Le vie, i luoghi, i mezzi di scambio e di contatto. Estremo Oriente
Lo studio delle vie di comunicazione e di scambio nelle regioni dell'antica Asia Estrema è ancora, per larga parte, impresa che aspetta di essere affrontata dalle scienze storiche e archeologiche. Tale ritardo è, soprattutto, dovuto ad una complessa serie di ragioni storiche e politiche che attengono allo sviluppo degli studi e che non sarebbe ragionevole in questa sede ricordare, neppure per somme linee. Come in ogni altra parte della Terra, ovunque la natura non abbia interposto insormontabili ostacoli, da quando la morfologia del territorio, subito dopo l'ultima glaciazione o, comunque, intorno a 14.000-12.000 anni fa, iniziò lentamente ad assumere le caratteristiche che noi oggi conosciamo, là è ragionevole pensare che l'uomo possa aver gradatamente sviluppato attività economiche e processi di crescita sociale che lo portarono a riconoscere nelle valli fluviali, nei passi intermontani, nelle catene di oasi lungo i margini dei deserti o in quelle delle isole raggiungibili con mezzi apparentemente primitivi, le vie preferenziali di spostamento, di comunicazione con esseri della propria specie o di espansione delle proprie attività di sussistenza.
La rapida diffusione della coltivazione del miglio e del riso, all'incirca tra l'8000 e il 6000 a.C., l'uno nei territori loessici che gravitano intorno alla valle del Fiume Giallo e dei suoi affluenti, l'altro nella media e bassa valle dello Yangtze, è evidenza inequivocabile del ruolo svolto da quelle valli fluviali nella diffusione di un nuovo modus vivendi e, verosimilmente, nell'espansione dei gruppi di protoagricoltori neolitici. Tuttavia, una chiara manifestazione archeologica dell'esistenza di contatti interregionali tra le diverse culture neolitiche dell'Asia estrema è ravvisabile solo a partire dal IV millennio a.C. con la formazione, matura nel III millennio a.C., di diverse sfere di interazione culturale attraverso le quali elementi della cultura materiale, e spesso anche della sfera ideologica, propri di una regione, vennero trasmessi, o scambiati, nei territori limitrofi. Nell'ambito della sfera di interazione cinese (Chang 1986) il sistema idrografico costituito da assi principali disposti da ovest verso est (Fiume Giallo, Yangtze, Fiume delle Perle), verso i quali convergono i sistemi di affluenti per la maggior parte disposti in senso nord-sud e sud-nord, fornirono il reticolo del circuito orientale, mentre ad ovest le alte valli dello Yangtze e del Fiume Giallo parteciparono, prima di disporre il proprio corso verso oriente, al circuito occidentale attraverso il sistema di valli intermontane che, dall'Himalaya, piegano verso sud a formare la spina dorsale dell'Asia sudorientale portando l'acqua dei suoi principali fiumi. Nella Cina nord-orientale la valle del Fiume Liao, con la rete dei suoi affluenti, sembra aver svolto il ruolo di raccordo tra la sfera di interazione cinese e quella che deve aver legato le culture della Siberia sud-orientale, della Manciuria, della Corea e dell'arcipelago giapponese, quest'ultimo per altro partecipe di un circuito marittimo (reso possibile dal gioco fra correnti calde meridionali, correnti fredde settentrionali e venti stagionali), visibile in particolare dal II-I millennio a.C., che sembra aver toccato il Golfo di Bohai, le coste della Cina sud-orientale e, probabilmente, gli arcipelaghi che si affacciano sul Mar della Cina meridionale. Tornando ancora nella porzione occidentale della sfera d'interazione cinese, nel corso del III millennio a.C., il Corridoio del Gansu (anche detto della Zungaria) è da ritenere la via principale dei contatti da e verso le culture delle oasi d'Asia centrale, da cui, attraverso la cultura Qijia del Gansu-Qinghai (ca. 2500-1800 a.C.), nel cui ambito si evidenziano i germi delle economie pastorali, potrebbe essere stata trasmessa alle culture tardo Longshan della valle del Fiume Giallo la conoscenza della metallurgia. L'archeologia dell'età del Bronzo nell'Asia Estrema, sebbene dominata per quasi l'intero Novecento dalle ricerche sulla dinastia Shang (ca. 1570-1050/1045 a.C.), ha scoperto sullo scorcio del secolo nuove evidenze relative a fasi culturali pre- Shang, caratterizzate dalla fusione di bronzo, e nuove, inaspettate, culture che parteciparono delle stesse conoscenze pirotecnologiche. L'evidenza di vie di scambio attive dall'inizio del II millennio a.C. è nei dati archeologici attualmente a disposizione, ma ancora quei dati non sono stati del tutto elaborati. Nel sito di Erlitou (Prov. di Henan), i corredi funerari dei livelli della prima età del Bronzo (ca. 1800-1500 a.C.) hanno restituito pettorali di bronzo con decorazione a castoni di turchese, pietra, quest'ultima, verosimilmente importata da Occidente, forse dal Qinghai; parimenti tra gli strumenti rituali rinvenuti nelle sepolture compare un tipo di utensile di "giada", detto yazhang, che sarà utilizzato, dall'élite Shang ma non solo, nel corso dell'intero II millennio a.C. come simbolo di status, con una distribuzione che, passando per le odierne province di Sichuan e di Yunnan, arriva fino ad Hong Kong e alla valle del Fiume Rosso nel Vietnam settentrionale. Non sappiamo se si tratta di un manufatto la cui produzione era controllata dai centri rituali e protourbani della valle del Fiume Giallo, se fosse scambiato o donato, ed eventualmente attraverso quali vie e quali meccanismi, se fosse prodotto indipendentemente da altri centri rituali di altre culture per imitare i simboli ideologici di una cultura forse ritenuta superiore. Quel che ci appare certo è che da circa il 1500 a.C. la cultura Shang, con una società strutturata ad un livello di complessità di tipo statale, quale ci appare nel centro politico-rituale cinto da mura a Erligang, presso Zhengzhou (Prov. di Henan), era in diretto contatto con culture diverse attraverso due principali meccanismi: il distaccamento dal proprio tessuto sociale di nuclei socioculturali autosufficienti, capaci di sopravvivere autonomamente in territori alieni (ad es., nella media valle dello Yangtze; una sorta di colonizzazione che ricorda i modi di quella delle colonie greche nella Magna Grecia), e lo scambio di materie prime e prodotti finiti. Ambedue i meccanismi, ci sembra, avvennero preferenzialmente seguendo le principali valli fluviali afferenti al bacino di drenaggio del Fiume Giallo. I rinvenimenti archeologici in siti Shang riferibili all'epoca dell'ultima capitale Yin, presso Anyang (Prov. di Henan; ca. 1300-1050/1045 a.C.), corroborati dalle iscrizioni (nessuna delle quali può essere considerata relativa ad una transazione economica) su ossa oracolari, databili dal regno del venticinquesimo re Shang, Wu Ding (?-1189 o 1250-1192 a.C.), ci aiutano a delineare un complesso sistema di scambi, apparentemente sbilanciati, in virtù dei quali affluivano nella capitale ‒ provenienti come dono/tassazione dai centri periferici Shang e dai clan non-Shang alleati o sottoposti (fang) ‒ grandi quantità di granaglie (soprattutto miglio), cacciagione, animali domestici, materie prime minerali e vegetali, forza-lavoro e servizi, per la maggior parte originari di territori interni all'ambito del "regno" o di quelli immediatamente limitrofi. Accanto a questi affluivano, però, anche molti beni esotici: alcuni di provenienza più lontana e certa, quali conchiglie cauri (Cypraea moneta e C. annulus) dalle coste della Cina meridionale, carapaci di tartaruga Chinemys reevesi, Ocadia sinensis, Mauremys mutica, Testudo emys, Cuora sp., ad eccezione della prima, comune nella Cina settentrionale, tutte di origine meridionale; altri di provenienza ancora incerta come elefanti, avorio e ceramiche invetriate (forse dalla valle dello Yangtze), turchese, corniola, agata (forse dall'Ovest), opale e "giade" (nefrite e giadeite). A fronte dell'afflusso di tali beni, sembra che il deflusso dalla capitale, come forma di ridistribuzione a livello dell'élite, consistesse principalmente di regalia e di "servizi" di protezione di carattere rituale e militare elargiti dal re Shang. Qualsiasi possa essere stata la natura dello scambio, in ogni caso, l'afflusso di beni e servizi presuppone l'esistenza di mezzi di trasporto e vie di comunicazione; per quanto concerne i primi, scarni riferimenti testuali ed elusivi dati archeologici (solchi di mezzi leggeri con una o due ruote rinvenuti a Yin) fanno supporre che, oltre al trasporto umano, possa essere stato utilizzato un tipo di carro a trazione bovina, mentre quello a trazione equina (ampiamente attestato dalle iscrizioni su ossa oracolari e da inequivocabili rinvenimenti archeologici) rimase confinato all'uso militare dell'élite. Recenti scavi nel sito di Shierqiao a Chengdu (Prov. di Sichuan) hanno messo in luce i resti di quelle che sembrano essere strutture di legno presso un guado o un attracco fluviale, prova indiretta dell'uso di imbarcazioni (parola che compare nelle ossa oracolari) come mezzo di trasporto sulle vie d'acqua. Poco distante da Chengdu, nel sito di Sanxingdui presso Guanghan, all'inizio degli anni Ottanta del XX secolo, sono state portate alla luce due grandi fosse sacrificali, all'interno di un abitato cinto da mura in terra battuta (12 km² ca.), il cui contenuto ha rivelato una sofisticata produzione di oggetti rituali di bronzo per nulla apparentata con quella Shang di Erligang e Yin. Nella fossa n. 2 sono state rinvenute, inoltre, più di 60 zanne di elefante, forse importate dalla bassa valle dello Yangtze oppure dalle regioni settentrionali dell'Asia sud-orientale; la forte possibilità di rapporti di scambio con la media e bassa valle dello Yangtze sembra anche documentata dalla presenza di vasi rituali del tipo lei e zun che trovano confronti con tipi del medio Yangtze tanto da far pensare a delle importazioni. Ancora tra il XIII e l'XI secolo, nella fascia delle steppe predesertiche e delle foreste subsiberiane che vanno dall'odierno Xinjiang, ad ovest, attraverso il Gansu, parte del Ningxia, l'area nord dello Shaanxi, parte della Mongolia Interna, lo Shanxi, lo Hebei, il Liaoning, fino alla Provincia di Jilin, ad est, i dati archeologici hanno evidenziato la presenza di culture locali la cui produzione di manufatti di bronzo risulta assolutamente distinta da quella della media valle del Fiume Giallo. Contatti e scambi tra le culture del cosiddetto Complesso Settentrionale (evidenza di una variegata composizione etnica e della coesistenza di economie tra loro diverse) e la cultura Shang risultano, però, evidenti, come anche lo sono quelli tra il Complesso Settentrionale e la coeva cultura Karasuk del bacino di Minusinsk. Il ruolo svolto dai territori in cui le culture del Complesso Settentrionale sono attestate, in particolare le pianure erbose aperte verso Oriente e Occidente, nel processo di formazione delle economie pastorali e nell'affermazione di circuiti di scambio, esterni ai confini di ciò che sarà l'impero cinese, tra l'Estremo Oriente e l'Estremo Occidente, deve essere considerato di primissimo piano, ma molto rimane ancora da indagare, né i dati a disposizione sono stati, ancora, sufficientemente elaborati. Del resto, ancora del tutto, o quasi, inesplorata è l'ipotesi di circuiti di scambio e movimento di beni e di genti tra le regioni del Complesso Settentrionale e quelle delle aree lacustri dello Yunnan e della valle del Fiume Rosso (Vietnam) attraverso le valli intermontane dell'Himalaya orientale (Ciarla 1994), come anche assolutamente inesplorata è l'ipotesi di circuiti circumhimalayani che darebbero ragione della presenza di strumenti litici specializzati ‒ come il coltello-falcetto, ad esempio, sicuramente originario dei contesti culturali neolitici Yangshao ‒ nell'alta valle del fiume Swat (Pakistan). Nel corso del I millennio a.C. i circuiti di scambio sopra delineati assumono connotati ancora più netti in funzione di un processo di crescita della complessità socio-economica che riverbera dal Giappone all'Asia Centrale, dalla Siberia al Golfo di Thailandia. L'espansione dei rapporti economici entro la sfera d'interazione cinese sembra inizialmente seguire, all'epoca della dinastia Zhou Occidentali (1050/1045-770 a.C.), il modello centripeto Shang con la raccolta e ridistribuzione delle risorse attraverso la rete dei rapporti di dipendenza politico- rituale tra centro e periferia; tuttavia la crescita dell'agricoltura e dell'industria, a partire dall'VIII secolo, sembra determinare un deciso aumento del volume degli scambi, favorito da un sistema viario, testimoniato dalle fonti storiche, che metteva in comunicazione l'area di Chang'an (Xi'an), sede del re Zhou, con i principali "feudi". Con la dinastia dei Zhou Orientali (770-475 a.C.) con sede presso l'odierna Luoyang (Prov. di Henan), e il disgregarsi della rete dei rapporti politico- rituali tra il clan reale Zhou e i clan dei circa venticinque "Stati feudali", sempre più strutturati come entità indipendenti, si assiste, nel corso dell'epoca Primavere e Autunni (770- 476 a.C.), allo sviluppo di un nuovo sistema di scambio non più basato sulla ridistribuzione rituale, bensì sull'uso di standard bronzei, solitamente chiamati "moneta", che potrebbero aver avuto, almeno inizialmente, un puro valore simbolico- rituale di prestigio. A livello archeologico, le prime forme di monetazione sembrano essere quelle di rame/bronzo, attestate nell'area di Luoyang, che riproducono in miniatura una vanga a punta bifida e con immanicatura verticale cava. Alcune di tali monete a vanga (dette kongshoubu, moneta a testa cava, o chanbu, moneta-vanga), fuse in stampi, recano un'iscrizione di un solo carattere, wang (sottinteso cheng, città, ovvero città reale) o di due caratteri, Dong Zhou (Zhou Orientali), a testimonianza che la loro fusione deve essere attribuita all'ambito del regno Zhou, che sul finire dell'epoca Primavere e Autunni manteneva il ruolo di centro rituale, ma non più politico, nel complesso sistema degli "Stati feudali". Non va dimenticato, però, che una forma premonetale è attestata già dall'epoca della dinastia Shang nell'uso delle conchiglie di Cypraea; il valore del cauri è, infatti, esplicitato sia dalla composizione del carattere bao (prezioso) delle iscrizioni oracolari, in cui il segno indicativo di cauri (bei) compone parte dell'ideogramma, sia dal possibile uso di filze di cauri (da cinque a dieci conchiglie) come prezioso dono di scambio. In epoca Zhou Occidentali, poi, diverse iscrizioni su vasellame rituale di bronzo (come, ad es., su un vaso gui, inv. 1096, del Museo Nazionale d'Arte Orientale di Roma) attestano l'uso di filze di cauri come dono o "mezzo di pagamento" dato in cambio per la fusione del vaso sul quale compare l'iscrizione; imitazioni di cauri di bronzo e d'argento compaiono, inoltre, nei corredi funerari di epoca Shang e Zhou Occidentali; mentre ancora all'epoca della dinastia Yuan (1279- 1368 d.C.), come osserva Marco Polo, le conchiglie di Cypraea erano un mezzo di scambio comune nelle regioni del Sud- Ovest. La circolazione dei cauri, in ogni caso, in epoca Shang e Zhou rimane circoscritta all'ambito dell'aristocrazia, come allo stesso ambiente sembra limitata la circolazione delle kongshoubu. Il fatto, però, che il re Jing (544-520 a.C.) nel 524 abbia emesso una "moneta pesante" (daqian, grande moneta) sembra riflettere un'esigenza in qualche modo di tipo economico, come se il daqian ‒ di cui non si ha testimonianza archeologica ‒ dovesse costituire una misura di riequilibrio rispetto alle tre varianti tipologiche di kongshoubu che recano gli ideogrammi di almeno dieci diversi toponimi del territorio Zhou ad indicarne il luogo di fusione (Yang 1955). Sul finire dell'epoca Primavere e Autunni, un evento di notevole significato politico ed economico è rappresentato dalla "emissione" di chanbu, ma con immanicatura piena anziché cava, da parte dello Stato (o "ducato") di Jin, il cui territorio grossomodo corrisponde all'odierna Provincia di Shanxi. Prima di passare all'esposizione della fioritura della monetazione dell'epoca Stati Combattenti (475-221 a.C.), occorre ricordare che nel corso del periodo Primavere e Autunni si delinea con più precisione uno degli elementi di maggiore importanza nello sviluppo del commercio e delle vie di scambio, ovvero la figura del mercante: nelle fonti di epoca Zhou tale figura è genericamente detta shangren (uomo Shang o uomo di Shang), parola conservatasi fino all'uso moderno. Se in epoca Shang gli attori degli scambi fossero effettivamente dei lignaggi (zu) specializzati, come ipotizzava K.C. Chang (1980), è problema che aspetta di essere risolto, certo è che l'ideogramma Shang di Shang ren è lo stesso ideogramma usato per la dinastia Shang; ciò ha fatto ipotizzare che l'aristocrazia Shang, dopo la conquista Zhou e la deportazione nello Stato di Lu (nell'odierno distretto di Qufu, Prov. di Shandong), possa aver intrapreso dei "mestieri", forse itineranti, specializzati nell'ambito dell'amministrazione degli "Stati feudali": esperti di divinazione, di etichetta, scribi e mercanti. In quest'ultimo caso, è lecito pensare che l'impresa commerciale inizialmente, e prevalentemente, condotta da shangren possa essere stata intrapresa, successivamente, anche da genti non Shang che mantennero, però, l'iniziale definizione. Dall'epoca Primavere e Autunni, numerose testimonianze letterarie attestano sia la presenza di mercanti presso tutte le "corti feudali", sia una marcata crescita dello status sociale dei mercanti, molti dei quali entrano a far parte dei circoli politici e filosofici, come ad esempio Duanmu Si, discepolo di Confucio, che oltre a notevole ricchezza acquisì, proprio grazie all'esperienza dovuta alla sua mobilità di mercante, un ruolo preminente come consigliere politico di diversi "Stati feudali". Il generale processo di crescita economica si trasformò in un'economia di mercato tra la fine del periodo Primavere e Autunni e l'inizio del periodo Stati Combattenti; l'emergere della figura del mercante privato e del commercio, infatti, fa parte di un circolo virtuoso di cause ed effetti cui parteciparono il miglioramento del sistema viario ‒ dovuto, anche, all'assiduità dei contatti e delle conferenze politiche interstatali nonché alla necessità di fornire rapide vie di spostamento per gli eserciti ‒; il miglioramento della produttività agricola ‒ con la conseguente crescita di domanda e offerta di beni ‒; la crescita dell'industria nei settori della metallurgia (utensileria in ferro fuso intorno alla metà del VI sec.), dell'estrazione del sale, della ceramica, della lacca e della tessitura; nonché, dal periodo Stati Combattenti, la proprietà privata della terra, la crescita demografica e l'urbanizzazione. Va ricordato, però, come per alcuni ancora non sia stato chiarito quale fu il rapporto tra governo, religione e economia nella definizione della natura e del ruolo svolto dalla moneta, poiché la forma di salario più usata dai "signori feudali" (attestata nelle fonti) restò nel periodo Stati Combattenti quella basata sul pagamento in granaglie, sull'occasionale dono di metalli preziosi (oro e argento) e sulla concessione amministrativa (soprattutto riscossione di tassazione) di determinati territori, fermo restando che lo scambio di beni avvenisse ancora sul principio del baratto; secondo alcuni, quindi, resta ancora da chiarire se la "monetazione", di cui stiamo per dire, sia da ritenere mezzo di scambio, forma specializzata di pagamento delle tasse di capitazione, o, nel caso dei metalli preziosi, simbolo di status (Lewis 1999). A livello archeologico il fiorire di diverse forme monetali in bronzo emesse dai principali "Stati feudali" sembra, in ogni caso, suggerire una crescita del commercio; intorno alla metà del VI sec. a.C., infatti, quattro sono le principali forme di "moneta": chanbu (anche detta bubi, moneta) derivata dai modelli del periodo precedente, emessa dagli stati di Wei, Zhao e Han, nati dal frazionamento di Jin, e da Chu; daobi (moneta- coltello) in uso a Qi, Yan e Zhao; yuanqian (moneta tonda), emessa da Zhou, Qin (dal 336 a.C.) e in alcune zone di Zhao e Wei; tongbei (conchiglia di rame) la cui forma sembra derivare dal cauri, in uso nello Stato di Chu. Caratteristica comune di queste monete, ad eccezione del tongbei di cui si dirà più avanti, è quella di essere gettate in matrici a struttura dendritica (ovvero matrici piane, solitamente sub-rettangolari, con un canale di entrata del metallo da cui partono tanti rami collaterali obliqui quanti sono i negativi di raccolta della colata, che possono arrivare fino a 60 pezzi) e di riportare l'indicazione del luogo di emissione e, spesso, la dichiarazione di "autenticità" (ad es., Qi Fa Hua, "moneta a corso legale di Qi") o il valore nominale del pezzo (ad es., An Yi Er Jin, "due Jin di An Yi", dove An Yi è il nome della capitale di Wei e il jin è l'unità di peso). L'unità di peso, però, poteva variare da Stato a Stato e all'interno dello stesso Stato, da una parte rendendo di estrema difficoltà studi comparativi di carattere ponderale, dall'altra evidenziando come questo tipo di monetazione mancasse ancora di precisi, o quanto meno condivisi, standard di riferimento: ancora non siamo in grado di stabilire, ad esempio a Wei, su quale standard era regolata l'emissione delle chanbu da mezzo jin, un jin e due jin e quale era il loro rapporto sia con le monete tonde, sia con quelle a coltello, più rare, parimenti emesse a Wei. Secondo alcuni autori anche altri "Stati" periferici avrebbero usato forme monetali, come le cosiddette qiaoxingbei (monete ad arco) dell'area di Ba-Shu del bacino del Sichuan (Chen 1993), che, però, non riportano iscrizioni che ne attestino il luogo di fusione oppure il valore relativo. Per quanto concerne le tongbei dello Stato di Chu, ugualmente gettate in matrici a struttura dendritica (fino a 35 "monete" per matrice), nella maggior parte dei casi riportano sulla faccia piana un ideogramma di cui ancora non si è trovata una lettura convincente (ma la cui forma convinse gli antiquari di epoca Song ad adottare il nome di I Bi Qian, monete a naso, o muso, di formica), in altri casi, invece, riportano due ideogrammi indicativi del valore nominale (il peso delle tongbei varia, di norma, da 0,35 a 3,35 g); tipico dello Stato di Chu è, inoltre, l'uso di masserelle d'oro (da un minimo di 8 g ad un massimo di 2110,67 g), di forma grossomodo quadrangolare a lati concavi e pronunciata insellatura ventrale recante ripetute punzonature di due ideogrammi (i più frequenti essendo Ying Yuan, ovvero "da Ying", capitale dello Stato di Chu). L'uso di questa forma "monetale" punzonata, che sembra aver avuto anche una circolazione in altri "Stati feudali", nell'ambito dello Stato di Chu ‒ il cui sovrano, Wu (757-741 a.C.) per primo, tra i signori feudali, osò adottare il titolo di wang proprio dei re Zhou ‒ è particolarmente suggestiva, poiché il territorio di Chu nella media valle dello Yangtze sembra aver controllato la rete delle vie commerciali tra le regioni settentrionali e quelle del Sud e del Sud-Ovest; queste ultime, da circa il V sec. a.C., potrebbero essere state aperte, attraverso lo Yunnan, l'alta Birmania e la valle del Brahmaputra, ai traffici con il Subcontinente indiano dove, appunto intorno alla stessa epoca erano entrate in uso "monete" punzonate (punch-marked coins). L'esistenza di una tale direttrice di scambio (che potrebbe essere definita "via del bambù") è ricordata, alcuni secoli dopo, da Sima Qian nel capitolo 123 dello Shiji in cui riporta la testimonianza di Zhang Qian (morto nel 114 a.C.), inviato dall'imperatore Han, Wu Di, in missione diplomatica in Battriana nel 138 a.C. Zhang Qian racconta di aver visto in Battriana aste di bambù e tessuti provenienti dal Sichuan attraverso una via che sarebbe passata per il Sud-Ovest della Cina; tale testimonianza fu una delle principali cause che spinsero Wu Di alla conquista dello Yunnan con la speranza di aprire una via per l'India alternativa a quella centro-asiatica. Una direttrice di scambio tra le regioni subhimalayane orientali e l'Asia sudorientale attraverso il Sud-Ovest della Cina, d'altra parte, è testimoniata da numerosi dati archeologici rinvenuti in siti della Thailandia databili alla seconda metà del I millennio a.C., mentre ancora non indagate sono le evidenze relative ai periodi più tardi, che videro la lenta migrazione di genti di lingua Tai dalle regioni meridionali della Cina in tutta l'Asia sudorientale. Ricordiamo, infine, per inciso che l'antico sentiero commerciale tra lo Yunnan e la Birmania era ancora in uso quando fu ampliato e reso per gran parte carrozzabile dall'esercito statunitense nel corso della seconda guerra mondiale per aggirare il blocco dell'esercito giapponese attestato nel Sud- Est asiatico (Samson 1946; White 1985). Ritornando al periodo Stati Combattenti, un'eccezionale testimonianza archeologica dell'avanzata struttura del commercio Chu è costituita dal rinvenimento a Qiujiahuayuan presso Shouxian (Prov. di Anhui) di due jinjie di bronzo con iscrizioni d'oro databili al tardo IV sec. a.C.: si tratta di due "tavolette", aventi la forma di "una fetta" di bambù tagliato verticalmente, forse facenti parte di un set di cinque che, quando riunito, formava una sezione di canna di bambù tagliata sopra e sotto l'internodio. Il contenuto delle iscrizioni è particolarmente illuminante; si tratta, infatti, di due lasciapassare che permettevano ai mercanti l'esenzione di tasse e pedaggi lungo un ben determinato tragitto all'interno del regno di Chu, stabilendo, nello stesso tempo, che eventuali spese di pernottamento e vitto non sarebbero state a carico dell'amministrazione del regno; i due jinjie, uno per due convogli di 50 carri ciascuno, l'altro per due convogli di barche, erano stati rilasciati ad un certo Ejun Qi (Qi, signore di E), un funzionario di alto grado dell'amministrazione di Chu che, verosimilmente, aveva "in appalto" quella certa impresa commerciale. Questi documenti, aventi validità annuale, testimoniano l'efficienza dell'amministrazione di Chu, la presenza di una struttura commerciale specializzata e regolata da una precisa normativa, il volume delle merci spostate (purtroppo le due tavolette non danno notizia del tipo di merci), l'efficacia dei trasporti e delle vie sia terrestri sia fluviali. Meno articolata sembra essere stata l'organizzazione degli scambi nel più occidentale degli Stati Combattenti, il regno di Qin, per il quale diversi dati, archeologici e testuali, concorrono a evidenziare una certa vocazione mercantile, solitamente oscurata dagli aspetti politici e militari che ne determinarono l'ascesa fino alla definitiva supremazia e la fondazione dell'impero ad opera di Qin Shihuangdi (221 a.C.). Tali dati nel loro insieme suggeriscono l'esistenza di circuiti di scambio tra il territorio di Qin, comprendente parte del Gansu orientale e tutta la valle del Fiume Wei, e le aree di crescita delle economie pastorali/agricole sia della fascia settentrionale (province di Xinjiang, Gansu, Ningxia, Shaanxi settentrionale, Shanxi), sia di quella sud-occidentale (province di Qinghai, Sichuan occidentale). Una valutazione complessiva delle linee di sviluppo dei commerci e, in generale, dell'economia dei duchi e, poi, dei re di Qin è ancora in fieri, tuttavia alcuni elementi necessitano di essere messi in rilievo, soprattutto alla luce dell'eccezionale rinvenimento effettuato nel 1975 nella necropoli di Shuihudi presso Yunmeng (Hubei): nella sepoltura n. 11, infatti, sono state messe in luce diverse decine di strisce di bambù recanti un editto reale ‒ il Jin Bu Lu ‒ che fornisce dettagliate norme sulla monetazione e sulla proprietà; dall'editto risulta che, sul finire del periodo Stati Combattenti, due erano le monete correnti a Qin: il qian, moneta tonda con foro centrale quadrato, del valore banliang (mezzo liang), e il bu, o bubo, un pezzo di stoffa (verosimilmente di seta), lungo 8 chi e largo 2 chi e 5 cun, avente il valore di 11 qian; il fatto poi che in altre norme Qin quantità di monete qian (o banliang) vengano sempre date in multipli di 11, dimostrerebbe, secondo Li Xueqin (1984), che a Qin l'unità di valuta originaria era costituita dal bu e che la moneta di metallo sarebbe successiva a quella di stoffa, come confermato nel capitolo Liu Guo Nianbian (Annuari dei Sei Regni) dello Shi Ji in cui si ricorda come soltanto nel secondo anno di regno di Huiwen (337- 311 a.C.) Qin emise moneta metallica. Nel complesso, quindi, i dati archeologici e testuali, cui si è fatto cenno sembrano indicare che la monetazione "cinese" tra la fine del VI secolo e il 221 a.C. rifletta il processo di formazione della tradizionale economia di mercato della Cina imperiale con la lenta transizione da forme premonetali ad una forma monetale centralmente controllata dall'amministrazione dello Stato. Al momento della fondazione dello Stato unitario, infatti, una delle prime misure prese da Qin Shihuangdi in campo economico fu l'emanazione del famoso editto di unificazione dei sistemi monetali, ponderali, lineari, di capacità e di scrittura fino a quel momento usati, come anche fu unificato lo scartamento tra le ruote dei carri che permise il raccordo tra gli innumerevoli tronchi della vasta rete viaria che era stata aperta, nel corso dello stesso periodo, dagli Stati Combattenti, e di cui Qin, soprattutto a partire dal IV secolo, fu uno dei maggiori artefici. In campo monetario, il banliang di Qin rimase in uso, sebbene più leggero e sottile, anche nell'epoca della successiva dinastia degli Han Occidentali (206 a.C. - 23 d.C.), i cui sovrani permisero l'esistenza di "zecche" private (fenomeno non raro anche nelle epoche successive), prevalentemente gestite da singoli mercanti o da associazioni mercantili, fino al regno di Wu Di (141-87 a.C.). Quest'ultimo, dopo una prima emissione di monete san zhu (tre grani), fu l'artefice di una duratura riforma monetaria basata sull'uso della moneta da cinque zhu, detta, appunto, wu zhu, che ‒ tranne il breve intervallo della dinastia Xin (9-23 d.C.) dell'usurpatore Wang Mang, a sua volta promotore di una riforma basata sull'uso della moneta tonda quan (sorgente o corrente) con sei denominazioni, di chanbu con dieci denominazioni e due tipi di daobi (di cui quello da un dao "yi dao" con l'iscrizione profilata in oro) ‒ rimase la moneta "ufficiale" Han e, dopo la caduta dell'impero (220 d.C.), di gran parte dei territori derivati dal suo frazionamento fino agli inizi del VII secolo, sempre mantenendo (fino alla fine del XIX sec.) la forma circolare con bordo rilevato e foro centrale quadrato. Con l'ascesa al trono di Gao Zu, primo imperatore della dinastia Tang (618-907 d.C.), fu sentita l'esigenza di una nuova regolamentazione e riunificazione della moneta; a questo imperatore è dunque legata l'emissione (621 d.C.) di una nuova moneta caratterizzata da un'iscrizione di quattro caratteri, due indicativi del periodo di emissione corrispondente al nome ufficiale dell'era di regno dell'imperatore, in questo caso kaiyuan (inizio, apertura), due indicativi del tipo di moneta, nel caso di quella di Gao Zu, tongbao (valore/cosa preziosa corrente), termine solitamente tradotto ‒ come yuanbao (valore corrente) e zhongbao (valore pesante) usati in emissioni successive ‒ con "moneta" (Coole 1963; Ding 1986). Il periodo compreso tra l'inarrestabile espansione del regno di Qin nel III sec. a.C. e l'epoca della dinastia Han, come più volte accennato, vide l'apertura di nuove vie di comunicazione, o il congiungimento di tratti viari più antichi, per un totale, all'inizio dell'epoca Han, di 13.760 li (ca. 6850 km) divenuti 64.860 li (ca. 20.000 km) all'epoca degli Han Orientali. Tale sistema, insuperabilmente analizzato e descritto da J. Needham (1971), era principalmente basato sull'uso, da una parte, della pavimentazione in strati sovrapposti di terra battuta, spesso mista a ciottoli (cosa che permetteva di avere basi elastiche, resistenti e di facile mantenimento), e di ponti di diversa tipologia (galleggianti, ad arcate in legno, ad un'arcata di pietra, sospesi), dall'altra di una gerarchia viaria articolata intorno alle principali vie terrestri, larghe tra i 12 e i 15 m, e alle vie d'acqua costituite dai corsi di canali artificiali e di fiumi e laghi navigabili. Questo sistema, servito a distanze regolari da posti di servizio governativi (yu, ding e zhi), permise non soltanto il consolidamento interno della struttura amministrativa regionale Han, ma ne favorì l'espansione verso ovest attraverso tutta l'Asia Centrale, come testimoniato dal fiorire, anche dopo la caduta della dinastia Han, dei commerci lungo le direttrici centro-asiatiche di quella che sarebbe stata chiamata, in tempi più recenti, la Via della Seta, oggetto di studi e ricerche ormai da più di cento anni (Stein 1912; von Le Coq 1983; Xinjiang 1983; Cong 1996a, 1996b; Wang 1996; Wang - Du 1997; Knauer 1998). Come la Via della Seta ed il sistema di vie e piste ad essa connesse non conobbero interruzioni dopo la caduta dell'impero Han, così le rotte marittime che dalle regioni costiere della Cina sud-orientale portavano alle regioni peninsulari e insulari dell'Asia sud-orientale furono particolarmente attive a partire dal V secolo e soprattutto all'epoca della dinastia Tang (618-907 d.C.), come testimoniato da diverse cronache di pellegrini buddhisti cinesi diretti verso l'India e da ceramiche e grès invetriati cinesi rinvenuti in diversi siti della Thailandia e dell'Indonesia; da queste regioni erano importati in Cina, soprattutto, spezie, legni pregiati, e materie medicali quali il corno di rinoceronte, o il becco di tucano. Da tali rotte commerciali, verosimilmente gestite da associazioni di mercanti della Cina sud-orientale, si sarebbe in seguito sviluppato, tra l'epoca della dinastia Song (960-1278) e quella Ming (1368-1644), quel sistema di scambi marittimi noto come Via delle Spezie e Via della Porcellana (FitzGerald 1972;Ciarla 1986; Brown 1988; Natthapatra 1994).
La diffusione della monetazione ad est della Cina è intimamente legata, prima, all'espansione dello Stato di Yan (intorno all'odierna regione di Pechino) verso la valle del Liao dal V sec. a.C., poi alle conquiste territoriali Han culminate sul finire del II sec. a.C. con la fondazione di quattro "commanderie" nella Corea nord-occidentale di cui solo quella di Lelang (intorno all'odierna Pyongyang) sopravviveva nel 75 a.C.; in ambedue i casi l'interesse verso la Corea sembra sia stato principalmente determinato dal controllo dello sfruttamento e commercializzazione del ferro e del sale di cui la penisola è ricca. Tesoretti di monete-coltello di Yan, del tipo noto come mingdao, sono frequenti rinvenimenti nelle regioni nord-occidentali, non mancano però rinvenimenti da contesti tombali e abitativi sia di monete-coltello, sia di monete-vanga e circolari da diversi regni della Cina settentrionale (ben 2500 mingdao di Yan sono state rinvenute nello strato III di Sejungni, sul confine tra le province nord e sud Pyongan, in associazione con utensili in ferro); nella regione centro-settentrionale, per lo più come parte del corredo nelle tombe a cairn, compaiono sia monete-coltello che monete-vanga, mentre nelle regioni meridionali monete di epoca Stati Combattenti hanno minore frequenza di quelle wuzhu di epoca Han; queste ultime, come testimoniato dal rinvenimento di matrici nella zona di Lelang, emesse da "zecche" private e provinciali anche dopo l'editto di proibizione emanato da Wu Di nel 115 a.C. In ogni caso, la maggiore frequenza di monete cinesi nelle zone dell'entroterra sembrerebbe testimoniare una prevalenza di vie di scambio terrestri rispetto a quelle marittime; queste ultime, però, forse acquisirono una maggiore rilevanza sul finire dell'epoca degli Han Occidentali, come testimonierebbe la maggiore frequenza di monete emanate da Wang Mang nelle regioni costiere meridionali. Durante l'intero periodo dei Tre Regni (Samguk, 300-668 d.C.) e di Silla Unificato (668-935 d.C.), la monetazione corrente nei territori coreani rimase il wuzhu o, in coreano, oshuchon, non sappiamo se mantenendo in uso le monete o le antiche matrici o ambedue; solo nel 936, subito dopo la vittoria del regno di Koryo (918-1392 d.C.) su Silla Unificato, furono emesse nuove monete, di rame e di ferro, ad imitazione di quelle in corso all'epoca della dinastia Tang. La struttura di tali prime monete coreane è in tutto simile a quella delle monete Qian Yuan Zhong Bao emesse dall'imperatore Tang Su Zong (756- 762 d.C.) che riportano, per la prima volta, il termine zhongbao, moneta pesante, poi frequentemente usato nella monetazione cinese. Sul recto delle prime monete emesse da Koryo, accanto a ciascun lato del foro centrale quadrato, compare un ideogramma: Qian Yuan Zhong Bao, in coreano Konwon chungbo, ovvero moneta pesante (dell'epoca) Qianyuan/Konwon; sul verso sono, invece, due soli caratteri: Dong Guo, coreano Tongkuk, ovvero Regno dell'Est; soltanto all'epoca del re Koryo Sukjong, nel 1097 e nel 1102, vennero fuse monete, sempre mantenendo la forma e la struttura della monetazione cinese, con originali iscrizioni in lingua coreana (almeno sei diverse formule) rese con un'ampia varietà di stili calligrafici (clericale, sigillare, regolare, corsivo). Dopo gli esperimenti di Sukjong non furono più emesse monete fino al XV secolo, mentre è ben attestato l'uso della monetazione cinese: nel vascello di Sinan, recuperato nel 1976 a largo della costa sud-occidentale, sono state rinvenute monete cinesi, prevalentemente Song, per 26.775 kg (Wang 2000).
Relativamente tarda è, anche in Giappone, l'evidenza archeologica della monetazione, sebbene sporadici rinvenimenti di monete di rame/bronzo, soprattutto wuzhu, di provenienza continentale siano attestati in contesti tardo-Yayoi e in epoca Kofun. L'uso di moneta, forse anche come mezzo di scambio, in Giappone, sembra essere in stretta relazione con la nascita della struttura statale in epoca Asuka (600-710 d.C.) e, soprattutto, con il suo affermarsi nel periodo di Nara (710-794 d.C.); a seguito della fondazione della prima capitale a Fujiwara (694 d.C.) si assiste alla definizione (tra la fine del VII e l'inizio dell'VIII sec.) di un sistema amministrativo, su modello cinese, basato su un tessuto costituito da centri amministrativi, omogeneamente distribuiti sul territorio, divisi in diversi livelli gerarchici. A tale tessuto erano, in primo luogo, demandati il controllo e la gestione della produzione e del commercio che assicuravano, in forma di tassazione (principalmente riso e tessuti), l'afflusso di beni alla città-palazzo attraverso una ben organizzata rete di strade (mantenute dalle amministrazioni provinciali) e di comunicazioni costiere con distanze calcolate in termini di giornate di cammino a partire dalla capitale o, per il Sud, da Dazaifu. L'esigenza dell'uso di uno standard monetale a scopi commerciali era stata espressa, senza conseguenze concrete, dall'imperatore Temmu (622-686) nel 683, ma solo dopo il decreto imperiale di unificazione dei pesi e delle misure, forse anche in conseguenza della scoperta di locali giacimenti di rame celebrata dalla promulgazione del periodo (o era) Wado (rame di Wa, antico nome dell'arcipelago o di una sua parte, o rame fino) fu possibile istituire "zecche" governative che nel 708 iniziarono ad emettere monete di rame, uguali alle Kaiyuan Tongbao Tang, dette Wadō-kaichin (o Wadō-kaihō). Le vicende successive a questa prima emissione fanno capire come il carattere dell'economia dell'epoca fosse fortemente determinato dalla sua natura di raccolta tributaria, piuttosto che di mercato, e certamente non controllata dall'amministrazione centrale. Risulta, infatti, che la circolazione della moneta fosse incentivata attraverso l'elargizione di titoli nobiliari a coloro che potessero dimostrare il possesso e l'uso di Wadō-kaichin, che iniziarono per questo ad essere fuse anche da privati senza alcun controllo centrale del titolo della lega. D'altra parte, anche per le 12 serie di Wadō-kaichin emesse tra il 708 e il 958 si registrano una continua svalutazione e un depauperamento del titolo poiché l'emissione di ogni nuova serie, con monete di diametro progressivamente minore rispetto alla serie precedente, avveniva fondendo vecchie monete ritirate dalla circolazione. Dopo il 958, come dimostrano anche numerosi rinvenimenti archeologici, le monete circolanti nell'arcipelago furono, fino al XVI secolo, quelle cinesi, mentre, come risulta da diversi documenti, lo scambio di beni ritornò, o forse, meglio, restò circoscritto al baratto e, a livello dell'aristocrazia, allo scambio di doni di beni di prestigio tra il clan imperiale e quelli nobiliari delle province.
Cina:
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