DI GIOVANNI, Lazzaro
Nacque a Palermo nel 1769; non si hanno notizie sulla sua famiglia e sulla sua formazione. Dal 1815 ricopri a Palermo l'incarico di ufficiale nella regia segreteria di Stato di Sicilia; contemporaneamente fu nominato custode e intendente di belle arti della collezione d'arte dell'urliversità di Palermo, primo nucleo del futuro Museo nazionale della città.
Già nel 1814 il principe di Belmonte, Giuseppe Ventimiglia e Cottone, nel lasciare un consistente numero di dipinti, disegni e stampe all'università di Palermo, aveva nominato suo fidecommissario il D., che curò la selezione delle opere da donare. Il D. inoltre redasse l'inventario delle opere donate dal principe, curò l'allestimento dei locali dell'università da trasformare in pinacoteca, controllò il trasporto dei materiali artistici e riordinò i fogli della collezione di disegni (Airoldi, sec. XIX, c. 379v).
L'esempio del principe di Belmonte fu seguito dal principe di Castelnuovo, Carlo Cottone, che qualche anno dopo decise di fare una donazione di dipinti alla stessa quadreria dell'università e chiese ai "preposti dell'università stessa", quindi al D., "che venissero a sceglierli" (I. La Lumia, Carlo Cottone principe di Castelnuovo, in Nuova Antologia, giugno-luglio 1871, estr., p. 57).
Il D. nei suoi compiti di "custode" e "intendente" fu affiancato da Camillo Paderni (Di Stefano, 1956, p. 361 n. 34) e dallo scultore neoclassico Valerio Villareale. Essi svolsero le mansioni nell'ambito del sistema di tutela dei beni culturali siciliani organizzato dai Borboni e regolato, allora, da una Commissione di antichità e belle arti operante a Palermo (R. Giuffrida, L'amministrazione per la tutela dei beni culturali della Sicilia in epoca borbonica, in Beni culturali e ambientali; Sicilia, V [1984], 3-4, p. 128).
Oltre agli scavi archeologici la commissione presiedeva ai compiti di inventario e conservazione del ricchissimo patrimonio artistico, in gran parte di pertinenza ecclesiastica (Di Stefano, 1956, p. 361), e in questo ambito scaturì verosimilmente la richiesta al D. di redigere un inventario circostanziato delle opere custodite nelle chiese di Palermo.
Presumibilmente quale causa contingente dell'incarico può essere indicato il terremoto di Palermo del marzo 1823 che danneggiò parecchie chiese cittadine, rendendo quindi necessario il lavoro d'inventario (Sul tremuoto avvenuto in Palermo il giorno 5 marzo 1823, Palermo 1823; S. Salamone Marino, Leggende popolari siciliane, ibid. 1880, pp. 238 s.).
L'opera del D., dal titolo Le opere d'arte nelle chiese di Palermo, manoscritta e autografa e tuttora inedita, fu composta entro il 1827. È conservata alla Biblioteca comunale di Palermo (segn. Mss. 2QqA49), cui fu donata nel giugno 1880 dal figlio Francesco che, a c. 5r, avverte: "il presente manoscritto autografo del padre mio Lazzaro Di Giovanni .... forma una specie di catalogo delle opere d'arte esistenti nelle chiese di Palermo".
Più che l'attività di "custode" e "intendente" della quadreria universitaria è quest'opera a render noto il nome del D. nell'ambito della storiografia artistica siciliana. Repertorio dell'arte sacra palermitana, il testo elenca circa go chiese (parrocchie, oratori, confraternite, chiese conventuali ecc.) con l'unica eccezione della "Defenzione del Reale Palazzo" (c.66r) in cui descrive i mosaici profani della cosiddetta "stanza di Ruggero". Proprio per il suo carattere repertoriale il manoscritto è accostabile alla letteratura periegetica delle guide palermitane del primo Ottocento. Il D. infatti non discrimina fra linguaggi classicistici e non, e propone la sua esperienza attiva di conservatore e di collezionista, per nulla incanalata entro teorie e gusti di matrice classica.
Nella premessa al testo egli afferma che "tutto quello che si trova notato in questo libretto è stato da me osservato, ed alcuni dei giudizi sugli autori dei quadri sono stati da me pronunziati in seguito dal sentimento datomi dall'or defunto Pittore Giuseppe Velasquez, e dal signor Giuseppe Platania miei strettissimi amici". Questi due artisti indirizzarono e consigliarono il D. che segnala normalmente i supporti dei dipinti, la collocazione delle opere e soprattutto, a volte con insistenza, lo stato conservativo, sottolineando spesso l'urgenza dei restauri. È proprio questa attenzione alla sopravvivenza fisica delle opere che consegna al manoscritto un valore di catalogo, quasi di relazione tecnica. Sul piano specificatamente critico l'opera tradisce carenze e approssimazioni imputabili allo stesso carattere inventariale che informa genericamente il testo.
Pur mostrando maggiore interesse per la pittura, il D. non trascura la statuaria e finanche, talvolta, accenna a manufatti delle cosiddette "arti minori".
Per qualche artista a lui più familiare fornisce letture ancor oggi valide, come nella Consegna del cordiglio francescano a s. Luigi re di Francia di Pietro Novelli nella Badia Nuova.
Errori, come attribuzioni insostenibili a noti pittori dell'Italia centrale o stranieri, o la presunta attività pittorica dello scultore Antonello Gagini, mostrano la scarsa attendibilità dell'opera, che tuttavia rimane un prezioso documento poiché il patrimonio ecclesiastico palermitano vi appare ancora sostanzialmente integro.
Recentemente (Di Stefano, 1989) al D. è stato dubitativamente attribuito il testo di un'operetta redatta in occasione della visita a Palermo di Maria Luisa duchessa di Parma nel 1824, Cenni sopra gli oggetti più degni a vedersi a Palermo e suoi contorni da presentarsi a S. M. la principessa imperiale Maria Luisa arciduchessa d'Austria ... (Palermo 1824), paternità che ambiguamente si connetterebbe a una sua partecipazione ai moti rivoluzionari palermitani del 1820. In seguito ai moti del 1820, infatti, il D. era stato sospeso per qualche tempo dall'incarico ufficiale nella segreteria di Stato, mentre gli era stato lasciato quello non retribuito di intendente alle belle arti (Meli, 1873, p. 6). Alla vigilia dei moti antiborbonici del gennaio 1848, la casa del D. e di suo figlio Francesco fu sede di riunione del Comitato siciliano e frequentata dai patrioti liberali Mariano Stabile, Angelo Marocco, Gaetano Daita, il barone Casimiro Pisani, Vito Beltrani, il marchese Enrico Fardella di Torrearsa e Giovanni Denti di Piraino (Pilo, 1914).
Il D. mantenne l'incarico presso la regia segreteria di Palermo fino al 1856. Morì a Palermo il 5 nov. 1856 (Registro delli morti ...) e fu sepolto nel cimitero dei cappuccini.
Fonti e Bibl.: Calendario per il 1816, Palermo 1816, pp. non nn.; Palermo, Bibl. comunale: A. Airoldi, Memoriale per il custode dei quadri dell'Università lasciato dal principe di Belmonte in persona di d. L. D., in Raccolte di scritture e documentiche riguardano le antichità e belle arti in Sicilia [ms. sec. XIX], cc. 379v e ss.; Palermo, Archivio del Cimitero dei pp. cappuccini, Registro delli morti, religiosi, e secolari, sepolti in questa sepoltura de' cappuccini di Palermo, cominciando dall'anno 1845 a tutto dic. 1857 [ms. sec. XIX], c. 87; G. Di Marzo, Postille a A. Mongitore, Memorie dei pittori scultori architetti e artefici in cera siciliani, a cura di E. Natoli, Palermo 1977, pp. 161-169; G. Meli, Pinacoteca del Museo di Palermo, I, Palermo 1873, pp. 5 s., 9 s.; L. Boglino, I manoscritti della Biblioteca comunale di Palermo, Palermo 1884, p. 178; R. Pilo, Esatta cronaca dei fatti avvenuti in Sicilia e preparativi di una rivoluzione pria del 12 genn. 1848, in Risorgimento italiano, VII (1914), I, p. 5; F. Meli, La R. Accademia di belle arti di Palermo, Firenze 1941, pp. 36 s.; G. Di Stefano, Momenti e aspetti della tutela monumentale in Sicilia, in Arch. stor. sicil., s. 3, VIII (1956), pp. 360 s.; A. Mazzè, I luoghi sacri di Palermo. Le parrocchie, Palermo 1979, pp. 9, 52 ss., 70; Id., Palermo nelle "Guide" dell'Ottocento, I, in Quaderni dell'Istituto di storia dell'arte medievale e moderna. Facoltà di lettere e filosofia dell'università di Messina, IV (1980), p. 58; G. Di Stefano, Pietro Novelli il Monrealese, a cura di A. Mazzè, Palermo 1989, p. 314; V. Abbate, Dalla quadreria privata alla pinacoteca pubblica, in Pittori del Seicento a palazzo Abatellis (catal.), Milano 1990, pp. 59, 63 n. 8.