Le mépris
(Francia/Italia 1963, colore, Il disprezzo, 105m); regia: Jean-Luc Godard; produzione: Georges de Beauregard, Carlo Ponti, Joseph E. Levine per Films de Beauregard/ Rome-Paris/Les Films Concordia/Champion; soggetto: dal romanzo Il disprezzo di Alberto Moravia; sceneggiatura: Jean-Luc Godard; fotografia: Raoul Coutard; montaggio: Agnès Guillemot; costumi: Janine Autre; musica: Georges Delerue, (edizione italiana) Piero Piccioni.
Lo scrittore Paul Javal ama sua moglie Camille totalmente, teneramente e tragicamente, al punto da commettere l'errore fatale che gliela farà perdere per sempre: quello di offrirla, per poterla soddisfare e dimostrarle così la forza del proprio amore, a un uomo ricco, potente e affascinante come il produttore cinematografico Prokosch, che ha affidato a Paul il compito di riscrivere la sceneggiatura per un adattamento dell'Odissea. Lei ama il marito al punto di accontentarsi semplicemente del suo amore e rompe istantaneamente con lui nel momento stesso in cui percepisce la sua vigliaccheria. La mancanza di fiducia in lei e il sentimento di inferiorità che egli prova nei confronti della sua bellezza dimostrano, secondo Camille, che il marito non crede nel suo amore. A Capri, sul set del film diretto da Fritz Lang, Camille sale in auto con il produttore. I due muoiono in un incidente, le riprese continuano.
Le mépris possiede la semplicità e la ricchezza di una tragedia. Ma al centro dell'infelicità della coppia moderna, e della scrittura di Jean-Luc Godard, ci sono il frammento, l'istante, la rottura. Da sempre la coppia si era retta su una durata imposta dalla sacra istituzione del matrimonio. La sua forzata chiusura provocava tensioni estreme che crescevano da una scena all'altra, da un atto all'altro, fino a sfociare in esplosioni di urla e di rabbia, obbedendo a una drammaturgia violenta perfettamente rappresentata dall'opera di August Strindberg. Ma la vita moderna brucia i tempi e sconvolge la durata. La coppia ha conquistato maggiore libertà, istituendo diverse modalità di crisi. Niente più urla e piatti rotti. Tutto avviene in modo più sotterraneo, più filtrato. Dopo Viaggio in Italia di Rossellini, al quale Le mépris è chiaramente ispirato, Godard istituisce una nuova drammaturgia della coppia: ora si tratta di seguire, come in un reportage, l'avvenimento che si svolge davanti ai nostri occhi. In questo modo Godard situa la prima scenata al centro del film e la fa durare una trentina di minuti. Paul si sente in colpa e desidera che sua moglie si sfoghi violentemente, in modo da potersi discolpare. Ma Camille rifiuta di compiere un atto che per lei significherebbe irrimediabilmente una rottura di coppia. Dopo tutti i tentativi di sfuggire a un chiarimento, la scena si chiude con una semplice frase tagliente, fatale, definitiva: "Paul, je te méprise".
Poiché il cinema è diventato il testimone della nostra vita, la macchina da presa ha sostituito le antiche divinità, ormai ridotte a figure di cartapesta che, nel corso del film, ritornano più volte a scandire il procedere della tragedia. La macchina da presa diviene allora un dio che ci guarda già a partire dai titoli di testa. Essa osserva il percorso del destino non più dal punto di vista della fatalità e del determinismo, ma da quello dell'alea e dell'evento fortuito, registrando per sempre una successione di istanti non prevedibili, affidati al caso come alla libertà di ciascuno.
Le mépris propone una riflessione su ciò che è accaduto a Ulisse, cioè all'uomo occidentale, non al termine di un viaggio durato un decennio, ma dopo tremila anni di Storia. In cosa consiste la sua conoscenza, da quali ambigue certezze è offuscata? Si tratta quindi di una storia dei tempi; e il cinema, luminosa invenzione del ventesimo secolo, è destinato a divenirne il testimone e, soprattutto, il narratore. Il guercio Fritz Lang è il successore del cieco Omero. E Godard è il loro scrivano. Nella sua ossessione di possedere, di controllare tutto, Paul cerca di impossessarsi del tempo; ma si tratta di un tempo che ha perduto valore e qualità, di un tempo meramente quantitativo, frammentato e acquistabile (esattamente come il corpo di Camille). La tragedia dell'uomo occidentale moderno nasce dal fatto che egli vuole salvaguardare la purezza qualitativa (la durata eterna dell'amore assoluto) in un mondo divenuto semplicemente quantitativo. Egli è smarrito; il dubbio e l'ansia sono divenuti la sua sorte quotidiana. Il tempo è denaro. E grazie al denaro Paul si illude di poter possedere l'amore di Camille. Prokosch, inebriato dal proprio illusorio potere che ama esibire, manifesta la propria ricchezza tramite ciò che oggi la simboleggia: la velocità. Ma questa accelerazione del tempo finirà per distruggerlo insieme a Camille.
Di fronte alla cosmica immensità del mare, la lotta incessante di Ulisse assume l'aspetto patetico di un peplum italiano. Una carrellata laterale percorre lo schermo panoramico e finisce per conservare soltanto cielo e mare, aria e luce, spazio-tempo intatti per sempre. Allo stesso modo vuole conservarsi intatta Camille/Penelope. Alla parola esplicativa che distrugge, manda in frantumi il senso del mondo, lei oppone un'opacità ostinata, un silenzio supremo, l'animalità del proprio essere. Camille non ha senso, ma è senso. Il suo corpo non appartiene a nessuno ‒ poiché lei concede soltanto la propria immagine ‒ ma fa parte dell'intero universo: esso si muove all'interno dell'inquadratura, si sposta nello spazio, indifferente al trascorrere del tempo, inalterabile. Materia prima, scultura mobile, colore puro (giallo, blu, rosso), esso è trattato come un oggetto d'arte moderna, oggetto che l'imprudenza, che l'impudenza di Paul/Ulisse distruggerà. In una frazione di secondo, come il fulmine di Zeus, il disprezzo colpirà l'infelice Paul. Ogni tentativo di riconciliazione sarà inutile. Le mépris è un film perfetto: classico, moderno, realista e romantico. Ma la versione italiana, ripudiata da Godard, è accorciata di una ventina di minuti, provvista di musiche diverse dall'originale, alterata cromaticamente e sottoposta a un doppiaggio demenziale.
Interpreti e personaggi: Brigitte Bardot (Camille Javal), Michel Piccoli (Paul Javal), Jack Palance (Jeremy Prokosch), Georgia Moll (Francesca Vanini), Fritz Lang (sé stesso), Jean-Luc Godard (assistente alla regia), Raoul Coutard (operatore), Linda Véras (sirena).
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