OMOPOLARI, LEGAMI (XXV, p. 349; App. II, 11, p. 454)
La continua e rapida evoluzione dello studio del legame chimico si sviluppa essenzialmente seguendo una teoria rigorosa che si vale dei metodi della meccanica quantistica per calcolare ogni proprietà molecolare partendo dai soli principî fondamentali e dalle proprietà delle particelle. Contemporaneamente, però, una gran mole di proficuo lavoro viene svolto con l'aiuto di teorie semplificate, dette "semiempiriche" perché utilizzano in parte il valore di alcune grandezze, che intervengono nei calcoli, deducendolo dall'esperienza. Tali teorie, pur partendo da un'impostazione corretta, ricorrono poi a drastiche semplificazioni a vantaggio di una maggiore maneggevolezza e facilità di applicazione. Daremo una rapida esposizione dei recenti sviluppi del metodo più generale anche perché i metodi semiempirici si appoggiano prevalentemente sui risultati del primo.
Ogni teoria rigorosa del legame chimico si basa sullo studio quantomeccanico dell'interazione di un sistema di molte particelle (i varî nuclei e tutti gli elettroni della molecola). Pertanto una conoscenza esauriente delle proprietà chimico-fisiche molecolari (energia dei legami, ripartizione elettronica, costanti delle forze interatomiche, proprietà spettroscopiche, ecc.) si ottiene calcolando i possibili livelli energetici Em e le corrispondenti autofunzioni Ψm che descrivono completamente il comportamento degli elettroni e dei nuclei. Una volta note queste autofunzioni si può calcolare, in via di principio, ogni proprietà osservabile della molecola nel generico stato Em, associando un operatore o alla grandezza osservabile O che si desidera conoscere, e calcolando il valor medio di o mediante l'espressione
in cui xi rappresenta l'insieme delle coordinate di posizione e di spin della particella i-esima, e dτ = dx1dx2 ... dxN è l'elemento di volume dello spazio delle configurazioni per le N particelle.
Naturalmente, come nella meccanica classica, il problema di molte particelle è insolubile, in termini esatti, già per N > 2; pertanto è inevitabile ricorrere a metodi approssimati.
Nei problemi quantistici molecolari una prima semplificazione ragionevole è quella di Born-Oppenheimer secondo la quale viene studiato il moto degli elettroni pensando i nuclei fermi, dato che la loro massa è molte migliaia di volte superiore a quella degli elettroni (per il carbonio, per es. Mnucleo/Melettrone > 20000). In questa approssimazione le distanze internucleari assumono il ruolo di parametri, e il problema viene risolto, volta a volta, in una ben determinata configurazione dei nuclei. Trascurando le interazioni magnetiche e gli effetti relativistici, l'equazione d'onda per gli n elettroni prende allora la forma:
ovvero, più concisamente: HΨ = EΨ in cui Ψ(x1 x2 ... xn) è una funzione normalizzata che è antisimmetrica rispetto allo scambio delle coordinate degli elettroni, e cioè soddisfa alla condizione
in cui P è un operatore di permutazione che opera sugli indici delle n coordinate xi; e p è la sua parità.
Nella [2] l'operatore Hamiltoniano H è costituito dai termini di energia cinetica
da quelli di energia potenziale
dell'iesimo elettrone rispetto ai nuclei di carica Zα e infine dai termini di repulsione elettronica
tra l'elettrone i-esimo e quello j-esimo.
Una volta nota la funzione Ψ, l'energia E corrispondente si calcola moltiplicando a sinistra ambo i membri della [2] per Ψ* e integrando a tutto lo spazio:
Tuttavia, per il calcolo dell'energia e di ogni altra proprietà osservabile di interesse chimico, non è indispensabile conoscere esplicitamente le funzioni d'onda, ma solamente una serie di cosiddette "matrici densità" che sono funzioni delle Ψ. Per introdurre queste "matrici densità" nel modo più semplice, si può partire, per esempio, dal calcolo dell'energia mediante la [3]; l'estensione a qualunque altra osservabile è ovvia.
Semplifichiamo la scrittura dell'operatore H nel modo seguente:
riunendo in un unico operatore monoelettronico Hi l'energia cinetica e quella potenziale (rispetto ai nuclei) del generico elettrone i-esimo. Inoltre, per comodità di notazione, scriviamo la [3] nella forma:
con la convenzione che l'operatore Hamiltoniano operi solo sulle coordinate senza accento e che, una volta effettuata l'operazione, venga posto di nuovo xi′ = xi. Se teniamo presente la identità degli elettroni, e quindi degli operatori monoelettronici Hi e bielettronici
la [4] può essere scritta anche:
e, se chiamiamo
la [5] si scrive anche:
Alle funzioni γ(x1′x1) e Γ(x1′x2′/x1x2) si dà il nome di matrici densità del primo e del secondo ordine rispettivamente.
Gli elementi diagonali di queste matrici godono delle ovvie proprietà
e pertanto le matrici stesse hanno il seguente significato: γ(x1/x1)dx1 è uguale ad n volte la probabilità di trovare un elettrone nell'elemento di volume dx1 che definisce la sua posizione e il suo spin, mentre tutti gli altri hanno posizioni e spin qualsiasi; Γ(x1x2/x1x2)dx1dx2 è uguale alla probabilità di trovare un elettrone in dx1 e un altro in dx2 quando tutti gli altri hanno spin e posizioni arbitrarî. A causa poi dell'antisimmetria della Ψ, la matrice densità del secondo ordine gode anche della proprietà:
e quindi
L'azzerarsi della matrice densità del secondo ordine per x1 = x2 mostra che è nulla la probabilità di trovare contemporaneamente due elettroni di uguale spin nello stesso punto dello spazio; e poiché la Γ(x1′x2′/x1x2) non è mai negativa, si ha, nel punto x1 = x2, una "buca" nella funzione probabilità, che deriva direttamente dal principio di Pauli ed è chiamata anche "buca di Fermi".
Vediamo ora qualche metodo approssimato per trattare i sistemi di più particelle. Se l'operatore Hamiltoniano fosse costituito soltanto da una somma di operatori monoelettronici, la funzione d'onda complessiva (sempre nella approssimazione di Born-Oppenheimer) sarebbe esprimibile semplicemente come un prodotto di n funzioni
una per ciascun elettrone. Sarebbe allora facile costruire, mediante la [11], una autofunzione dello stesso operatore che sia anche antisimmetrica rispetto allo scambio delle coordinate degli elettroni. Tale è la funzione proposta da Slater che ha la forma:
Sfortunatamente, però, l'operatore Hamiltoniano non contiene soltanto termini monoelettronici, ma anche termini dipendenti dalle coordinate di due particelle,
che impediscono la separazione delle variabili sopra ricordata. Tuttavia, poiché la parte bielettronica di H può essere scritta:
sembra lecito il tentativo di sostituire l'ultima somma con un valore medio scrivendo:
È questa la cosiddetta "approssimazione di Hartree-Fock del campo selfconsistente"; in essa gli operatori approssimati monoelettronici −Hi dipendono direttamente dalla ripartizione spaziale media degli altri elettroni.
D'ora in avanti ci riferiremo sempre a questa approssimazione scrivendo le Ψ(x1x2 ... xn) nella forma [12] con funzioni monoelettroniche Ψk(xk) ortogonali e normalizzate, cioè tali che
Con una funzione d'onda polielettronica di questo tipo non è difficile mostrare che, ricordando la [12] e la [14], le matrici densità [6] diventano:
Per le funzioni monoelettroniche Ψk poi, la forma più spesso adottata è quella di spinorbitali molecolari la cui parte spaziale è costruita come combinazione lineare degli orbitali atomici χr. dei varî atomi della molecola; si scrive cioè:
in cui
e σ è una delle due autofunzioni di spin α o β relative a spin 1/2 e − 1/2 rispettivamente. (Approssimazione MO LCAO SCF dall'inglese "Self Consistent Field Molecular Orbitals Linear Combinations of Atomic Orbitals").
Di solito, nello stato fondamentale delle molecole, gli n = 2m elettroni vengono "alloggiati" a due a due, a spin antiparallelo, su
funzioni spaziali ϕk.
Se chiamiamo
la matrice riga dei ν orbitali "atomici", considerati per ora come un gruppo ortogonale (restrizione che elimineremo in seguito), e se indichiamo con
la matrice rettangolare dei ν coefficienti delle m funzioni ϕk, allora l'insieme delle funzioni ϕk prende la forma della matrice riga:
Adottando queste notazioni si ottengono agevolmente, dopo integrazione sui fattori di spin, le seguenti espressioni per le matrici densità (15):
in cui qi rappresenta ora le sole coordinate di posizione dell'elettrone i-esimo, mentre
è l'elemento generico della matrice Hermitiana R = cc+ costruita a partire dalla [18]. Come si vede dalle [20], una volta prescelti gli orbitali atomici di base (17), ogni proprietà osservabile della molecola diventa funzione esclusivamente della matrice P = 2R che chiameremo "matrice densità per i coefficienti".
Per l'energia, per esempio, ricordando la [7] si ha:
ovvero, chiamando
e introducendo una nuova matrice G i cui elementi siano definiti da:
l'energia [22] si scrive:
Le considerazioni finora svolte poggiano sulla tacita ipotesi di una conoscenza esplicita delle matrici densità. In realtà il problema dello studio quantomeccanico delle proprietà chimico fisiche di una molecola è proprio quello del calcolo di queste matrici. A tal fine, nel metodo MO LCAO SCF, come in molti altri problemi di meccanica ondulatoria, si fa uso del principio variazionale: si cercano, cioè (una volta scelti gli orbitali "atomici" di base [17]), quelle combinazioni lineari, definite dalla matrice c, che minimizzino l'energia, o meglio, quella matrice R che realizzi lo stesso scopo (poiché l'energia è direttamente funzione di R piuttosto che di c).
La condizione di minimo si scrive:
e il calcolo della R che soddisfa alla (26) viene condotto per passi successivi con un metodo iterativo.
Data la limitazione dello spazio non è possibile scendere nei dettagli del calcolo; ci limiteremo pertanto ad esporre solo i punti essenziali del metodo.
Si parte da una matrice R0, arbitraria, che soddisfi alla condizione di idempotenza R0R0 = R0; da questa si calcola una nuova matrice R1 migliorata mediante la relazione:
in cui le matrici I e J sono definite dalle espressioni:
mentre
ed I′ è una matrice con elementi
Una volta trovata la matrice R1, si ricomincia il ciclo fino alla convergenza.
Quanto si è detto finora per il caso di orbitali "atomici" ortogonali resta perfettamente valido anche nel caso di non ortogonalità, purché la matrice H + G = F venga sostituita dalla −F = S-½FS-½ calcolabile dalla F, una volta nota la matrice delle sovrapposizioni S con elementi
Elenchiamo ora brevemente alcune applicazioni della matrice R, o meglio della matrice densità P = 2R.
a) Se nella (25) si pone
l'energia elettronica può essere scritta nella forma più compatta E = tr P&out;f ovvero, sviluppando
cioè l'energia totale elettronica può pensarsi suddivisa in varî addendi associati alcuni agli orbitali atomici, gli altri alle varie "sovrapposizioni" e quindi, in ultima analisi, ai legami.
b) Qualsiasi grandezza molecolare di interesse chimico fisico può essere calcolata dalla matrice P; il momento elettrico, per esempio (chiamando r il raggio vettore di un generico elettrone) si deduce facilmente dalla relazione:
in cui r è una matrice con elementi
che si possono calcolare senza difficoltà una volta fissate le funzioni "atomiche" di base.
c) A partire sempre dalla P è possibile costruire una nuova matrice &out;t (con elementi &out;trs = PrsSrs), che chiameremo matrice di "popolazione", di notevole interesse per il chimico poiché descrive dettagliatamente la ripartizione della carica elettronica all'interno della molecola. Infatti gli elementi &out;tre misurano (in unità e) le quantità di carica che si trovano sulle "distribuzioni" normalizzate
in particolare gli elementi diagonali di questa matrice rappresentano le cosiddette "popolazioni orbitali nette", mentre quelli fuori diagonale rappresentano le "popolazioni di sovrapposizione".
Accanto alla popolazione orbitale netta si può definire "popolazione orbitale lorda"
quella che si ottiene sommando alla popolazione netta dell'orbitale χr,. metà della popolazione delle sovrapposizioni tra χr e tutti gli altri orbitali della molecola (cioè sommando tutti gli elementi di una riga della matrice &out;t). Questa ultima grandezza misura la carica complessiva che occupa l'orbitale considerato. Per esempio, sui due atomi della molecola di CO, la popolazione elettronica "lorda" è:
mentre sui tre atomi di una molecola d'acqua (riferita al sistema di assi della figura adiacente) si ha:
In ambedue i casi si nota una notevole promozione degli elettroni 2s e un discreto trasferimento di carica tra gli atomi (0,o9e nel CO dal C all'O; 0,35e nell'H2O dagli H all'O).
La teoria del campo selfconsistente nella forma MO LCAO presentata da Roothaan, o in quella più compatta di Löwdin, Mc Weeny ed altri autori, esposta sommariamente in queste pagine, rappresenta un evidente progresso, rispetto alla teoria classica degli orbitali di H. M. H. (v. omopolari, legami; XXV, p. 349); essa è stata applicata allo studio non solo di alcune molecole semplici (come LiH, CO, N2, H2O, CH4, ecc.), ma specialmente di numerose molecole organiche insature contenenti doppî legami coniugati. Per queste molecole i calcoli numerici sono di una complessità tale, a causa del numero molto grande di elettroni presenti (per il benzolo, ad esempio, N = 42), che si è reso indispensabile semplificare il problema studiando il comportamento dei soli elettroni π dei doppî legami (calcoli del genere possono ovviamente essere proficuamente eseguiti solo con calcolatrici elettroniche). Anche con questa drastica semplificazione sono stati raggiunti, tuttavia, risultati di notevole e diretto interesse chimico. È stato messo in evidenza, per esempio, il ruolo importante delle popolazioni orbitali Prs nella reattività chimica dei varî atomi della molecola rispetto alle reazioni a carattere elettrofilo o nucleofilo; si è inoltre dimostrato come gli elementi fuori diagonale Prs della matrice P (cui nel caso di molecole insature si è dato il nome di "indici di doppio legame") possono servire a calcolare le distanze interatoNiiche e le costanti delle forze di legame. tnfine, partendo dalla considerazione che la
per ogni particolare atomo r, non può eccedere un certo massimo C, è stata introdotta la grandezza
(cui si dà il nome di "indice di valenza libera") che rappresenta l'affinità residua dell'atomo considerato e fornisce un criterio per la valutazione della reattività rispetto alle reazioni radicaliche.
Tutte le applicazioni qui indicate si riferiscono allo stato fondamentale della molecola, ma, con opportune generalizzazioni, il metodo è stato esteso anche allo studio degli stati eccitati e delle configurazioni molecolari metastabili che intervengono durante i processi di reazione.
Bibl.: C. A. Coulson, in Proc. Roy. Soc., CLXIX (1939), p. 413; C. A. Coulson e H. C. Longuet-Higgins, ibidem, CXCI (1947), p. 39; ibidem CXCII (1947), p. 16; C. G. J. Roothaan, in Rev. Mod. Phys., XXIII (1951), p. 69; P. O. Löwdin, in Phys. Rev., XCVII (1955), pp. 1474, 1490, 1509; R. Mc Weeny, in Proc. Roy. Soc., CCXXIII (1954), pp. 63, 306; ibidem, CCXXVII (1955), p. 288; ibidem, CCXXXV (1956), pp. 355, 496; ibidem, CCLIII (1959), p. 242; R. S. Mulliken, in Jour. Chem. Phys., XXIII (1955), pp. 1833, 1841, 2338, 2343.