Garmes, Lee
Direttore della fotografia e regista cinematografico statunitense, nato a Peoria (Illinois) il 27 maggio 1898 e morto a Los Angeles il 31 agosto 1978. Dotato di uno stile riconoscibile (più evidente nei film d'impostazione drammatica), per il quale venne definito 'il principe delle tenebre', usò spesso la cosiddetta north light: ispirandosi a Rembrandt, costruì cioè i suoi impianti luministici immaginando un Nord ideale, in genere coincidente con una finestra quale fonte di luce. Divenne famoso come interprete del realismo barocco attraverso il quale Josef von Sternberg seppe va-lorizzare il misterioso fascino di Marlene Dietrich in alcuni film dei primi anni Trenta, per uno dei quali, Shanghai Express (1932), ottenne lo stesso anno l'unico Oscar della sua carriera (nel corso della quale ricevette anche tre nominations). Anche se diede il meglio di sé nel bianco e nero, portano la sua firma alcuni dei più intensi film a colori della Hollywood classica, come Duel in the sun (1946; Duello al sole) di King Vidor. Crebbe a Denver, nel Colorado, dove nel 1916 si diplomò alla North Denver High School. Nello stesso anno si trasferì a New York, e iniziò a lavorare nel cinema come aiuto operatore per la New York Motion Picture Company, in varie serie di cortometraggi comici. Stabilitosi a Hollywood, nel 1917, pur continuando l'attività di aiuto operatore, fu assistente pittore di scena e trovarobe per i Kay-Bee Triangle Studios di Thomas H. Ince. Fu inoltre assistente dell'operatore di origine tedesca John W. Leezer, inventore della tecnica del soft focus, in quattro lungometraggi diretti da Elmer Clifton e supervisionati da David W. Griffith, The hope chest (1918), I'll get him yet (1919), Nuggett Nell (1919) e Nobody home (1919). Nel 1923 iniziò l'attività di direttore della fotografia, e l'anno seguente passò definitivamente al lungometraggio. Tra il 1924 e il 1929 lavorò spesso al fianco dei registi Malcolm St. Clair, George Fitzmaurice, Zoltan Korda; ma fu nell'unico film girato con Rex Ingram, uno dei pochi registi di quel periodo a dedicare attenzione ai valori pittorici dell'immagine, che G. dimostrò di essere uno degli operatori più raffinati dell'epoca: i suoi taglienti arabeschi chiaroscurali per The garden of Allah (1927; Il giardino di Allah) lo posero nel solco del lavoro fatto da John Seitz. In breve tempo si affermò infatti come uno dei pochi operatori di Hollywood ‒ insieme allo stesso Seitz e a Victor Milner ‒ capaci di discostarsi dagli stereotipi luministici degli anni Venti, rinunciando all'uso del controluce e delle luci di riempimento e affidandosi alla magia della north light. G. divenne un punto di riferimento per i registi di kolossal in costume, come Alexander Korda, il quale gli affidò le immagini di The private life of Helen of Troy (1927; La vita privata di Elena di Troia) e di The yellow lily (1928; Giglio imperiale). In The little shepherd of kingdom come (1928) di Alfred Santell, G. fu il primo operatore a illuminare un film con normali lampade a bulbo (in seguito chiamate lampade Mazda), facendo a meno delle tradizionali lampade ad arco, che costavano il triplo. La fama di G. era già notevole quando von Sternberg, appena arrivato a Hollywood, gli affidò le immagini della sua musa Marlene Dietrich in tre film che ne stabilirono lo status di diva, e che restano negli annali della fotografia cinematografica: Morocco (1930; Marocco), per il quale G. ottenne la sua prima nomination, Dishonored (1931; Disonorata) e Shanghai Express. In questi film G., dopo aver sperimentato inizialmente una soluzione chiaroscurale simile a quella adottata negli stessi anni da William Daniels per Greta Garbo (un solo lato del volto illuminato e l'altro in morbida penombra), si affidò ancora una volta alla north light: con questo sistema, più realistico e capace di esaltare il taglio del volto, la bellezza della Dietrich risaltò in tutta la sua misteriosa androginia. Con von Sternberg G. collaborò inoltre per An American tragedy (1931; Una tragedia americana). Applicò la sua formula realistica anche a celebri crime movies, tra cui Scarface, noto in origine come Scarface, shame of a nation (1932; Scarface ‒ Lo sfregiato) di Howard Hawks. Fece quindi le sue prime prove con la regia, come assistente di Charles MacArthur e Ben Hecht (con il quale lavorò anche nei decenni seguenti) in Crime without passion (1934; Delitto senza passione), The scoundrel (1935) e Once in a blue moon (1936), nei quali fu anche direttore della fotografia; nel 1937 fu poi coregista, al fianco di Jack Buchanan, del musical The sky's the limit, girato durante un soggiorno di due anni in Gran Bretagna. Sebbene in seguito non accreditato, fu operatore di Gone with the wind (1939; Via col vento) finché George Cukor rimase alla guida del grande progetto: è a lui che si devono quindi molte sequenze del primo terzo del film. Negli anni Quaranta e Cinquanta, come regista rinnovò il sodalizio con Hecht, insieme al quale girò Angels over Broadway (1940; Angeli del peccato), Specter of the rose (1946) e Actors and sin (1952); con John Ireland firmò invece il western in 3D Hannah Lee (1953; Il territorio dei fuorilegge), che fu la sua ultima regia. Come direttore della fotografia, anche grazie alla disponibilità di nuove tecniche, spinse alle estreme conseguenze la ricerca tonale, come negli arabeschi quasi sternberghiani di The Paradine case (1947; Il caso Paradine) di Alfred Hitchcock. Ma il suo stile realistico e la sua filosofia della north light si adattarono bene anche alle nuove esigenze di utilizzare troupe più ridotte, e gli permisero di filmare con un approccio quasi documentaristico due noir di William Wyler, Detective story (1951; Pietà per i giusti) e The desperate hours (1955; Ore disperate). G. fu nemico dichiarato del Cinemascope, che considerava una deformazione dell'ideale classico dell'inquadratura e la causa principale del livello più scadente di molti film degli anni Cinquanta. Ottenne ancora due nominations, per Since you went away (1944; Da quando te ne andasti) e The big fisherman (1959; Il grande pescatore) diretti rispettivamente da John Cromwell e Frank Borzage. Rimase in attività fino alla fine degli anni Sessanta; fra gli altri registi con i quali collaborò vanno ricordati Paul Czinner, Julien Duvivier, Max Ophuls, Robert Wise, Nicholas Ray, Martin Ritt.
C. Higham, Hollywood cameramen, London 1970, pp. 35-55.
D. Prince, P. Lehman, T. Clark, Lee Garmes, ASC: an interview, in "Wide angle", 1976, 3, pp. 62-80.
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M.L. Shelps, A parable about personal freedom: 'Zoo in Budapest', in "Filmfax", 1991, 29, pp. 72-77.