lealtà (lealtade; lealtate)
In Cv IV XXVI 14, commentando Le dolci rime 131 (e solo in lealtà far si diletta), D. dichiara espressamente il valore che attribuisce al sostantivo: Lealtade è seguire e mettere in opera quello che le leggi dicono, è l'osservanza scrupolosa delle leggi - che massimamente si conviene a lo giovane, è cioè virtù propria dell'adolescenza, mentre al vecchio si richiede di essere giusto a prescindere dalle leggi (v. ESSAMINATORE) -, intendendo dunque il sostantivo come l'aggettivo ‛ leale ' (v.), di cui è derivato.
In questo senso è usato ancora, evidentemente, poco più avanti, nello stesso contesto (XXVI 15 è manifesto che a questa etade lealtade, cortesia, amore, fortezza e temperanza siano necessarie).
Con il particolare valore semantico del francese leial, nel senso cioè di " obbedienza alle leggi dell'onore e della morale ", e quindi di " schiettezza ", " sincerità ", " probità ", ricorre in Rime XLVII 11 se voli, amico, che ti vaglia / vertute naturale od accidente, / con lealtà in piacer d'Amor l'adovra, dove la locuzione con lealtà è usata con valore avverbiale, nel senso di " lealmente ", " schiettamente ".
Nello stesso senso, acquisito al sostantivo italiano, è usato sempre nel Fiore (II 14, LXXXI 8, CXVII 4, CXXVII 11).