Le vie, i luoghi, i mezzi di scambio e di contatto. Egitto e Vicino Oriente
La conoscenza delle vie di comunicazione nel Vicino Oriente, ma anche del Medio Oriente, di età preclassica è condizionata dalla natura della documentazione disponibile (archeologica e testuale) e assume due aspetti sostanzialmente diversi. La ricostruzione generale delle direttrici viarie si effettua sulla base della diffusione di oggetti e materiali di origine accertata, nonché su dati testuali relativi ai Paesi di origine di determinate merci. Invece l'effettivo recupero di resti di strade è piuttosto limitato per la modestia degli interventi di sistemazione artificiale delle strade stesse (in rapporto allo sviluppo tecnologico dei vari periodi). A metà tra questi due aspetti si pongono notizie testuali circostanziate (del genere degli "itinerari") che documentano precise tappe nell'ambito di più lunghi percorsi.
Le vie di comunicazione sono condizionate e diversificate dall'intreccio di tre fattori fondamentali: un fattore ecologico relativo alla percorribilità del territorio (ben diversa in zone di alluvio, di steppa arida, di montagna) e alla presenza di vie d'acqua; un fattore tecnologico relativo alla messa a punto di mezzi di trasporto (terrestri o fluviali-marittimi) e alla sistemazione artificiale dei percorsi; un fattore merceologico relativo alla convenienza di trasportare determinate merci su lunghe distanze. Nelle grandi vallate alluvionali (Egitto, Mesopotamia, Indo) le comunicazioni sono agevoli per la generale percorribilità del terreno e per la presenza di vie d'acqua. Fiumi e canali consentono il trasporto anche di materiali ingombranti (raccolti cerealicoli) altrimenti intrasportabili. Il denso insediamento urbano assicura protezione e vettovagliamento a viaggiatori e convogli. In particolare il Nilo è percorribile da Elefantina al mare, sia da sud a nord sfruttando la corrente, sia contro corrente sfruttando i prevalenti venti settentrionali. A monte di Elefantina e fino in Nubia la navigazione contro corrente diventa impossibile, la presenza di cinque cateratte rende infatti necessari trasbordi, e quella di due enormi anse rende più conveniente tagliare per vie carovaniere terrestri. In Mesopotamia la navigazione di Eufrate e Tigri è agevole solo secondo corrente e in senso inverso occorre ricorrere al trasporto animale. Nella parte terminale (come nel Delta del Nilo) la modestia della corrente e la presenza di canali, anche trasversali, rendono possibile il ricorso al remo o alla trazione animale lungo gli argini. Le comunicazioni marittime sono piuttosto marginali in ottica vicino- e medio-orientale, almeno nelle fasi più antiche. In progresso di tempo acquistano però maggiore rilevanza, sia nel Mediterraneo orientale (tra Delta del Nilo, Levante, Cipro ed Egeo) sia nel Golfo Persico (con centro a Dilmun-Bahrein) e nell'Oceano Indiano (tra Arabia e costa indiana) a regime monsonico; assai meno nel Mar Rosso. Nelle zone semiaride (deserti a occidente e oriente del Nilo, Nubia, deserto siro-arabico e poi tutta la Penisola Arabica, Iran centrale, parte della Turkmenia), la natura accidentata (attraversamento di widyān) rende preferibile il trasporto animale (asini, cammelli) a quello su ruota. Ma la difficoltà maggiore consiste nell'assenza o rarefazione degli insediamenti e dunque di vettovagliamento e protezione. Sono i punti di abbeveraggio (pozzi, oasi) a determinare la rete viaria e la possibilità stessa di attraversamento. In particolare la rete carovaniera della Penisola Arabica, imperniata sulla grande direttrice che unisce lo Yemen alla Transgiordania, si costituirà solo di concerto alla messa a punto di strumenti tecnici adeguati (domesticazione del cammello o del dromedario, scavo di pozzi profondi). Anche nelle zone montane il trasporto animale (asini, poi muli, cavalli, cammelli) è l'unico praticabile. Mentre la disponibilità di acqua e cibo è adeguata, le difficoltà vengono dagli ostacoli naturali. La rete viaria è dunque condizionata dalla presenza di guadi fluviali e di passi montani. In particolare la disposizione trasversale (da nord-ovest a sud-est) degli Zagros ostacola le comunicazioni tra Mesopotamia e Iran, che si accentrano sulla "via del Khorasan" da Babilonia ad Ecbatana e oltre. Freddo e innevamento producono anche una netta stagionalità dei percorsi montani, impraticabili d'inverno. La stagionalità si estende alle piane non alluvionali (Alta Mesopotamia, Siria) non solo per ragioni atmosferiche, ma anche di approvvigionamento, almeno per il passaggio di eserciti e di grandi carovane. Alcuni percorsi sono misti e richiedono trasbordi e riconversioni che avvengono in porti (marittimi e fluviali). Ad esempio il percorso dal Basso Egitto a Punt avviene dapprima per via fluviale risalendo il Nilo sino a Coptos; poi per carovaniera (Wadi Hammamat) da Coptos al porto di Qusair; quindi per via marittima lungo la costa del Mar Rosso. I porti della costa siro-palestinese sono sostanzialmente punti di interfaccia tra il commercio marittimo mediterraneo e quello terrestre asiatico. I porti del Golfo Persico (specialmente Dilmun-Bahrein) e del Gujarat (Lothal) svolgono analoga funzione tra i sistemi terrestri della Mesopotamia, Khuzistan, Arabia orientale, valle dell'Indo e il sistema marittimo dell'Oceano Indiano.
Neolitico e Calcolitico - Nelle fasi preistoriche il sistema di comunicazioni è semplicemente una rete di tragitti che uniscono gli insediamenti e certe fonti di risorse. In particolare è stata ricostruita la rete del commercio dell'ossidiana che deriva da poche e riconoscibili località; meno precise sono le reti di diffusione di altre pietre dure (prevalentemente iraniche), di conchiglie marine, di particolari classi di manufatti. Per tutto il Neolitico non risultano particolari interventi umani a sistemazione dei percorsi viari. I tratti maggiormente frequentati erano senza dubbio i tratturi della transumanza "verticale" tra i pascoli estivi sulle alteterre anatoliche, transcaucasiche, iraniche e i bassopiani circostanti. Col Calcolitico iniziano le sistemazioni artificiali a seguito dello sviluppo della navigazione fluviale (specialmente attestata per l'Egitto delle fasi di Naqada I-II), che utilizza le prime reti di canali (Bassa Mesopotamia della fase Ubaid), e a seguito dell'introduzione del trasporto su ruota (carri a quattro ruote per il trasporto dei prodotti agricoli). Il traffico di lunga distanza resta affidato a carovane di asini.
L'età del Bronzo - Col Bronzo Antico (3000-2000 a.C. ca.) sono archeologicamente documentate in Alta Mesopotamia le prime reti viarie, sia locali irradianti dai centri urbani alla campagna circostante, sia di attraversamento regionale. Alla metà del III millennio si hanno le prime attestazioni testuali di commercio a lunga distanza che acquista evidenza in iscrizioni reali mesopotamiche (dinastia di Accad) ed egiziane (VI Din., biografia di Uni). Si introduce il motivo letterario dell'apertura della nuova via, mai frequentata dai re precedenti (ANET, 268; ARE, I, 334-36; per periodi posteriori: ARE, III, 206-207, 466-67) con l'accesso diretto a Paesi lontani ovvero con afflusso di beni dalla periferia (Gudea: ANET, 269). La documentazione amministrativa del commercio (testi di Ebla) rende implicita l'esistenza di percorsi viari consolidati, ma non fornisce notizie esplicite al riguardo. La navigazione nel Golfo Persico è già ben documentata, mentre per il Mediterraneo si hanno solo indizi archeologici. È solo con la fine del III millennio (III Din. di Ur) che si hanno precise attestazioni di un'organizzazione e sistemazione della strada e dei punti di sosta e vettovagliamento (Shulgi: ANET, 585) che implicano un'assunzione di responsabilità da parte dell'autorità statale sul buon andamento dei transiti. Emerge il motivo letterario della via abbandonata e ricoperta di erbacce quale sintomo di disordine politico. Nella stessa epoca in Egitto (XII Din.) iniziano precise attestazioni dell'organizzazione di carovane da parte del Palazzo, con protezione armata e reperimento di punti d'acqua (ARE, I, 430-61, 447, 451, 456) e si costruiscono strutture artificiali per aggirare le cateratte (canale a Elefantina, scivolo di fango a Mirgissa). Col Medio Bronzo (2000-1600 a.C. ca.) si hanno i primi testi del genere "itinerari": il percorso dalla Bassa Mesopotamia alla Siria è scandito in tappe di circa 30 km. I testi paleoassiri di Kültepe e quelli paleobabilonesi di Mari permettono di ricostruire itinerari di fatto, sia nel percorso tra Assiria e Cappadocia (impostato sul guado dell'Eufrate presso Samsat e sullo scavalcamento del Tauro) sia nei percorsi tra Alta Mesopotamia e Siria (anche con attraversamento diretto nel deserto di Palmira). Si avevano carovane di centinaia di asini e ciascun asino portava un carico di 90 kg circa. Col Tardo Bronzo (1600-1200 a.C.) si introduce il carro leggero a due ruote che percorre anche tratti montani e può essere smontato e trasportato a braccia. Verso la fine del periodo si inizia ad usare il cavallo per viaggi rapidi. Si sviluppa la navigazione nel Mar Rosso (Hatshepsut: ARE, II, 257, 294) e soprattutto nel Mediterraneo orientale con rotte segnate da dati testuali, dai naufragi di Capo Gelydonia e di Kaş, dalla distribuzione dei cosiddetti lingotti ox-hide ("a pelle di bue") di rame cipriota e delle ancore di pietra con foro di sospensione. La navigazione ad est del Golfo Persico entra probabilmente in crisi dopo il collasso della civiltà dell'Indo. Sulle reti stradali terrestri si hanno dati egiziani per la fascia siro-palestinese (Annali di Thutmosis III; Papiro Anastasi I: ANET, 475-79) e dati hittiti per l'Anatolia di più difficile ricollocazione sul terreno. Un itinerario medioassiro scandisce le tappe di un percorso in Alta Mesopotamia. Un rilievo di Seti I descrive e illustra la "via di Horus" che collega il Delta alla Palestina; l'accesso alle miniere nubiane è agevolato dallo scavo di pozzi (ARE, III, 170-98, 286-93).
L'età del Ferro - Con l'età del Ferro I-II (1200-750 a.C.) intervengono importanti innovazioni tecniche e sociopolitiche che aprono più ampi spazi alle comunicazioni sia marittime sia continentali. L'impiego del dromedario e lo scavo di pozzi più profondi rendono percorribile la rete carovaniera della Penisola Arabica, imperniata sulla grande direttrice che dallo Yemen risale fino alla Transgiordania e al medio Eufrate. Carovane di centinaia di dromedari, città carovaniere, oasi con pozzi e cisterne costellano la Penisola Arabica che fino all'età del Bronzo era rimasta non certo spopolata, ma storicamente piuttosto marginale. Posti di sosta attrezzati e protetti vengono edificati dagli Stati sedentari ai margini del loro territorio e più diffusamente dalle stesse tribù nomadi nel deserto. Cambiano ruolo e atteggiamento delle tribù nomadi, che da elemento di disturbo nei collegamenti palatini diventano ora esse stesse protagoniste dei traffici. Nei percorsi montani si hanno sempre più frequenti attestazioni (iscrizioni reali assire: ARI, I, 773; II, 13, 30, 216; ARAB, I, 604, ecc.) di sistemazioni artificiali dei passaggi difficili, con uso dei nuovi attrezzi di ferro per tagliare la roccia e con la costruzione di fortezze e muri a controllare i passi montani. Sull'altopiano iranico e in Asia Centrale il cammello apre alla frequentazione i deserti centrali e del Baluchistan e diviene protagonista nel sistema carovaniero che integra il tracciato della vecchia via del Khorasan in quello più complesso della Via della Seta congiungendo il Vicino Oriente alla Cina. Analogo ampliamento e intensificazione si riscontrano nelle comunicazioni marittime. Nell'Oceano Indiano la comprensione del regime monsonico di venti che facilitano la navigazione stagionale tra Golfo Persico e costa indiana è implicita nei collegamenti esistenti sin dal III millennio; anche se la cronologia di tale acquisizione non è ben accertata, essa è certo assai anteriore all'età classica quando i naviganti greci non fecero che recepirla da quelli locali. Nel Mediterraneo il grande sviluppo della navigazione fenicia e poi greca deve essere collegato ad un nuovo rapporto tra chiglia e velatura per la navigazione contro vento. La navigazione del Mar Rosso (attestata da Ramesse I a Salomone) entra in crisi per l'affermarsi della parallela carovaniera sud-arabica.
L'età degli imperi - Lo sviluppo degli imperi neoassiro (750- 612 a.C.), neobabilonese e medo (612-550 a.C.) e persiano (550-330 a.C.) conferisce organicità e ulteriore sviluppo alle innovazioni dell'età del Ferro. Si moltiplicano gli accenni a sistemazioni artificiali dei tratti più impervi e all'installazione di stazioni di controllo e supporto (ad es., l'VIII campagna di Sargon II). L'unificazione dell'autorità politica porta all'unificazione gestionale del sistema viario. La cosiddetta "via regia" è una struttura di comunicazione curata dall'impero, con posti tappa e cambio dei cavalli per i messaggeri veloci (ma per altro verso utilizzabili anche da carovane più grandi e lente) e sotto la protezione militare centrale. Nell'impero assiro esistono già diverse vie regie (come la via trasversale dell'Alta Mesopotamia, da Ninive a Karkemish o la via interna della Transgiordania). Nell'impero persiano è famosa quella descritta da Erodoto (VIII, 98) che congiungeva Susa a Sardi, ma certamente ne esistevano altre altrettanto importanti: da Susa a Persepoli, da Babilonia ad Ecbatana, la "via di Semiramide" di Diodoro (II, 13, 5) ed oltre. Le vie regie erano ovviamente scandite in tappe distanziate in modo omogeneo, sicché una loro descrizione ad itinerario ne implicava anche un'approssimativa misurazione, come per gli itinerari neoassiri sul Khabur, sugli Zagros, nel Tur Abdin. All'esterno dei territori imperiali si estendevano invece vie di comunicazione non altrettanto strutturate attraverso regioni ad insediamento rarefatto che gli eserciti neoassiri cominciarono a misurare linearmente (ARAB, II, 823, Arabia; 557-59, Egitto; 537, Bazu; e v. anche il cd. "testo geografico" di Sargon). Ancora in età achemenide tale rete viaria esterna sfumava progressivamente verso l'ignoto e il pericoloso (a giudicare dallo stato delle conoscenze che Alessandro ereditò e cercò di completare) sia verso il nord scitico, sia verso l'Asia Centrale e la Via della Seta, sia attraverso la Penisola Arabica, sia oltre la Nubia verso le sorgenti del Nilo. Se l'unificazione del sistema viario terrestre (nonché fluviale) poté avvenire dall'interno, più difficile era mettere in comunicazione i vari mari per saldare il sistema marittimo. Le esplorazioni dell'età saitica e achemenide non sono che l'aspetto "scientifico" di un ampliamento della rete di comunicazioni. La circumnavigazione fenicia dell'Africa commissionata dal faraone Neco II (Hdt., IV, 42) intendeva saldare Mediterraneo e Mar Rosso; e per altro verso il taglio (persiano, ma forse già saitico, Hdt., II, 158) dell'istmo di Suez intendeva raggiungere più direttamente lo stesso scopo. La circumnavigazione della Penisola Arabica, che saldava Mar Rosso e Golfo Persico, doveva essere abituale a seguito dello sviluppo delle carovaniere sud-arabiche e della navigazione monsonica. Le esplorazioni di Alessandro per collegare l'Indo al Tigri-Eufrate non fanno che ripercorrere rotte marine e terrestri già abitualmente frequentate alla periferia orientale dell'impero persiano ed esplorate da Scilace di Carianda per conto di Dario I (Hdt., IV, 44). I dubbi sull'apertura del Mar Caspio verso l'oceano esterno mostrano che la sua estremità settentrionale era fuori dai percorsi abituali centroasiatici, che tutti flettevano verso sud attratti dai centri vicino-orientali e mediterranei.
Mentre l'esistenza di vie di comunicazione è ovvia (anche se non sempre facilmente documentabile sul piano archeologico), diverso sembra essere il caso dei luoghi di scambio. È diffusa l'opinione che lo scambio commerciale nell'antico Oriente avvenisse senza il supporto di spazi specificamente destinati ed attrezzati, in sostanza senza luoghi di mercato. In effetti mancano evidenze archeologiche vistose su luoghi di mercato, invece tipici di altre civiltà antiche. Il problema del "commercio senza mercato" è stato posto con forza soprattutto da K. Polanyi e dai suoi collaboratori e presenta una duplice valenza, istituzionale e logistica. La valenza istituzionale consiste nel ritenere che il commercio "amministrato", gestito da agenzie pubbliche (palazzo reale, tempio), tipico dell'antico Oriente, comportasse scambi secondo parametri fissi di valore, ovvero secondo modalità cerimoniali, ovvero con forte imposizione politico-militare, comunque al di fuori del meccanismo del rapporto tra domanda e offerta. La valenza logistica consiste nel ritenere che il commercio amministrato, proprio per la sua estraneità al processo di formazione dei prezzi, prescindesse dall'esistenza di luoghi fisici in cui la contrattazione potesse svolgersi. Nel corso degli studi le due valenze sono state non di rado fuse o confuse tra loro, generando alcuni equivoci. Il commercio amministrato può senza dubbio fare a meno di luoghi di mercato, ma non certo di stoccaggio e smistamento delle merci. E del resto è da escludere che tutto il commercio antico-orientale fosse gestito da agenzie pubbliche, senza intervento di gruppi mercantili familiari o privati. Per tutto il III millennio a.C. l'evidenza archeologica di luoghi di mercato sembra evanescente. Vanno in questa fase additati quali luoghi dell'organizzazione del commercio gli stessi magazzini ed uffici contabili dei palazzi e dei templi, che registrano in entrata e in uscita quantitativi e valori delle merci. È presumibile che lo scambio avvenisse in luoghi non esclusivamente preposti, ma comunque adatti allo scopo: in primo luogo le porte urbiche o anche le porte del palazzo. Con l'inizio del II millennio a.C. prende forma concreta, sia in ambito paleoassiro sia in ambito paleobabilonese, il kārum o "porto" (già citato, ma senza dettagli, nei testi di Ebla, XXIV sec. a.C.). Il kārum è una sorta di quartiere specializzato, che comprende le abitazioni dei mercanti, i loro magazzini e i luoghi di contenzioso giudiziario ed amministrativo (specie per problemi di tassazione), la bīt kārim "casa del porto", sede anche dell'organo collegiale di autogoverno (detto anch'esso kārum o genericamente puḫrum "assemblea"). Il kārum archeologicamente meglio noto è quello dei mercanti paleoassiri presso la cittadina anatolica di Kanish (odierna Kültepe), che è stato ampiamente scavato nel corso di svariati decenni. Esso è situato fuori della cinta muraria di Kanish, a segnare la sua autonomia ed estraneità alla struttura politica locale; le case dei mercanti si segnalano per la presenza di sostanziosi archivi commerciali, mentre la cultura materiale è uguale a quella locale. Analoghi "porti" sono attestati dalla documentazione scritta per diverse altre città sia dell'Anatolia sia del tratto intermedio tra Anatolia e Assiria (Alta Mesopotamia, Siria settentrionale: l'individuazione archeologica di un kārum a Shubat- Enlil è peraltro erronea). Inoltre è ben documentata l'esistenza di kārum in alcune delle principali città anche della Bassa Mesopotamia, in particolare a Sippar, la più settentrionale città babilonese a spiccata vocazione commerciale. Ad Ur, che si affacciava sulle lagune comunicanti col Golfo Persico, il "porto" era letteralmente tale, cioè luogo di trasbordo delle merci dal vettore navale a quello terrestre. Non a caso la documentazione sul kārum, sia come luogo sia come istituzione, si concentra nella prima metà del millennio, quando il commercio assume un più accentuato carattere di attività privata. Nello stesso periodo è anche attestato il "mercato" (maḫīrum) come luogo di scambio all'interno del tessuto urbano, luogo dunque dello scambio locale, della compravendita anche al minuto. Il mercato cittadino è il luogo tipico per l'erezione in pubblico, da parte del re, di stele con la tariffa dei prezzi "giusti" cui far riferimento. Nella seconda metà del II millennio la documentazione riguarda soprattutto il commercio cerimoniale tra palazzi reali e, dunque, porti e mercati entrano nell'ombra. Si può peraltro fare riferimento alla scena dipinta in una tomba tebana di Kenamun (XVIII Din.), scena presumibilmente ambientata nel Delta orientale, in cui è raffigurato lo scarico delle merci dalle navi (siriane) sul molo e la loro pesatura sul posto da parte di mercanti/acquirenti egiziani (ANEP, 111). È da presumere che analoghe scene si svolgessero anche nei porti della costa siro-palestinese, da Ashdod a Tiro, da Biblo a Ugarit. Proprio alla fine del II millennio, il racconto di Wenamun fornisce un quadro articolato del porto di Biblo e delle flottiglie commerciali ivi ancorate. Quanto al traffico terrestre, la dimensione ridotta delle carovane (di asini) dell'età del Bronzo non richiedeva più che punti di raccolta fuori delle città, e punti di sosta lungo le vie commerciali, come la Manahtu ("luogo di sosta") costruita da un re palestinese come base d'appoggio per le carovane egiziane dirette al Nord (ANET, 489). In età neoassira e neobabilonese riemerge qualche menzione del kārum, ad esempio nel vanto di Sargon II di aver aperto al commercio assiro il "porto d'Egitto" fino ad allora "sigillato", come luogo in cui Assiri ed Egiziani potessero "mescolarsi assieme" in modo da svolgere le loro transazioni commerciali (Tadmor 1958). Riemerge anche qualche notizia sul mercato cittadino, di scambio al minuto, che viene ora definito anche sūqu "strad(in)a", antecedente etimologico e fattuale del sūq arabo. Ma la maggiore innovazione dell'età del Ferro in fatto di commercio, e cioè l'adozione del cammello/dromedario quale animale da soma, porta alla costituzione di carovane molto più grosse (e dotate di maggiore autonomia nelle piste desertiche) rispetto all'età del Bronzo. Si viene a costituire pertanto il tipo della "città carovaniera", specificamente attrezzata per la gestione del commercio su lunga distanza. Il fenomeno interessa sin dall'inizio del I millennio a.C. la Penisola Arabica: dalle città sud-arabiche dello Yemen e dello Hadramaut, attraverso le città nord-arabiche dello Higiaz (tra cui spicca Teima), e fino ai terminali settentrionali sulla costa (Gaza) e nell'interno della Transgiordania e della Siria. Con la metà del I millennio a.C. il sistema si espande anche nell'area sahariana, con la costituzione di una serie di oasi carovaniere che collegano la valle del Nilo a quella del Niger, attraverso il Fezzan dei Garamanti.
Per la storia delle tecniche:
Ch. Singer et al. (edd.), A History of Technology, I, Oxford 1954 (trad. it. Torino 1966², pp. 715-56); R.J. Forbes, Studies in Ancient Technology, II, Leiden 1955, pp. 126-86.
Mezzi di trasporto:
M.A. Littauer - J.H. Crouwel, Wheeled Vehicles and Ridden Animals in the Ancient Near East, Leiden - Köln 1979; R.W. Bulliet, The Camel and the Wheel, New York 1990.
Concetto di strada:
P. Garelli, La notion de route dans les textes, in RA, 52 (1958), pp. 117-27; A. Tourovetz, De l'espace libre à la rue, in Archaeologia iranica et orientalis in honorem Louis Vanden Berghe, I, Gent 1989, pp. 49-66.
Rete stradale:
E. Herzfeld, The Highway System in the Near East from 2000 B.C. to 500 B.C., in J. Labatut - W.J. Lane (edd.), Highways in our National Life, Princeton 1950, pp. 110-15.
Vie cerimoniali:
W. Andrae, Alte Feststrassen in Nähen Orient, Leipzig 1941. Strade del Bronzo Antico: T. Wilkinson, The Development of Settlement in the North Jazira between the 7th and 1st millennia B.C., in Iraq, 52 (1990), pp. 49-62.
Itinerari paleobabilonesi:
A. Goetze, An Old Babylonian Itinerary, in JCunSt, 7 (1953), pp. 51-68; W. Hallo, The Road to Emar, ibid., 18 (1964), pp. 57-88; - paleoassiri: Kh. Nashef, Rekonstruktion der Reiserouten zur Zeit der altassyrischen Handelsniederlassungen, Wiesbaden 1987; - di Mari: P. Villard, Un roi de Mari à Ugarit, in UgaritF, 18 (1986), pp. 387- 412; F. Joannès, Une mission secrète à Eshnunna, in La circulation des biens, des personnes et des idées dans le Proche-Orient ancien, Paris 1992, pp. 185- 93; - egiziani: A.H. Gardiner, The Ancient Military Road between Egypt and Palestine, in JEA, 6 (1920), pp. 99-116; D.B. Redford, A Bronze Age Itinerary in Transjordan, in JSSE, 12 (1982), pp. 55-74.
Raffigurazione cartografica:
G. Goyon, Le papyrus de Turin dit "des mines d'or" et le Wadi Hammamat, in ASAE, 49 (1949), pp. 337-92; - medioassiri:W. Röllig, Ein Itinerar aus Dur-Katlimmu, in DaM, 1 (1983), pp. 279-84; - neoassiri: K. Kessler, Untersuchungen zur historischen Topographie Nordmesopotamiens, Wiesbaden 1980, pp. 27-78. H. Kühne, Zur Rekonstruktion der Feldzüge Adad-nirari II, Tukulti-Ninurta II. und Assurnasirpal II. im Habur-Gebiet, in BaM, 11 (1980), pp. 44-70; L. Levine, The Zamua Itinerary, in SAAB, 3 (1989), pp. 75-92.
Via regia achemenide:
J. Seibert, Die Eroberung des Perserreiches durch Alexander den Grossen auf kartographischen Grundlage, Wiesbaden 1985, pp. 15-27; H. Koch, Die achämenidische Poststrasse von Persepolis nach Susa, in AMI, 19 (1986), pp. 133-47.
Navigazione fluviale:
J. Goyon, Transports par voie d'eau et organisation étatique dans la vallée du Nil à l'époque pharaonique, in L'homme et l'eau, III, Lyon 1986, pp. 51-64; M. Fales, River Transport in Neo-Assyrian Letters, in Shulmu, 4 (1993), pp. 79-92; - nel Mar Rosso: K.A. Kitchen, Punt, and How to Get there, in Orientalia, 40 (1971), pp. 184-207.
Golfo Persico - età protostorica: S. Ratnagar, Encounters. The Westerly Trade of the Harappa Civilization, Oxford 1981; M. Tosi, Early Maritime Cultures of the Arabian Gulf and the Indian Ocean, in H. Al Kholifa - M. Rice (edd.), Bahrain through the Ages, London 1986, pp. 94-107; - età achemenide: H. Schiwek, Der Persische Golf als Schiffahrts- und Seehandelsroute in achämenidsicher Zeit, in BJb, 162 (1962), pp. 4-97; A. Peretti, Il periplo di Scilace, Pisa 1979; L. Casson, The Periplus Maris Erythraei, Princeton 1989.
Sul commercio senza mercato:
K. Polanyi, Trade and Market in the Early Empires, Glencoe 1957, pp. 12-26. Sul kārum e aspetti ad esso collegati: H. Tadmor, The Campaigns of Sargon II of Assur, in JCunSt, 12 (1958), p. 34; R. Harris, Ancient Sippar, Istanbul 1975; M.T. Larsen, The Old Assyrian City State and its Colonies, Copenhagen 1976.
Sul mercato: W. Röllig, Der altmesopotamische Markt, in Welt des Orients, 8 (1976), pp. 286-95. Sulle prime carovaniere sahariane: M. Liverani, The Libyan Caravan Road in Herodotus IV. 181-186, in JESHO, 20 (2000, c.s.).