Le nuove disposizioni in tema di archiviazione
Al fine di decongestionare l’ampio carico pendente presso la Corte di cassazione la l. 23.6.2017, n. 103 interviene sulla procedura archiviativa, da un lato, tipizzando le ipotesi di possibile violazione del contraddittorio e del diritto di difesa che possono verificarsi nel corso dell’iter archiviativo, dall’altro lato, rimodulando alcuni snodi fondamentali sul controllo del provvedimento conclusivo assegnato, ora, al tribunale in composizione monocratica.
Nell’ambito dell’ampio contenuto della “riforma Orlando”, si prospettano come dotate di una qualche organicità le modifiche introdotte in materia di archiviazione. Segnatamente da un lato, si ampliano i termini per proporre l’opposizione e si stabiliscono più serrati termini per la sua conclusione, dall’altro lato, s’identificano specifici casi di nullità del provvedimento conclusivo; infine, s’introduce un innovativo, benché tutto da “costruire”, mezzo di controllo dell’atto archiviativo.
Per quanto attiene alla procedura archiviativa, la riforma si muove su due piani. Il primo riguarda alcune scansioni temporali della procedura di archiviazione e la formalizzazione dei casi di invalidità del provvedimento d’archiviazione a seguito della compromissione (totale o parziale) del diritto di difesa e contraddittorio; il secondo riguarda l’abolizione della competenza del controllo dell’atto da parte della Cassazione e la “nuova” attribuzione al tribunale in composizione monocratica.
Innanzitutto, nell’intento di rendere maggiormente funzionali le tempistiche del segmento procedurale successivo alla richiesta di archiviazione da parte del p.m., si ampliano i tempi entro i quali la persona offesa può esercitare la possibilità di formulare la sua opposizione, considerati gli oneri di cui la stessa – a pena di inammissibilità – è gravata. Originariamente fissati in dieci giorni, la riforma estende questo termine a venti giorni. Il termine, originariamente di venti giorni, viene esteso a trenta nel caso di delitti commessi con violenza contro le persone nonché, più specificamente per il reato di cui all’art. 624 bis c.p. (furto in abitazione e furto con strappo, art. 408, co. 3 e 3-bis, c.p.p.).
Se resta incerto il senso di questa estrinsecazione, che già poteva essere inquadrata tra le situazioni dei delitti violenti, v’è da chiedersi, da un lato, quale senso abbia la notificazione obbligata della richiesta di archiviazione considerato che il reato è spesso perpetrato contro ignoti, dall’altro lato, quale ragione è sottesa a questa irragionevole differenziazione temporale. Mal si comprende, in altri termini, perché non si possano “omologare” tutti i periodi entro un “unico” termine1.
In secondo luogo si definiscono i tempi entro i quali il giudice deve definire la procedura di archiviazione.
Nell’intento di rendere più sollecita la decisione finale, l’art. 1, co. 32, lett. a) e b) della legge ha inserito la previsione secondo la quale l’udienza, conseguente al mancato accoglimento de plano della richiesta di archiviazione, va fissata entro tre mesi (art. 409, co. 2, c.p.p.) e che sempre entro tre mesi dalla celebrazione dell’udienza il giudice provveda sulla richiesta delle parti, al di fuori dei casi in cui disponga indagini ovvero imputazione coatta (art. 409, co. 4 e 5, c.p.p.). Le riferite previsioni operano anche nella procedura conseguente all’opposizione – ammissibile – della persona offesa (art. 410, co. 3, c.p.p.).
L’art. 410 bis c.p.p. di nuova introduzione delinea una specifica disciplina delle nullità dell’ordinanza e del decreto di archiviazione, nonché la disciplina processuale finalizzata a rimediare ad eventuali vizi. In conformità alla prassi e a quanto ammesso dalla Corte costituzionale e della Corte di cassazione che hanno identificato nei passaggi che attengono all’instaurazione del contraddittorio e nel diritto di intervento dell’interessato (indagato o persona offesa) le fasi in cui può dirsi integrata la nullità, la legge stabilisce che essa ricorre per quanto riguarda il decreto se è emesso in mancanza dell’avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione; se è emesso prima della scadenza del termine entro cui la persona offesa può prendere visione degli atti; se è emesso prima della scadenza del termine di presentazione dell’opposizione; se, presentata opposizione, il giudice non si pronuncia sulla sua ammissibilità o dichiara l’opposizione inammissibile benché contenga l’indicazione delle investigazioni suppletive e dei relativi elementi di prova. L’ordinanza di archiviazione è, invece, nulla nei casi previsti dall’art. 127, co. 5, c.p.p., vale a dire, ogniqualvolta siano violate le norme che regolano la notificazione degli avvisi di fissazione dell’udienza, l’intervento dei destinatari di tali avvisi e il legittimo impedimento dell’imputato. L’inserimento dell’art. 410 bis c.p.p. all’interno dell’art. 411 c.p.p. consente l’estensione delle ipotesi di nullità agli altri casi di archiviazione ivi previsti, ma non al procedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto regolato all’art. 411, co. 1-bis, c.p.p. In tal caso, la cattiva tecnica normativa impiegata porta, in assenza di un rinvio alla norma di carattere generale, a ritenere che la nullità colpisce il provvedimento emesso in violazione dell’obbligo di notificare l’avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa che ne abbia fatto richiesta o abbia, comunque, diritto a riceverlo in ogni caso, mentre è dubbio, dato anche il loro carattere tassativo, che la nullità si verifichi nel caso del decreto di archiviazione reso senza tenere conto dell’opposizione presentata, salvi i casi di inosservanza dell’art. 410, co. 1, c.p.p.
Anche il controllo dell’atto d’archiviazione è alleggerito.
Abrogato il comma 6 dell’art. 409 c.p.p. che prevedeva la ricorribilità in Cassazione contro l’ordinanza di archiviazione delle indagini preliminari, nell’ottica di ridurre il carico di lavoro della Suprema Corte, la l. n. 103/2017 introduce una innovativa forma di vaglio dell’atto: un reclamo (di caratura più civilistica) da avanzare innanzi al Tribunale in composizione monocratica.
Viene così scartata l’ipotesi del controllo da parte della Corte d’appello2.
Fluida la procedura: l’interessato presenta la richiesta, ergo, il reclamo, nel termine di quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento, innanzi al Tribunale in composizione monocratica.
Il giudice provvede inaudita altera parte con ordinanza non impugnabile, dopo aver dato avviso alle parti almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata per la decisione. Queste possono depositare delle memorie fino a cinque giorni prima dell’ udienza.
Nel caso di accoglimento del reclamo, il giudice annulla il provvedimento e ordina la restituzione degli atti al giudice che lo ha emesso. In caso contrario, conferma il provvedimento impugnato o dichiara inammissibile il reclamo, nel qual caso la parte privata che ha proposto il reclamo può essere condannata al pagamento delle spese del procedimento e al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende, nella misura stabilita dall’art. 616 c.p.p., peraltro, a sua volta modificato.
Se la prospettazione dei termini a carico del g.i.p. chiamato a vagliare la richiesta di archiviazione si pongono in linea di continuità con i nuovi termini assegnati al p.m. per l’esercizio dell’azione penale, non può non rilevarsi che, fermo restando il rispetto dell’art. 124 c.p.p., essi sono destinati ad essere largamente inosservati tenuto conto delle carenze di personale e di risorse, in generale, che affliggono l’ufficio g.i.p.3
Diversamente, quanto all’introduzione della nuova procedura archiviativa, al di là dell’atipicità del cd. reclamo, è chiaro che essa deve essere ancora oggetto d’intera costruzione da parte degli operatori.
Invero, se la soluzione normativa si apprezza in quanto consentirà la formazione di indirizzi giurisprudenziali uniformi all’interno del distretto, la devoluzione del giudizio al Tribunale avrebbe, forse, potuto estendersi anche su aspetti riguardanti il “merito” del provvedimento. Si è, peraltro, osservato come qualche perplessità è originata, infine, dalla previsione della condanna al pagamento della somma in favore della cassa delle ammende che può rivelarsi particolarmente onerosa: sotto tale aspetto, troppo ampia è la discrezionalità spettante al giudice in ordine alla sua determinazione. Peraltro, suscita fondati timori circa lo sproporzionato effetto deterrente che potrebbe provocare nel potenziale opponente, privo, sul punto, di ulteriori rimedi4.
1 Cfr., in particolare, Belviso, V., Il nuovo procedimento archiviativo, in Spangher, G., a cura di, La riforma Orlando. Modifiche al Codice penale, Codice di procedura penale e Ordinamento penitenziario, Pisa, 2017, 161ss.; Gialuz, M.Cabiale, A.Della Torre, J., Riforma Orlando: le modifiche attinenti al processo penale, tra codificazione della giurisprudenza, riforme attese da tempo e confuse innovazioni, in www.penalecontemporaneo.it, 20.6.2017, 2 ss.; Parodi, C., Riforma Orlando: tutte le novità, Milano, 2017, 48 ss.
2 V., Nappi, A., La riforma delle impugnazioni: habent sua siderea leges, in Cass. pen., 2004, 1906.
3 Giordano, P., Incidente probatorio, termini certi per la proposta, in Guida dir., 2017, fasc. 32, 29.
4 Così, Colaiacovo, G., Riforma Orlando: procedimento di archiviazione, in www.parolaalladifesa.it, 16.6.2017.