‘La Cosa nostra’ (Lcn) continua a essere la più potente, diffusa e temibile organizzazione criminale negli Usa, al primo posto per fatturato nella classifica mondiale delle mafie. Ha collegamenti stabili con altre organizzazioni criminali e con Cosa nostra siciliana, di cui conserva la struttura: un boss, il suo vice, il gruppo di consiglieri, le truppe. È insediata in almeno 19 stati della Confederazione con le famiglie storiche dei Gambino, Colombo, Bonanno, Genovese, Lucchese, e le più recenti De Cavalcante, Patriarca e Scarfo. I suoi interessi primari sono narcotraffico e riciclaggio, ma anche estorsione, gioco d’azzardo, frodi, usura. Condiziona inoltre i settori economici del trasporto su gomma, delle costruzioni, della raccolta dei rifiuti (tossici, in particolare), ristoranti, distribuzione alimentare, carburanti, abbigliamento, corse dei cavalli, pompe funebri. Controlla diversi sindacati dei lavoratori delle costruzioni, del porto e degli aeroporti di New York.
In Messico le mafie dei narcotrafficanti (11 organizzazioni nel 2011, tra cui il cartello del Golfo, di Sinaloa, della Familia Michoacana, dei Los Zetas, di Juárez, dei Los Arellano, dei Beltran Leyva) hanno diversificato i ‘servizi’ offerti: non più solo commercio di droghe, ma sequestri di persona, estorsioni, protezioni ai commercianti, omicidi su commissione, tratta dei migranti. Con strutture dinamiche e mutevoli, disinvolte nelle strategie e nelle alleanze, così come nell’esercizio di una violenza efferata (oltre 34.000 omicidi tra il 2006 e il 2010), questi gruppi esercitano un penetrante condizionamento sulle istituzioni locali e nazionali, mettendo a serio rischio la democrazia, tanto da far parlare di narco-stato.
Il modello messicano ricorda i ben noti cartelli colombiani di Medellín, di Cali, di Pereira, della Costa e di Norte del Valle, oggi frantumati in decine di strutture di piccole-medie dimensioni (cartelitos) e in diverse formazioni paramilitari: Los Rastrojos, Los Macacos, la Oficina de Envigado, Los Paisas, Los Urabeños, Los Cuchillos e altre, specializzate soprattutto nel commercio delle droghe. Robuste le collusioni mafia-politica: dal 2008 al 2010 sono stati ben 77 i parlamentari incriminati perché collusi con narcos e paramilitari. Negli stessi anni, sono stati sequestrati ben 72 submarinos, i semisommergibili costruiti nella giungla per navigare lungo la costa del Pacifico e trasportare la cocaina negli Usa con l’intermediazione delle mafie messicane.
La mafia cinese, con le Triadi (i tre elementi originari confuciani: il cielo, la terra e l’uomo), ha quasi monopolizzato (oltre 4 milioni di membri), in importanti aree mondiali, la tratta delle persone, oltre a narcotraffico, sfruttamento della prostituzione, gioco d’azzardo, estorsione, contraffazione di marchi, riciclaggio. In passato, in Italia era stata definita una mafia ‘Wuton Wutei’ (draghi senza testa e senza coda), per il basso profilo criminale. Ha struttura stratificata, con a capo il Grande fratello (Testa del Dragone) affiancato da un comitato ristretto. Per questa organizzazione – a differenza della mafia italiana – l’uso della forza per il controllo territoriale continua ad essere solo una conseguenza della ricerca del profitto nelle attività commerciali.
La mafia nigeriana, anch’essa considerata tra le meno violente, è tuttavia una delle più potenti ed estese, con varie comunità sparse nel mondo, grazie alla sua struttura reticolare, favorita da vincoli tribali e omertosi. Spesso usa come copertura ‘innocue’ associazioni culturali di immigrati o confraternite universitarie, note come ‘gruppi cultisti’, di etnia Bini o Igbo, organizzate dai giovani dell’élite dirigenziale nigeriana, responsabili di omicidi e reati predatori. A partire dal suo radicamento nel paese d’origine, afflitto dagli scontri tra gruppi integralisti islamici e cristiani, tra militari e criminali nella regione petrolifera del Delta, la mafia nigeriana costituisce un’ulteriore minaccia per l’intera regione africana.
In Albania, la ‘Mafia delle Aquile’ domina l’immigrazione clandestina, lo sfruttamento della prostituzione e il traffico degli stupefacenti, utilizzando basi consolidate in Montenegro, Croazia, Slovenia, Serbia e Kosovo. Ha rapporti con omologhi sodalizi attivi nei paesi europei più ricchi. L’appartenenza dei componenti allo stesso nucleo familiare e territoriale, con un unico capo supremo, regole rigide e il ricorso all’omicidio a scopo punitivo, la rendono simile alla ’ndrangheta.
La mafia turca controlla gran parte del traffico di eroina (e di persone) che giunge in Europa dall’Afghanistan. Si tratta di una miriade di gruppi relativamente ridotti e autonomi, non verticistici, per lo più con membri appartenenti a un’unica struttura familiare. Infatti, si parla di ‘famiglie’ (o ‘clan’), alcune delle quali sono curde e, a volte, perseguono finalità terroristiche.
Leader nel traffico internazionale di cocaina, la mafia serba, talvolta associata a quella montenegrina, ha ‘agenzie’ negli Usa, in Sudafrica e nell’Europa occidentale. Si contano una trentina di gruppi nati dalla ‘frantumazione’ dei due nuclei originari guidati dai capi storici Surcin e Zemun. I serbi, grazie all’alleanza consolidata con i colombiani, sono diventati i principali fornitori della cocaina in Italia, Germania, Austria, Spagna e Regno Unito. Si dedicano anche al traffico di armi, di clandestini, di sigarette e alla falsificazione di denaro. Ciascun gruppo (una decina di persone) ha una rigida gerarchia ed è capace di spostarsi rapidamente, alla bisogna, in altra città o paese.
Particolarmente violenta, la mafia rumena, in contatto con italiani, albanesi, ucraini e moldavi, si occupa di tratta di esseri umani, sfruttamento della prostituzione, traffico di stupefacenti, rapine e furti, in particolare con clonazione di carte elettroniche.
In Russia, tra i diversi gruppi mafiosi, dominano quelli di: Solntsevskaja Bratva, alla periferia di Mosca (traffico di droghe, estorsioni, riciclaggio, contrabbando); Tambovskaja-Malysevkaja, a San Pietroburgo (droghe, riciclaggio e frode); Izmajlovskaja-Dolgoprudnenskaja, presente anche a New York, Los Angeles, Miami, San Francisco (riciclaggio, estorsioni, furti, traffico di droga e omicidi su commissione); Uralmashkaja, attiva anche in Italia, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Cina (materie prime, metalli preziosi, droghe e armi). Il gruppo Tambovskaja è quello più influente nella regione nord-occidentale, dispone di una propria rete bancaria, di industrie legali e istituti di vigilanza privata; controlla l’industria dei combustibili e dell’energia, la produzione alimentare, il mercato immobiliare e dell’intrattenimento. Merita un cenno anche la mafia caucasica, strutturata in gruppi su base etnico-religiosa, tra cui spiccano i ceceni. Questi, a Mosca, nei primi anni Novanta, si dedicavano al traffico di autovetture rubate, poi hanno esteso la loro influenza nelle principali città russe, soprattutto nel settore finanziario. Ogni gruppo ha le sue ‘specializzazioni’: i georgiani, sequestri di persona e furti con scasso; gli azeri, il mercato nero dell’ortofrutta; i daghestani e gli armeni, il racket sui piccoli commercianti; gli osseti, rapine e violenze sessuali.
La mafia giapponese ha nella Yakuza (dal punteggio perdente 8-9-3 = ya-ku-za nel gioco di carte dell’Hanafuda), la massima espressione criminale. È riconducibile sostanzialmente a due modelli: lo Yamaguchi-gumi (a struttura piramidale con l’oyabun – ‘padre’ – capo assoluto) e il Sumiyoshi-rengo (federazione di famiglie con l’oyabun primus inter pares).
Ha stretto carattere etnico, in quanto riservata soltanto ai giapponesi, e tipico legame di fedeltà e obbedienza degli affiliati al capo. Da ultimo è nata, per scissione interna, anche una terza organizzazione criminale, chiamata Ichiwa-kai. È presente anche negli Usa, Australia, Filippine, America del Sud; opera soprattutto nel traffico di amfetamine, sfruttamento della prostituzione e della pornografia, gioco d’azzardo, usura, estorsione e traffico di persone; controlla interi comparti dell’edilizia, della speculazione immobiliare e finanziaria, dello smaltimento dei rifiuti.