Presidenza, Wolesi Jirga e Consigli provinciali sono le maggiori istituzioni politiche elettive esistenti in Afghanistan. Traggono origine dal tentativo della comunità internazionale di erigervi un moderno stato democratico e di diritto dopo la defenestrazione del regime talebano, promosso a Bonn nel dicembre 2001 e legittimato nel giugno seguente sul piano interno da una grande assemblea di notabili tribali, la Loya Jirga.
Le prime elezioni presidenziali della storia afghana, ritenute ad oggi il momento più alto della partecipazione popolare nella ricostruzione politica delle istituzioni locali, si svolsero il 9 ottobre 2004. Stando ai risultati ufficiali, in quella circostanza si recò ai seggi il 76,9% degli aventi diritto, pari a ben 8.128.940 di elettori. Hamid Karzai, un Pashtun Durrani appartenente al clan Popalzai, allora capo provvisorio dello stato, vinse al primo turno, con il 55,4% delle preferenze. La distribuzione dei consensi tra i candidati dimostrò tuttavia come persistesse in Afghanistan una forte tendenza alla polarizzazione dello spettro politico lungo linee etniche: il tagiko Yunus Qanooni, più tardi eletto speaker della Camera bassa del parlamento afghano, giunse infatti secondo con il 16,3% dei voti; seguirono, a ruota, l’esponente hazara Haji Mohammad Mohaqiq con l’11,7% ed il controverso leader uzbeko Abdul Rashid Dostum con il 10%, allineati in una graduatoria assai simile a quella dei maggiori gruppi etnici per consistenza demografica.
Le elezioni parlamentari e provinciali del 18 settembre 2005 ebbero invece luogo in un ambiente già meno permissivo, degradato dal moltiplicarsi degli attacchi condotti dall’opposizione armata e caratterizzato da una certa disaffezione tra gli elettori. La consultazione dovette essere protetta da un più potente dispositivo di sicurezza, gestito congiuntamente dall’Isaf (International Security Assistance Force) e dai militari dell’operazione Enduring Freedom. Ciò nonostante, l’affluenza alle urne scese al 51,5%. I risultati resero palese lo stallo del programma di ricostruzione del paese anche sotto un altro profilo, ponendo in evidenza il nuovo ruolo politico conquistato dai signori della guerra. Costituì peraltro un indubbio successo il fatto che le donne riuscissero ad aggiudicarsi il 28% dei seggi, andando al di là della ‘quota rosa’ del 25% che era stata creata in loro favore.
Le elezioni presidenziali successive si tennero il 20 agosto 2009 in un contesto contrassegnato da violenze ancora più gravi, intimidazioni e scontri armati di notevole intensità in ampia parte del territorio afghano, al punto che, a dispetto del grande incremento delle truppe alleate schierate sul terreno, non fu possibile assicurare ovunque la regolarità delle operazioni di voto. Molti seggi rimasero chiusi. Partecipò soltanto il 31,4% degli aventi diritto. Si registrarono altresì brogli, episodi di voto collettivo e contestazioni di vario genere, che provocarono sensibili ritardi nella pubblicazione dei risultati ufficiali. L’esame dei ricorsi appurò come Hamid Karzai non fosse riuscito ad aggiudicarsi il quorum necessario ad ottenere la riconferma al primo turno. Il capo dello stato afghano lamentò a lungo le pressioni esercitate dalla comunità internazionale nel corso dello spoglio delle schede come un’indebita interferenza ed un sintomo di ostilità nei suoi confronti, suscettibile di comprometterne la permanenza al potere. Tale circostanza ha verosimilmente contribuito alla recente scelta di sopprimere la Commissione elettorale indipendente, istituzionalmente incaricata di vigilare sulla regolarità delle elezioni e partecipata da esponenti stranieri. In seguito alla rinuncia del tagiko Abdullah Abdullah, che aveva riportato il 30,59% dei voti contro il 49,67% riscosso da Karzai, il ballottaggio programmato per il 7 novembre 2009 venne tuttavia cancellato.
In base alle previsioni della vigente Costituzione, l’attuale presidente non può chiedere un terzo mandato. Vi sono peraltro pochi dubbi che Karzai farà quanto in suo potere per rimanere comunque rilevante sulla scena politica afghana, magari offrendo il suo endorsement al fratello Abdul Qayum o comunque ad una personalità legata alla propria confederazione tribale. Nella primavera 2012 sembrava certo un anticipo delle prossime presidenziali al 2013, una data che ne avrebbe consentito lo svolgimento in presenza di un numero ancora cospicuo di truppe internazionali, seppur ridotto. Successivamente, tuttavia, si è deciso di indirle per il 5 aprile 2014, anche se non sono esclusi ripensamenti, sia in funzione degli sviluppi della situazione politico-militare sia, forse, per tener conto dei rilievi mossi da coloro che ritengono il giorno prescelto potenzialmente lesivo del diritto dei candidati con forte radicamento al Nord a condurre un’efficace campagna elettorale nelle proprie province d’origine, dove l’inverno si prolunga maggiormente.
La successione al presidente Karzai si profila in ogni caso come un passaggio politico delicato e complesso, poiché si sovrappone al ritiro delle forze combattenti alleate e al tentativo di negoziare una riconciliazione con le principali articolazioni della guerriglia in lotta contro il legittimo governo afghano. Sforzi per avviare trattative sono in atto in varie sedi: in particolare in Qatar, dove i Taliban hanno aperto un loro ufficio politico, in Germania, in Pakistan e più di recente anche in Francia. Vi sono coinvolti soggetti informali e attori istituzionali, incluso l’autorevole Alto consiglio per la pace, presieduto dall’ex presidente afghano Burhanuddin Rabbani fino al suo assassinio, e attualmente diretto dal figlio Salahuddin.
Si sono registrati contatti tra le parti persino al margine di eventi a connotazione prevalentemente accademica, in occasione dei quali delegati Taliban avrebbero avvicinato anche rappresentanti dell’Alleanza del Nord, nell’intento di ammorbidirne l’ostilità, che risale alla metà degli anni novanta. Conseguentemente, non si esclude più che alle prossime tornate elettorali – presidenziali, parlamentari e provinciali – possano partecipare anche candidati emanazione del movimento talebano e dell’Hibz-e Islami di Gulbuddin Hekmatyar, attualmente latitante. Ciò non implica peraltro la certezza di una ricomposizione politica del conflitto in corso. È invece diffuso in Afghanistan il timore che il ritiro delle truppe internazionali preluda all’innesco di un nuovo ciclo della guerra civile in atto nel paese dal 1978. Il 1° novembre 2012, Ismail Khan, signore della guerra di etnia tagika, ha promosso alle porte di Herat una manifestazione per sollecitare i suoi seguaci a riarmarsi in vista di possibili scontri futuri. Tale iniziativa potrebbe essere imitata da altri influenti leader politico-militari del Turkestan afghano. Le preoccupazioni sono condivise da vasti strati della popolazione, come provano il massiccio deflusso di oro da Kabul verso gli emirati del Golfo e la crescente domanda di armi leggere sui mercati afghani, fenomeni documentati da pregevoli inchieste della stampa internazionale.