LEFKANDÌ
Villaggio situato sul margine orientale della piana Lelantina, a metà strada circa tra Calcide ed Eretria. Dal 1964 al 1966 la British School di Atene ha effettuato dei saggi nell'insediamento di Xeropolis, situato su una piccola collina nei pressi del sito moderno. È stato accertato che questa collina fu abitata per la prima volta nel Bronzo Antico III da una popolazione che faceva uso di ceramica con caratteristiche anatoliche nord-occidentali. L'ampia distribuzione e la lunga sequenza di livelli medio-elladici indicano che la città aveva in quell'epoca dimensioni e importanza considerevoli e che, pur nel quadro di un certo declino, continuò a vivere fin nel Tardo Elladico IIIB. Ricostruzioni e terrazzamenti per nuove abitazioni, insieme a cospicui e diffusi depositi di ceramica attribuibili alle prime fasi del Tardo Elladico IIIC, indicano un consistente incremento demografico, probabilmente causato dall'immigrazione di rifugiati provenienti dalla Grecia continentale. Alcune imitazioni di ceramica lavorata a mano di tipo italico e una coppa d'importazione suggeriscono che la popolazione potrebbe aver utilizzato elementi di origine straniera. L'insediamento fu distrutto da un incendio; sul sito sorsero nuovi edifici di carattere e orientamento molto differenti rispetto ai precedenti, e nei quali si possono scorgere i rudimenti di un piano urbanistico sistematico. La ceramica di questo secondo insediamento risalente al Tardo Elladico IIIC e caratterizzata da una certa quantità di vasi dipinti secondo uno stile peculiare, tra cui un unguentario sul quale compare la rappresentazione di grifoni che accudiscono il loro piccolo in un nido. Tracce di un terzo insediamento del Tardo Elladico IIIC furono rinvenute al di sopra del secondo; esse palesano una qualità inferiore per ciò che concerne sia l'architettura sia la ceramica, consistente, quest'ultima, in un caratteristico vasellame di colore chiaro, affine a quello di Ceo (ν.) o a certi tipi da Peratì. Il Bronzo Tardo finale rappresenta l'epoca dell'abbandono dell'insediamento.
Sembra dunque che vi sia stata una pausa nella frequentazione di Xeropolis, o per lo meno non esistono prove di ulteriori occupazioni fino al Tardo Protogeometrico, peraltro testimoniato solo da fosse per materiale di scarto; una di esse ha restituito alcune matrici provenienti dal laboratorio di un bronzista, probabilmente impiegate per la decorazione di sostegni di tripodi. Nel sito la vita continua fino alla fase costruttiva finale, in cui l'area dell'insediamento sembra essere diminuita. Sono stati scoperti i resti di una casa a pianta absidata del Tardo Geometrico distrutta da un incendio, il cui pavimento ha restituito un deposito di materiali ceramici databili intorno al 700 a.C. Si è tentati di associare questa distruzione all'evento bellico noto dalle fonti come «guerra Ielantina», che vide fronteggiare Calcide ed Eretria per il controllo della pianura. Dalle scarse tracce di un'occupazione arcaica si può dedurre che il sito non fu completamente abbandonato.
Va sottolineato che soltanto una parte molto ridotta dell'insediamento è stata oggetto di scavi archeologici: di conseguenza il quadro della sua storia può essere ricostruito in modo parziale, almeno fino a quando non saranno intraprese più estese indagini. Ci è ignoto l'antico nome di Xeropolis e ciò può stupire considerata l'importanza che il sito dovette assumere in certi momenti della sua storia. Si è pensato sia a Calcide, sia a Eretria, sia (ed è forse l'ipotesi più attendibile) a Lelanton.
Testimonianze relative alle prime fasi dell'Età del Ferro iniziale, finora assenti a Xeropolis, sono fornite dalle sepolture situate a c.a 500 m dal sito, che sono state oggetto di scavo da parte di una missione congiunta anglogreca. Finora sono state individuate sei necropoli sui pendii della collina, al di sopra del villaggio moderno. La più antica di esse (Skoubris) nasce in età sub-micenea; vi sono stati rilevati tre tipi di sepoltura: cremazione su pira, inumazione e un procedimento misto secondo cui poche ossa cremate erano poste simbolicamente insieme alle offerte all'interno della tomba. Le sepolture submicenee sono in tombe a cista; successivamente, nel Tardo Protogeometrico, l'unico importante mutamento consiste nella comparsa di tombe a loculo scavate nella roccia (nelle necropoli di Palià Perivolia e di Toumba). Le sepolture nelle tre necropoli subiscono un'interruzione nella fase sub-protogeometrica III, intorno all'825 a.C., il che probabilmente testimonia una cesura nella storia dell'insediamento.
L'origine della popolazione sub-micenea è oscura, e la ceramica mostra ben pochi legami con quella del Tardo Elladico IIIC, il che fa pensare a nuovi immigrati. Le sepolture risalenti a questa fase sono relativamente ricche di vasi e oggetti metallici, principalmente fibule e anelli.
Le fasi successive portano le più antiche testimonianze di contatti con il Vicino Oriente: alcuni vaghi di faïence e una brocchetta siriana importata, ai quali può essere aggiunta l'anfora bronzea proveniente dall’heròon, probabilmente cipriota, sulla quale torneremo più avanti.
Oggetti provenienti dal Vicino Oriente sono documentati in quantità davvero cospicua nell'ambito del Tardo Protogeometrico e nelle sepolture più recenti che includono una fiasca bicroma cipriota, sigilli, scarabei, sigilli a testa, vasi e anelli di faïence di tipo egizio, come pure vasi di bronzo, tra i quali due brocche con manici a forma di fiore di loto, una situla a decorazione incisa e una ciotola, anch'essa a decorazione incisa, di probabili origini nord-siriane. Nessun altro sito greco ha rivelato testimonianze così antiche di contatti intensi con regioni straniere.
Anche l'oro fu importato a L. in una certa quantità; quasi sicuramente esso era lavorato da un orefice locale che realizzava pendagli, vaghi per collane, orecchini, diademi e un enigmatico tipo di ornamenti specificamente euboici, definiti dagli scavatori attachments.
Se i responsabili di tali traffici fossero gli Euboici o i Fenici è una questione destinata a rimanere ancora oggetto di discussione. Tuttavia, l'intensificarsi dei contatti tra l'Eubea e il Vicino Oriente è attestata da un notevole incremento in Oriente dell'importazione di skỳphoi a semicerchi pendenti (pendent-semicircle skỳphoi), caratteristici della ceramica dell'isola; alle vecchie testimonianze da al-Mina, Tell Abu Hawam e Ḥama può adesso essere aggiunto un considerevole numero di nuovi reperti soprattutto da Tiro e da Cipro.
I contatti tra L. e Grecia settentrionale sono documentati da brocche lavorate a mano e lustrate, caratterizzate da colli tronchi. La prova più importante di tali contatti, tuttavia, va forse riconosciuta in una figurina risalente al 900 a.C. che rappresenta un centauro, probabilmente un centauro particolare se l'incisione sulla gamba sinistra sta a indicare la ferita inflitta a Chirone da Eracle, come si è sostenuto (per ulteriori riferimenti e per una sua illustrazione, v. s 1970, p. 312, fig. 327, s.v. Eretria). Sembrerebbe, dunque, contrariamente a molte diffuse opinioni, che il mito greco avesse una sua diffusione, con rappresentazioni iconografiche riconoscibili, già dagli inizî del IX sec. a.C.
In una prima fase delle operazioni di scavo, si riteneva che una delle necropoli della località Toumba contenesse i reperti più lussuosi e la maggior parte dei beni importati dal Vicino Oriente. Il motivo di ciò è stato chiarito dai più recenti scavi anglo-greci: questo colle, sul cui bordo è situata la necropoli, era di natura artificiale, e ricopriva una struttura databile al Protogeometrico. Sebbene seriamente danneggiata dagli sterri attuati con escavatori, questa struttura rivela ancora le sue dimensioni monumentali: 10 x 47 m; essa sorgeva su una piattaforma livellata nella roccia ed era costituita da muri poggianti su un alto zoccolo in pietra che costituiva la base per le sovrastrutture in mattoni crudi. Nonostante i danni subiti, la sua pianta è ancora abbastanza leggibile. Sul lato E presentava un portico, in gran parte distrutto, con un'ampia entrata da cui si passava a un'anticamera approssimativamente quadrata; al di là di quest'ambiente si apriva la lunga sala rettangolare. A partire da quest'ultima, un corridoio tra due piccole camere laterali raggiungeva il lato occidentale absidato, anch'esso gravemente rovinato, ma conservante una serie di fosse, probabilmente destinate a contenere giare. Undici pali di legno erano disposti al centro dell'ambiente, e sostenevano un tetto in paglia. Pali lignei di sostegno, di sezione rettangolare, erano posti a brevi intervalli lungo le pareti interne dei muri; una simile fila di pali correva sul lato esterno della struttura, evidentemente a sostenere una veranda.
Approssimativamente al centro dell'edificio, erano due profonde fosse scavate nella roccia. Una di esse conteneva gli scheletri di quattro cavalli, due dei quali conservavano ancora nella bocca frammenti del morso in ferro. L'altra era stata accuratamente rivestita con una guaina di mattoni crudi, rifinita con intonaco a base d'argilla, e conteneva il corpo di una donna, steso lungo una delle pareti; in essa era deposta anche un'anfora di bronzo decorata, contenente a sua volta ossa combuste, forse bende di stoffa e un abito arrotolato di lino - evidentemente i resti di un guerriero, la cui spada, insieme a una punta di lancia e a una cote, erano state poste accanto all'urna. Nonostante la corrosione e i danni subiti, le decorazioni dell'orlo e dei manici dell'anfora sono ancora leggibili. Sull'orlo è rappresentata una serie di tori, leoni e altri animali, tra i quali sono raffigurati cacciatori nell'atto di tendere gli archi. L'anfora è verosimilmente da considerare di produzione cipriota.
Lo scheletro della donna è stato rinvenuto con un ricco corredo: due spirali dorate per capelli, una collana d'oro, fibule di bronzo e di ferro dorato, due dischi d'oro lavorati a sbalzo, uno su ciascun seno, due anelli d'oro e d'argento infilati alle dita, un coltello di ferro con il manico d'avorio posto accanto alla testa. La collana d'oro con pendaglio dalla fine decorazione a granulazione trova un preciso confronto in un esemplare da Babilonia, risalente al 2000 a.C. circa; essa fu dunque deposta nella tomba quale pezzo di antiquariato.
L'edificio è stato identificato come heròon o per lo meno come casa monumentale eretta in memoria di un guerriero defunto, cui venne data una sepoltura decisamente simile a quella degli eroi, descritta nei poemi omerici. La costruzione potrebbe essere stata concepita anche per altre funzioni, ma non disponiamo di reperti chiarificatori. Subito dopo la sua erezione, forse a causa di danni strutturali, i muri del monumento furono parzialmente smantellati e i resti vennero interrati. Il riempimento, che ha rivelato una cospicua quantità di frammenti ceramici tipologicamente assimilabili ai pochi vasi rinvenuti sul pavimento dell'edificio, appartiene a uno stadio tardo della fase medio-protogeometrica di L. e dovrebbe risalire al 950 a.C. circa.
Nella stessa epoca può essere datato un monumentale cratere d'argilla, che era stato posto accanto alle fosse funerarie: la sua cronologia sarebbe altrimenti di difficile definizione per via dell'unicità delle sue dimensioni e della decorazione.
In seguito all'abbandono della costruzione, le sepolture cominciarono a essere praticate all'esterno, sul lato orientale; esse ospitavano probabilmente i membri della famiglia o del clan del guerriero inumato all'interno dell'edificio, nel quale potrebbe forse essere riconosciuta la figura del re. Questa necropoli, al pari delle altre situate nelle immediate vicinanze, cessò di essere utilizzata dopo Γ825 a.C. circa, quando l'esistenza dell'edificio era ormai dimenticata.
Bibl.: M. R. Popham, L. H. Sackett (ed.), Excavation at Lefkandi. Euboea 1964-66, Londra 1968; M. R. Popham, E. Milburn, The Late Helladic IIIC Pottery of Xeropolis (Lefkandi): a Summary, in BSA, LXVI, 1971, pp. 333-352; M. R. Popham, L. H. Sackett, P. G. Themelis (ed.), Lefkandi, I. The Iron Age Settlement, Londra 1980; M. R. Popham, E. Touloupa, L. H. Sackett, Further Excavations at Lefkandi, 1981, in BSA, LXXVII, 1982, pp. 213-248; iid., The Hero of Lefkandi, in Antiquity, LVI, 1982, pp. 169-174; P. G. Calligas, Excavations at Lefkandi, Euboea 1981-84, in Αρχειον Ευβοικων Μελετων, XXVI, 1984-85, pp. 253-269; M. R. Popham, P. G. Calligas, L. H. Sackett (ed.), Lefkandi, II, 1-2. The Protogeometric Building at Toumba, Londra 1990-1993.
(M. R. Popham)