Le nuove linee guida sui tirocini extracurriculari
Lo scritto analizza le novità introdotte dall’Accordo del 25.5.2017 tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante le linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento, ai sensi dell’art. 1, co. 34-36, della l. 28.6.2012, n. 92. Le linee guida hanno ad oggetto esclusivamente la disciplina dei tirocini extracurriculari. L’atto modifica il precedente Accordo del 24.1.2013, rispondendo ad alcune incertezze interpretative sviluppatesi nella fase di attuazione. I numeri dei tirocini attivati negli ultimi due anni, anche con riguardo al Programma “Garanzia Giovani”, sono molto significativi ed è sempre più urgente un intervento normativo sistematico sulla disciplina dell’istituto connesso alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali in merito alla tutela dei tirocinanti.
L’art. 18 l. 24.6.1997, n. 196 (Tirocini formativi e di orientamento) costituisce il primo intervento legislativo organico1 sui tirocini formativi e di orientamento2.
La norma non definisce in modo esplicito l’istituto ma ne stabilisce le finalità: «realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e … agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso iniziative di tirocini pratici e stages». Il tirocinio si configura, da una parte, come lo strumento attraverso il quale si completa l’acquisizione delle competenze apprese durante un corso di formazione, dall’altra, costituisce lo strumento per effettuare le prime esperienze in un ambiente lavorativo in vista di un inserimento occupazionale.
Tralasciando in questa sede una ricostruzione dell’evoluzione normativa dell’istituto3, si può affermare che con l’Accordo in Conferenza Stato-regioni del 24.1.2013, in attuazione dell’art. 1, co. 34-36, l. 28.6.2012, n. 92 – linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento – si giunge ad una disciplina completa e di dettaglio dell’istituto del tirocinio extracurriculare.
L’art. 1, co. 34, l. n. 92/2012 stabilisce i criteri a cui le linee guida devono attenersi: «a) revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo; b) previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell’istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività; c) individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza; d) riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta».
Le linee guida del 2013 dispongono che il «tirocinio è una misura formativa di politica attiva, finalizzata a creare un contatto diretto tra un soggetto ospitante e il tirocinante allo scopo di favorirne l’arricchimento del bagaglio di conoscenze, l’acquisizione di competenze professionali e l’inserimento o il reinserimento lavorativo. Il tirocinio consiste in un periodo di orientamento al lavoro e di formazione in situazione che non si configura come rapporto di lavoro».
Le linee guida sono rispettose dei criteri stabiliti dal legislatore del 2012.
Dopo quattro anni4, il 25.5.2017, è stato sancito un nuovo Accordo sostitutivo di quello del 2013. L’operazione si è resa necessaria principalmente per:
a) contenere lo sviluppo di una prassi non contemplata dalle linee guida del 2013 che ha spinto le regioni5 ad adottare soluzioni non sempre univoche;
b) frenare la diffusione di un uso distorto dello strumento in sostituzione del rapporto di lavoro subordinato.
Prima di procedere nell’analisi delle recenti linee guida è bene soffermarsi sul riparto di competenze tra Stato e regioni in materia di tirocini, che non ha trovato una posizione condivisa in dottrina6. L’art. 117, co. 4, Cost. riserva alle regioni una competenza esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale.
Ne deriva che la regolamentazione dei tirocini è di competenza delle regioni, salvo il caso in cui lo Stato intervenga nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali in merito alla tutela dei tirocinanti7.
Nello specifico, la competenza statale può essere riconosciuta:
a) nei rapporti intersoggettivi scaturenti dalle convenzioni e riconducibili all’ordinamento civile di cui all’art. 117, co. 2, lett. l), Cost.;
b) nella determinazione a livello nazionale dei livelli essenziali di tutela dei tirocinanti con riferimento in particolare alle prestazioni civili e sociali come previsto dall’art. 117, co. 2, lett. m), Cost. d’altra parte, la competenza concorrente tra Stato e regioni (art. 117, co. 3, Cost. con riferimento alla materia della tutela e sicurezza del lavoro) interviene quando il tirocinio si configura come una misura di politica attiva8.
Le linee guida sono da sempre espressione della leale collaborazione tra gli attori coinvolti9, ma l’atto di per sé non ha una forza cogente.
Dagli anni 1997 ad oggi, la produzione normativa sui tirocini è stata molto ampia e ciò ha comportato una regolamentazione non sempre armonica dell’istituto nei diversi territori regionali e spesso di non facile comprensione da parte degli operatori che intendono ricorrere allo strumento. Infatti, ad oggi, se un’impresa decide di attivare un tirocinio deve verificare la sussistenza di una regolamentazione nella regione in cui ha la sede operativa o legale, e solo nell’ipotesi di assenza di disposizioni deve far riferimento all’art. 18 l. n. 196/1997 e al d.m. n. 142/1998, che conservano una funzione residuale.
Ne consegue che le disposizioni nazionali si applicano per quei tirocini non extracurriculari10 che non sono oggetto delle linee guida del 2017 ovvero nei territori ove le regioni non le recepiscono11, non avendo né l’Accordo né le linee guida autonoma efficacia giuridica12.
Le regioni sono tenute a recepire le linee guida entro il 24.11.2017 e qualora questo non avvenga, o avvenga in un momento successivo al termine fissato, continuano ad essere in vigore le precedenti regolamentazioni regionali in materia di tirocini ove esistenti.
Le linee guida hanno l’obiettivo di fornire un quadro di riferimento comune a tutte le regioni e province autonome al fine dell’esercizio delle rispettive potestà legislative e amministrative. Il contenuto delle linee guida indica taluni standard minimi di carattere disciplinare la cui definizione lascia, comunque inalterata la facoltà delle regioni e province autonome di fissare disposizioni di maggiore tutela13.
È evidente che le novità delle linee guida del 2017 hanno lo scopo di:
a) chiarire alcune disposizioni di non facile interpretazione delle precedenti linee guida e aggiornarle alla luce di problematiche emerse nella realtà;
b) promuovere l’uso “genuino” dello strumento;
c) uniformare le sanzioni nei confronti dei soggetti ospitanti e promotori;
d) premiare le imprese virtuose che assumono i tirocinanti al termine dell’esperienza.
Nell’attuazione delle linee guida del 2013 molti sono i dubbi sorti in merito alle durate massime dei tirocini14.
In particolare, le linee guida stabilivano che le durate massime fossero comprensive di proroghe (par. 2), ma nulla disponevano in merito al rinnovo del tirocinio.
Pertanto, alcune regioni nell’attuazione dell’Accordo non hanno disciplinato il rinnovo. Il problema relativo al rinnovo del tirocinio – o atecnicamente “ripetibilità” del tirocinio – è esploso con l’avvio del Programma “Garanzia Giovani”15. La scheda misura n. 5 del programma, non prevedeva un divieto di ripetizione della misura e molti sono i giovani che hanno fatto più di un tirocinio con lo stesso soggetto ospitante o con soggetti ospitanti diversi per le medesime attività.
Al verificarsi di questo fenomeno è nata l’esigenza di ripensare alle linee guida del 2013 con lo scopo di porre un freno ad un uso “troppo” disinvolto del tirocinio da parte delle imprese e, al contempo, di garantire maggiore tutela ai giovani nella fase delicata della transizione scuola-lavoro e lavoro-lavoro.
Le linee guida 2017 (par. 2) stabiliscono che la durata massima, comprensiva di proroghe e rinnovi, dei tirocini extracurriculari non può essere più di dodici mesi per tutti i soggetti ad eccezione dei soggetti disabili la cui durata complessiva può arrivare fino a ventiquattro mesi. La disposizione è stata oggetto di critiche in quanto, secondo alcuni16, si è esteso il periodo di tirocinio per i neolaureati e neodiplomati (tipologia a delle linee guida del 2013). Tale posizione, in parte condivisibile, non tiene conto di due altri aspetti determinanti per una valutazione complessiva:
a) i dati di monitoraggio sulla durata media dei tirocini17;
b) il fenomeno che spesso vedeva neolaureati impegnati in un tirocinio di sei mesi (tipologia a delle linee guida 2013) e, successivamente, impegnati in un altro tirocinio di dodici mesi come disoccupati (tipologia b delle linee guida 2013) per un totale di diciotto mesi di tirocinio. Questo si è potuto verificare in quanto non vi era una previsione espressa sul rinnovo del tirocinio nelle regolamentazioni regionali.
Alla luce di quanto esposto, è chiaro che le disposizioni delle linee guida del 2017 sono il frutto di un compromesso tra diverse esigenze concrete e, come tutti i compromessi, presenta luci ed ombre.
È compito delle regioni provvedere a forme di tutela maggiori dal punto di vista normativo, mentre dal punto di vista concreto saranno i soggetti promotori i veri garanti del tirocinio di qualità.
Si apprezza la chiarezza con cui le linee guida hanno regolato le durate massime; d’ora in poi, e salvo diversa previsione delle regioni, ogni tirocinante potrà attivare un tirocinio di massimo dodici mesi con lo stesso soggetto ospitante.
Inoltre, quando il sistema di certificazione delle competenze (d.lgs. 16.1.2013, n. 1318) sarà a regime ai tirocinanti verrà riconosciuta la possibilità di certificare le competenze acquisite nell’esperienza di tirocinio e non sarà più possibile offrire loro tirocini per competenze già acquisite in precedenti esperienze presso altri soggetti ospitanti, superando il problema della “ripetibilità” dell’esperienza in tirocinio.
Nell’attuazione delle linee guida 2013, alcune regioni – in assenza di disposizione specifiche – hanno adottato soluzioni differenti per far fronte a problematiche simili in tema di divieto di attivazione di tirocini.
In particolare, si sono verificati casi in cui in una regione veniva vietata l’attivazione del tirocinio nell’ipotesi di risoluzione del rapporto di apprendistato per volontà del datore di lavoro al termine del periodo formativo e in un’altra regione, talvolta confinante, al verificarsi della stessa ipotesi l’ente regionale autorizzava l’attivazione del tirocinio per attività equivalenti a quelle per cui l’impresa aveva esercitato il diritto di recesso dal contratto di apprendistato ai sensi dell’art. 2118 c.c. (art. 42, co. 4, d.lgs. 15.6.2015, n. 81), nella medesima unità operativa e nei dodici mesi precedenti.
Sulla scorta dell’esperienza le regioni hanno proposto l’introduzione di alcune ipotesi nelle linee guida 2017 al verificarsi delle quali è vietato attivare tirocini.
Nello specifico, al soggetto ospitante è preclusa la possibilità di attivare tirocini – per attività equivalenti a quelle svolte precedentemente da un lavoratore subordinato – se nei dodici mesi precedenti e nella medesima unità operativa ha proceduto a: licenziamento per giustificato motivo oggettivo, licenziamento collettivo, licenziamento per superamento del periodo del comporto, licenziamento per mancato superamento del periodo di prova, licenziamento per fine appalto, risoluzione del rapporto di apprendistato al termine del periodo di formazione.
La ratio di tale previsione risiede nel fatto che se il soggetto ospitante ha manifestato un’esigenza occupazionale per determinate mansioni gli viene preclusa la possibilità di attivare un tirocinio per le medesime attività.
La disposizione è molto rigida ed è fondata su una presunzione di non genuinità del tirocinio, che non necessariamente corrisponde alla realtà e alle intenzioni del soggetto ospitante. Ad avviso di chi scrive, se il tirocinio è una misura formativa non si comprende quale sia la ragione per precludere l’attivazione del tirocinio anche se si è proceduto a licenziamenti.
Tale disposizione costituisce il tentativo, come altre disposizione delle linee guida, di porre un freno all’uso distorto del tirocinio attraverso norme sanzionatorie e non, come sarebbe stato auspicabile, attraverso maggiori controlli in loco per verificare la bontà del tirocinio.
di particolare interesse, invece, è la disposizione che vieta l’attivazione dei tirocini in favore di professionisti abilitati o qualificati all’esercizio di professioni regolamentate per attività tipiche ovvero riservate alla professione. Tale disposizione nasce dall’esigenza di tutelare la professionalità acquisita da quei soggetti che hanno superato un esame di abilitazione alla professione e che spesso hanno già svolto il periodo di pratica previsto dall’ordine professionale.
Diversi sono i dubbi sulla coerenza tra la natura del tirocinio e le ipotesi di divieto, tuttavia si apprezza la chiarezza delle disposizioni che costituiscono una indicazione precisa per le regolamentazioni regionali di recepimento.
Una delle novità più interessanti riguarda sicuramente la disposizione sulle «Misure di vigilanza, controllo ispettivo e disciplina sanzionatoria». Lo scopo della previsione è quello di combattere l’uso distorto dei tirocini, prevedendo maggiori controlli da parte sia dei soggetti promotori, sia delle regioni che dell’Ispettorato nazionale del lavoro (I.N.L.). Il par. 14 introduce sanzioni uguali – se verranno recepite dalle regioni – in tutto il territorio nazionale al verificarsi di determinate violazioni previste dalle linee guida.
Le sanzioni sono previste nei confronti dei soggetti ospitanti e promotori e sono irrogate dalle regioni e dall’I.N.L secondo le proprie competenze.
Le regioni provvedono ad inserire apposite norme sanzionatorie negli atti di recepimento delle linee guida in base alla gravità delle violazioni poste in essere.
Nel caso in cui il tirocinio sia attivato senza il rispetto delle condizioni e dei limiti previsti, con riferimento, rispettivamente, ai soggetti titolati alla promozione e alle caratteristiche soggettive e oggettive richieste al soggetto ospitante del tirocinio, alla proporzione tra organico del soggetto ospitante e numero di tirocini, alla durata massima del tirocinio, al numero di tirocini attivabili contemporaneamente e al numero o alle percentuali di assunzioni dei tirocinanti ospitati in precedenza, alla convenzione richiesta e al relativo piano formativo, sarà prevista l’intimazione della cessazione del tirocinio da parte dell’organo individuato dalle regioni e l’interdizione per dodici mesi, rivolta al soggetto promotore e/o a quello ospitante, dall’attivazione di nuovi tirocini. In tal caso la sanzione è particolarmente severa in quanto ci si trova dinanzi a violazioni non sanabili.
Viceversa, in caso di violazioni sanabili – inadempienza dei compiti richiesti ai soggetti promotori e ai soggetti ospitanti e ai rispettivi tutor o violazioni della convenzione o del piano formativo – e quando la durata residua del tirocinio consenta di ripristinare le condizioni per il conseguimento degli obiettivi stabiliti, o in caso di violazioni della durata massima del tirocinio, quando al momento dell’accertamento non sia ancora superata la durata massima stabilita dalle norme, l’amministrazione regionale può invitare i soggetti coinvolti alla regolarizzazione, evitando l’irrogazione delle sanzioni. ove l’invito non venga adempiuto, sarà prevista l’intimazione della cessazione del tirocinio e l’interdizione per dodici mesi, rivolta al soggetto promotore e/o a quello ospitante, dall’attivazione di nuovi tirocini.
In tutti i casi di seconda violazione, nell’arco di ventiquattro mesi dalla prima interdizione, l’interdizione avrà durata di diciotto mesi, mentre nei casi di terza o maggiore violazione nell’arco di ventiquattro, l’interdizione avrà durata di ventiquattro mesi.
L’interdizione dell’attivazione di nuovi tirocini è disposta nei confronti del soggetto ospitante anche nel caso di riqualificazione del tirocinio in rapporto di lavoro subordinato operata dagli organi di vigilanza dell’I.N.L.
Tale previsione costituisce un difficile banco di prova per le regioni in quanto i numeri dei tirocini attivati sono in aumento e non sempre le regioni dispongono di un sistema di monitoraggio e controllo adeguato.
Inoltre, sarà interessante osservare come le regioni si comporteranno nel caso in cui le violazioni delle disposizioni vengano poste in essere da parte dei servizi per l’impiego, che ad oggi sono i soggetti che promuovono il maggior numero di tirocini extracurriculari e che allo stato attuale – a causa della riforma in atto19 – non sono in condizioni, per carenza di personale, di adempiere a tutte le attività previste dalle linee guida.
Le regioni a statuto ordinario si dovranno dotare di personale per il controllo formale, mentre quasi sicuramente affideranno il controllo in loco all’attività ispettiva che potrà intervenire in seguito alla stipula di protocolli di collaborazione da parte delle regioni con le sedi territoriali dell’I.N.L.
Tra le altre novità delle linee guida 2017, qui preme ricordare la previsione della regolamentazione dei tirocini in mobilità interregionale, che stabilisce quali siano i soggetti abilitati a promuovere il tirocinio anche al di fuori del territorio regionale (par. 3) e chiarisce quale sia la regolamentazione di riferimento per l’attivazione del tirocinio. I soggetti promotori – centri per l’impiego, agenzie regionali per il lavoro, istituti di istruzione universitaria statali e non statali abilitati al rilascio di titoli accademici e dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica, istituzioni scolastiche statali e non statali che rilascino titolo di studio con valore legale, fondazioni di Istruzione tecnica superiore – sono tenuti a conoscere tutte le regolamentazioni regionali in materia di tirocinio extracurriculare.
È, altresì, riconosciuto al soggetto ospitante multilocalizzato che intende attivare un tirocinio, in attuazione delle disposizioni del d.l. 28.6.2013, n. 7620, la possibilità di scegliere tra la normativa regionale della sede operativa e quella della sede legale. L’unico vincolo, qualora la normativa applicata fosse quella della sede legale del soggetto ospitante, è quello di comunicare l’avvio del tirocinio alla regione della sede in cui è realizzato il tirocinio, nonché di indicare la normativa applicata all’interno della convenzione.
Le linee guida lasciano invariati i limiti numerici, specificando le modalità di calcolo del personale subordinato – con esclusione degli apprendisti – ai fini dell’inserimento dei tirocinanti presso il soggetto ospitante.
I limiti numerici per l’attivazione di nuovi tirocini variano sulla base della dimensione dell’unità operativa in cui il tirocinante è inserito. di particolare interesse è il meccanismo di premialità introdotto dalle linee guida per i soggetti ospitanti “virtuosi” che assumono i tirocinanti al termine dell’esperienza. Le aziende che hanno già raggiunto il limite del 10% dei tirocinanti rispetto ai lavoratori subordinati in servizio, possono inserirne di nuovi, purché abbiano assunto dei tirocinanti, con contratto di lavoro subordinato di almeno sei mesi nei ventiquattro mesi precedenti. Tale previsione sicuramente ha lo scopo di incentivare le assunzioni dei tirocinanti al termine del periodo formativo, evitando il fenomeno del turn over dei tirocinanti. Tuttavia, a parere di chi scrive, al fine di combattere l’abuso del tirocinio sarebbe stato opportuno inserire una clausola di stabilizzazione per i tirocini attivati grazie a finanziamenti pubblici.
Inoltre, la norma nulla prevede in merito al termine in cui il soggetto ospitante deve procedere all’assunzione del tirocinante. Tale vuoto normativo può essere colmato dalle regolamentazioni regionali, anche sulla scorta della prassi consolidata all’interno del Programma “Garanzia Giovani” che riconosce il bonus occupazionale qualora il soggetto ospitante assuma il tirocinante entro centoventi giorni dal termine del tirocinio.
Infine, sono da apprezzare le disposizioni in merito all’obbligo della corresponsione dell’indennità di tirocinio in capo ai percettori di ammortizzatori sociali, che hanno distinto i lavoratori in costanza di rapporto di lavoro dai lavoratori disoccupati. Per i primi non è dovuta l’indennità di partecipazione, salvo il caso in cui l’ammortizzatore sia inferiore all’indennità minima prevista dalla regolamentazione regionale, mentre, per i secondi, è riconosciuta in capo al soggetto ospitante la facoltà di erogare un’indennità di partecipazione cumulabile con l’ammortizzatore percepito, anche oltre l’indennità minima prevista dalla disciplina regionale di riferimento.
Prima di procedere all’analisi dei profili problematici è necessario fornire qualche dato sui tirocini. dal 2012 ad oggi l’incremento dei numeri di tirocini attivati è allarmante: nel 2012 erano 185.883, mentre nel 2016 sono stati 317.620, in leggero calo (- 9%) rispetto al 2015 quando sono stati 349.18621. Nel 2016 sono stati attivati quasi 240.000 tirocini nel settore dei servizi che costituiscono quasi il 75,5% del totale.
Le recenti linee guida costituiscono, indubbiamente, un’opera di aggiornamento importante delle precedenti disposizioni e rispondono a molte questioni rimaste irrisolte (v. supra, § 2.2), tuttavia, a parere di chi scrive, essa non è ancora sufficiente per la costruzione di un sistema di tutele dei tirocinanti uniforme in tutto il Paese.
Diversi sono ancora i nodi da sciogliere.
In primo luogo, si osserva che le linee guida costituiscono uno standard minimo rispetto alle quali le regioni possono fissare disposizioni di maggior tutela.
Se da un punto vista politico tale tecnica non crea problemi nella fase del raggiungimento dell’Accordo in Conferenza Stato-regioni, qualche problema lo crea nella fase di recepimento da parte delle regioni e soprattutto nella fase di attuazione delle stesse. Infatti, la tecnica del “minimo comun denominatore” non è in grado di offrire tutele uguali in tutto il territorio nazionale ai tirocinanti, in quanto la tutela degli stessi potrebbe variare da regione a regione.
Si pensi per es. all’indennità minima di partecipazione al tirocinio stabilita nella cifra di trecento euro: una regione potrebbe stabilire un importo maggiore di trecento euro – facoltà prevista dalle linee guida –, mentre la regione confinante lascia inalterata la previsione delle linee guida. In tal caso, dinanzi alla stessa esperienza di tirocinio, si avrebbe un trattamento – economico – diverso difficilmente giustificabile sul piano del principio di uguaglianza.
Non si comprende quali siano le ragioni per cui le linee guida abbiano, per espressa previsione, escluso la regolamentazione dei tirocini curriculari, oltre ad altri tirocini (par. 1).
Ad oggi, soprattutto in seguito alla l. 13.7.2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti), che prevede l’obbligo di percorsi in alternanza scuola-lavoro, sempre più spesso all’interno di una stessa azienda convivono studenti che svolgono un tirocinio curriculare e giovani che svolgono un tirocinio extracurriculare. Pertanto, pur apprezzando il chiarimento sulla non cumulabilità tra i due tirocini ai fini della determinazione dei limiti di contingentamento, l’occasione della revisione delle linee guida è stata una chance non colta per costruire il ponte tra il mondo dell’istruzione/formazione e quello del lavoro, accompagnando la transizione scuola-lavoro.
Le linee guida eliminano la classificazione dei tirocini extracurriculari per tipologie, precedentemente prevista al par. 1, lett. a), b), c) delle linee guida del 2013.
Le precedenti disposizioni scomodavano il concetto di “tipologia” per definire il tirocinio in base ai destinatari della misura e soprattutto in base alle finalità dello stesso. Il tirocinio poteva essere formativo o di orientamento oppure di inserimento e reinserimento.
Il tirocinio extracurriculare di inserimento e reinserimento promosso dal servizio per l’impiego a favore di inoccupati e disoccupati compare, prima, con la nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 14.2.2007, poi, con la circ., 12.9.2011, n. 2422 e, infine, viene previsto come una “tipologia” di tirocinio nelle linee guida del 2013. Un autorevole dottrina segnalava il rischio dell’eterogenesi dei fini23 del tirocinio nel caso in cui non si fossero valorizzate le disposizioni delle linee guida volte a delineare un sistema di seria qualificazione dei tirocini.
Con la previsione di tale “tipologia” di tirocinio extracurriculare sorge il dubbio sulla sussistenza o meno della formazione quando il tirocinio è volto all’inserimento e reinserimento del disoccupato.
Il tirocinio è di per sé una misura formativa, tanto nel caso in cui sia finalizzato all’orientamento di giovani nella fase di transizione scuola lavoro, che nel caso in cui sia finalizzato ad inserire un disoccupato in un posto di lavoro.
La formazione costituisce l’oggetto del tirocinio, mentre a parere di chi scrive, l’orientamento è la funzione sociale dello strumento.
Pertanto, non può sussistere un tirocinio che sia privo della componente formativa anche qualora si configuri come strumento occupazionale, e l’«utilizzatore del tirocinio non è e né può essere il datore di lavoro ospitante, ma è lo stesso tirocinante, che dall’esperienza trae utilità per la propria crescita personale e professionale»24.
venuta meno la classificazione per tipologie si è reso necessario una elencazione dei soggetti destinatari di tirocini. Con l’attuale formulazione non è stata esclusa alcuna categoria, neanche gli studenti – precedentemente esclusi – che possono svolgere un tirocinio extracurriculare durante il periodo estivo (par. 2).
Nonostante l’eliminazione delle “tipologie” di tirocinio, ad oggi non si può ritenere interamente superata l’eterogenesi dei fini dello strumento25, in quanto sempre di più il tirocinio è considerato un mezzo per la ricerca di occupazione, perdendo talvolta la natura prettamente formativa e di orientamento.
Le linee guida costituiscono un importante sistema di qualificazione dei tirocini, tuttavia ciò non è sufficiente se tutti gli attori coinvolti non pongono in essere comportamenti improntati alla difesa della natura formativa dello strumento.
La presenza di alcuni elementi quali: l’indicazione dell’orario del tirocinio nel piano formativo individuale (PfI), l’obbligatorietà dell’indennità minima26, la regolamentazione dei casi di sospensione del tirocinio, rischiano di configurare l’esperienza in tirocinio, sempre di più, come un periodo di prova della risorsa umana che si intende assumere a “basso costo”.
Proprio in considerazione di questa deriva è importante che il tirocinio mantenga la sua natura di misura formativa e di orientamento indipendentemente dal reale inserimento o meno presso un’impresa, solo in tal caso, la misura rimane nel perimetro della regolamentazione regionale, viceversa la competenza regolatoria sarebbe dello Stato.
Il tirocinio viene attivato in seguito alla stipula di una convenzione tra il soggetto ospitante e il soggetto promotore e del relativo PfI sottoscritto anche dal tirocinante.
È difficilmente configurabile tra il soggetto ospitante e il tirocinante un rapporto contrattuale, in quanto a fronte di un’obbligazione formativa del soggetto ospitante non corrisponde una controprestazione del tirocinante.
Quest’ultimo non deve essere “produttivo” nello svolgimento del percorso formativo, ma ha solo l’onere di apprendere secondo le modalità stabilite concordate nel PfI.
La previsione del rispetto di un orario nel PfI si è resa necessaria per ragioni di carattere organizzativo del soggetto ospitante che dovrà programmare la formazione “in situazione” del tirocinante.
Nell’ipotesi in cui il tirocinio non mantenga il suo patrimonio genetico formativo e si avvicini sempre di più al rapporto di lavoro, esso rischia di cannibalizzare le altre tipologie contrattuali come il contratto a termine, la somministrazione, la prestazione occasionale, nonché l’apprendistato.
Il rischio è quello di disattendere quanto previsto dall’art. 1, co. 34, lett. a), l. n. 92/2012 sulla valorizzazione delle altre forme contrattuali a contenuto formativo.
Infatti, sempre più spesso le aziende, prima di procedere all’assunzione preferiscono “provare” la risorsa prima in tirocinio, configurando quest’ultimo nei fatti come un “contratto di prova”. In altri casi più gravi il tirocinio è stato utilizzato per coprire il lavoro sommerso.
In conclusione, si può affermare che essendo il tirocinio il principale strumento per le “transizioni nel mercato del lavoro” esso deve essere riportato nell’area della formazione professionale.
L’auspicio è di avere al più presto un intervento normativo nazionale che definisca il tirocinio in generale (curriculare ed extracurriculare), differenziandolo dalle altre tipologie contrattuali e scongiurando la sostituzione dei contratti di lavoro con il tirocinio extracurriculare.
1 Prima dell’art. 18 l. n. 196/1997, l’art. 15 l. 21.12.1978, n. 845 prevedeva che le istituzioni operanti nella formazione professionale potessero «stipulare convenzioni con le imprese per la effettuazione presso di esso di periodi di tirocinio pratico e di esperienza». L’art. 15 è stato abrogato con il d.m. 25.3.1998, n. 142 (Regolamento recante norme di attuazione dei principi e dei criteri di cui all’articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, sui tirocini formativi e di orientamento). V. Varesi, P.A., Regioni e mercato del lavoro – Il quadro istituzionale e normativo, Milano, 1986, 101-110. Anche il codice civile agli artt. 2130-2134 dedica una sezione al tirocinio; tuttavia, tali previsioni sembrano connotare il tirocinio non come un istituto distinto rispetto all’apprendistato. Infatti, l’art. 2133 c.c. prevede che alla «cessazione del tirocinio, l’apprendista, per il quale non è obbligatorio il libretto di lavoro, ha diritto di ottenere un attestazione di tirocinio compiuto». Ne deriva che il tirocinio è considerato un periodo di formazione che poteva essere svolto anche in apprendistato. Ad oggi invece si può affermare che i perimetri dei due istituti siano ben delineati almeno sul piano formale. La regolamentazione del tirocinio è riservata alle regioni, mentre l’apprendistato, salvo che per i profili formativi – di competenza regionale – è disciplinato dagli artt. 41-47 d.lgs. 15.6.2015, n. 81.
2 Per una ricostruzione dell’istituto v. Giasanti, L., Stage, in Diritto online Treccani, 2015; Pascucci, P., Stage e lavoro. La disciplina dei tirocini formativi e di orientamento, Torino, 2008; Tiraboschi, M., Problemi e prospettive nella disciplina giuridica dei tirocini formativi e di orientamento, in Dir. rel. ind., 2001, 61 ss.; Lassandari, A., Gli obblighi formativi nel contratto di apprendistato e di tirocinio: rilievi esegetici sui decreti ministeriali di attuazione della legge n. 196/1987, in Riv. giur. lav., 1999, I, 93 ss.; Varesi, P.A., Art. 18. I tirocini formativi e di orientamento, in Napoli, M., a cura di, Il «Pacchetto Treu» (L. 24 giugno 1997, n. 196 – Norme in materia di promozione dell’occupazione [...]), Commentario sistematico, in Nuove leggi civ., 1998, 1359 ss.; Maresca, A.- Ciucciovino, S., Regolamentati i tirocini formativi e di orientamento, in Dir. prat. lav., 1998, 1571 ss.;
3 Pascucci, P., La disciplina dei tirocini formativi e di orientamento: ieri: oggi e … domani (ovvero prima e dopo l’art. 11 del d.l. n. 138/2011), in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 135/2011; Id., Tirocini, in Libro dell’anno del Diritto 2014, Roma, 2014, 366 e ss; Id., I tirocini formativi e di orientamento, in Cinelli, M.-ferraro, G.-Mazzotta, o., diretto da, Il nuovo mercato del lavoro – dalla riforma Fornero alla legge di stabilità 2013,Torino, 2013, 197 ss.; Id., Tirocini, in Libro dell’anno del Diritto 2013, Roma, 2013, 351 s.; Ciucciovino, S., Apprendimento e tutela del lavoro, Torino, 2013, 146 e ss.; Vergari, S., Linee guida sui tirocini e prospettive di riforma regionale, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2013, 3, 443.
4 Nel 2014, si segnala che anche il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la raccomandazione del 10.3.2014 su un quadro di qualità̀ per i tirocini (G.U. C88/01 del 27.3.2014).
5 Per una panoramica sulle regolamentazioni regionali v. Bertagna, G.-Buratti, U.-fazio, f.-Tiraboschi, M., La regolazione dei tirocini formativi in Italia dopo la legge Fornero, Modena, 2013, 63 e ss.
6 v. le diverse posizioni della dottrina nel fascicolo Il nuovo titolo V della Costituzione Stato/Regioni e Diritto del lavoro, in Lav. pubbl. amm., 2002, suppl. n. 1 e il fascicolo dedicato al tema Federalismo e diritto del lavoro, Lav. dir., 2001, 3.
7 Tentativi in tal senso si sono avuti con l’art. 11 d.l. 13.8.2011, n. 138, conv. con mod. dalla l. 16.9.2011, n. 148 sui livelli di tutela essenziali per l’attivazione dei tirocini e con dell’art. 60, d.lgs., 10.9.2003, 276 sui tirocini estivi di orientamento. La prima, è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta per violazione dell’art. 117, co. 4 (C. cost., 19.12.2013, n. 287), mentre la seconda è stata dichiarata incostituzionale per violazione dell’art. 117, co. 3-4 (C. cost., 28.1.2005, n. 50). In particolare con riguarda a quest’ultima, la Consulta affermava che in seguito alla modificata del titolo v, la materia della formazione professionale non poteva che essere ricondotto alla competenza esclusiva delle regioni poiché la misura non era stata regolata con l’intento di un’eventuale assunzione e pertanto senza nessun collegamento con i rapporti di lavoro.
8 v. Luciani, v., Regioni e diritto del lavoro. Note preliminari, in Argomenti dir. lav., 2002, 1, 57; Varesi, P.A., Regioni e politiche attive del lavoro dopo la riforma costituzionale, in Il nuovo titolo V della costituzione, cit., 121 e ss.
9 La stessa Consulta nella sent. n. 50/2005 raccomanda la leale collaborazione tra Stato e regioni qualora ricorra l’ipotesi delle competenze interferenti.
10 Si pensi ai tirocini curriculari. I tirocini curriculari sono quelli inclusi in un processo di apprendimento formale svolto all’interno di piani di studio delle università e degli istituti scolastici. La finalità della misura è quella di affinare il processo di apprendimento attraverso l’alternanza scuola/lavoro. Un giovane che vuole iniziare un tirocinio formativo curriculare deve essere uno studente iscritto al corso di studio attivato da chi promuove il tirocinio medesimo. Il d.P.R. n. 567/1996, come modificato dal d.P.R. 9.4.1999, n. 156, e dal d.P.R. 13.2.2001, n. 105, riconosce i tirocini tra le iniziative complementari e integrative dell’iter formativo degli studenti. Con la l. 19.11.1990, n. 341, le università, in materia di autonomia didattica, possono prevedere, attraverso i regolamenti di ateneo, percorsi di studio con «attività di laboratorio, pratiche e di tirocinio» (art. 11). Ad oggi la normativa di riferimento dei tirocini curriculari è costituito dall’art. 18 l. n. 196/1997 e dal d.m. attuativo n. 142/1998. Le disposizioni delineano gli elementi genetici che connotano l’istituto, differenziandolo dal rapporto di lavoro. La competenza legislativa sui tirocini curriculari è dello Stato in quanto rientrano nelle norme generali sull’istruzione (C. cost., 2.7.2009, n. 200). Per la definizione dei tirocini curriculari v. nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 14.2.2007, n. 13/Segr./0004746 e circ., 12.9.2011 dello stesso dicastero.
11 In tal senso Cardone, A., Il riparto di competenze legislative in materia di formazione professionale, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2013, 3, 429; contra Buratti, U.-fazio, f.-Tiraboschi, M., in Bertagna, G.-Buratti, U.-fazio, f.-Tiraboschi, M., a cura di, La regolazione dei tirocini formativi in Italia, cit., 9.
12 Sull’efficacia giuridica degli atti della Conferenza Stato-regioni; v. Agosta, S., La leale collaborazione tra Stato e regioni, Milano, 2008, 65. L’autore afferma che «solo a seguito di un espresso riconoscimento costituzionale si sarebbe potuto infatti riconoscere a siffatte decisioni efficacia giuridica vincolante nei confronti di Stato e Regioni… esse non potranno che avere mera efficacia politica»; in tal senso anche Bin, R., La «leale collaborazione» tra prassi e riforme, in Le regioni, 2007, 396 e ss.. Alla luce di quanto esposto le deliberazioni della Conferenza Stato-regioni hanno valenza politica, salvo il caso in cui la volontà espressa dai Presidenti delle regioni si traduca in un preciso schema normativo (decreto legislativo o in un atto di indirizzo e coordinamento), viceversa, gli impegni assunti possono valere solo sul piano politico, ossia sul piano della leale cooperazione. La Consulta afferma che «il principio di leale collaborazione fra Stato e regioni» non «può esser dilatato fino a trarne condizionamenti, non altrimenti riconducibili alla Costituzione, rispetto alla formazione e al contenuto delle leggi» siano esse leggi statali o regionali (C. cost., 28.12.2001, n. 437). Per un approfondimento sull’efficacia giuridica delle “intese” v. anche la recente Cass. pen., 27.1.2017, n. 3898 e il dossier Il sistema delle Conferenze dell’Ufficio ricerche sulle questioni regionali delle autonomie del gennaio 2016, n. 275, in www.senato.it.
13 Essendo le linee guida il risultato di un accordo in Conferenza Stato-regioni (v. nt. 12), è interessante domandarsi se – da un punto di vista dell’efficacia giuridica – l’indennità minima sia vincolante per le regioni. La l. n. 92/2012 prevede l’obbligatorietà di un congrua indennità e le conseguenti sanzioni in caso di mancata erogazione. Sulla base di tale disposizione non pare possibile escludere un valore giuridicamente vincolante con riguardo all’indennità di partecipazione al tirocinio.
14 La durata dei tirocini formativi di orientamento per i neodiplomati o neolaureati era di sei mesi; la durata dei tirocini di inserimento e reinserimento per i disoccupati, inoccupati o lavoratori percettori di ammortizzatori sociali era di dodici mesi; la durata dei tirocini di orientamento e formazione o di inserimento/reinserimento in favore di persone svantaggiate era di dodici mesi, mentre per i disabili era di ventiquattro mesi.
15 La misura del tirocinio extracurriculare costituisce al 30.6.2017, il 70,2% delle misure di politica attiva avviate e risulta essere l’intervento più diffuso soprattutto nelle regioni del centro (73,6%) e del Nord-est (73,3%). Solo il 26,7% dei tirocini avviati hanno portato ad un inserimento occupazionale al termine di un percorsi formativo. v. L’attuazione della Garanzia Giovani in Italia – Rapporto trimestrale n. 2/2017 in www.anpal.gov.it. Molti sono i giovani che hanno fatto più di un tirocinio all’interno del Programma, tanto che per limitare il fenomeno del turn over dei tirocinanti nel 2016 è stato istituito il “Super Bonus” con l’obiettivo di promuovere la trasformazione dei tirocini in contratti di lavoro. L’incentivo è stato fruito dai datori di lavoro che hanno attivato un contratto di lavoro nel periodo 1.3.2016-31.12.2016, solo relativamente ai tirocini avviati entro il 31.1.2016.
16 Battaglia, A., Le nuove Linee Guida in materia di tirocini, in www.bollettinoadapt.it, 12.6.2017, n. 22.
17 v. Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie del 2017, in www.lavoro.gov.it. Nell’anno 2016 le cessazioni hanno interessato oltre 338.000 tirocini, la maggior parte dei quali (75,6%) ha avuto una durata da 3 a 12 mesi. Questi dati dimostrano che talvolta, anche per i neolaureati, è necessario una durata di tirocinio maggiore rispetto ai sei mesi, in quanto l’acquisizione di alcune competenze necessitano di un periodo di formazione più lungo rispetto ad altri. Inoltre, la durata del tirocinio per l’acquisizione di determinate competenze può variare anche in base alle caratteristiche personali dei tirocinanti (es. dal livello di istruzione, dall’esistenza o meno di pregresse esperienza lavorative, dalla durata della disoccupazione). Le linee guida stabiliscono la durata massima, lasciando spazio al soggetto promotore di stabilire la durata del tirocinio in base alle variabili esposte.
18 Tessaroli, L., Verso la certificazione delle competenze, in Riv. dir. sic. soc., 2, 2014, 233-246.
19 In seguito alla l. 7.4.2014, n. 56 e al d.lgs. 14.9.2015, n. 150, la riforma dei servizi per l’impiego non è ancora giunta al termine e non ha un assetto definitivo. Infatti, ad oggi la funzione dei servizi per l’impiego è stata trasferita alle regioni, mentre il personale è ancora alle dipendenze delle province e delle città metropolitane. Negli ultimi anni i servizi per l’impiego hanno perso molto personale e ad oggi non sono in grado di far fronte a tutte le attività previste dal d.lgs. n. 150/2015.
20 Cfr. art. 2, co. 5-ter, d.l. n. 76/2013 e circ. Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 29.8.2013, n. 35, in www.cliclavoro.gov.it
21 Cfr. Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatori del 2017 in www.lavoro.gov.it. e il Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatori del 2014 in www.cliclavoro.gov.it.
22 Schiavone, R., Tirocini formativi: primi chiarimenti ministeriali dopo la Manovra, in Guida lav., 2011, n. 37, XXXVI ss.
23 Pascucci, P., L’evoluzione delle regole sui tirocini formativi e di orientamento: un’ipotesi di eterogenesi dei fini?, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2013, 425. L’autore affermava che può «apparire un paradosso, ma proprio nel momento in cui si varano nuove regole finalizzate soprattutto a contrastare abusi ed usi distorti dei tirocini, tende emergere una fattispecie di tirocinio sempre più “pericolosamente” vicina a quel rapporto di lavoro, la cui estraneità potrebbe talora rischiare di rivelarsi non molto di più di una mera affermazione di principio».
24 Pascucci, P., L’evoluzione delle regole sui tirocini formativi e di orientamento un’ipotesi di eterogenesi dei fini?, cit., 426.
25 Pascucci, P., L’evoluzione delle regole sui tirocini formativi e di orientamento un’ipotesi di eterogenesi dei fini?, cit., 415. L’autore afferma che nel caso del tirocinio «il lavoro viene in gioco non già – come generalmente accade – per procacciarsi un sostentamento economico, bensì esclusivamente come strumento per formarsi e orientarsi».
26 L’indennità di partecipazione è assimilato al reddito di lavoro dipendente ai fini fiscali, ai sensi dell’art. 50, d.P.R. 22.12.1986, n. 917.