Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
È nel corso del Quattrocento che vengono gettate le basi per la grande impresa di Colombo alla fine del secolo. Il Portogallo e la Spagna sono i Paesi europei meglio dotati di altri dei requisiti per le spedizioni navali e le scoperte geografiche: possiedono la base economico-organizzativa, cioè soprattutto la disponibilità di capitali; quella tecnologica, cioè la caravella; la teoria e strumenti geografici più avanzati. Mentre la linea di espansione portoghese tende alla circumnavigazione dell’Africa per raggiungere le coste asiatiche, ricche di spezie, la linea di espansione spagnola si volge alla scoperta e alla conquista di nuove terre per sviluppare un impero euroafricano. Alla fine del Quattrocento l’Europa è pronta per la scoperta del Nuovo Mondo.
I presupposti delle esplorazioni transoceaniche
Fin dal primo Quattrocento esistono presupposti, spinte, motivazioni per le esplorazioni transoceaniche, soprattutto in Portogallo e Spagna: la base economico-organizzativa, la base tecnologica, lo sviluppo della teoria e degli strumenti geografici sono i più importanti.
Finanza, assicurazioni, rapporti di cooperazione tra operatori economici e geografi preparano il terreno per le spedizioni navali. Il Portogallo può contare sulla disponibilità di capitali dei mercanti italiani. Ma anche in Andalusia sorgono fondazioni commerciali a opera di Fiorentini, Pisani, Genovesi. La spinta finanziaria e commerciale è fondamentale per dar vita alle esplorazioni transoceaniche.
Alla metà del secolo XV è pronta la base tecnologica per l’espansione portoghese: la caravella, una nave equipaggiata con vele latine, si afferma nell’uso comune. È un’imbarcazione di piccole dimensioni (30-40 tonnellate), molto più manovrabile e adatta a tenere il mare rispetto alle galee. Ha tre alberi, due grandi vele quadrate, che raccolgono il vento e la spingono in avanti, e una triangolare, che la fa ruotare rapidamente. Può portare una maggiore quantità di provviste anche perché richiede un equipaggio ridotto; può navigare lontano dalle coste e rimanere in mare per lungo tempo.
Ancora: lo sviluppo della teoria e della tecnica geografiche. A metà del Quattrocento si avvertono i primi sintomi di una revisione, di una messa in discussione della mappa tolemaica del mondo. Già un geografo, il greco Strabone, aveva sostenuto l’idea che l’Africa potesse essere circumnavigata. Una mappa del mondo disegnata nel 1459 dal monaco veneziano fra’ Mauro mostra che il continente africano appare circumnavigabile.
Anche gli strumenti per la navigazione si affinano. La Spagna possiede già la bussola; altri Paesi hanno mezzi per misurare la latitudine, come il quadrante nautico.
L’espansione portoghese
Già nella prima metà del secolo i Portoghesi si spingono verso le coste e le regioni settentrionali dell’Africa: sono Veneziani e Genovesi al servizio della corona portoghese. Nel 1445 vengono scoperte le isole di Capo Verde. Nel 1456 il veneziano Alvise Ca’ da Mosto e il genovese Antoniotto Usodimare raggiungono la foce del fiume Gambia. Aprire la via per mare verso l’Oriente, circumnavigare l’Africa per raggiungere l’Oceano Indiano, l’Asia, e controllare il traffico delle spezie: è questa l’avventura affrontata dai Portoghesi nella seconda metà del Quattrocento.
Negli anni Settanta inizia una serie di viaggi di esplorazione in Guinea. Tra il 1482 e il 1487 Diogo Cão , dopo aver attraversato il Congo, raggiunge l’Africa sud -occidentale.
Infine nel 1487 Bartolomeo Diaz apre ai Portoghesi la via dell’Oceano Indiano, doppia la punta meridionale del continente, che prenderà il nome di Capo di Buona Speranza, risale per la costa orientale dell’Africa fino alla Somalia, passando poi dalla penisola arabica e dalle coste persiane e afghane. L’Africa è circumnavigata: è aperta una nuova via oceanica verso l’Oriente. Dovunque si costruiscono fortini, si fondano stazioni commerciali i cui resti sono ancora oggi visibili.
L’espansione portoghese nel continente africano è una sintesi di esplorazione e commercio, compiuta senza una programmazione precisa, ma che, nel corso di un secolo, consente lo sfruttamento di enormi risorse: gli schiavi (è del 1441 il primo carico di schiavi neri di cui si ha conoscenza), l’oro della Guinea, l’avorio, il cotone, il pepe, lo zucchero. Sostenuta da capitali italiani ed ebraici e affidata agli schiavi importati dalle stazioni commerciali africane, la coltivazione dello zucchero diventa un’attività economica di primaria importanza.
Fin dall’origine l’impero coloniale portoghese in Africa mostra due limiti che avrebbero sensibilmente inciso sul suo sviluppo: la difficoltà da parte dello Stato di gestire razionalmente le risorse commerciali e coloniali; la forte dipendenza dai mercanti stranieri, soprattutto italiani, successivamente fiamminghi e tedeschi. Si delinea cioè la formazione di un impero coloniale non autosostenuto, ma sensibilmente dipendente dal grande capitale straniero.
I problemi giuridici dell’espansione
L’espansione portoghese lungo le coste dell’Atlantico meridionale e in Africa utilizza strumenti per la penetrazione e la conquista che pongono importanti problemi di natura giuridica. La loro soluzione costituirà un precedente e un modello per la futura colonizzazione spagnola.
Si sostiene la liceità della guerra per difendere ed estendere il dominio della cristianità. Ma come giustificare la conquista delle terre e l’assoggettamento delle popolazioni africane? I giuristi inventano la formula della terra nullius, dal latino “terra di nessuno”, non sottoposta ad alcuna signoria, disabitata o abitata da selvaggi senza ordinamenti né leggi civili. Di qui la possibilità di imporre la signoria portoghese sui territori africani con il semplice atto della scoperta e dell’occupazione.
Si tratta di un principio di legittimazione giuridica della conquista che caratterizzerà i comportamenti del primo colonialismo europeo. Esso sarà largamente dibattuto e servirà a distinguere nettamente l’espansione delle potenze in Europa dalle conquiste extraeuropee. Se le terre d’oltremare saranno considerate terre di pura conquista, prive di riconoscimento giuridico, la sottomissione dei Paesi europei nel Cinquecento, a opera di potenze imperiali come la Spagna, avrà necessità di altri titoli di giustificazione e legittimazione: la successione ereditaria da parte di un sovrano dinastico, la politica matrimoniale, la vittoria militare. E, in ogni caso, a ognuno dei possedimenti europei da parte della potenza dominante sarà riconosciuto il rispetto degli ordinamenti, delle leggi, delle consuetudini del Paese, costitutive di una vera civiltà giuridica.
L’espansione spagnola
All’origine dell’espansione spagnola prima di Cristoforo Colombo è l’occupazione castigliana delle isole Canarie. È opinione comune degli storici che l’occupazione castigliana delle Canarie abbia un valore inestimabile come presupposto per attraversare l’oceano alla volta dell’America e sia la base dei quattro viaggi di Colombo.
La colonizzazione dell’arcipelago delle Canarie è portata a termine tra il 1477 e il 1479, anno in cui viene siglato il trattato di Alcaçovas tra Portogallo e Spagna. Esso segna la prima tappa della divisione e della spartizione del globo: in base a esso il Portogallo accetta di riconoscere i diritti castigliani sulle Canarie e la Spagna riconosce i titoli portoghesi su altre isole dell’Atlantico e sulle coste africane a sud di Capo Bojador.
Il principio che giustifica l’occupazione dei territori è la fede, la guerra contro gli infedeli. È anche stabilito un principio destinato a essere applicato successivamente nella colonizzazione americana: la regina Isabella di Castiglia si riserva i diritti di sovranità sulle Canarie, nomina governatori, concede ai capitani e agli artefici della conquista il potere di effettuare repartimientos, cioè divisioni dei bottini di guerra e delle cariche pubbliche, ma mantiene il diritto di controllo e di revoca delle funzioni politiche concesse a governatori e capitani.
In definitiva, la legittimità giuridica di qualsiasi spedizione verso l’esplorazione e la conquista di nuove terre d’oltremare è nel potere pubblico.
Un’esperienza europea
Verso la fine del XV secolo sia il Portogallo, sia la Spagna hanno ormai accumulato un’esperienza considerevole nel campo delle imprese d’oltremare, perché entrambi dotati di basi organizzative e tecnologiche, di uomini disposti ad affrontare i rischi delle spedizioni per migliorare le proprie condizioni economiche e sociali, di quello spirito di crociata che tanta parte ha nella logica della scoperta e della conquista.
Più fragile dal punto di vista economico, sociale e politico, con una base demografica ristretta, il Portogallo riesce tuttavia, grazie soprattutto al re Giovanni II, a rafforzare l’autorità statale, a reprimere le spinte della grande nobiltà, a sfruttare, attraverso una politica monopolistica, le risorse d’oltremare. Se l’interesse del Portogallo è soprattutto orientato verso l’Asia, la politica mediterranea della Spagna spinge a privilegiare la costruzione di un impero euroafricano.
Ma l’esperienza della scoperta e della conquista sia prima sia dopo Colombo non può essere ridotta solo al ruolo dei due Paesi protagonisti, Portogallo e Spagna. Essa è un’esperienza storica europea, nel senso che coinvolge energie economiche, sociali, politiche e culturali di molte aree del Vecchio Continente. Basti pensare alla comunità di uomini d’affari che qualcuno ha chiamato “repubblica internazionale del denaro”: essa riconosce come unico vero sovrano l’accumulazione della ricchezza e partecipa perciò in larga misura, finanziandole, alle spedizioni transoceaniche. Basti pensare all’universo composito degli uomini al seguito degli scopritori e dei conquistatori, non solo spagnoli e portoghesi. E poi è tutta la civiltà dell’umanesimo e del primo Rinascimento a essere interessata a vario titolo alle spedizioni con le più disparate discipline: la teologia, la filosofia, l’arte, il diritto.
Alla fine del Quattrocento Leonardo da Vinci rappresenta frontalmente il paesaggio, si innalza nello spazio celeste e descrive il panorama della veduta a volo d’uccello. Quindi, sollevandosi ancora, offre la mappa dettagliata di un’intera regione. Anche l’arte, dunque, educa a ripensare lo spazio. Il pittore mette in grado le donne e gli uomini del suo tempo di proiettare la fantasia di là dai confini del quadro, di là dal visibile verso ciò che si può solo ipotizzare. Allo stesso modo donne e uomini possono essere spinti fuori dalla parte nota della carta geografica e considerare conoscibili le regioni ancora inesplorate.
Sono maturi i tempi per la scoperta del Nuovo Mondo, con tutte le conseguenze che ciò determinerà non solo dal punto di vista economico-sociale, delle relazioni internazionali, ma anche della cultura e della mentalità collettive.