Le novità introdotte dal d.l. n. 66/2014
La razionalizzazione della disciplina dei servizi pubblici locali e delle loro forme di gestione partecipate dalle p.a. rappresenta un’esigenza ineludibile per garantire la qualità delle prestazioni agli utenti, la parità degli operatori e l’economicità delle gestioni. La misura principale in tale direzione è sintetizzata da un’Autorità istituzionale, con comunicazione sul web, nel modo seguente, # municipalizzate: sfoltire e semplificare da 8.000 a 1.000 (Presidente del Consiglio Matteo Renzi; 18.4.2014).
Nel d.l. 24.4.2014, n. 66 conv. in l. 23.6.2014, n. 89, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale, è compreso un apposito capo IV sinteticamente e genericamente riferito alle “aziende municipalizzate”. La rubrica vuole però essere riassuntiva di tutte le ipotesi (aziende speciali, istituzioni, società direttamente o indirettamente controllate) attraverso le quali le amministrazioni locali procedono ad un intervento diretto per la gestione dei servizi pubblici locali e per fruire di prestazioni strumentali. Ed infatti l’art. 23 del d.l. 66/2014 presenta questo più vasto oggetto perché riguarda il riordino e la riduzione della spesa nelle (e per le) aziende speciali, istituzioni e società controllate dalle amministrazioni locali. Come meglio si vedrà più avanti, i futuri interventi normativi di questo tipo non potranno riguardare semplicemente le forme di gestione (dei servizi pubblici e delle attività strumentali) che sono “partecipate” dalle amministrazioni locali. Un intervento che voglia presentare i caratteri della sistematicità dovrà anche occuparsi del profilo preliminare e di quello alternativo a tali forme di gestione e cioè delle competenze (anche regolatorie) e dei procedimenti per la scelta della forma di gestione dei servizi, così come delle alternative forme di gestione (con concessione a terzi o esternalizzazione). Non è infatti possibile razionalizzare realmente aziende speciali, istituzioni e società controllate senza rendere coerente la disciplina delle materie in cui esse operano (attraverso il necessario coordinamento delle disposizioni vigenti)1.
Per meglio comprendere la portata della disposizione occorre svolgere alcune precisazioni introduttive.
Con il termine “municipalizzazione” si fa generico riferimento a tre fenomeni che, pur presentando punti di contatto, debbono essere tra loro distinti.
Parlando di “municipalizzazione” in senso lato si fa riferimento all’organizzazione di servizi pubblici che, per disposizione di legge (es. raccolta e avvio allo smaltimento o recupero dei rifiuti solidi urbani ed assimilati: cfr. artt. 198 e 201 del d.lgs. 3.4.2006, n. 152 e successive modifiche ed integrazioni) o per autonoma scelta dell’ente locale (cfr. art. 112 TUEL, d.lgs. 18.8.2000, n. 267 e successive modifiche ed integrazioni), sono organizzati dall’ente locale provvedendo ad affidarne la gestione ad apparati costituiti o partecipati dall’ente locale medesimo (c.d. gestione diretta) ovvero conferendola all’esterno mediante procedura ad evidenza pubblica (concessione a terzi e declinazioni di essa).
Utilizzando il termine in senso stretto, la “municipalizzazione” si identifica con la prima tra le due alternative ora ricordate e dunque con la c.d. assunzione diretta e cioè con la scelta amministrativa non solo di istituire il servizio pubblico ma anche di farlo gestire da una struttura di propria pertinenza (azienda speciale, comunemente detta municipalizzata, che però può essere condivisa anche da più enti locali e dunque può configurarsi altresì come azienda consortile; società in house providing), la quale pertanto diviene affidataria diretta del servizio pubblico istituito. Connesso a questo impiego del termine in senso stretto vi è l’altra accezione di “municipalizzazione” e cioè il riferimento al profilo soggettivo del fenomeno, nel quale si allude specificamente alla figura costituita per la gestione del servizio pubblico e dunque alla “municipalizzata”, che – essendo una struttura di produzione di beni e servizi – integra un’azienda (cfr. art. 2555 c.c.) e come tale viene disciplinata dalle norme che si sono susseguite nel tempo (cfr. R.d. 15.10.1925, n. 2578 ed oggi art. 114 TUEL) ed alle quali si sono aggiunte ulteriori declinazioni del fenomeno ed in particolare le c.d. società in house providing (v. ora l’art. 17 della dir. 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione e l’art. 5 del reg. CE n. 1370/2007 sui servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia).
Per semplice comodità espositiva, anche dovuta all’ampio impiego della locuzione nel dibattito politico che accompagna l’attuazione dell’art. 23 del d.l. n. 66/2014, si parla qui di seguito anche di “partecipate locali”, con la consapevolezza – sul piano giuridico formale – che l’azienda speciale è un ente pubblico economico, che l’istituzione è una figura giuridica soggettiva di diritto amministrativo (cfr. per entrambe l’art. 114 TUEL) e che le società controllate dalle p.a. locali possono anche essere indirettamente partecipate (cfr. art. 2359 c.c.).
Come si è anticipato, l’art. 23 in esame persegue la finalità di riordino e riduzione della spesa pubblica anche relativamente alle “partecipate locali”, ma ciò non può significare che l’intervento diretto (attraverso figure soggettive appositamente costituite o partecipate) delle p.a. per i servizi locali e per le attività strumentali debba essere necessariamente recessivo e che si debba privilegiare a priori l’esternalizzazione. Si tratta piuttosto di un’esigenza di razionalizzazione, affinché la gestione sia sempre economica, efficiente ed efficace e la forma di gestione sia quella più adeguata all’attività da espletare ed al contesto territoriale, e non – invece – scelta sulla base di presunzioni o preferenze ideologiche o altre ragioni di mera convenienza.
L’art. 23 del d.l. n. 66/2014 ha previsto la predisposizione di un «programma di razionalizzazione» delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali «anche ai fini di una loro valorizzazione industriale». Quindi le misure non potranno essere finalizzate ad una mera dismissione di tali partecipazioni ma piuttosto – come già anticipato – ad interventi razionalizzatori. Della predisposizione di tale programma è stato incaricato, direttamente dalla legge, il Commissario straordinario di cui all’art. 49 bis, co. 2 ss., del d.l. 21.6.2013, n. 69 conv, in l. 9.8.2013, n. 98, temporaneamente preposto, in generale, alla formulazione di indirizzi e proposte per la razionalizzazione della spesa ed il coordinamento della finanza pubblica (c.d. spending review).
Detto organo ha provveduto con atto 7.8.2014 «Programma di razionalizzazione delle partecipate locali»2, che sviluppa e riprende quanto già emergeva da documenti istituzionali3.
2.1 Specificazione delle misure
Si deve sottolineare che le misure indicate da tale programma di razionalizzazione dovranno essere «res(e) operativ(e) e vincolant(i) per gli enti locali» come norme da inserire nella «legge di stabilità 2015» (così, art. 23 cit., co. 1-bis).
È altresì importante ricordare che resta fermo quanto previsto dall’art. 3, co.27 ss., della l. 24.12.2007, n. 244 e dall’art. 1, co. 569, della l. 27.12.2013, n. 147. Queste disposizioni prevedono che gli enti locali debbono valutare (con delibera consiliare) la “stretta necessità” delle loro partecipazioni in società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi, essendo pertanto sempre ammessa la partecipazione a società «che producono servizi di interesse generale e che forniscono servizi di committenza o di centrali di committenza a livello regionale», e tuttavia solo «nell’ambito dei rispettivi livelli di competenza» (art. 3, co. 27, cit.). Le partecipazioni non strettamente necessarie e non ammissibili debbono essere dismesse secondo le procedure di legge (art. 3, co. 29, cit.).
L’art. 23 qui considerato, al co. 1, lett. a), b) e c), indica gli ambiti che devono essere considerati dal Commissario Straordinario per la formulazione più dettagliata delle misure di razionalizzazione. È pertanto evidente che le indicazioni provenienti dal Commissario non esauriscono i profili di possibile intervento del prossimo legislatore, il quale, tenendo conto della legislazione vigente e delle proposte del Commissario, potrà ulteriormente specificare e stabilire, con tecnica normativa, le misure di razionalizzazione da attuare. Le previsioni delle citt. lett. a), b) e c) consistono in quanto segue.
Anzitutto: possibile «liquidazione o trasformazione per fusione o incorporazione» delle “partecipate locali” «in funzione delle dimensioni e degli ambiti territoriali ottimali per lo svolgimento delle rispettive attività». Queste azioni dovranno essere agevolate da specifiche norme di legge perché non sono sufficienti le previsioni oggi in vigore, contenute nell’art. 115 del t.u.e.l. (che riguarda la sola ipotesi di trasformazione, anche mediante scissione, delle aziende speciali in società di capitali) e nell’art. 118 del medesimo t.u. (che riguarda solo alcune fattispecie di trasferimenti, retrocessioni e conferimenti di aziende facenti capi alle amministrazioni locali).
Sarà dunque necessario disciplinare, ad esempio, il possibile accorpamento – anche ai fini civili e fiscali – tra aziende speciali o tra istituzioni o tra di loro anche attraverso operazioni di scorporo o retrocessione, la trasformazione delle istituzioni in soggetti di diritto privato non lucrativi, le competenze e le procedure deliberative (anche per il superamento di opposizioni strumentali di singoli Comuni) qualora le attività ed i servizi pubblici debbano essere prestati per ambiti o bacini territoriali ottimali ai sensi dell’art. 3 bis del d.l. 13.8.2011, n. 138 conv. in l. 14.9.2011, n. 148 e s.m.i. A fronte delle esigenze di accorpamenti per la razionalizzazione, si dovrà anche esaminare la persistente utilità omeno dell’art. 8, co. 2 bis, della l. 10.10.1990, n. 287, a mente del quale le imprese che esercitano la gestione dei servizi di interesse generale, qualora intendano svolgere attività in mercati diversi, debbano operare mediante società separate; infatti, dopo la l. 14.11.1995, n. 481 sono stati elaborati metodi di “separazione contabile” che assolvono pienamente alle esigenze di trasparenza altrimenti realizzabile con la più complicata “separazione societaria”.
Ancora: «efficientamento della…gestione» delle “partecipate locali” «anche attraverso la comparazione con altri operatori che operano a livello nazionale e internazionale». Si tratterà dunque di precisare le modalità di formazione e definizione dei parametri standard dei costi e dei rendimenti di cui all’art. 13 della l. 31.12.2009, n. 196 ed all’art. 1, co. 553, della l. n. 147/2013. Tali dati potranno anche essere utilmente impiegati da parte degli enti locali in sede di ponderazione tra le varie forme di gestione possibili, pure ai fini della giustificazione tecnico-economica degli affidamenti diretti secondo il modello in house providing, così come per la formulazione degli atti per l’espletamento delle procedure ad evidenza pubblica per le concessioni o appalti e per la scelta del socio privato industriale nel partenariato pubblico privato istituzionalizzato, così come relativamente alle ipotesi di finanza di progetto4.
Infine: possibile «cessione di rami d’azienda o anche di personale ad altre società anche a capitale privato con il trasferimento di funzioni e attività di servizi». In questi casi, alcune previsioni di semplificazione, relativamente al personale, sono già contenute nell’art. 31 del d.lgs. 30.3.2001, n. 165 e successive modifiche ed integrazioni e nell’art. 1, co. 563 e 565-568, della l. n. 147/2013. È invece carente la disciplina legislativa incentivante delle razionalizzazioni
(anche sotto il profilo della continuità dei rapporti di affidamento) per quanto attiene al profilo delle cessioni di ramo d’azienda, non sempre risultando sufficiente quanto prevede l’art. 116 del d.lgs. 12.4.2006, n. 163 e successive modifiche ed integrazioni.
Per i profili ora considerati saranno importanti anche disposizioni per agevolare le aggregazioni tra gestori all’interno degli ambiti o bacini territoriali ottimali di cui al cit. art. 3 bis del d.l. n. 138/2011, perché non sempre è possibile – in assenza di norme facoltizzanti ed incentivanti – costruire procedure di aggregazione delle gestioni sorte in momenti differenti sulla base di presupposti di affidamento diversi e svolte secondo contratti di servizio ed altri atti che regolano il rapporto non omogenei.
2.2 Lo specifico programma del Commissario per la spending review
Il programma previsto dall’art. 23 del d.l. n. 66/2014 contiene varie ed articolate proposte, che tuttavia dovranno essere riprese e collocate sistematicamente in un quadro normativo univoco ed aggiornato.
Infatti, le limitazioni per le partecipazioni locali sono state ripetutamente anticipate dal legislatore che, spesso, ha sostituito o abrogato disposizioni di cui ora si propone però la reintroduzione5. In considerazione di ciò deve, deve essere salutato con favore quanto si contempla nel d.d.l. n. 1577-AS-XVII legislatura, recante delega legislativa per l’emanazione di testi unici di coordinamento in materia di partecipazioni azionarie delle p.a. (art. 14) ed in materia di disciplina dei servizi pubblici locali (art. 15).
Tanto precisato, si può ricordare che le principali misure di razionalizzazione delle partecipazioni locali, elencate nel programma commissariale qui considerato, consistono in:
a) limitazione dei settori di attività per i quali l’ente locale, senza ulteriori controlli, può decidere la partecipazione a forme di gestione (o il mantenimento della stessa);
b) effettività dell’obbligo di accantonamenti in fondi vincolati per la copertura di perdite delle partecipate;
c) divieto di partecipazioni indirette per i servizi pubblici privi di rilevanza economica;
d) divieto di partecipazioni dell’ente locale nettamente minoritarie;
e) chiusura delle partecipate non operative e di quelle con perdite reiterate;
f) immediati piani di efficientamento, con diretto controllo dell’amministrazione statale, per le venti partecipate presenti sul territorio nazionale con perdita più elevata;
g) mantenimento delle concessioni in caso di ristrutturazione delle partecipate;
h) incentivazione delle dismissioni con assegnazione di priorità nella ripartizione di finanziamenti pubblici agli enti locali che procedano in tal senso;
i) introduzione di misure che rendano effettivamente obbligatoria la gestione dei servizi a rete per ambiti o bacini territoriali ottimali;
l) affidamento alla Autorità per l’energia elettrica e il gas ed il sistema idrico (AEEGSI) anche dei compiti di regolazione sui servizi pubblici di gestione dei rifiuti urbani e assimilati;
m) introduzione di misure specifiche per la riduzione dei costi di gestione del trasporto pubblico locale;
n) riduzione del costo degli organi di amministrazione e del trattamento economico dei dirigenti delle partecipate locali;
o) implementazione completa delle banche dati per la trasparenza nelle partecipate locali;
p) introduzione di un sistema effettivo di controlli selettivi sull’applicazione della normativa sulle partecipazioni locali con sanzioni per violazioni ed inadempienze.
Il programma si preoccupa comunque della tutela dei lavoratori delle partecipate locali interessate dal processo di razionalizzazione, perché indica la necessità di misure: a) per perfezionare la normativa sulla mobilità del personale tra partecipate (per settori omogenei e in funzione dei fabbisogni effettivi delle imprese); b) per il trasferimento del personale all’ente partecipante, all’esito di procedure ad evidenza pubblica (ex art. 97, Cost.), nei casi di reinternalizzazione di attività; c) per favorire il riassorbimento sul mercato del lavoro del personale in esubero con l’attivazione di schemi di ammortizzatori sociali e meccanismi di politica del lavoro.
2.3 Alcune anticipazioni normative
Si deve notare che alcune misure per la razionalizzazione delle partecipate locali sono state già introdotte, anche precedentemente alla pubblicazione dell’illustrato Programma del Commissario straordinario, attraverso alcuni veicoli normativi. Così il d.l. 6.3.2014, n. 16 conv. in l. 2.5.2014, n. 68 ha introdotto i co. 568 bis e 568 ter nell’art. 1 della l. n. 147/2013, prevedendo che le p.a. locali e le società da esse controllate direttamente o indirettamente possono procedere: «allo scioglimento della società controllata direttamente o indirettamente» ed «all’alienazione … con procedura ad evidenza pubblica… delle partecipazioni detenute». Per entrambe le ipotesi si prevedono significative agevolazioni fiscali, purché le operazioni vengano deliberate non oltre dodici mesi dall’entrata in vigore delle nuove norme, e procedure speciali di reimpiego del personale.
Si aggiunge che qualora si tratti di alienazioni della partecipazione pubblica in una società mista «al socio privato detentore di una quota di almeno il 30 per cento… deve essere riconosciuto il diritto di prelazione » (co. 568 bis).
Come già anticipato, le misure per la razionalizzazione delle “partecipate locali” dovranno però essere assunte senza un atteggiamento aprioristicamente negativo per questa forma di intervento diretto nell’economia, che è – del resto – consentita dallo stesso art. 41 Cost. e dal TFUE, purché non si traduca in una violazione delle libertà economiche e del principio di concorrenza. Una conferma di questa necessità di equilibrio si ricava dalla recente e già citata dir. 2014/23/UE, ove, con una chiara interpretazione ed applicazione dell’art. 14 del TFUE e relativo protocollo n. 26, si stabilisce gradatamente quanto segue. È riconosciuto il principio per cui le autorità nazionali, regionali e locali possono liberamente organizzare la prestazione dei propri servizi in conformità al diritto dell’Unione ed esse sono dunque libere di decidere il «modo migliore» della prestazione dei servizi per «garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici» (art. 2, par. 1, dir. cit.); viene così espressamente stabilito che tali autorità possono decidere di esplicare i loro compiti di interesse pubblico «avvalendosi delle proprie risorse o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli ad operatori economici esterni» (ibidem). Per quanto specificamente riguarda l’applicazione dell’art. 23 del d.l. n. 66/2014 e del conseguente programma del Commissario straordinario, la direttiva europea «fa salvi i regimi di proprietà degli Stati membri [e in] particolare non richiede la privatizzazione delle imprese pubbliche che forniscono servizi al pubblico» (art. ult. cit., par. 2).
Ancora, sempre nella direzione della razionalizzazione delle partecipate locali esistenti, al fine della acquisizione di una dimensione industriale, si pongono le recentissime modifiche al d.lgs. n. 152/2006, introdotte con l’art. 7 del d.l. 12.9.2014, n. 133. Relativamente all’organizzazione territoriale del servizio idrico integrato (acquedotto, fognatura, depurazione) si prevede, anzitutto, che vi debba essere «unicità della gestione» per ciascun ambito territoriale ottimale (di norma coincidente con le circoscrizioni provinciali) e non semplice «unitarietà della gestione» (cfr. il testo novellato ed il testo previgente dell’art. 147, co. 2, lett. b); dunque, non saranno più possibili ipotesi di più gestori, coordinati tra loro dall’ente di governo, operanti nell’ambito.
Parimenti, per assicurare la qualità delle prestazioni agli utenti, si stabilisce che il rapporto tra Autorità d’ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato è retto da atti conformi a «convenzioni tipo, con relativi disciplinari adottate dalla» AEEGSI.
Questa omogeneizzazione non è limitata ai soli nuovi affidamenti perché anche le «convenzioni esistenti devono essere integrate in conformità» alle emanande convenzioni tipo «secondo le modalità» che saranno stabilite dalla medesima AEEGSI (art. 51, co. 3 novellato). È stata altresì introdotta una disciplina acceleratoria dell’accorpamento delle gestioni esistenti nella gestione unica di ambito, anche attraverso la previsione di poteri sostitutivi dell’ente di governo di ambito, assegnati al Presidente della Regione ed in ultima analisi ad un Commissario ad acta nominato dal Presidente del Consigli dei Ministri (art. 172 novellato).
Salvo le ora illustrate novità per la più economica, efficiente ed efficace gestione del servizio idrico integrato, negli altri settori e sul piano della disciplina generale, gli ultimi interventi innovatori del diritto nazionale sono rappresentati dall’art. 34 del d.l. 18.10.2012, n. 179 conv. in l. 17.12.2012, n. 221 e dall’art. 3 bis del d.l. 13.8.2011, n. 138 conv. in l. 14.9.2011, n. 148 e successive modifiche ed integrazioni6. Il punto centrale delle disposizioni contenute nell’art. 34, co. 20 ss. cit., è rappresentato dall’espressa indicazione di dover procedere alla scelta della forma di gestione dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica e all’adeguamento delle esistenti gestioni ai requisiti previsti dalla normativa europea «sulla base di apposita relazione … che dà conto delle ragioni» e cioè di una relazione tecnico economica (non meramente enunciativa) a sostegno della scelta che si vuole effettuare.
Per quanto riguarda l’art. 3 bis cit. è particolarmente rilevante quanto previsto nel relativo co. 1 bis: «Le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all’utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini
territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi del comma 1 del presente articolo». Si pone dunque un vincolo di sostanza alle decisioni, necessariamente sovracomunali, per quei servizi pubblici locali di rilevanza economica che presentano ambiti o bacini territoriali ottimali di area vasta. È evidente che la disposizione dovrà essere considerata nell’attuazione della l. 7.4.2014, n. 56 (cfr. in particolare il relativo co. 90) di riordino delle province.
Si deve comunque segnalare che le forme di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica sono quelle indicate dal diritto comunitario, che invece non detta indicazioni per i servizi sociali (cfr. art. 4, par. 2, dir. 2014/23/UE: «I servizi non economici di interesse generale non rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva» e cfr. anche art. 19).
Per la prestazione di attività strumentali agli enti locali da parte degli organismi partecipati sarà necessario assicurare un pieno rispetto del d.lgs. 12.4.2006, n. 163, recante il codice dei contratti pubblici, e delle nuove direttive sugli appalti pubblici (in particolare dir. 2014/24/UE).
Infine, come puntualmente evidenziato dalla dottrina7, nella disciplina dei servizi pubblici locali con rilevanza economica (vuoi nella legge di stabilità 2015 vuoi nei testi unici di coordinamento previsti dal cit. d.d.l. n. 1577-AS-XVII legisl.) si dovrà chiarire segnatamente:
a) a quali condizioni proseguono le gestioni in atto, in attesa ementre si stanno svolgendo le procedure per i nuovi affidamenti;
b) se il socio privato industriale delle societàmiste sia il gestore integrale del servizio pubblico o possa svolgerne anche solo una o più fasi;
c) se le società a partecipazione pubblica non in house (e dunque non destinate ad ottenere nuovi affidamenti diretti) debbano, come sembra, venire collocate su un piano di parità e possibilità rispetto alle imprese private;
d) con quale metodo e con riferimento a quali fattori debba essere calcolato (in assenza di una disciplina di legge o comunque normativa) il rimborso spettante al gestore uscente per gli investimenti effettuati nel corso del periodo di durata delle concessioni, in particolare quando le opere realizzate conservano un valore residuo;
e) se le norme antitrust sulle separazioni societarie per le imprese che sono incaricate di servizi di interesse generale e che intendono operare in mercati diversi, siano sufficienti a permettere la compresenza all’interno di una medesima holding di controllo degli enti locali di distinte società conformi ad altrettanti modelli di gestione;
f) se il rimborso dovuto al gestore uscente alla scadenza del relativo affidamento possa essere limitato alle quote degli investimenti non ammortizzati;
g) se, come sembra, anche il servizio idrico integrato debba essere considerato un servizio pubblico di rilevanza economica;
h) se, a seguito della nuova configurazione delle province e delle città metropolitane come livelli di collaborazione e coordinamento sovracomunale, sia ancora opportuno o possibile, la presenza di distinte autorità di ambito o bacino per il governo dei servizi pubblici locali a rete;
i) se le procedure delle dismissioni delle partecipazioni azionarie degli enti locali siano da considerare sempre disciplinate dal d.l. n. 332/1994;
l) a quali condizioni risulti possibile dare luogo a liberalizzazione dei servizi pubblici per scelta locale senza una generale previsione di riferimento nelle leggi nazionali.
1 Su varie problematiche dei servizi pubblici locali è intervenuta una copiosa giurisprudenza del giudice amministrativo, che ha avuto il merito, in questo periodo di incertezza normativa nella materia, di delineare i caratteri del sistema ed i tratti unificanti degli istituti giuridici. Specificamente dedicata alla raccolta massimata di tale giurisprudenza è la rivista www.dirittodeiservizipubblici.it diretta da Tessarolo, C. Anche la dottrina ha prestato particolare attenzione agli argomenti sottesi e si deve primariamente segnalare la rivista Munus. Rivista giuridica dei servizi pubblici, diretta da Sandulli, A.-Della Cananea,G.-Frosini, T.E., che si trova anche in www.iservizipubblici.it, ove sono pubblicati importanti studi in materia. Ulteriormente si segnalano, per una rassegna delle problematiche attualmente in essere: Cafagno, M.-Botto, A.-Fidone, G.-Bottino, G., a cura di, Negoziazioni pubbliche. Scritti su concessioni e partenariati pubblico-privati, Milano, 2013; Calcagnile, M., Monopoli e privative nei servizi di interesse economico generale, in www.giustamm.it; Di Gaspare, G., Servizi pubblici locali, le riforme degli anni 2000, in www.amministrazioneincammino.luiss.it; Midiri,M., Il decreto sviluppo bis: una normativa minima (ma utile) sui servizi pubblici locali, in Il nuovo dir. amm., 2013, 107, ss.; Parisio, V., a cura di, The water supply service in Europe: Austrian, Britisch, Dutch, Finnish, German, Italian and Romanian experiences, Milano, 2013; Pioggia, A., L’amministrazione pubblica in forma privata. Un confronto con la Francia e una domanda: che fine ha fatto il “pubblico servizio” in Italia?, in Dir. amm., 2013, 481 ss.; Roversi Monaco,M., Società in house e gare, in Riv. trim. appalti, 2011, 625 ss.; Sandulli, M.A., La regolazione dei servizi di trasporto ferroviario, in www.astridonline.it; Scotti, E., Servizi pubblici locali, in Dig. pubbl., Aggiornamento, Torino, 2012, 629 ss.; Ursi, R., Società ad evidenza pubblica, Napoli, 2012; Valaguzza, S., Società miste a partecipazione comunale, Milano, 2012; Volpe, C., L’affidamento in house. Questioni aperte sulla disciplina applicabile, in www. giustamm.it.
2 In http://revisionedellaspesa.gov.it/documenti.html.
3 C. conti, sez. autonomie, delib. n. 15/sezaut/2014/frg del 6.6.2014, Gli organismi partecipati dagli enti territoriali. Relazione 2014, in www.corteconti.it.
4 Cfr.Masetti,D., Rassegna delle norme in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica e di società con partecipazione degli enti locali, in www.giustamm.it, specie i parr. V e XV.
5 Si pensi ai divieti di partecipazioni per i Comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti, di cui è menzione nel Programma del Commissario Straordinario, già previsti dall’art. 14, co. 32, d.l. 31.5.2010, n. 78 conv. in l. 30.7.2010, n. 122, poi abrogato dall’art. 1, co. 561, l. n. 147/2013. Si pensi ancora alla proposta di limitare, anche se non previsto dalla normativa comunitaria, la possibilità di affidamenti in house, limitazione che – relativamente ai servizi pubblici locali – è stata già oggetto del referendum abrogativo del 12-13.6.2011 e che, a fronte della relativa reiterazione con nuova norma (art. 4, d.l. n. 138/2011), ha condotto alla dichiarazione di incostituzionalità di cui alla sentenza C. cost., 20.7.2012, n. 199.
6 Di tali disposizioni si è detto nella questione Le nuove discipline dei servizi pubblici nel Libro dell’anno 2013.
7 Cfr. ancora Masetti, D., Rassegna, cit., 4.