Il disaccordo intorno alle prossime elezioni parlamentari e presidenziali palestinesi è l’espressione più immediata della prolungata ostilità tra i due grandi partiti politici nazionali: al-Fatàh e Hamas. Ripetutamente procrastinate a causa dei contrasti tra le due fazioni, le elezioni potrebbero tenersi nel 2013, ma secondo alcuni osservatori non è escluso che vengano nuovamente posticipate. Già alla fine del 2008 si vociferava sulla possibilità di una dissoluzione anticipata del parlamento – il cui mandato è scaduto nel 2010 – nel corso dell’anno successivo. Il 9 gennaio 2009, inoltre, è giunto a termine il mandato del presidente palestinese Maḥmūd 'Abbās (noto anche come Abū Māzin), eletto nel 2005. 'Abbās ha esteso di un anno il proprio incarico in base alla Legge fondamentale, decisione che Hamas ha considerato illegittima e ha perciò nominato unilateralmente presidente ad interim il portavoce del Consiglio legislativo palestinese, ‘Aziz Duwaik. Lo scopo dichiarato di al-Fatàh sarebbe stato quello di far coincidere le elezioni presidenziali e legislative. Agli inizi del 2011, sull’onda della primavera araba, e soprattutto della rivoluzione del vicino Egitto, al-Fatàh aveva annunciato di voler tenere le elezioni nell’ottobre dello stesso anno. Tuttavia, a causa delle forti tensioni con Hamas su temi di politica interna, la data è stata rimandata. Senza dubbio, questi contrasti elettorali restano incomprensibili se non vengono letti nel quadro più ampio dei ripetuti e fallimentari tentativi di riconciliazione tra al-Fatàh e Hamas. Il partito islamico ha più volte dichiarato che non intende partecipare ad alcuna elezione fintantoché non si arriverà a un accordo politico con al-Fatàh. Dopo le elezioni del 2006, nelle quali Hamas si aggiudicò il governo della Striscia di Gaza, le tensioni tra i due gruppi politici sono andate via via acuendosi. Il biennio 2006-07 è stato testimone di numerosi scontri sanguinosi e omicidi mirati, una vera e propria faida per il controllo politico e militare dei territori palestinesi che ha mietuto decine di morti nelle file di entrambi gli schieramenti. Nonostante la mediazione egiziana, yemenita e qatarina, i colloqui tra al-Fatàh e Hamas, anche quando sono giunti a un iniziale accordo, sono poi finiti in stallo. Nell’aprile del 2011 esponenti dei due gruppi hanno annunciato un accordo che, sotto l’egida del Cairo, prevedeva la creazione di un governo di transizione formato da tecnocrati in vista di elezioni legislative e presidenziali da tenersi nel corso del 2012. L’accordo, ufficializzato dai leader Mah.mūd 'Abbās e Khalid Misha'l, includeva anche l’entrata di Hamas nell’Olp e il mantenimento dello status quo sulla sicurezza: al-Fatàh avrebbe continuato a mantenere il controllo della Cisgiordania e Hamas quella nella Striscia. Gli accordi del Cairo del 2011 sono però naufragati con la nomina dell’attuale primo ministro dell’Anp, Salam Fayyad, che Hamas non ha mai accettato. I successivi accordi di Doha (febbraio 2012) e del Cairo (maggio 2012), che hanno sostanzialmente riproposto l’implementazione dei negoziati del Cairo del 2011, si sono impantanati a causa di accuse reciproche tra le due fazioni, soprattutto riguardo alla situazione della sicurezza nella Striscia. Banco di prova per le prossime elezioni sono state certamente le elezioni locali nella Cisgiordania di ottobre 2012, le prime dopo quelle legislative del 2006. Ripetutamente rimandate per due anni, in un clima di forte protesta popolare contro l’Anp per gli aumenti del costo dei carburanti, sono state circoscritte alla sola Cisgiordania e sono state boicottate da Hamas. Inoltre, la metà delle circoscrizioni sono state inizialmente escluse per mancanza di candidati. L’astensionismo ha riguardato quasi la metà degli aventi diritto al voto. Elezioni ‘complementari’ erano previste per fine novembre 2012 ma sono state, per l’ennesima volta, posticipate a data da destinarsi. Il movimento al-Istiqlal wa-l-Tanmiya (‘Indipendenza e sviluppo’) appoggiato da al-Fatàh, sfidato da una galassia di piccole liste indipendenti locali costituite soprattutto da fuoriusciti dello stesso partito, ha subito un notevole smacco: a essere stato conquistato è stato soltanto un quinto dei seggi in ballo. La città che ospita la sede dell’Anp, Ramallah, è andata a una lista indipendente (Abna’ al-Balad). Altri due importanti centri, Jenin e Nablus, sono andati ad altri due gruppi indipendenti. Malgrado non abbia ufficialmente riconosciuto i risultati elettorali, Hamas ha comunque cantato vittoria, giudicando la tornata elettorale come un chiaro sostegno al movimento islamico.