nonché il fallimento e il concordato preventivo v. in questa App. le relative voci.
b) Lavoro indipendente dall'organizzazione ad impresa. - Al di fuori del lavoro nell'impresa esistono, secondo il codice, altri due tipi di rapporti di lavoro: il lavoro autonomo (regolato dal titolo III) e il lavoro subordinato, ma non inerente all'esercizio di un'impresa. In quest'ultimo il codice comprende il lavoro domestico.
Il rapporto di lavoro domestico ha per oggetto la prestazione di servizî di carattere domestico, fuori cioè dell'ambito di una impresa vera e propria. La legge (articoli 2240 e 2246) provvede al riguardo con particolari norme, relative al periodo di prova, al vitto, all'alloggio e all'assistenza, al periodo di riposo, ecc., dettate dalla specialità del rapporto stesso.
Quanto al lavoro autonomo, sotto tale titolo viene regolato il contratto di lavoro che ha per oggetto la prestazione di un'opera o di un servizio, considerati nel loro risultato e quindi senza vincolo di subordinazione per il prestatore d'opera. Tale contratto viene chiamato contratto d'opera. Mentre nel lavoro subordinato, oggetto del contratto è una prestazione di energie lavorative che il lavoratore pone, con vincolo di subordinazione, a disposizione del datore di lavoro, nel lavoro autonomo oggetto del contratto è il risultato del lavoro in sé stesso, compiuto dal prestatore verso un corrispettivo, ma con autonomia e con suo proprio rischio, indipendentemente dalla somma di energia spesa per conseguire il risultato medesimo (cfr. art. 2222). La differenza fra i due tipi di lavoro corrisponde, in linea generale, a quella tra le due figure del diritto romano di locatio operarum e di locatio operis, purché però - avverte la stessa relazione al codice - si tratti della forma più elementare di locatio operis in cui, cioè, essenziale o prevalente sia la prestazione del lavoro manuale o intellettuale.
Particolarmente riferentisi agli aspetti tipici del contratto, che ha riguardo al carattere prevalentemente personale della prestazione, sono le disposizioni dell'art. 2223, che considera come eccezionale la fornitura della materia da parte del prestatore d'opera; dell'art. 2225 che, nel parlare del corrispettivo, assicura speciale rilievo all'elemento lavoro; dell'art. 2227 che ha riguardo al lavoro eseguito; dell'art. 2228 che considera, in caso di sopravvenuta impossibilità nell'esecuzione dell'opera, l'utilità della parte dell'opera compiuta agli effetti del compenso al prestatore di opera.
Il capo II del medesimo titolo III tratta dell'esercizio delle professioni intellettuali e del contratto che ha per oggetto una prestazione d'opera intellettuale. Si tratta di norme di carattere generale in quanto sono applicabili più particolarmente le disposizioni delle leggi speciali. Il codice (art. 2229) demanda alla legge la determinazione delle professioni per cui è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi, stabilendo (art. 2231) che, se l'esercizio della professione è condizionato all'iscrizione la mancanza di questa non dà azione per il pagamento della retribuzione. Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe, è stabilito dal giudice adeguatamente all'importanza dell'opera e al decoro della professione. Il prestatore d'opera, se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, non risponde dei danni, se non in caso di dolo o colpa grave (art. 2236). Le parti possono recedere dal contratto. In tal caso il prestatore d'opera ha diritto alle spese fatte e al compenso per l'opera prestata (art. 2237).
Per gli altri titoli del libro V e gli istituti in essi disciplinati v.: società; cooperazione; assicurazione; associazione; azienda; autore; invenzione; modello; consorzio; sciopero.
Il lavoro nella nuova costituzione italiana. - La costituzione italiana 1948 pone il lavoro come principio essenziale e come requisito fondamentale per uno stato democratico. L'art. 1 infatti stabilisce che "l'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro" dandosi alla parola "lavoro" il suo più ampio significato, senza cioè distinzione di grado o di categoria. Per l'art. 4 "la repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società". In tale articolo il riconoscimento del diritto al lavoro costituisce, come è ovvio, non una norma giuridica, ma un principio di carattere fondamentale e programmatico. L'art. 35 aggiunge che la repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, cura la formazione e l'elevazione personale dei lavoratori, promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e a regolare i diritti del lavoro; riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.
Altre norme relative al lavoro ed espresse dalla costituzione sono le seguenti: "il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi" (art. 36). "La donna lavoratrice ha gli stessi obblighi e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione" (art. 37). "Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessarî per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo stato. L'assistenza privata è libera" (art. 38). Si tratta, come si vede, non di norme positive, ma di principî fondamentali, ai quali debbono essere informate le relative leggi speciali e da cui appare evidente l'intenzione di dare al lavoro una funzione preminente nella vita e nell'attività del paese.
Diritto processuale del lavoro. - Devono ritenersi abrogate, per le stesse ragioni svolte antecedentemente, le disposizioni relative alle controversie collettive di lavoro; devono al contrario ritenersi ancora in vigore le norme relative alle controversie individuali di lavoro, di cui agli articoli 429 e segg. del codice di proc. civ. S'intende però che anche fra queste norme sono implicitamente abrogate quelle relative al tentativo di conciliazione e in genere quelle che fanno riferimento alle associazioni professionali. Del pari sono ancora in vigore le disposizioni relative alle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie di cui agli articoli 459 e segg. del cod. proc. civ.
Bibl.: U. Borsi e F. Pergolesi, Trattato di diritto del lavoro, Padova 1939; A. Fanfani, Storia del lavoro in Italia, Milano 1943; G. Mazzoni, La conquista della libertà sindacale, Roma 1947; F. Pergolesi, Il diritto del lavoro, Bologna 1948; id., Il diritto sindacale comparato, Bologna 1934; U. Prosperetti, Lezioni di diritto del lavoro, Bari 1946; L. Riva Sanseverino, Del lavoro, in Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja, Bologna 1943; I. M. Sacco, Storia del sindacalismo, Milano 1942; C. Arena, Nuove tendenze dell'organizzazione giuridica del lavoro, Roma 1934; G. Mazzoni, Il contratto collettivo di lavoro nella legislazione internazionale, Firenze 1930; G. La Loggia, Principî del diritto del lavoro, Milano 1940; F. Santoro Passerelli, Nazioni di diritto del lavoro, Napoli 1946; N. Sinagra, Diritto dellavoro, Catania 1947; F. M. De Robertis, I rapporti di lavoro nel diritto romano, Milano 1946; W. Bigiavi, La piccola impresa, Milano 1947; M. Savino, La subordinazione nel rapporto di lavoro, Torino 1943; E. Bassanelli, Dell'impresa agricola, in Commentario del cod. civ. a cura di A. Scialoja, Bologna 1943; G. Ardau, Il contratto di tirocinio nel nuovo cod. civ., Roma 1941; U. Borsi, Elementi di legislazione sociale del lavoro, Bologna 1938; P. Calamandrei, Studi sul processo civile, Padova 1930-35; G. Carrara, Il contratto di mezzadria, Urbino 1936; L. Delitala, Il contratto di lavoro, Torino 1931; V. Gueli, Sistema giuridico delle assicurazioni sociali, in Trattato di diritto del lavoro, diretto da U. Borsi e F. Pergolesi, Padova 1939; L. Riva Sanseverino, Corso di diritto del lavoro, Padova 1941.
Organizzazione internazionale del lavoro (XX, p. 655).
La guerra 1939-45 ha causato un rallentamento dell'attività dell'Organizzazione, la quale, con la sua ripresa, ha dovuto affrontare anche il problema della propria esistenza nel quadro delle Nazioni Unite. Le esperienze sociali più recenti dei paesi in guerra e la scomparsa della Società delle nazioni, di cui l'OIL era parte, hanno congiuntamente portato alla nuova impostazione della sua attività, le cui linee generali sono state tracciate dalla Dichiarazione sugli scopi e obbiettivi dell'OIL, adottata a Filadelfia nella 26a sessione della Conferenza il 10 maggio 1944 e i cui limiti giuridici sono stati definiti dalla nuova Costituzione elaborata nella 27a e nella 29a sessione, tenute rispettivamente a Parigi nel 1945 e nel 1946 a Montreal. La "Dichiarazione di Filadelfia", che l'art. 1 della nuova costituzione include insieme al "Preambolo" tra gli scopi e obbiettivi dell'Organizzazione, introduce il concetto di pieno impiego tra le sue finalità, e l'obbligo di esaminare anche le questioni economiche e finanziarie che hanno riflessi sociali, con la facoltà di adottare le misure necessarie. Altre novità introdotte nella costituzione riguardano: lo stato giuridico degli stati federali e dei territorî non metropolitani nell'Organizzazione; il collegamento dell'OIL con il Consiglio economico e sociale e con gli altri enti specializzati delle N. U.; l'assistenza che l'Ufficio interazionale del lavoro deve prestare ai governi per l'elaborazione delle leggi e il miglioramento degli organi amministrativi e ispettivi nel campo sociale; l'obbligo di comunicare all'OIL e alle associazioni sindacali, oltre ai rapporti sull'applicazione delle convenzioni ratificate, la situazione per quelle non ancora ratificate; la convocazione di conferenze regionali e di riunioni preparatorie. Un particolare tipo di riunioni affermatosi nel dopoguerra è quello delle commissioni d'industria per ramo di attività, in cui la rappresentanza dei governi, delle associazioni operaie e di quelle padronali è nel rapporto di 2 : 2 : 2 anziché di 2 : 1 : i come stabilito per le conferenze. Durante le 14 sessioni tenute dal 1934 al 1948, la Conferenza ha adottato 50 progetti di convenzioni internazionali che dettano principalmente norme per la limitazione della durata di lavoro e la concessione di ferie retribuite, l'assicurazione per la disoccupazione e malattie professionali, la prevenzione degli infortunî, la ispezione e le statistiche del lavoro, la libertà sindacale e l'organizzazione del collocamento, regolando quasi completamente l'ammissione al lavoro delle donne e dei fanciulli nonché i regimi speciali dei marittimi, degli indigeni e degli emigranti.
Durante le 13 sessioni tenute dal 1934 al 1947 la Conferenza ha adottato i seguenti progetti di convenzione: Diciottesima sessione, 1934: n. 41 sul lavoro notturno delle donne; n. 42 sul risarcimento in caso di malattie professionali; n. 43 sulla durata di lavoro nelle vetrerie automatiche; n. 44 sull'assicurazione per la disoccupazione. Diciannovesima sessione, 1935: n. 45 sull'impiego delle donne nei lavori sotterranei; n. 46 sulla durata di lavoro nelle miniere di carbone; n. 47 sulla settimana di 40 ore; n. 48 sulla conservazione dei diritti a pensione dei lavoratori migranti; n. 49 sulla riduzione della durata di lavoro nelle vetrerie da bottiglie. Ventesima sessione, 1936: n. 50 sul reclutamento dei lavoratori indigeni; n. 51 sulla riduzione della durata di lavoro nei lavori pubblici; n. 52 sulle ferie retribuite. Ventunesima sessione (marittima), 1936: n. 53 sui brevetti di capacità degli ufficiali; n. 54 sulle ferie retribuite dei marittimi; n. 55 sulle obbligazioni dell'armatore per i casi di malattia o infortunio; n. 56 sull'assicurazione malattia della gente di mare; n. 57 sulla durata di lavoro a bordo e gli effettivi. Ventiduesima sessione (marittima), 1936: n. 58 sull'età minima di ammissione dei fanciulli al lavoro marittimo. Ventitreesima sessione, 1937: n. 59 (revisione) sull'età minima nell'industria; n. 60 (revisione) sull'età minima nei lavori non industriali; n. 61 sulla riduzione della durata di lavoro nell'industria tessile; n. 62 sulle prescrizioni di sicurezza nell'edilizia. Ventiquattresima sessione, 1938: n. 63 sulle statistiche dei salarî e delle ore di lavoro. Venticinquesima sessione, 1939: n. 64 sui contratti di lavoro per gli indigeni; n. 65 sulle sanzioni penali pei lavoratori indigeni; n. 66 sui lavoratori migranti; n. 67 sulla durata di lavoro e i riposi nei trasporti stradali. Ventiseiesima sessione, 1944: nessuno. Ventisettesima sessione, 1945: nessuno. Ventottesima sessione (marittima), 1946: n. 68 sull'alimentazione e il servizio di tavola degli equipaggi marittimi; n. 69 sul diploma di capacità professionale dei cuochi di bordo; n. 70 sulla sicurezza sociale della gente di mare; n. 71 sulle pensioni della gente di mare; n. 72 sulle ferie retribuite dei marittimi; n. 73 sull'esame medico della gente di mare; n. 74 sui certificati di capacità di marinaio qualificato; n. 75 sull'alloggio degli equipaggi; n. 76 sui salarî, la durata del lavoro a bordo e gli effettivi. Ventinovesima sessione, 1946: n. 77 sull'esame medico di attitudine all'occupazione industriale dei fanciulli e degli adolescenti; n. 78 sull'esame medico di attitudine all'occupazione nei lavori non industriali dei fanciulli e degli adolescenti; n. 79 sulla limitazione del lavoro notturno dei fanciulli e degli adolescenti nei lavori non industriali; n. 80 per la revisione di alcune clausole delle convenzioni adottate precedentemente, richiesta dalla scomparsa della Società delle nazioni e dall'emendamento della costituzione dell'OIL. Trentesima sessione, 1947: n. 81 sull'ispezione del lavoro nell'industria e commercio; n. 82 sulla politica sociale nei territorî non metropolitani; n. 83 sulle norme di lavoro nei territorî non metropolitani; n. 84 sul diritto d'associazione nei territorî non metropolitani; n. 85 sull'ispezione del lavoro nei territorî non metropolitani; n. 86 sulla durata massima dei contratti di lavoro per gli indigeni. Trentunesima sessione, 1948; n. 87 sulle libertà sindacali e protezione del diritto sindacale; n. 88 sull'organizzazione del collocamento; n. 89 sul lavoro notturno delle donne nell'industria; n. 90 sul lavoro notturno dei fanciulli nell'industria.
Potenziale del lavoro.
Terminologia recente con la quale si vuol significare, in senso lato, il lavoro umano disponibile nell'ambito di un determinato territorio, indipendentemente dal suo effettivo impiego, e, in senso più ristretto, la disponibilità di lavoro umano non impiegata. Il potenziale di lavoro è dunque in ambedue i sensi una variabile quantitativa e qualitativa, potendosi con essa significare tutta la popolazione attiva, numericamente considerata, oppure anche le varie qualità di lavoro di cui si compone. La composizione qualitativa del potenziale di lavoro è determinata dalla domanda di prodotti e di servizî e dallo stato dell'organizzazione e della tecnica produttiva, tenendo presente che influiscono a determinarla anche i rapporti economici tra i varî ambiti territoriali. Approssimativamente il potenziale di lavoro di un paese, in senso lato, s'identifica con la popolazione compresa tra un'età minima e un'età massima, entro i quali limiti si presuppone che l'uomo sia capace di un rendimento economico apprezzabile, si tratti di attività estranea al mercato del lavoro (lavoro materno e famigliare) o di attività che dà luogo a un rapporto di lavoro contrattuale. Questi limiti riflettono una situazione media e non significano che al di qua o al di là da essi cessi ogni rendimento economico. La percentuale della popolazione attiva è più bassa in una popolazione progressiva o regressiva, perché in questi due casi sono relativamente in maggior numero coloro che non hanno raggiunto o hanno superato l'età del rendimento economico. Accanto all'ammontare e alla composizione qualitativa del potenziale di lavoro non deve essere trascurata la sua ripartizione territoriale, determinata da motivi che operano nel senso sia della stabilità sia del movimento della popolazione. Le migrazioni da un paese all'altro, o da una zona a un'altra dello stesso paese, possono modificare la quantità e la qualità del potenziale di lavoro e anche la sua composizione qualitativa nel caso in cui le migrazioni riguardino gruppi scelti per età e per qualità di lavoro.
Posteriormente alla prima Guerra mondiale si è manifestata una vasta disoccupazione in molti paesi del mondo, rincruditasi come effetto della crisi del 1929. Da questo acutizzarsi del problema dei disoccupati trassero occasione nuove dottrine destinate a mettere in evidenza le condizioni alle quali può essere assicurato l'impiego di tutto il potenziale di lavoro. Ne sono derivati programmi pratici che ebbero sviluppo soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra. Si è partiti dalla considerazione che l'assorbimento del potenziale di lavoro può essere assicurato da una manovrata capacità di acquisto di prodotti e di servizî. Basta dunque proporzionare la spesa, e cioè la domanda di prodotti e di servizî, alla totale offerta di lavoro, perché la disoccupazione possa essere assorbita raggiungendo il suo pieno impiego. L'intervento dello stato, attraverso la creazione del potere di acquisto monetario, può garantire una domanda di lavoro proporzionata alle necessità, indipendentemente dalla diretta utilità del suo impiego. Il maggior teorico di questa politica, destinata ad assicurare, con le varie forme d'intervento statale, il pieno impiego del potenziale di lavoro, è stato J. M. Keynes (v.) in opposizione alla tradizionale dottrina del Tesoro inglese riaffermata da Winston Churchill nell'esposizione finanziaria del 1929 in cui affermò "che ben poca occupazione aggiuntiva e nessuna di carattere permanente può, di fatto e come regola generale, essere creata attraverso l'indebitamento e la spesa dello stato". Questo principio tradizionale venne poi abbandonato dallo stesso governo inglese che si orientò verso una politica diretta all'accrescimento della spesa totale, tendente a provocare una domanda di lavoro indipendente da quella che può essere provocata da un aumento naturale della produzione. Tale dottrina sviluppatasi intorno al suo primo enunciatore, il Keynes, intende utilizzare l'inflazione monetaria e creditizia come mezzo di assorbimento della disoccupazione. Essa fa riscontro alle dottrine inflazionistiche di tipo capitalistico che si propongono di favorire un aumento di profitti con la politica del pubblico intervento e del credito. Mentre secondo la dottrina classica la domanda di lavoro è indissolubilmente legata all'offerta di prodotti e non può svilupparsi sincronicamente che con questa, la recente dottrina, respingendo l'esigenza di quel sincronismo, ammette che la domanda di lavoro possa svilupparsi, almeno in una fase iniziale, indipendentemente dall'aumento della produzione e cioè considera come condizione necessaria e sufficiente della domanda di lavoro l'ammontare della spesa. Donde la necessità di una spesa pianificata a lungo termine portata al livello necessario per compensare le sfavorevoli congiunture del mercato del lavoro. Questa dottrina è fondata sull'osservazione che il pieno impiego del lavoro si attua in tempo di guerra e nei regimi comunisti e cioè quando la domanda di stato provoca, anche in modo coattivo, quel totale assorbimento. Il bilancio dello stato viene dunque concepito, oltreché come entrata e spesa destinata a finanziare i servizî pubblici, come mezzo per compensare le deficienze di domanda di lavoro in rapporto a tutto il potenziale disponibile. Da questo aspetto non si esita a proporre il finanziamento di lavori inutili che rappresentano una soluzione, per altri riguardi deteriore, dei sussidî ai disoccupati.
La domanda di lavoro per impieghi anche inutili creerebbe attraverso questo aumento di occupazione e cioè del fondo salarî, un aumento di spese, che provocherebbe a sua vita un aumento di produzioni utili, normalizzando l'integrale assorbimento dell'offerta di lavoro.
La dottrina italiana del pieno assorbimento del potenziale di lavoro, esposta come corollario di una teoria generale dell'energetica economica (1921-38), non presenta la frattura con le dottrine classiche propria della dottrina del Keynes e delle successive amplificazioni e deduzioni. Essa si limita a proporre un accurato accertamento locale e continuativo dell'offerta di lavoro, per quantità e qualità, e non solo dell'offerta in atto ma di quella prevedibile dedotta da tutte le informazioni che si possono avere e da extrapolazioni statistiche sufficientemente attendibili. Sulla base di queste fondate previsioni locali, quantitative e qualitative, dell'andamento dell'offerta di lavoro, dovranno essere delineati, col concorso dell'iniziativa privata o con l'esecuzione di opere pubbliche produttive, piani di assorbimento di tutta l'offerta di lavoro, locali, regionali e nazionali, che realizzino il sincronismo tra i movimenti dell'offerta e della domanda di lavoro. L'orientamento dottrinario italiano ha portato al problema della "piena occupazione" un contributo realistico. Vedi anche disoccupazione; occupazione, piena, in questa Appendice.
Bibl.: A. de' Stefani, L'energetica economica, in Riforma sociale, 1921; id., Il potenziale di lavoro, in Riv. it. di scienze economiche, 1938; J. M. Keynes, General Theory of employment, interest and money, Londra 1936; W. Beveridge, Unemployment, Londra 1930; id., Full employment, Londra 1944. - Contra: W. Röpke, Gesellschaftskrise der Gegenwart, Zurigo 1942.
Patologia del lavoro (XX, p. 671).
Notevoli progressi sono stati compiuti durante l'ultimo decennio nella conoscenza tecnica e nell'identificazione giuridica delle malattie da lavoro. Studiati particolarmente i rapporti fra avitaminosi ed intossicazioni professionali: la mielosi e la diatesi emorragica, caratteristiche del benzolismo, sono risultate dipendenti essenzialmente da carenza di vitamina C; frequente deficienza di vitamina PP è stata pure rilevata in alcune sindromi da piombo, sì da consigliare l'uso dell'acido nicotinico nella terapia generica del saturnismo. La grande diffusione dell'impiego dei solventi nel campo industriale ha moltiplicato le denunzie di casi d'intolleranza o di avvelenamento, particolarmente a carico del tetracloruro di carbonio, che ha dato luogo ad intossicazioni anche mortali: rimedio efficace si è rivelata la metionina, data la sua specifica azione protettiva sulla cellula epatica.
Molto approfondite le ricerche sull'etiopatogenesi della silicosi e dell'asbestosi, con riflessi sulla prognosi e sulla terapia; contrariamente a quanto si riteneva, è stato ora provato che l'età giovanile del colpito costituisce un elemento negativo per la resistenza dell'organismo, e che la silicosi, già nei suoi stadî iniziali, provoca una condizione allergica meno favorevole di fronte ad una sopravveniente infezione tubercolare. Ausilio diagnostico differenziale di grande valore si è dimostrato il metodo schermografico.
La trasformazione in officine per la produzione bellica di molti impianti costruiti per altri scopi ha determinato un rilevante aumento d'infortunî e d'intossicazioni professionali; sia per l'attrezzatura non idonea alle nuove lavorazioni, che per l'insufficiente o difettosa opera di prevenzione e di tutela delle maestranze, dipendente dall'attività intensificata e tumultuosa. Le stesse maestranze, reclutate fra operai non esperti nella difesa dalle azioni aggressive del materiale da trattare, non hanno saputo sovente concorrere con i sanitarî nell'opera di prevenzione e di salvaguardia. Grandissimo il numero delle intossicazioni da ossido di carbonio (in Francia, nel solo dipartimento della Senna si sono registrati nel 1941-42, 2691 casi, dei quali 814 mortali), da fosforo, da cadmio, da berillio, da piombo tetraetile e da tritolo: sulle peculiarità di quest'ultima evenienza, essendo apparsa la sostanza dotata di potente azione lesiva a danno dell'organismo (fegato), si stanno ora eseguendo, in Italia e negli Stati Uniti, accurate indagini, data anche la recente estensione del suo impiego all'agricoltura, per la dissodazione e contemporanea fertilizzazione dei terreni incolti e sterili.
In Italia l'entrata in vigore di apposite disposizioni legislative (r. decr. 7 agosto 1935, n. 1765; legge 1° giugno 1939, n. 1012) ha esteso ad alcune malattie professionali (intossicazione da piombo, da mercurio, da fosforo, da solfuro di carbonio, da benzolo; infezione da anchilostoma; silicosi; asbestosi) la copertura del rischio da lavoro, antecedentemente limitato agli infortunî da causa violenta o virulenta (carbonchio).
Bibl.: L. Preti, Trattato di medicina del lavoro, Milano 1939; G. Sabatini e F. Molfino, Clinica e patologia dei lavoratori, Torino 1941; N. Castellino, Il lavoro nella chimica industriale, Milano 1940; S. Caccuri, La medicina del lavoro, Napoli 1944.