Le corbeau
(Francia 1943, Il corvo, bianco e nero, 93m); regia: Henri-Georges Clouzot; produzione: René Montis, Raoul Ploquin per Continental; soggetto: Louis Chavance; sceneggiatura: Henri-Georges Clouzot, Louis Chavance; fotografia: Nicolas Hayer; montaggio: Marguerite Beaugé; scenografia: Andrej Andrejew; musica: Tony Aubin.
Il dottor Germain, riservato e severo, lavora nell'ospedale di Saint-Robin, piccolo centro della provincia francese. I suoi rapporti con la comunità locale sono complessi: da una parte c'è diffidenza verso il 'forestiero', dall'altra le donne del paese manifestano una morbosa attrazione nei suoi confronti. Alcune lettere anonime, firmate il Corvo, accusano Germain di condotta immorale. Lettera dopo lettera, le calunnie cominciano a mescolarsi con scabrose verità che coinvolgono i notabili della cittadina. Tra questi il primario dell'ospedale, il direttore della scuola Saillens e Denise, sua sorella, l'adolescente Rolande, lo psichiatra Vorzet e sua moglie Laura, con cui Germain intrattiene un'affettuosa amicizia. Odiato da tutti, Germain cede per una notte alla spietata corte di Denise. Mentre le malignità del Corvo diffondono il panico, un ulteriore messaggio anonimo induce al suicidio un giovane paziente dell'ospedale, malato incurabile. Durante il funerale, in un crescendo di tensione, i cittadini accusano l'infermiera Marie. La donna è arrestata ma il Corvo torna a scrivere, scagionandola. Deciso a lasciare il suo incarico, il dottore svela il suo tragico passato: è un grande chirurgo che, per non aver saputo impedire la morte di moglie e figlio durante il parto, ha scelto l'anonimato. Germain scopre quindi che Denise aspetta un figlio da lui: tuttavia il dubbio che la ragazza abbia scritto le lettere lo tormenta. Le tracce portano invece verso casa Vorzet: dietro la firma del Corvo si nasconde lo psichiatra. Accorso per smascherarlo, Germain non riesce a sottrarre l'uomo a una terribile vendetta.
Le corbeau trae origine da una sceneggiatura scritta nel 1937 da Louis Chavance (L'oeil de serpent) e ispirata a un episodio di cronaca avvenuto a Tulle nel 1923. Henri-Georges Clouzot, che ha fortemente voluto il film, trasporta la vicenda nel suo personale universo: una landa disertata dalla grazia e dagli eroi, senza possibilità di assoluzione né di riscatto. Le lettere anonime del Corvo fanno riaffiorare, per qualche giorno, tutto il rimosso di Saint-Robin: la cultura del sospetto, il desiderio sessuale, la dipendenza dalle droghe, le menzogne, il fantasma dell'aborto, i rapporti di potere all'interno dell'istituto matrimoniale. Dietro il rispetto borghese delle regole si nasconde un'umanità intimamente corrotta. Nella sua radicalità, il regista non accorda simpatia neppure al protagonista che si è scelto e di cui disprezza, come il Corvo, l'integralismo, l'evidente cecità, la stessa retorica drammaturgica. La sgradevolezza dei volti, le menomazioni, i corpi che invecchiano fanno infine giustizia del glamour cinematografico. Ma la fisicità dei dettagli è centrale in tutto il film.
La materia di Le corbeau è la pietra, il sole implacabile, l'inchiostro, le lampadine incandescenti, le affilate lame di rasoio, le mantelle che trasformano in sinistri rapaci i corpi delle infermiere, i cancelli di ferro cigolante, i veli neri che ‒ in una visione mitica ‒ cancellano l'identità della fatale mano vendicatrice. Tra corsie d'ospedale, navate gotiche e cimiteri si manifesta, nelle lettere dell'onnisciente Corvo, una sorta di Dio maligno, consapevole delle umane miserie ma incapace di fornire un modello alternativo. Eloquente, in questo senso, la sequenza in cui, durante l'omelia domenicale, l'ennesima lettera del Corvo cade dall'alto sui pii cittadini di Saint-Robin. Lo sguardo investito è quello di un moralista medievale. Il percorso verso la verità (chi si nasconde dietro la firma del Corvo) devia, in un audace scarto, verso lo smantellamento della verità assoluta: in sottofinale il dottor Germain, laico, umanista e rigoroso fino all'autolesionismo, dichiara di "non sapere più". E ovviamente il centro di gravità del film è la famosa scena in cui lo psichiatra Vorzet, sintomo della malattia di cui soffre la piccola comunità, ma anche folle, estrema cura contro l'ipocrisia dominante, illustra con un trucco quanto sia labile il confine tra follia e ragione, tra bene e male, tra luce e ombra.
Questa visione senza concessioni, cui non è estranea l'influenza di von Stroheim, ha radici complesse. Da una parte la biografia personale dell'autore (il soggiorno a Berlino nei primi anni Trenta, la lunga degenza in un sanatorio svizzero), dall'altra il clima cupo della Francia occupata in cui erano familiari la pratica della delazione, l'indifferenza verso il prossimo, la contrattazione, l'abitudine a mascherare idee e sentimenti. Fedele alla sua vocazione antiretorica, Clouzot non teme di rappresentare il suo paese nella luce peggiore. Calato in prima persona nelle contraddizioni e nelle ambiguità del collaborazionismo (Le corbeau fu prodotto dalla Continental, casa cinematografica francese controllata dagli occupanti nazisti), il regista non cede alla tentazione propagandistica di celebrare a tutti i costi le virtù dei francesi nel momento più difficile. Anche a rischio di compiacere, con questo ritratto di provincia in nero, i produttori tedeschi. Sintomatiche, al proposito, le reazioni indignate della Central Catholique e dei giornali clandestini. Il prezzo di questa lucidità fu pagato dopo il 1944: il Comitato di Liberazione stilò una lista di otto registi che durante l'occupazione avevano lavorato per la Continental. Clouzot era tra questi; interrogato da una commissione di epurazione, inutilmente difeso da intellettuali come Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre, fu sospeso dall'attività professionale "almeno fino a quando il cinema francese libero non abbia prodotto dodici lungometraggi". Naturalmente Le corbeau, considerato 'anti-francese', venne proibito. Clouzot restò inattivo fino al 1947 di Quai des Orfèvres (Legittima difesa), premio per la miglior regia alla Mostra di Venezia.
La fortuna critica del film conobbe esiti alterni. Fin dalla sua prima uscita fu segnalata la forza dello stile di Clouzot. Negli anni Cinquanta soffrì l'antipatia verso il 'cinema di papà' manifestata dai giovani critici, ma presto cominciarono ad arrivare i primi risarcimenti: "Sono andato a rivederlo l'altra sera con una certa ansia e con una curiosità incredibile. È un capolavoro, un film perfetto, profondo, sensibile e forte, non ha perso nulla", scrisse nel 1964 François Truffaut a Clouzot dopo che un infarto aveva costretto il regista a interrompere le riprese di L'enfer.
Interpreti e personaggi: Pierre Fresnay (dottor Rémy Germain), Micheline Francey (Laura Vorzet), Pierre Larquey (dottor Michel Vorzet), Ginette Leclerc (Denise Saillens), Hélèna Manson (Marie Corbin), Noël Roquevert (preside Saillens), Jeanne Fusier-Gir (merciaia), Antoine Balpêtré (dottor Delorme), Louis Seigner (dottor Bertrand), Liliane Maigné (Rolande Saillens), Sylvie (madre del malato n. 13), Roger Blin (Jean-Francois, il malato n. 13).
J. L., Le corbeau, in "L'illustration", 1 novembre 1943, poi in "Cahiers de la cinémathèque", n. 8, hiver 1973.
E. Flaiano, Il corvo, in "Bis", n. 17, 6 luglio 1948.
F. Lacassin, R. Bellour, Le procés Clouzot, Paris 1964.
M. Oms, 'Le corbeau' et ses quatre vérités, in "Cahiers de la cinémathèque", n. 8, hiver 1973.
J. Fieschi, Le corbeau, in "Cinématographe", n. 25, mars 1977.
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Henri-Georges Clouzot, a cura di F. Pieri, in Festival France Cinéma, Firenze 1998.
Sceneggiatura: Le corbeau, Paris 1948; in "L'avant-scène du cinéma", n. 186, 15 avril 1977.