LEBEDO (ἡ Λέβεδος, Lebĕdos)
Antica cittadina greca della costa ionica dell'Asia Minore, fra Teo e Colofone, situata su una penisoletta di contorno tondeggiante, unita al continente da un istmo largo appena 20 metri; lungo il contorno del promontorio si conservano ancora resti dell'antica cinta, di accurata costruzione rettangolare, con tre porte, e scarse rovine degli edifici si notano nell'interno di essa; ma altre rovine sopra un colle opposto alla penisola sul continente, attestano che fino dai tempi più antichi la città abitata si estendeva anche da quella parte. Secondo due diverse leggende, strappata dagli Ioni ai Carî sotto la guida di Andremone figlio di Codro, o fondata da Andropompo sul posto di una più antica località Artide, fu a lungo fiorente di commerci, tanto da poter contribuire con tre talenti alla lega delio-attica. Era in decadenza sulla fine del sec. IV, quando Antigono il Vecchio la volle unita in sinecismo con Teo; quel sinecismo non pare avesse luogo; certo fu distrutta da Lisimaco circa il 288 a. C., e una parte della sua popolazione fu trasportata a Efeso. Fu ricostituita probabilmente dopo la guerra laodicea dai Lagidi e rifiorì prendendo circa nel 206 il nome di Tolemaide, che conservò fino al 190 a. C. Fece poi parte del regno di Pergamo e della provincia romana d'Asia, ma era incominciata la sua decadenza, alla quale invano i Romani cercarono di riparare in qualche modo facendola sede dei tecniti dionisiaci, la celebre compagnia di attori prima residente a Teo e trasportata poi a Mionneso. Orazio descrive L. già come un villaggetto privo d'importanza: "Gabiis desertior atque Fidenis vicus". Rimase tuttavia nei tempi cristiani sede vescovile almeno fino al sec. VII.
Bibl.: G. Weber, in Ath. Mitt., XXIX (1904, p. 228 segg.; G. Bürchner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XII, col. 1052 seg.