Le istituzioni sopranazionali
Si definiscono sopranazionali le istituzioni cui sono conferiti, dagli Stati che ne sono membri, poteri e funzioni che queste possono autonomamente esercitare nell’ambito di regole prestabilite e recepite in un trattato internazionale ratificato dai parlamenti dei Paesi membri. Gli Stati cedono all’istituzione parte della propria sovranità nelle materie delegate e le consentono di interferire nei propri processi decisionali nazionali nel perseguimento di un interesse collettivo. La delega di sovranità è motivata dalla convinzione che gli obiettivi che si intendono perseguire – per es. la pace, il controllo delle pandemie o la stabilità finanziaria – possono essere raggiunti solo attraverso un’azione collettiva a livello internazionale, anziché attraverso un insieme di politiche nazionali non coordinate.
Storicamente, istituzioni sopranazionali sono state create solo nel Novecento e sono la risultante di due contrastanti fattori. Il primo fu la crescente integrazione commerciale e finanziaria tra le grandi potenze europee nel periodo di pace tra il 1870 e il 1914 (la cosiddetta belle époque), che dette luogo, sotto l’egida del sistema monetario internazionale su base aurea (gold standard), a quella che gli storici ora chiamano la «prima globalizzazione». Il secondo fattore fu il «precario equilibrio» politico e militare tra le stesse grandi potenze, la cui fragilità fu bruscamente rivelata dall’attentato di Sarajevo e che si risolse nel primo conflitto mondiale. Si pose allora l’esigenza di ricostituire un equilibrio meno precario che consentisse di riprendere il cammino di crescita economica e sociale interrotto dalla guerra.
La prima istituzione a essere concepita come sopranazionale fu la Società delle nazioni (SDN), voluta dal presidente americano W. Wilson, che fu creata con il Trattato di pace di Versailles nel 1919. Obiettivo primario della SDN era la preservazione della pace e la risoluzione dei conflitti tra le nazioni aderenti attraverso negoziati diplomatici. La SDN aveva in teoria poteri sopranazionali poiché poteva sanzionare Paesi inadempienti alle sue deliberazioni. In realtà, il Senato degli Stati Uniti non ratificò il trattato istitutivo della SDN e questa si rivelò incapace di gestire le tensioni politiche e sociali che la guerra mondiale aveva generato; soprattutto, fu impotente a frenare le pretese di espansione territoriale della Germania nazista che portarono alla Seconda guerra mondiale.
In campo economico, i maggiori Paesi pensarono che bastasse «tornare al gold standard» per risolvere i problemi della ricostruzione e molte vane speranze furono riposte sui vantaggi che gli alleati avrebbero conseguito con le riparazioni imposte alla Germania dal trattato di pace. Nessuna istituzione sopranazionale venne creata per riportare ordine nel sistema economico e finanziario; si creò solo un organismo tecnico per gestire i pagamenti delle riparazioni tedesche: con la Convenzione dell’Aia del 1930 venne costituita dalle banche centrali di Belgio, Francia, Germania, Giappone, Italia e Regno Unito (e da alcune banche commerciali americane) la Banca dei regolamenti internazionali (BRI) con sede a Basilea. La BRI, esaurito il mandato iniziale, è divenuta nel dopoguerra sede di cooperazione e di dibattito tra banche centrali di numerosi Paesi, in tema di regole per la supervisione sui sistemi bancari e dei pagamenti.
Con la Seconda guerra mondiale si realizzò tra le potenze alleate, specie tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, il consenso necessario per creare delle vere istituzioni sopranazionali. La Conferenza di Bretton Woods del luglio 1944 fu l’atto di nascita del Fondo monetario internazionale (FMI) e della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS, Banca mondiale). Al FMI venne conferito il potere di gestire un regime multilaterale di cambi fissi tra le monete dei Paesi membri e di fornire assistenza finanziaria per fronteggiare squilibri delle bilance dei pagamenti; alla Banca mondiale il potere di erogare finanziamenti a sostegno di strategie di sviluppo economico e di lotta alla povertà. Gli accordi di Bretton Woods furono ratificati da 35 Paesi, compresi gli Stati Uniti, ed entrarono in vigore nel dicembre 1945. I membri delle istituzioni di Bretton Woods sono 185. Contemporaneamente, la Conferenza di San Francisco del giugno 1945 sancì la creazione dell’Organizzazione delle nazioni unite (ONU). La Carta dell’ONU recepisce in sostanza gli obiettivi della SDN e attribuisce al Consiglio di sicurezza il potere di autorizzare sanzioni diplomatiche, economiche e militari per risolvere dispute tra Paesi membri. La Carta fu ratificata dai membri permanenti del Consiglio di sicurezza (Cina, Francia, Regno Unito, URSS e USA) e dagli altri Paesi firmatari, ed entrò in vigore nell’ottobre 1945. I membri dell’ONU sono 192. Più difficili si rivelarono i negoziati per la creazione, nell’ambito dell’ONU, di un’organizzazione internazionale del commercio, pure proposta dagli Stati Uniti nel 1945, che avrebbe dovuto promuovere la liberalizzazione degli scambi. Si trovò comunque un consenso su un accordo meno ambizioso di riduzioni reciproche delle barriere doganali e tariffarie, il General agreement on tariffs and trade (GATT), firmato nel 1947 da 23 Paesi. Solo nel 1995 si decise la trasformazione del GATT nella World trade organisation (WTO, Organizzazione mondiale del commercio), cui aderiscono 153 Paesi. Nel complesso, opera oggi sotto l’egida dell’ONU, oltre a quelle suddette, un gran numero di agenzie specializzate e organizzazioni correlate, come la FAO, l’UNESCO e l’UNICEF, istituite nel corso degli anni.
Istituzioni sopranazionali vengono create nel dopoguerra anche in Europa per ancorare le prospettive di pace a un processo di progressiva integrazione economica e, potenzialmente, politica, con una forte connotazione istituzionale e un articolato ordinamento giuridico. Attraverso una serie di trattati, da quello di Roma del 1957 a quello di Lisbona del 2009, la Comunità economica europea si è ampliata, è divenuta Unione Europea e si è dotata di istituzioni con poteri genuinamente sopranazionali, come la commissione, la corte di giustizia, la Banca centrale europea (BCE), e di un Parlamento eletto a suffragio universale. Queste caratteristiche differenziano profondamente le istituzioni europee dalle altre istituzioni internazionali.
Malgrado l’ampia rappresentatività, la significativa longevità e i non trascurabili poteri loro conferiti, il ruolo delle istituzioni di livello mondiale si è gradualmente ridimensionato. L’ONU non è stato in grado di impedire conflitti in Medio Oriente, in Asia o in Africa e di attuare importanti risoluzioni approvate dal Consiglio di sicurezza. Il FMI, dopo la decisione unilaterale degli Stati Uniti dell’agosto del 1971 di sospendere la convertibilità del dollaro in oro su cui si basava il regime di cambi fissi, ha visto scemare, con l’instaurarsi di un regime di cambi fluttuanti, il suo ruolo di «guardiano» della stabilità del sistema monetario e finanziario internazionale: ne sono derivati ricorrenti squilibri delle bilance dei pagamenti dei principali Paesi, con conseguenti tensioni sui mercati finanziari e valutari, sfociati da ultimo nella gravissima crisi del 2007-09. La WTO non è stata in grado di arrestare la spinta del protezionismo strisciante che mina il sistema multilaterale del commercio, né di realizzare l’ambizioso programma di sostegno allo sviluppo e di liberalizzazioni concordato nel 2001 (Doha development agenda).
Questi risultati sono deludenti se confrontati con le aspettative dell’immediato dopoguerra. Il venir meno dell’egemonia politica ed economica degli Stati Uniti e l’ascesa di importanti Paesi in Europa e in Asia hanno reso sempre più difficile il raggiungimento del consenso tra paesi sovrani, da cui dipende l’efficacia delle istituzioni internazionali. Tuttavia, anche in assenza di un potere egemone, le istituzioni sopranazionali hanno esercitato un’azione positiva in quanto esse costituiscono un «regime» con il quale i singoli Paesi devono confrontarsi per ottenere consenso alle proprie politiche e per evitare l’isolamento sulla scena mondiale, anche se non sono sempre disposti ad accettare limitazioni di sovranità nel perseguimento dei propri interessi nazionali. Le istituzioni sopranazionali hanno in sostanza esercitato funzioni di raffreddamento delle tensioni, di ricerca del compromesso e di rete di sicurezza in casi di grave crisi. La relativa inefficacia delle istituzioni sopranazionali ha indotto i principali Paesi a ricercare forme di cooperazione ad hoc in sedi non istituzionali più ristrette (come il Gruppo dei 7 o il Gruppo dei 20). La crisi del 2007-09 ha peraltro riproposto l’esigenza di un rafforzamento della cooperazione internazionale di tipo istituzionale, rilanciando il ruolo del FMI e del Consiglio per la stabilità finanziaria. La globalizzazione dell’economia e della finanza ha messo gli Stati nazione – grandi e piccoli – di fronte alla constatazione che una crisi globale non può essere affrontata con strategie nazionali individuali. Le istituzioni esistenti possono divenire le sedi per concordare una strategia globale di risanamento economico e di stabilizzazione monetaria e finanziaria, tornando a essere realmente sopranazionali.