Le parole dell’anno
Parole ed espressioni hanno la capacità di fotografare la vita sociale di coloro che parlano la stessa lingua, evocando vicende e stili di vita e disegnando una vera e propria mappa della memoria collettiva. Una delle fonti di osservazione privilegiata è offerta dalla lettura dei giornali, che quotidianamente presentano ai lettori notizie, scoperte, mode e tendenze, anche raccogliendo e riproponendo neoformazioni diffuse da altri canali d’informazione: cinema, radio, televisione, pubblicità e, da ultimo, informatica e reti telematiche. Forse tra cinquant’anni, rileggendo le espressioni documentate nel 2011, si potrà percepire ancora la patina storica e ricostruire il contesto della società italiana attuale. Basterà ricordare, per esempio, alcune parole dell’economia, capaci di evocare la crisi finanziaria globale che in anni recenti ha investito anche l’Italia: finanza tossica e titoli tossici sono l’emblema delle spregiudicate operazioni finanziarie dalle quali ha avuto origine la grande crisi. Il fatto che si tratti di due espressioni che la lingua italiana e molte altre lingue nel mondo hanno ricalcato dall’angloamericano toxic finance e toxic bonds è la dimostrazione più evidente della portata mondiale del fenomeno e della sua origine. Non meno significative le contromisure adottate dalle autorità politiche o economiche nazionali e internazionali: prima fra tutte l’espressione test di resistenza (nella formulazione originale stress test), che testimonia la preoccupazione di controllare la stabilità di un sistema, con particolare riferimento al sistema bancario; ma anche nuove espressioni tutte italiane come salvafinanza, salvaeuro e salva-Stati. Sullo scenario politico, dominato da mesi dall’irruzione mediatico-giudiziaria di bunga-bunga (tra i derivati più curiosi: bungabunghese, Bungaleaks, bungalese, bunga-party, bunghificio, bunghino e antibunga-bunga), dopo un tentativo sfumato di trigambismo (la possibilità di sorreggere la coalizione di governo con l’apporto di una terza gamba), è tornata ad affacciarsi nella rappresentanza parlamentare la presenza di un terzo polo. I sintomi di un malcostume sempre più diffuso sono testimoniati dall’irrompere nelle cronache di una lunga serie di scandali, la cui denominazione ripropone l’ormai dilagante confisso -poli, inaugurato con la tangentopoli milanese del 1992. Tra i tanti: albergopoli, congressopoli, criccopoli, energopoli e scommettopoli. Ma è ancora produttivo il significato originario di -poli, quello di ‘città’, nell’allarmistica e provocatoria coniazione di zingaropoli.
La rivoluzione informatica, entrata nella vita di tutti i giorni, ha prodotto due nuove classi sociali: i nativi digitali e gli immigrati digitali (chi è cresciuto con le tecnologie digitali e chi, invece, deve applicarsi d’impegno per utilizzarle con profitto), ma la novità più vistosa è costituita dal socialnetworkismo, la diffusione globale delle reti sociali, che permettono una connessione costante agli appassionati che vi partecipano: facebookiani (Facebook), googlisti (Google), linkediniani (LinkedIn), twitteratori (Twitter), i nuovi cittadini del wiki-mondo. Se è vero che un occasionalismo non può essere propriamente considerato un neologismo, nel senso di parola nuova che si candida a entrare nel patrimonio lessicale di una lingua grazie alla fortuna di cui godrà la sua circolazione, bisogna però mettere in conto che l’appropriato dominio dei meccanismi di formazione delle parole può dar vita a neologismi che possiamo a tutti gli effetti considerare «parole d’autore». Tra quelle più estrose nella formazione e rappresentative dell’attualità: bacchettonite di Mario Sechi, bagatellizzare di Isabella Bossi Fedrigotti, eurotecnocrazia di Luciano Canfora, gattacicovista di Christian Rocca, laureificio di Tullio Gregory, parentocrazia di Potito Salatto, pensabenista di Giovanni Sartori, polveronismo di Francesco Rutelli, protestite di Lidia Lombardi, rallentismo di Giulio Tremonti, schienadrittismo di Aldo Grasso e zerbinocrazia di Massimo Gramellini.
Il libro
Cosa significa salapùzio? E risquitto, terebrante, scopamestieri, zinzino, mitidio, malvone? Nell’epoca dell’uso indiscriminato del prestito linguistico (per lo più dall’inglese), del linguaggio globalizzato, molte parole italiane sono destinate a cadere nell’oblio, a rimanere chiuse nei vocabolari (quelli più attenti al passato della lingua) prima di scomparire del tutto. Ce lo ricorda un interessante volume di Sabrina D’Alessandro, Il libro delle parole altrimenti smarrite, pubblicato nel 2011.
Bacchettoni e bunga-bunga
bacchettonite s. f. (iron.) Moralismo ipocrita, specialmente in materia sessuale. • […] i governi non cascano per un attacco di bacchettonite acuta del pm di turno che curiosa nelle mutande altrui (Mario Sechi, Tempo.it, 20 gennaio 2011).
Derivato dal s. m. bacchetton(e) con l’aggiunta del suffisso -ite.
bungabunghese s. m. (iron.) Il particolare linguaggio adoperato dai partecipanti alle feste private di Silvio Berlusconi. • Altra formula regina del «bungabunghese»: «Ne vedi di ogni». Così dicono fra di loro molte ragazze (Mario Ajello, Messaggero.it, 19 gennaio 2011).
Derivato dal s. m. bunga-bunga (‘sorta di festino ispirato a presunti riti tribali africani’) con l’aggiunta del suffisso -ese.
nativo digitale s. m. Chi è entrato in contatto sin dalla più giovane età con le tecnologie digitali e utilizza Internet come principale strumento di reperimento, condivisione e gestione dell’informazione. • Chi sono questi famigerati «nativi digitali», nati e cresciuti a rivoluzione Internet compiuta? […] la loro cultura è «partecipativa» e si fonda su «produzione e condivisione di creazioni digitali» […] (Serena Danna, Sole24ore.com, 2 gennaio 2011).
Dall’ingl. digital native, composto dall’agg. digital (‘relativo ai media elettronici e informatici’) e dal sost. native (‘nativo, indigeno’).
salva-Stati agg. inv. Finalizzato a sostenere gli Stati appartenenti all’area dell’euro che versano in una grave crisi economico-finanziaria. • Fondo salva-Stati, slitta l’aumento – Berlino frena l’Eurogruppo (titolo, Repubblica.it, 18 gennaio 2011).
Composto dal v. tr. salvare e dal s. m. Stato.
schienadrittismo s. m. Attitudine a mantenere le proprie posizioni, senza sottomettersi ad altri. • Senza enfasi retoriche, senza esibizioni di «schienadrittismo», ma la battaglia da fare non è quella per il pluralismo e il contraddittorio ma per un’indipendenza strutturale della RAI (Aldo Grasso, Corriere.it, 11 febbraio 2011).
Dall’espressione (stare con la) schiena dritta con l’aggiunta del suffisso -ismo.
Linguaggio e politica
Sul finire del 2010 sono stati pubblicati due testi significativi sullo stato della lingua italiana, vista quale riflesso di una condizione politico-civile precaria: Sulla lingua del tempo presente, di Gustavo Zagrebelsky, e La manomissione delle parole, di Gianrico Carofiglio. Il primo è un sintetico atto di accusa contro l’uso politico della lingua nell’epoca in cui la comunicazione pubblica è dominata dagli strateghi del marketing politico e dei mass media: attraverso una serie di esempi, attinti dalle cronache recenti e meno recenti, l’autore mostra come alcune espressioni apparentemente innocue – ‘scendere in politica’, ‘prima repubblica’, ‘politica del fare’, ‘mettere le mani in tasca agli italiani’ – abbiano agito in profondità sul senso comune degli italiani, in una prospettiva volta a trasformarli da cittadini in sudditi. Analogamente, il testo di Carofiglio, anche lui scrittore di formazione giuridica, sottolinea come la riduzione progressiva del numero delle parole utilizzate e conosciute dai parlanti comporti non soltanto una riduzione delle capacità espressive e cognitive, ma anche e soprattutto il rischio di un impoverimento della democrazia; e, per contrastare questa tendenza, l’autore propone, oltre alla vecchia, sana abitudine di ‘chiamare le cose con il loro nome’, una serie di termini da riscoprire: ‘vergogna’, ‘giustizia’, ‘ribellione’, ‘bellezza’, ‘scelta’.