leaderizzazione
s. f. La progressiva affermazione di un capo come guida di riferimento di un partito o movimento politico.
• Poi arrivò Umberto Bossi che senza colpo ferire convinse [Silvio] Berlusconi a scegliere come candidato unitario il leghista più trinariciuto del Triveneto, il giovane assessore regionale Flavio Tosi, un signore che una volta si presentò in comune con una tigre al guinzaglio lanciando lo slogan «el leon che magna el teròn». Bell’effetto sul proscenio della «leaderizzazione» locale, una specie di parodia di quella nazionale. (Alberto Statera, Repubblica, 29 maggio 2007, p. 1, Prima pagina) • Di un tempo contrassegnato dal declino (o peggio) dei partiti, e da un’estrema personalizzazione e (orrendo neologismo) leaderizzazione della politica, [Silvio] Berlusconi il Grande Comunicatore è stato, nel bene e nel male, un protagonista vero. La sua «narrazione» (direbbe [Nichi] Vendola) dell’Italia e degli italiani è risultata, agli occhi della maggioranza degli italiani medesimi, la più convincente, se non proprio l’unica possibile; e i suoi avversari, che di «narrazioni» alternative non disponevano e giocavano in sostanza di rimessa, hanno a lungo confermato (involontariamente, si capisce) questo giudizio. (Paolo Franchi, Corriere della sera, 28 novembre 2011, p. 32, Idee & opinioni) • Svariate di queste organizzazioni, specie in Italia, si sono così inserite nel clima di mutazione della politica determinato dalla postmodernità (sul cui scenario di fondo tanto aveva scritto il politologo statunitense Ronald Inglehart), sposando appieno ‒ ed eccessivamente ‒ i processi di personalizzazione e leaderizzazione, e facendosi appunto partiti più o meno personali. (Massimiliano Panarari, Giornale di Brescia, 24 novembre 2017, p. 9, Commenti e opinioni).
- Derivato dal s. m. e f. inv. ingl. leader con l’aggiunta del suffisso -izzazione.
- Già attestato nel Corriere della sera del 26 gennaio 1987, p. 2, Politica (Paolo Franchi).