Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Dacia: Sarmizegetusa
Centro fortificato dacico (nel territorio dell’attuale distretto di Huneodara, in Romania) situato sui monti di Orăştie (a 24 km in linea d’aria dalla città che porta questo nome, sul cor- so del fiume Mures), disposto in numerose terrazze sulle colline di Gradište.
Era capitale di un regno che ebbe i momenti di massima coesione con Burebista, contemporaneo di Cesare, e con Decebalo, rivale di Traiano: la sua capitolazione, insieme con il suicidio di Decebalo stesso (episodi raffigurati entrambi nella Colonna Traiana), segna la fine della seconda guerra dacica (106 d.C.). Rimasta in funzione poco tempo solo come sede della legione romana IV Flavia Felix, fu poi soppiantata, a ovest delle montagne e in territorio pianeggiante, dalla città fondata (112 d.C.) dall’imperatore vincitore: Colonia Ulpia Traiana Augusta Dacica, cui sarebbe stato aggiunto da Adriano il nome (storicamente evocativo, ma non troppo pertinente geograficamente) di Sarmizegetusa, capitale della nuova provincia di Dacia e anzi premessa per la sua costituzione. La fortezza, in posizione munitissima, aveva pianta approssimativamente rettangolare (ma molto irregolare) con angoli arrotondati. Era integrata a nord e a sud, su terrazze minori, dalle cittadelle di Coşteşti, Blidaru, Piatra Rosie: per la verità, rispetto a queste (che all’interno ospitavano alte costruzioni di pietra e mattoni) presentava un aspetto più “povero” (costruzioni di legno), tanto da far pensare a una struttura di emergenza, da estrema difesa.
Fuori dalla fortezza, a est, su due terrazze, era un grande complesso di santuari, le cui fasi di maggior sviluppo sembrano essere proprio quelle di Burebista e di Decebalo, caratterizzate rispettivamente da strutture di pietra calcarea e di andesite. I due santuari maggiori sono costituiti da allineamenti di 60 colonne: uno su quattro file (di pietra calcarea, attribuibile perciò ai tempi di Burebista), l’altro su sei file (di andesite, il che fa pensare a Decebalo), di cui rimangono solo i basamenti (opera incompiuta per il precipitare degli eventi?). Si tratta di strutture enigmatiche, anche se non prive di paralleli in altre cittadelle. Ma ancor più enigmatici sono due grandi santuari di andesite a pianta circolare, il maggiore dei quali presenta anche lastre pavimentali, con disco al centro e dieci settori circolari intorno. Sono strutture forse connesse con calcoli di calendario o con il culto del sole. Fra i materiali rinvenuti è da ricordare, in un’abitazione, un grande vaso, forse di culto, con l’iscrizione Decebalus per Scorilo, cioè puer (figlio) di Scorilo, re dace menzionato da Iordanes, che peraltro scrive nel VI sec. d.C. È l’unica iscrizione dacica a noi nota, apparentemente influenzata dal latino.
La città romana ebbe grande importanza politica, religiosa e culturale nell’ambito della nuova provincia: era, oltretutto, su una strada che attraversava tutta la Dacia dal confine settentrionale a quello meridionale con la Mesia. “Metropoli” ai tempi di Settimio Severo, sopravvisse per circa un secolo all’abbandono della Dacia stessa da parte di Aureliano. Le mura hanno pianta più o meno quadrata, arrotondata agli angoli (rinforzati da bastioni); al centro era la aedes Augustalium, grande complesso costituito da due cortili affiancati su cui si affacciano basiliche, luoghi di culto, sedi di riunioni e numerosi altri ambienti. Accanto era il foro, di cui si conservano soprattutto il lato nord, caratterizzato dalla presenza di una basilica dalla forma assai allungata, e il lato est, con una fila di numerosi monumenti onorari. La città romana ebbe tuttavia anche un fortissimo sviluppo al di fuori delle mura, in direzione nord. L’anfiteatro, del II sec. d.C., era un edificio non grande (la capienza si calcola in circa 5000 spettatori), ma ben attrezzato: alto muro divisorio fra arena e cavea, cancelli per l’ingresso dei gladiatori, bacino sotterraneo al centro dell’arena. Era annesso, inoltre, un sacello di Nemesi. In questa stessa area extraurbana erano anche almeno altri due complessi monumentali piuttosto peculiari. Il maggiore era un Asklepieion, individuato come tale anche da numerose dediche a Asclepio e Igea: ebbe varie fasi costruttive e comprendeva numerosi edifici di culto, fontane, altari. Singolare, fra l’altro, la presenza di un tempietto quadrato paragonabile a un fanum gallo-romano, altrove del tutto sconosciuto in area dacica. Di conformazione insolita anche il non lontano santuario di Liber Pater: il tempio era distilo; sui fianchi si innestava una galleria, che lo raccordava agli altri bracci del portico che delimitava l’area sacra antistante. Altri templi ancora, fra cui uno dedicato a Silvano, completavano uno spazio sacro, fuori le mura, decisamente straordinario; sempre fuori della città, ma a est, è un mausoleo del III sec. d.C., a pianta circolare, dedicato alla gens Aurelia.
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