LEBETE (greco λέβης, lat. lebes)
La parola significa propriamente, in greco antico, "caldaia". Il lebete era generalmente in bronzo e serviva per riscaldare l'acqua e conservarla, cuocere le vivande, lavarvisi i piedi e le mani. Accanto a questo uso pratico, i Greci adibirono ben presto il lebete alle abluzioni necessarie per i sacrifizî, le nozze e i funerali, e inoltre come premio per i giuochi ginnici.
Già in Omero si parla dei lebeti come premî, in numero assai rilevante, sino a 20, nelle gare sportive, il che presuppone che essi fossero oggetti di un certo pregio materiale e artistico e forse usati come moneta. Infatti gli scavi ci hanno restituito lebeti di bronzo del sec. VII, adorni di teste feline o mostruose e retti da sostegni; in Etruria si sono trovati spesso lebeti di terracotta, surrogati più economici, e in generale meno buoni anche nei riguardi dell'arte, di quelli metallici. Nel sec. VI i lebeti bronzei sembrano essere divenuti più rari, mentre più frequenti si fanno quelli fittili, almeno nella ceramica corinzia e in quella attica a figure nere. Nel secolo V abbiamo lebeti a figure rosse, che per i soggetti rappresentati sembrano dover essere identificati con i lebeti nuziali; il fatto di trovarli nelle tombe potrebbe essere spiegato con le nozze mistiche con l'Ade, nella stessa guisa che la forma di vaso comunemente chiamata loutrofóros (λουτροϕόρος) serviva ugualmente per le nozze e i funerali. Ma forse si tratta di un uso imposto dalla tradizione: come in tanti altri casi consimili, sarà ritualmente sopravvissuto quello che in origine era semplicemente un uso pratico.
Nel linguaggio archeologico moderno, però, la parola lebete viene evitata per i vasi fittili (eccetto per il vaso di uso nuziale, il λέβης γαμικός), e vi si sostituisce quella di cratere per i vasi muniti di piede, e quella di deinós per quelli che ne son privi e poggiano su un sostegno indipendente.
A Creta, in età arcaica, col nome di lebete si designava un'unità monetaria. In iscrizioni del sec. V di Gortina e in una del sec. IV di Cnosso, le pene sono stabilite in lebeti 1, 5, 10, ecc., fino a 100. I lebeti come unità monetaria furono poi sostituiti a Creta dagli stateri con un piccolo lebete stampigliato, probabilmente per indicare l'equiparazione dello statere al lebete.
Bibl.: A. de Ridder, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des Antiquités, III, p. 1000 segg., s. v. Lebes; Regling, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., XII, Stoccarda 1924, col. 1054, s. v. Lebes.