Le Autorità di sistema portuale
Con l’obiettivo di accrescere la competitività dei porti italiani, il d.lgs. 4.8.2016, n. 169, interviene a modificare la disciplina dell’ordinamento portuale stabilita dalla l. 28.1.1994, n. 84, rivelatasi non del tutto efficace in termini di valorizzazione del porto come sistema della catena logistica. Le nuove norme, realizzando alcune delle misure indicate dal Piano strategico nazionale della portualità e della logistica, sostituiscono alle ventiquattro Autorità portuali esistenti, quindici Autorità di sistema portuale, poste al vertice di sistemi in prevalenza «multiportuali», col ruolo di promozione dello sviluppo delle infrastrutture in chiave logistica e di raccordo delle amministrazioni in ambito portuale. L’intervento introduce anche significative innovazioni in materia di organi delle nuove Autorità, con lo scopo di semplificare i processi decisionali e gli adempimenti amministrativi connessi alle attività portuali.
Se negli ultimi anni sono state numerose quanto infruttuose le iniziative di riforma della l. 28.1.1994, n. 84 sull’ordinamento portuale1, l’anno 2016 si segnala per il varo di un provvedimento che reca importanti novità in materia di governance dei porti.
Nel più ampio ambito di misure volte alla semplificazione dell’amministrazione dello stato ed in attuazione della delega conferita dall’art. 8, co. 1, lett. f), l. 7.8.2015, n. 124 è stato infatti approvato il d.lgs. 4.8.2016, n. 1692, che modifica la l. n. 84/1994 introducendo significative innovazioni in materia di (Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84).
Per meglio comprendere la portata innovativa della novella e prima di esaminarne il contenuto, è utile premettere che il provvedimento normativo in esame si inserisce nel quadro delle misure e delle azioni che, sia pure a livello solo programmatico, sono state espresse nel Piano strategico nazionale della portualità e della logistica (PSNPL), adottato in attuazione di quanto previsto dall’art. 29, d.l. 12.9.2014, n. 133 (cd. sblocca-Italia, conv. dalla l. 11.11.2014, n. 164) onde realizzare, fra gli altri, gli obiettivi della razionalizzazione, del riassetto e dell’accorpamento delle Autorità portuali esistenti3.
Il PSNPL4 sembra infatti aver concretamente avviato ed orientato il percorso di riforma, evidenziando le criticità del pur meritorio assetto realizzato dalla l. n. 84/1994 in ragione dei profondi mutamenti avvenuti nella realtà portuale e nell’economia mondiale.
Il riferimento è soprattutto alla globalizzazione dei traffici e al rapido mutamento della loro fisionomia verso la marcata intermodalità dei trasporti e verso il cd. gigantismo navale, fenomeni che hanno enfatizzato l’importanza delle caratteristiche strutturali del porto e del suo ruolo di congiunzione fra il trasporto marittimo e il trasporto terrestre della merce5.
Lo strumento programmatico ha del resto indicato le azioni da intraprendere al fine di conseguire gli obiettivi considerati strategici e di restituire slancio e competitività ai porti italiani e, di riflesso, al sistema produttivo nazionale.
Fra queste, particolare rilievo assume la riforma del modello di governance dei porti, volta al superamento della dimensione prevalentemente «monoscalo» degli attuali organismi a favore di sistemi in prevalenza «multiportuali», in numero minore rispetto alle attuali Autorità e con il ruolo di raccordo di tutte le amministrazioni aventi competenza in ambito portuale.
Il PSNPL prende le mosse da un’idea di fondo che si propone di abbandonare il concetto di «individualismo portuale» – inteso soprattutto come competizione fra porti vicini – per aderire ad una prospettiva sistemica, definita con enfasi «Sistema Mare» al fine di far cogliere ai porti italiani le opportunità derivanti dalla loro posizione strategica nel Mediterraneo e di far loro assumere dimensioni tali da poter competere con i porti concorrenti.
Va detto che si tratta di un modello che, nelle sue linee generali, non è del tutto nuovo. Si consideri, da un lato, che il Piano Generale Trasporti (PGT) del 1986 e, più recentemente, il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica del 2001 si ispiravano ad una pianificazione per sistemi portuali intesi come distretti portuali specializzati6; da altro lato, che le Autorità portuali di Civitavecchia e Gioia Tauro sono state interessate da ampliamenti della propria circoscrizione territoriale fino a delineare la loro competenza come un sistema comprensivo di più porti.
Nel recente percorso di riforma una tappa rilevante è costituita dalla sentenza della C. cost., 11.12.2015, n. 261, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 29, d.l. n. 133/2014, nella parte in cui non ha contemplato il coinvolgimento delle Regioni, nella forma dell’intesa, nella concreta predisposizione del PSNPL7. In effetti il dubbio sulla compatibilità dello strumento di pianificazione con i principi costituzionali in tema di riparto di competenze tra Stato e Regioni si era posto già ad un primo esame della disposizione normativa, che aveva previsto l’adozione del Piano8, trattandosi di intervento nelle materie di «porti e aeroporti civili» e di «grandi reti di trasporto e di navigazione», materie che l’art. 117, co. 3, Cost. include tra quelle di competenza legislativa concorrente. La Corte, in conformità con i suoi precedenti, ha osservato che la pur sussistente esigenza di pianificazione a livello centrale nella materia non può giustificare l’esclusione di qualsiasi intervento regionale. La pronuncia della Corte costituzionale ha spiegato i suoi effetti anche sul decreto in esame, in considerazione della riferita, oggettiva connessione con il PSNPL. Prova ne sia che l’art. 8, co. 5, della l. delega (l. n. 124/2015) ha previsto la previa acquisizione del parere della Conferenza unificata Stato-Regioni sullo schema di decreto, sul cui testo è stata raggiunta l’intesa nella seduta del 31.3.20169.
L’intervento di riforma deve essere visto anche alla luce delle linee evolutive che emergono a livello europeo in materia portuale. Si allude soprattutto al reg. 2013/1315/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 11.12.2013 che introduce il concetto di porto centrale cd. «core»10 identificandolo con quel porto che appartenga ad un nodo urbano primario o, in alternativa, che sia dotato di un significativo traffico complessivo in termini percentuali rispetto del totale UE. Con specifico riguardo alla situazione italiana, il regolamento ne valorizza il ruolo nella costruzione a lungo termine della rete transeuropea dei trasporti (cd. rete TENT) e nello sviluppo dei corridoi multimodali11, ribadendo con chiarezza la necessità di integrare i porti con la rete logistica12. In stretta relazione rispetto al citato regolamento si pone anche la proposta di reg. COM 2013(296), in materia di servizi portuali nei porti della rete TENT, la quale, nel delineare il quadro normativo per l’accesso al mercato dei servizi portuali e la trasparenza finanziaria dei porti, propende per un modello di ente di gestione del porto al quale vengano affidate funzioni di promozione, pianificazione, gestione e controllo13.
Il d.lgs. n. 169/2016 si compone di venti articoli e di un allegato ed apporta significative modifiche alla l.
n. 84/1994, concentrandosi sulla riorganizzazione della governance dei porti e sulla semplificazione degli organi e degli adempimenti amministrativi connessi alle operazioni portuali.
Il nucleo delle innovazioni sul piano organizzativo è rappresentato dalla nuova formulazione dell’art. 6 e dall’introduzione dell’art. 6 bis nell’impianto della l. n. 84/1994.
In forza della prima norma, le ventiquattro Autorità portuali esistenti vengono sostituite con quindici Autorità di sistema portuale14 (di seguito AdSP), aventi sede nel porto core di cui al reg. 1315/2013/UE15 e sottoposte al potere non solo di vigilanza, come era per gli enti sostituiti, ma anche di indirizzo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti16.
In caso di due o più porti centrali ricadenti nella medesima AdSP è compito del Ministro indicare la sede, potendo, su proposta motivata della Regione o delle Regioni interessate, essere individuata anche in altra sede di soppressa Autorità Portuale inclusa nel sistema (art. 6, co.3).
I nuovi enti sono posti al vertice di sistemi comprendenti nella maggior parte di casi più porti17, secondo lo schema di cui all’allegato al d.lgs. cit., per un totale, al momento della stesura del presente contributo, di cinquantaquattro porti, trentotto dei quali già retti da Autorità portuale. I limiti spaziali dell’area di competenza sono identificati con gli ambiti portuali18 delle preesistenti Autorità nonché con gli ambiti portuali, – da intendersi come aree demaniali, marittime opere portuali e antistanti specchi acquei dei porti – che non erano sede di Autorità portuale (art. 22, co. 3).
L’individuazione dei sistemi – e dei porti che vi sono inclusi – è suscettibile di variazioni, in quanto, come sopra anticipato, a seguito del dichiarato profilo di incostituzionalità dell’art. 29, d.l. n. 133/2014 e delle richieste emendative che ne sono seguite, è stata prevista la possibilità che i presidenti delle Regioni interessate richiedano la modifica dell’assetto – nel senso dell’inserimento di un porto all’interno di un sistema ovvero del trasferimento di un porto in una diversa AdSP – in forza di un regolamento del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che verrà adottato successivamente (art. 6 bis, co. 2). È inoltre prevista una clausola generale secondo la quale, decorsi tre anni dall’entrata in vigore, possono essere ulteriormente ridotte le AdSP, tenuto conto dei volumi di traffico raggiunti e dei rapporti instaurati con le infrastrutture logistiche (art. 6, co. 14).
I sistemi portuali così delineati si avvalgono di un ente di governo a livello centrale – appunto la AdSP – e di strutture amministrative a livello locale.
L’art. 6 bis prevede, infatti, la costituzione di uffici periferici ed in particolare: nei porti originariamente sede di Autorità portuali, di strutture denominate «uffici territoriali portuali» diretti dal Segretario generale (figura che, come vedremo, subentra al segretariato generale) o da un suo delegato. I compiti propri di tale struttura sono:
a) istruttori ai fini dell’adozione delle deliberazioni di competenza dell’AdSP;
b) di proposta in riferimento a materie di rilievo locale;
c) di tipo amministrativo e a fronte di delega del Comitato di gestione (tale essendo, come vedremo meglio tra breve, la nuova denominazione del Comitato portuale) comunque di rilievo minore (ad es., il rilascio delle concessioni di durata infraquadriennale e opere minori di manutenzione ordinaria).
Negli altri porti, purché capoluoghi di provincia, le AdSP potranno istituire uffici amministrativi decentrati retti dal Segretario generale con funzioni stabilite dal Comitato di gestione.
Il principio cardine sul quale si fonda la riforma del 1994, ossia la separazione tra la sfera privata dell’amministrazione e dell’espletamento delle attività imprenditoriali, riservata alle imprese e la sfera pubblica del controllo e della regolazione di tali attività, non solo viene mantenuto ma sembra uscire rafforzato dalla riforma in esame.
In particolare, il novellato art. 6, co. 11, l. n. 84/1994 conferma per il nuovo ente di gestione il divieto di svolgere sia direttamente che indirettamente attività imprenditoriali e circoscrive l’inapplicabilità della disposizione alle sole partecipazioni, peraltro di minoranza, nelle società volte alla realizzazione dei collegamenti tra i porti e le aree retro portuali.
Rispetto alla disciplina delle Autorità portuali, poi, non compare più la previsione che, in deroga al riferito divieto, consentiva la costituzione o la partecipazione in società esercenti attività accessorie o strumentali alle funzioni istituzionali dell’organismo mentre, attraverso il rinvio all’art. 15, l. 7.8.1990, n. 241, viene introdotta la possibilità per le nuove AdSP di concludere accordi con le amministrazioni pubbliche per la disciplina dello svolgimento di attività e servizi di interesse comune.
Tali disposizioni appaiono coerenti con quella contenuta nel nuovo art. 6, co. 5, che qualifica esplicitamente l’AdSP «ente pubblico non economico». Si tratta dell’espresso riconoscimento a livello normativo di una conclusione pacifica in dottrina ma controversa nella giurisprudenza, soprattutto della Corte di cassazione, la quale ha annoverato le autorità portuali fra gli enti pubblici economici sulla base della natura del rapporto di lavoro del personale19.
Su questo specifico aspetto, peraltro, l’intervento di riforma puntualizza che ai rapporti di lavoro si applicano i principi del testo unico sul pubblico impiego (d.lgs. 30.3.2001, n.165) e che le procedure di reclutamento del personale dirigenziale e non dirigenziale sono quelle previste per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Nella medesima prospettiva va considerato il peculiare statuto di autonomia, esteso dalla norma in esame, oltre che all’ormai acquisito aspetto dell’autonomia di bilancio e finanziaria, anche alla sfera organizzativa e regolamentare, quest’ultima, però, da ritenere limitata, come osservato dal Consiglio di Stato20, alla gestione contabile e finanziaria.
Il peculiare ruolo dell’AdSP emerge anche dalle nuove attribuzioni enucleate dalla norma.
Nel testo della novella viene anzitutto espressamente menzionata la funzione di «regolazione» ad ulteriore conferma del riferito principio di separazione (art. 6, co. 4., lett. a)21.
Accanto ad essa vengono mantenute le funzioni di indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali ed industriali, ma è interessante notare, da un lato, che il riferimento spaziale non è più solo il «porto» bensì anche la «circoscrizione territoriale»; dall’altro, che la norma specifica che tali attività possono essere svolte anche mediante gli uffici territoriali portuali previsti dall’art. 6 bis.
A tali compiti vengono poi aggiunti i seguenti: coordinamento nei confronti di tutte le amministrazioni pubbliche nell’ambito dei porti e nelle aree ricomprese nella circoscrizione territoriale di riferimento (art. 6, co. 4, lett. d); amministrazione in via esclusiva delle aree e dei beni del demanio marittimo ricompresi nella propria circoscrizione territoriale (art. 6, co. 4, lett. e); la promozione di forme di raccordo con i sistemi logistici (art. 6, co. 4, lett. f).
L’intervento normativo in esame introduce novità anche per ciò che riguarda il principale compito di pianificazione e di programmazione delle opere portuali: l’adozione del piano regolatore portuale.
Il nuovo art. 5, co. 1 e 1-bis, della l. n. 84/1994 prevede nei porti sede dell’AdSP il piano regolatore di sistema portuale (PRSP), mentre il piano regolatore portuale si conferma come strumento di pianificazione nei porti di rilevanza regionale o interregionale (categoria II, classe III).
Ad un primo esame, non si rinvengono particolari innovazioni in termini di funzioni se non quella, direttamente connessa con la dimensione e col ruolo dell’ente di gestione, che il piano regolatore di sistema portuale è chiamato a definire, dal punto di vista di delimitazione territoriale ed individuazione funzionale, le aree22 non già del singolo porto, ma dei porti costituenti il sistema.
Modifiche più rilevanti riguardano invece il procedimento di approvazione del PRSP che continuerà ad essere adottato da parte del Comitato di gestione, previo accordo con il comune o i comuni interessati, ma la cui approvazione finale sarà di competenza della Regione interessata d’intesa col Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (art. 5, co. 3)23 nel termine di trenta giorni dalla conclusione della procedura della Valutazione ambientale strategica (VAS), procedura alla quale il PRSP è dunque espressamente assoggettato. Come si vedrà, anche nel caso della disciplina della nomina del presidente di AdSP, al fine di evitare situazioni di paralisi procedurale, la norma rinvia al meccanismo stabilito dall’art. 14 quater l. n. 241/1990 per il superamento dell’eventuale dissenso in sede di Conferenza di servizi.
Un’ultima annotazione riguarda la disciplina delle varianti al PRSP le quali, alla stregua del novellato art. 5, co. 5, l. n. 84/1994, seguono il medesimo procedimento previsto per l’adozione dello strumento pianificatorio, ad eccezione delle modifiche concernenti la qualificazione funzionale del singolo scalo marittimo per le quali è previsto un iter più semplificato (cd. varianti-stralcio).
Mutamenti significativi della disciplina si segnalano anche per quanto riguarda gli organi delle autorità di nuova istituzione.
È anzitutto da notare che la nuova formulazione dell’art. 7 l. n. 84/1994 non menziona più fra gli organi il Segretariato generale, trasformato nella figura monocratica del Segretario generale a cui l’art. 6 bis, come visto, attribuisce l’importante compito di sovrintendere e coordinare le attività degli uffici territoriali portuali24. La disposizione sancisce inoltre il mutamento di denominazione del Comitato portuale che diviene Comitato di gestione, organo, come vedremo, interessato, anche da consistenti modifiche relative alla sua composizione.
Tanto premesso, si rivela che organo di vertice dell’Autorità di governo dei porti viene confermato il Presidente, figura la cui procedura di nomina viene tendenzialmente semplificata e alla quale vengono attribuiti nuovi compiti.
Con riguardo al primo aspetto, viene eliminato il ricorso al criterio della terna di esperti, che nella pratica ha determinato spesso situazioni di stallo e viene introdotto il meccanismo della nomina diretta da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con il Presidente (o i Presidenti) delle Regioni interessate; tale meccanismo viene, peraltro, integrato dal rinvio alla disciplina stabilita dall’art. 14 quater l. n. 241/1990 per il superamento del dissenso in sede di Conferenza di servizi.
Quanto ai criteri per la scelta del nominativo, l’art. 8 l. n. 84/1994 viene modificato prevedendo specifiche ipotesi di incompatibilità con altre attività e nuove modalità di nomina nonché una lievemente diversa individuazione dei requisiti professionali necessari, ferma la necessità di garantire la massima competenza possibile.
La nomina a Presidente di AdSP deve infatti avvenire tra «soggetti aventi comprovata esperienza e qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale»25 (essendovi espressamente ricompresi tutti i cittadini di paesi membri dell’UE) e non più tra «esperti di massima e comprovata qualificazione professionale» nei medesimi settori.
Secondo il Consiglio di Stato26 tale modesta modifica testuale è in grado di determinare le condizioni per un ampliamento dei soggetti potenzialmente nominabili ai vertici delle neo istituite Autorità.
Va poi osservato che le innovazioni circa il ruolo e le funzioni dell’AdSP si riflettono anche sulle attribuzioni del Presidente e del Comitato di gestione.
Viene anzitutto aumentato il peso deliberativo del Presidente all’interno del predetto organo collegiale con la previsione della prevalenza del suo voto in caso di componenti in numero pari (art. 9, co. 1, lett. a).
Gli vengono poi assegnati compiti nuovi ed esercitabili in autonomia rispetto agli altri organi, tra cui spiccano: la promozione di programmi di investimento infrastrutturali che contemplino contributi dello Stato o di soggetti pubblici nazionali o comunitari (art. 8, co. 3, lett. h); la partecipazione alle sedute del CIPE aventi ad oggetto decisioni strategiche per il sistema portuale di riferimento (art. 8, co. 3, lett. i); la facoltà di convocare, ai fini dell’esercizio della funzione di coordinamento, apposita conferenza di servizi con la partecipazione dei rappresentanti delle pubbliche amministrazioni e, ove occorra, dei titolari di attività di impresa in ambito portuale (art. 8, co. 3, lett. s).
Con riguardo al Comitato di gestione, come accennato, viene in evidenza la riformulazione della sua composizione, tale da far perdere all’organo la funzione di rappresentanza della componente «mercantilistica» del porto27, tipica invece del Comitato portuale. La partecipazione all’organo collegiale viene infatti estesa ad un rappresentante dell’autorità marittima ed, al contempo, limitata ai soli componenti designati dagli enti territoriali coinvolti nel sistema portuale con l’esclusione, quindi, dei rappresentanti delle categorie professionali interessate.
Ciò si spiega con la perseguita logica di separazione fra organi decisionali e organi di consultazione di nuova istituzione nonché con la dichiarata volontà di semplificare i processi decisionali dei nuovi enti.
Organo consultivo di nuova istituzione è poi l’«Organismo di partenariato della risorsa mare» (art. 11 bis) in cui, nel nuovo assetto, siedono appunto i rappresentanti delle varie categorie operanti nel porto, con precipue funzioni consultive, in materia, ad esempio, di adozione del piano regolatore di sistema portuale ovvero di adozione del piano operativo triennale28.
Compiti molto rilevanti in tema di coordinamento, a livello nazionale, delle scelte strategiche in tema di grandi investimenti infrastrutturali, di pianificazione urbanistica in ambito portuale e di attuazione delle politiche concessorie del demanio marittimo sono invece attribuite alla «Conferenza nazionale di coordinamento delle AdSP», organo, composto dai presidenti delle AdSP e presieduta dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (art. 11 ter).
L’organigramma delle nuove AdSP si completa con la menzione della istituzione ad opera dell’art. 15 bis, dello «Sportello unico amministrativo» (SUA) e della ridefinizione delle funzioni dello Sportello unico doganale (art. 18).
Si tratta di misure che, in coerenza con il criterio direttivo della legge delega, intervengono nel senso della semplificazione e dell’unificazione delle procedure amministrative di competenza delle autorità di governo dei porti. In particolare la costituzione del SUA si propone di rispondere all’esigenza di individuare nell’ente di gestione del porto l’interlocutore unico per tutti i procedimenti amministrativi ed autorizzativi (diversi da quelli relativi alle attività commerciali e industriali in porto) in ambito portuale, in considerazione, peraltro, delle indicazioni della Commissione europea29.
Rispetto ai numerosi tentativi di riforma e di piccoli interventi di aggiustamento che la l. n. 84/1994 ha subìto negli anni, il d.lgs. n. 169/2016 ha senz’altro il merito di essere intervenuto ad apportare significative modifiche all’ordinamento portuale, realizzando alcune delle azioni indicate a livello programmatico dal PNSPL ed incidendo su un assetto tradizionalmente caratterizzato da molte resistenze corporative e contrapposti interessi locali.
Non si tratta della riforma complessiva della disciplina da anni in gestazione30, ma, avuto riguardo al delicato e complesso obiettivo della razionalizzazione dei porti e della loro integrazione con la rete logistica nazionale, l’intervento è certamente un primo significativo passo, la cui efficacia dovrà essere valutata nel tempo.
Il decreto, accanto all’introduzione di innovazioni da più parti auspicate, evidenzia alcuni profili problematici e lascia irrisolte alcune questioni.
L’impostazione di fondo della riforma induce anzitutto a chiedersi se sia corretto, alla luce della marcata eterogeneità degli scali italiani con riguardo alla dimensione ed al ruolo nel processo logistico, prevedere un identico modello di gestione determinato dall’alto, senza differenziazioni in termini di regole, se non nell’individuazione della circoscrizione territoriale di riferimento31.
Il modello adottato, poi, in conformità con il perimetro della legge delega, non stravolge i principi fondanti della l. n. 84/1994 e, anzi, per certi versi rafforza in capo all’ente di gestione il ruolo e la funzione di ente pubblico non economico confermandone, anche a livello testuale, la natura giuridica. Il suo fondamento è costituito dal principio di proprietà pubblica del bene porto e la conseguente necessità che la sua amministrazione venga affidata ad un’autorità pubblica che non svolga attività imprenditoriali dentro il porto32.
Questo è un aspetto che incontra il dissenso di una parte della dottrina33 che auspicava il superamento del riferito modello e l’assunzione da parte delle rinnovate Autorità portuali della veste di ente economico chiamato a raggiungere l’efficienza operativa mediante logiche tipicamente imprenditoriali e senza alcuna forma di sovvenzione pubblica, con effetti anche sul numero degli enti di governo in ragione del ridimensionamento o della scomparsa di quegli enti incapaci di vivere sul mercato.
Sul piano della razionalizzazione, va detto che la riduzione del numero delle autorità e la correlativa individuazione delle sedi dei nuovi enti con i porti core indicati a livello europeo corrisponde ad un’esigenza comunemente avvertita, in ragione del fatto che uno dei principali elementi di ostacolo all’affermazione della competitività del settore portuale nazionale si ritiene risieda proprio nel numero e nella tendenza alla proliferazione dei centri decisionali in ambito portuale.
Al riguardo vi è però il rischio, segnalato anche dal Consiglio di Stato, che l’organizzazione del sistema portuale basata su più livelli territoriali comunque dotati di poteri decisionali, possa tradursi di fatto in una moltiplicazione di strutture amministrative, così frustrando gli obiettivi perseguiti, almeno sotto il profilo del contenimento dei costi e dell’efficienza dei processi decisionali34.
Apprezzabili sono anche le novità circa la disciplina degli organi di governo. L’istituzione della «Conferenza nazionale di coordinamento delle AdSP» è, per esempio, misura di sicuro interesse purché, nel concreto funzionamento, si riveli coerente con le finalità per le quali è stato prevista.
Tale organo, oltre ad essere attuazione di una precisa indicazione del PSNPL, si propone di essere strumento determinante per consentire la riferita visione d’insieme, ossia il necessario processo di integrazione e coordinamento dei vari livelli di pianificazione logistica.
Significative sono poi le modifiche della composizione del Comitato di gestione e delle attribuzioni del Presidente: il primo è stato reso più snello, operativo e tendenzialmente più al riparo di contrasti di natura squisitamente politica; per il secondo si prevede un ruolo di effettivo coordinamento delle amministrazioni aventi competenze in ambito portuale, oltre ad un processo di nomina più diretto.
In ordine alle questioni lasciate irrisolte spicca in primo luogo la scelta di non incidere su uno dei maggiori problemi della disciplina previgente: l’estrema farraginosità della procedura di adozione del piano regolatore portuale.
Il riferimento è, in particolare, alle esigenze di semplificazione e di velocizzazione dell’iter nonché al delicato problema del coordinamento del piano con gli strumenti urbanistici vigenti.
Si trattava peraltro di aspetti prioritari della riforma, tenuto conto, da un lato, della rilevanza della pianificazione territoriale nell’ottica del rilancio dei porti e, dall’altro, della espressa (ma per la verità alquanto generica) indicazione del PSNPL di provvedere al rafforzamento della valenza dello strumento.
Ed invece, in sede di revisione della norma, è stata sostanzialmente confermata la subordinazione del piano regolatore portuale a quello generale (art. 5, co. 2, l. n. 84/1994) e, sul piano procedurale, è stata comunque stabilita la preventiva intesa con il Comune o i Comune interessati. Inoltre, l’iter risulta ulteriormente appesantito dalla necessaria approvazione dello strumento da parte della Regione e, nel caso del PRSP, anche dall’approvazione da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ferma restando la possibilità – di cui occorrerà valutare l’effettiva utilità nella pratica – del ricorso alla Conferenza di servizi in caso di mancato accordo.
Sempre sul piano delle occasioni perse, vi è poi da menzionare il mancato coordinamento tra le competenze delle neoistituite AdSP e quelle dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART)35. Le norme qui in esame si limitano infatti a specificare che il Presidente dell’AdSP debba svolgere le funzioni previste dagli artt. 16, 17 e 18 (ossia, come è noto, il rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni in materia di lavoro portuale) «nel rispetto delle deliberazioni della Autorità di regolazione e dei trasporti» (art. 8, 3 co., lett. n).
Il problema che si è posto è che le competenze dell’ART in materia portuale, così come previste dalla norma istitutiva, rischiano di sovrapporsi a quelle tipiche dell’Autorità portuale ed ora dell’AdSP. Si pensi, ad esempio, alla funzione di garantire l’accesso equo all’infrastruttura portuale assicurando altresì la mobilità delle merci e delle persone (art. 37, co. 2, d.l. n. 207/2011).
Sarebbe stata quindi opportuna una norma di raccordo che delimitasse con maggiore precisione i rispettivi spazi di intervento delle due Autorità in materia di accesso all’infrastruttura portuale.
Note
1 Per un esame dei contenuti dei principali progetti di riforma cfr. Carbone, S.M.Maresca, D., Prospettive di riforma della legislazione in materia portuale, in Dir. mar., 2009, 1058; Munari, F., I primi quindici anni della l. n. 84/1994. Esperienze, valutazioni e alcuni suggerimenti per future prospettive di riforma, in Scritti in onore di Francesco Berlingieri, Genova, 2010, 767; Vezzoso, G., Le occasioni mancate di una proposta di riforma, in Dir. mar., 2010, 438; Mastrandrea, G., Il disegno di legge governativo in materia di riforma della legislazione in materia portuale: una breve panoramica delle principali novità de iure condendo, in Riv. dir. nav., 2010, 201 nonché Tullio, L.Deiana, M., a cura di, Demanio marittimo e porti. Spunti di studio per una ricodificazione, Cagliari, 2014; Calabrò, M., Il disegno di legge di riforma dell’ordinamento portuale, in Libro dell’anno del Diritto 2014, Roma, 2014, 480.
2 Pubblicato in G.U. 31.8.2016, n. 203.
3 Sull’art. 29, d.l. n. 133/2014, sia consentito rinviare a Mancini, F., Il piano della portualità e della logistica, in Libro dell’anno del Diritto 2015, Roma, 2015, 471.
4 Approvato con d.P.C.M. 26.8.2015.
5 L’espressione è di Lefebvre D’Ovidio, A.Pescatore, G.,Tullio, L., Manuale di diritto della navigazione, XIV ed., Milano, 2016, 151.
6 Cfr. Pellegrino, F., L’ambito portuale ed i piani regolatori portuali, in Giureta, 2008. L’autrice evidenzia che una simile impostazione è poi confluita nel disegno di l. n. 1044, presentato il 27.9.2006 che aveva appunto delineato l’organizzazione in «sistemi portuali» dei porti vicini, appartenenti al medesimo «mercato geograficamente rilevante».
7 Sulle implicazioni di questa sentenza v. Vezzoso, G., La Riforma portuale fra Stato e Regioni, in Dir. mar. 2015, 779.
8 Cfr. Mancini, F., Il piano della portualità e della logistica, cit., 471.
9 Oltre all’esito della Conferenza unificata Stato-Regioni, il provvedimento è stato approvato tenendo conto delle osservazioni rese dalla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato, confluite nel parere n. 1142 del 27.4.2016.
10 Il reg. 2013/1315/UE indica per l’Italia 14 porti core: Genova, La Spezia, Livorno, Napoli, Gioia Tauro, Taranto, Bari, Ancona, Ravenna, Venezia, Trieste, Palermo, Cagliari, Augusta.
11 L’Italia è interessata da quattro corridoi: il corridoio Baltico-Adriatico; il corridoio Mediterraneo; il corridoio Helsinki-Valletta; il corridoio Genova-Rotterdam.
12 Per un approfondimento del tema cfr. Vezzoso, G., La Riforma dei porti italiani in una prospettiva europea, in Giureta, 2015, 255.
13 Più ampiamente sul tema v. Vezzoso, G., La Riforma dei porti italiani in una prospettiva europea, cit., 281 ss. In argomento v. anche Ragazzoni, D., La proposta UE sull’accesso ai servizi portuali, in Libro dell’anno del Diritto 2014, Roma, 2014, 461.
14 Le AdSP istituite sono le seguenti: a) AdSP del Mar Ligure Occidentale; b) AdSP del Mar Ligure Orientale; c) AdSP del Mar Tirreno Settentrionale; d) AdSP del Mar Tirreno CentroSettentrionale; e) AdSP del Mar Tirreno Centrale; f) AdSP dei Mari Tirreno Meridionale, Jonio e dello Stretto; g) AdSP del Mare di Sardegna; h) AdSP del Mare di Sicilia occidentale; i) AdSP del Mare di Sicilia Orientale; l) AdSP del Mare Adriatico Meridionale; m) AdSP del Mare Ionio; n) AdSP del Mare Adriatico Centrale; o) AdSP del Mare Adriatico Centro-Settentrionale; p) AdSP del Mare Adriatico Settentrionale; q) AdSP del Mare Adriatico Orientale.
15 L’unico porto non core secondo il reg. 2013/1315/UE interessato dall’istituzione delle AdSP è il porto di Civitavecchia dove ha sede l’AdSP del Mar Tirreno CentroSettentrionale; risulta in corso però la procedura per il riconoscimento della qualità di porto core.
16 Alla transizione verso la nuova configurazione è dedicato l’art. 22. Ai sensi del co. 2 di tale norma, su richiesta motivata del Presidente della Regione, da presentarsi entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, può essere altresì disposto il mantenimento per un periodo non superiore a trentasei mesi dell’autonomia finanziaria e amministrativa delle Autorità portuali già costituite.
17 Nell’assetto delineato dalle nuove disposizioni i sistemi composti da un solo porto sono tre: AdSP Mar Ionio (Porto di Taranto); AdSP Mare Adriatico centrosettentrionale (Porto di Ravenna); AdSP Mare Adriatico orientale (Porto di Trieste).
18 Secondo Pellegrino, F., L’ambito portuale ed i piani regolatori portuali, cit., il concetto di ambito portuale è necessariamente ampio e onnicomprensivo, ove si consideri che lo stesso art. 18 l. n. 84/1994 «prevede che siano soggette a concessione non solo le “aree demaniali” e le banchine ricadenti all’interno dell’“ambito portuale” per lo svolgimento di “operazioni portuali” , ma anche le “opere attinenti alle attività marittime e portuali collocate a mare nell’ambito degli specchi acquei esterni alle difese foranee in quanto “anch’esse da considerarsi a tal fine ambito portuale”, purché interessate dal traffico portuale e dalla prestazione dei servizi portuali».
19 Cfr. Cass., S.U., 28.10.1998, n. 10279 e, in senso conforme, Cass., 14.10.2000, n. 13279. Sul tema, anche per una argomentata critica alla qualificazione delle autorità portuali come enti pubblici economici, cfr. Tullio, L., Ruoli e funzioni delle autorità portuali, in La riforma dell’ordinamento portuale italiano, Bologna, 2006, 35 ss.
20 Cons. St., parere n. 1142/2016, cit., 24.
21 Cfr. Maresca, M., La regolazione dei porti fra diritto interno e comunitario, Torino, 2001. Secondo altra angolazione si tratta dell’esplicitazione di un compito già attribuito alle autorità portuali dalla l. n. 84/1994 e ricavabile dalla lettura sistematica della norma; cfr. Carbone, S.M.Munari, F., La disciplina dei porti tra diritto comunitario e diritto interno, Milano, 2006, 172 ss.; in senso conforme Marchiafava, G., Ruolo e funzioni dell’autorità portuale, in Tullio, L.Deiana, M., a cura di, Demanio marittimo e porti, cit., 148 ss.
22 L’espressione qui utilizzata è volutamente generica, a significare tutto lo spazio oggetto del piano regolatore. In realtà, la questione circa quale porzione di territorio possa effettivamente formare oggetto del piano regolatore portuale è controversa tenuto conto anche delle diverse espressioni usate dal legislatore («ambito portuale», «assetto complessivo», «aree destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie») e sembra destinata a rimanere tale anche nel vigore della disposizione normativa in esame, stante l’identità di formulazione; più ampiamente sul tema v. Pellegrino, F., op. cit.; Bocchese, D., Il piano regolatore portuale, in Tullio, L.Deiana, M., a cura di, Demanio marittimo e porti, cit., 203.
23 Nell’ipotesi in cui la circoscrizione territoriale del sistema portuale ricomprenda più Regioni, il piano regolatore di sistema portuale è approvato dalla Regione ove ha sede l’AdSP previo accordo con le Regioni in cui si trovano gli altri porti e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (art. 5, co. 3 ter).
24 Il novellato art. 10, co. 2, prevede un allargamento delle materie in cui il Segretario generale deve essere qualificato disponendo la sua nomina (da parte del Comitato di gestione, su proposta del Presidente) fra gli esperti di comprovata esperienza manageriale o qualificazione professionale nel settore marittimoportuale «nonché nelle materie amministrativocontabili».
25 Il possesso della laurea connessa, affine, collegata o collegabile con la materia portuale è stato ritenuto elemento necessario per l’integrazione del concetto di esperto di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale; in questo senso Cons. St., 26.9.2013, n. 4768 nonché, a conclusione della medesima vicenda, Cass., S.U., 23.12.2014, n. 27341.
26 Cfr. parere Cons. St. n. 1142/2016, cit., 32.
27 L’espressione è di Carbone, S.M.,Munari, F., op.cit., 164.
28 È altresì previsto che, nell’ipotesi in cui in un’unica AdSP siano confluiti più porti core, già sede di autorità portuale, presso ognuno di questi sia istituito l’Organismo del Cluster marittimo (art. 11 bis, co. 4). Il ruolo di tale organo non risulta però compiutamente specificato dalla norma.
29 Per un approfondimento del tema v. Zunarelli, S., Competenze amministrative inerenti le attività nei porti, ruolo dell’autorità portuale e principio dello «sportello unico portuale», in Xerri A., a cura di, Impresa e lavoro nei servizi portuali, Milano, 2012, 85 ss.
30 Come evidenziato anche dal Cons. St., parere n. 1142/2016 cit., 9, che ha definito la riforma «necessaria ma circoscritta», sottolineando che le misure adottate non sembrano da sole sufficienti a ridare slancio al settore portuale.
31 Sulla problematica, v. Munari, F., I primi quindici anni della l. n. 84/1994, cit., 769 ss.
32 Munari, F., loc. ult. cit.
33 Vezzoso, G., La Riforma dei porti italiani in una prospettiva europea, cit., 320 ss.
34 Cons. St., parere n. 1142/2016, cit., 14; nello stesso senso v. Vezzoso, G., La riforma portuale, cit., 783.
35 In argomento si veda Bassan, F., a cura di, La regolazione dei trasporti in Italia, Torino, 2013, 204 ss.