Abstract
Il legato è qualunque attribuzione patrimoniale a causa di morte priva del carattere di universalità. La parola è plurivoca: designa ora la disposizione testamentaria a titolo particolare, ora il titolo di acquisto. Nel primo senso, descrivendo le parole scritte o dettate dal testatore, nel secondo e consequenziale significato, la loro idoneità ad attribuire al designato la qualità di legatario. È risultato acquisito che l’atipicità non possa riferirsi alla struttura del legato, ma al suo contenuto. Il legato è un costante modello tipologico, una pura forma, la quale, proprio perché tale, è indifferente ai contenuti e, perciò, capace di tutti quelli che l’ordinamento giuridico consente e tollera: non soltanto quelli espressamente disciplinati, ma qualunque effetto reale o obbligatorio che l’ordinamento possa approvare, purché la prestazione sia lecita possibile e determinata. Il legatario acquista il diritto automaticamente e senza necessità di accettazione; il legato, salvo che il testatore non abbia altrimenti disposto, grava sugli eredi, i quali sono tenuti all’adempimento di esso. La straordinaria capacità effettuale del legato, nel rinsaldare l’idea che il testamento è un atto per la regolamentazione degli interessi post mortem dell’ereditando, conferma che esso merita a pieno titolo di essere considerato, da un punto di vista positivo, tra le fonti dell’obbligazione e, da un punto di vista dogmatico, tra i negozi giuridici.
La polisemia della parola legato si coglie non appena si scorrano le numerose disposizioni del codice civile nelle quali essa compare (Bonilini, G., Legato, in Dig. civ., X, Torino, 1993, 509 e ss.; Giordano-Mondello, A., Legato (dir. civ.), in Enc. dir., XIII, Milano, 1973, 721; E. Perego, E., I legati, in Tratt. Rescigno, VI, II ed., Torino, 1997, 221). Alle vòlte utilizzata per descrivere la disposizione testamentaria, altre vòlte per illustrare il rapporto giuridico, di tanto in tanto per declinare il titolo di acquisto (Masi, A., Dei legati, in Comm. c.c.. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1979, 1) o la forma della successione, è divisa non soltanto tra fattispecie ed effetto, ma anche tra autonomia ed eteronomia. Nel primo binomio qualora si abbia riguardo alla disposizione linguistica o alla vicenda di rapporto giuridico; nel secondo qualora si faccia riferimento al legato quale atto di privata autonomia o al cd. legato ex lege (es. art. 540, co. 2, c.c.) (Bonilini, G., Il legato, in Tratt. Bonilini, II, Milano, 2009, 400).
Divisione tra significati diversi e, talvolta, opposti che, tuttavia, smarrisce il suo senso giuridico non appena, abbandonato lo stretto terreno delle norme, l’attenzione trascenda al ruolo che tradizione ed esperienza consegnano alla figura, siccome capace di consentire al testatore, nelle sue varie e possibili configurazioni, di rendere tangibili i propri sentimenti (Bonilini, G., I legati, in Comm. c.c. Schlesinger, II ed., Milano, 2006, 4 e s.; Id., Il legato, cit., 400), siano essi di affetto, riconoscenza e stima o di indifferenza, ingratitudine e riprovazione. Nell’un caso quando il legato sia dettato dal genuino intento di beneficare il legatario, nel secondo (cd. legato infamante) quando sia esplicitato il disonorante motivo individuale che sorregge la disposizione testamentaria.
Divisione che, però, diventa straordinariamente rilevante da un punto di vista giuridico, quando la qualificazione della disposizione testamentaria in termini di legato importa quale corollario, con tutte le conseguenze disciplinari che da essa è possibile togliere, la riconducibilità a un tipo, o forma di successione a causa di morte: quella a titolo particolare. Ciò spiega l’antica e mai consumata fatica in cui gli studiosi si sono provati nel tentativo di tracciare, in termini di fattispecie, il confine tra legato e istituzione di erede. Compito che il legislatore affida alla disposizione di cui all’art. 588 c.c., la cui lettera restituisce, subito, al legato un carattere residuale (Lops, F.P., Il legato, in Rescigno, P., a cura di, Successioni e donazioni, I, Padova, 1994, 988; Barba, V., Istituzione ex re certa e divisione fatta dal testatore, in Riv. dir. civ., 2012, 53 ss.), delineando la figura in negativo.
Il legislatore, dopo aver descritto le disposizioni a titolo universale in termini positivi, stabilisce che «le altre disposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono la qualità di legatario». Inoltre, il secondo comma chiarisce che la tecnica logico-linguistica consistente nell’indicazione di un bene o un complesso di beni determinato non esclude che si tratti di istituzione di erede, qualora risulti dall’atto, che il testatore intese assegnare quel bene o quel complesso di beni come quota del proprio patrimonio (Amadio, G., La divisione del testatore senza predeterminazione di quote, in Riv. dir. civ., 1986, I, 249; Id., L’oggetto della disposizione testamentaria, in Rescigno, P., a cura di, Successioni e donazioni, cit., 914; Mengoni, L., L’istituzione di erede «ex certa re» secondo l’art. 588, comma 2°, c.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 1948, 762; Barba, V., Istituzione ex re certa e divisione fatta dal testatore, cit., 53 ss.; Bonilini, G., I legati, cit., 37 s.; Delle Monache, S., Testamento, Disposizioni generali. Artt. 587-590, in Comm. c.c. Schlesinger, Milano, 2005, 170; Basini, G.F., “Lasciti” di beni determinati ed istituzione di erede ex re certa, in Fam., Pers. e Successioni, 2007, 245; Perlingieri, G., Heredis institutio ex re certa, acquisto di beni non contemplati nel testamento e l’art. 686 codice civile, in Studi in onore di G. Gabrielli, anche in Le corti Salernitane, 2010, e in Riv. trim dir. proc. civ., 2011).
Al legato, dunque, parrebbe riservato soltanto lo spazio vuoto lasciato dalle disposizioni a titolo universale. Gli è, però, che tale tecnica di costruzione della fattispecie, ben lungi dallo svilire o asciugare quello spazio, finisce, in realtà, per esaltarlo e ampliarlo, comprimendo l’area delle disposizioni a titolo universale e attraendo al suo interno non soltanto quelle che sicuramente non sono a titolo universale, ma anche quelle rispetto alle quali non v’è certezza che lo siano (contra: Tatarano, M.C., Il testamento, in Tratt. dir. civ. C.N.N., VIII, 4, Napoli, 2003, 360 e s.). Confermando, così, che il legato è qualsivoglia attribuzione patrimoniale a causa di morte che sia priva del carattere dell’universalità (Bonilini, G., I legati, cit., 34 e s.) e che la nozione di legato deve essere determinata in contrapposto a quella di erede.
Il legato è, dunque, atto gratuito, il quale, sebbene risulti sovente retto da un intento liberale, potrebbe esserne anche privo (Bonilini, G., I legati, cit., 22 e ss.; Giordano-Mondello, A., Legato (dir. civ.), cit., 724; Perego, E., I legati, cit., 222; Romano, C., I legati, in Calvo, R.-Perlingieri, G., a cura di, Diritto delle successioni, Napoli, 2008, 2, 986. Contra: Simoncelli, V., Istituzioni di diritto privato italiano, Roma, 1917, 290 e anche. Azzariti, F. S.-Martinez, G.-Azzariti, Giu., Successioni per causa di morte e donazione, VI ed., Padova, 1973, 498), perché il testatore non ha inteso beneficare l’onorato, perché la disposizione è stata confezionata per ragioni diverse, perché l’attribuzione è appesantita da un modus che ne assorbe in toto l’utilità, o perché il legato ha a oggetto beni privi di ogni possibilità di mercato (Masi, A., Dei legati, cit., 86, secondo cui sarebbe indispensabile rintracciare un’acquisizione di carattere patrimoniale).
Disposizione a titolo particolare che deve essere necessariamente contenuta in un atto che possa essere qualificato come testamento e che non reclama né l’uso di forme particolari, né l’adozione di formule sacramentali, purché risulti l’intenzione di attribuire diritti particolari a causa di morte.
Non appena si legga la norma di cui all’art. 587 c.c., la quale definisce il testamento come l’atto con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte o di parte delle proprie sostanze, ossia come l’atto destinato a trasferire la propria ricchezza ad altri, si coglie la difficoltà di attribuirgli la capacità di produrre vicende di rapporti giuridici diverse dalla modificazione soggettiva, o dalla costituzione cd. traslativa (la tipica ipotesi di costituzione a favore del destinatario di un diritto reale limitato). La difficoltà, tuttavia, può essere superata in una dimensione complessiva, la quale, rileggendo l’intera materia delle successioni testamentarie, consenta di avvertire che il testamento è, piuttosto, l’atto con il quale il de cuius regolamenta tutti i proprî interessi post mortem (Bonilini, G., Autonomia testamentaria e legato. I legati così detti atipici, Milano, 1990, 1 e ss. e spec. 96). Deve, infatti, reputarsi largamente superata l’idea che si possa parlare nel nostro ordinamento giuridico di legati tipici. La migliore dottrina (Bonilini, G., Autonomia testamentaria e legato, cit., 55) ha dimostrato che l’atipicità non si può riferire alla struttura, ma al contenuto del legato, il quale rimane un costante modello tipologico; un’astratta struttura, sempre eguale a sé stessa, indipendentemente dal contenuto con il quale essa venga, volta a volta, riempita e in grado, perciò, di garantire la razionalità del succedere. Una pura forma, la quale, proprio perché tale, è indifferente ai contenuti e, perciò, capace di tutti quelli che l’ordinamento giuridico consente e tollera: non soltanto quelli espressamente disciplinati, ma qualunque effetto reale o obbligatorio che l’ordinamento possa approvare. L’ammissibilità di un legato a effetti diversi da quelli espressamente regolati non reclama una valutazione di meritevolezza (contra, Capozzi, G., Successioni e donazioni, II, Milano, 1982, 651. Per un controllo di legalità costituzionale: Romano, C., I legati, cit., 1034), bensì una valutazione del concreto rapporto giuridico e della precisa vicenda che da esso deriva, avendo riguardo alle norme sulla patrimonialità della prestazione e a quelle sulla liceità, possibilità e determinatezza o determinabilità dell’oggetto (Bonilini, G., Autonomia testamentaria e legato, cit., 81 ss, spec. par. 13).
Svolti questi chiarimenti è facile capire che il legato è capace di tutte le principali vicende del rapporto giuridico assoluto e relativo e, in specie, quelle costitutive, quelle modificative e quelle estintive. Ed è capace sia di realizzarle direttamente e immediatamente, sia indirettamente e mediatamente, vincolando gli onerati a compierle (Barba, V., Disposizioni testamentarie costitutive, modificative ed estintive di rapporto obbligatorio, in Fam., Pers. Successioni, 2012, 15-28; Di Mauro, N., Le disposizioni modificative ed estintive del rapporto obbligatorio, in Tratt. Bonilini, II, La successione testamentaria, Milano, 2009, p. 805; Id., Le disposizioni modificative ed estintive del rapporto obbligatorio, Milano, 2005, 238 e s.). Va da sé, però, che se la disposizione testamentaria, pur avendo quale causa ultima la produzione di una certa vicenda di rapporto giuridico obbligatorio, ne affidi il compimento al successore, essa sarà meramente costitutiva di un rapporto giuridico obbligatorio. Il suo effetto immediato e diretto sarà, per l’appunto, la costituzione di un obbligo in capo al successore, obbligo in forza del quale quest’ultimo sarà tenuto al compimento del fatto o dell’atto che, a sua volta, sarà la causa immediata e diretta della vicenda di rapporto giuridico avuta in mente da parte dell’ereditando.
I soggetti coinvolti nella successione a titolo particolare sono il legatario, detto anche onorato, ossia il beneficiario dell’attribuzione mortis causa, e l’onerato, ossia il soggetto a carico del quale risulti posto l’adempimento del legato.
Per stabilire chi sia onerato e onorato del legato deve aversi esclusivo riguardo al rapporto generato immediatamente e direttamente dal legato e non anche, qualora il legato abbia carattere obbligatorio, all’eventuale rapporto che deriva dall’attuazione di quello. Non vi è dubbio, infatti, che l’attuazione del rapporto di legato possa comportare vantaggi e svantaggi a favore e carico anche di altri soggetti diversi dai protagonisti della vicenda successoria. Coloro che conseguano vantaggi mediati e indiretti o condicionis implendae causa capiens, non per questo possono considerarsi legatarî (Bonilini, G., I legati, cit., 64; Bonilini, G., Il legato, cit., 433).
Il legatario o onorato può essere, purché capace di ricevere per testamento, una persona fisica, un ente o, alle condizioni poste all’art. 462, co. 3, c.c., il concepito o il concepturus (Bonilini, G., Il legato, cit., 434 e s.). Occorre, però, che il legatario sia una persona determinata o determinabile (Giorgianni, M., Il modus testamentario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1957, 893 e ss.). Perché ove il beneficiario fosse solo genericamente individuabile, la disposizione dovrebbe essere qualificata quale modus e non già quale legato.
L’assoluta indeterminatezza del legatario rende nulla la disposizione, mentre l’erronea indicazione non importa inefficacia della medesima se dal contesto del testamento, o altrimenti, risulti in modo non equivoco quale persona il testatore voleva nominare. L’individuazione del beneficiario può essere affidata anche all’arbitrio di un terzo, purché, però, quest’ultimo non debba scegliere a suo mero piacimento, bensì entro una rosa di più persone (o enti) determinate dal testatore o appartenenti a famiglie o categorie di persone da lui determinate (Irti, N., Disposizione testamentaria rimessa all’arbitrio altrui, Milano, 1967).
Legatario può essere anche l’erede. In tal caso il testatore può disporre che il legato debba gravare su altro coerede, su altro legatario, o che sia a carico di tutta l’eredità. In tale ultimo caso si discorre di pre-legato, il quale si considera come legato per l’intero ammontare. Il prelegatario deve essere soddisfatto, per l’intero ammontare, in pre-deduzione, con la conseguenza che i coeredi potranno dividere soltanto ciò che residua. La figura serve, dunque, per assicurare a un coerede un’attribuzione patrimoniale oltre e in più alla quota di eredità (Masi, A., Dei legati, cit., 7; Trabucchi, A., Legato (dir. civ.), in Nss.D.I., IX, Torino, 1963, 608 ss.; Romano, C., I legati, cit., 1019-1028).
Di norma il legatario non risponde dei debiti ereditarî; sopporta, però, i pesi gravanti sulla cosa posta a oggetto del legato (art. 668 c.c.) (Masi, A., Dei legati, cit., 133; Bonilini, G., Il legato, cit., 438) e risponde ipotecariamente, come terzo possessore, del debito ereditario che fosse garantito sul bene immobile oggetto del legato (art. 756 c.c.). Il testatore, in deroga a ciò, può stabilire che il legatario sia gravato dall’adempimento di oneri, con precisazione che il legatario è, comunque, tenuto nei limiti del valore (Masi, A., Dei legati, cit., 149) del bene ricevuto (Bonilini, G., I legati, cit., 71 e ss.; Masi, A., Dei legati, cit., 134).
Il legatario, pur non potendo essere assimilato a un creditore dell’eredità (Azzariti, F.S.-Martinez, G.-Azzariti, Giu., Successioni per causa di morte e donazione, cit., 508; Lops, F.P., Il legato, cit., 995 e s.), acquista un diritto deteriore rispetto a quelli dei creditori ereditarî (arg. ex artt. 495, 514, 549 e 554, 756) (Bonilini, G., Il legato, cit., 440).
Onerato è colui a carico del quale è posto il legato. Se il testatore non dispone nulla, il legato è a carico di tutti gli eredi che rispondono in proporzione alla quota e non solidalmente (Perego, E., I legati, cit., 226). Il testatore, però, può stabilire che il legato debba gravare soltanto su uno o più coeredi, su uno o più legatarî o congiuntamente a carico di uno o più eredi o legatarî (Masi, A., Dei legati, cit., 107 e s.). In tale ultimo caso si discorre di sub-legato o, preferibilmente, di legato in subordine (Lops, F.P., Il legato, cit., 1034, preferisce legato a carico del legatario).
Onerato potrebbe essere anche un erede legittimario. Poiché, però, sulla quota necessaria non possono essere posti pesi o condizioni, il legittimario potrà sottrarsi all’obbligo di adempiere il legato, qualora esso gravi interamente sulla quota di riserva, mentre dovrà domandarne la riduzione qualora gravi sulla quota di riserva solo in parte.
Gli eredi onerati sono tenuti, salvo il caso in cui non abbiano accettata l’eredità con beneficio di inventario, a soddisfare il legato ultra vires hereditatis (Bonilini, G., Il legato, cit., 444).
Il legato, poiché contenuto in un testamento, partecipa di tutte le vicende conosciute dall’atto mortis causa che lo contiene, in tema di validità, efficacia e revocazione. L’alienazione o la trasformazione della cosa legata o di parte di essa revoca il legato riguardo a ciò che è stato alienato o trasformato, ove pure l’alienazione sia annullabile per cause diverse da vizî della volontà o ove pure la cosa ritorni, successivamente, in proprietà del testatore (Giordano-Mondello, A., Legato (dir. civ.), cit., 752). Il legato di cosa inesistente nell’asse è inefficace; il legato di cosa esistente soltanto in parte nell’asse è efficace limitatamente per la quantità esistente; il legato di cosa del legatario al tempo dell’apertura della successione è nullo; il legato di cosa da prendersi da un certo luogo è efficace soltanto se le cose vi si trovino, o limitatamente alla parte di cose che vi si trovino, salvo che si provi che le cose erano state temporaneamente rimosse dal luogo in cui di solito erano custodite (Masi, A., Dei legati, cit., p. 61 ss).
A differenza dell’eredità, il legato si acquista automaticamente, senza bisogno di accettazione e al momento dell’apertura della successione, salvo che il testatore abbia voluto differire il momento di acquisto (Azzariti, F.S.-Martinez, G.-Azzariti, Giu., Successioni per causa di morte e donazione, cit., 503; Lops, F.P., Il legato, cit., 1005), mercé l’apposizione di una condizione sospensiva, o di un termine iniziale e salva l’ipotesi di legato a favore di minori soggetti alla potestà dei genitori, per l’acquisto del quale è necessaria l’autorizzazione del giudice (Lops, F.P., Il legato, cit., 1007. Contra Perego, E., I legati, cit., 255). Determinando un’attribuzione vantaggiosa per il beneficiario, il legislatore ha escluso che occorra una di lui accettazione. La quale, ove venisse compiuta, mentre non potrebbe avere alcun valore rispetto all’efficacia acquisitiva (contra, Cicu, A., Il testamento, II ed., Milano, 1951, 234; Ferri, L., Rinunzia e rifiuto nel diritto privato, Milano, 1960, 11 e s. Per una critica, Giordano-Mondello, A., Legato (dir. civ.), cit., 746; Masi, A., Dei legati, cit., 2), varrebbe soltanto a precludere al legatario l’esercizio del potere di rifiuto.
Qualora il legato sia a effetti reali, il legatario acquista immediatamente e direttamente la proprietà o il diritto (Masi, A., Dei legati, cit., 21). Deve, però, domandare all’onerato, nel caso in cui gli sia stata legata la proprietà o un diritto reale, il possesso della cosa, anche qualora sia stato espressamente dispensato da parte del testatore. Nel caso in cui il legatario abbia già il possesso, non è tenuto a chiederlo all’onerato, mentre qualora abbia la sola detenzione è ammissibile un tacito consenso dell’erede nel caso in cui si abbia il mutamento della detenzione in possesso.
Qualora il legato sia a effetti obbligatorî, il legatario acquista soltanto il diritto al legato, acquista, cioè, il diritto a pretendere da parte dell’onerato la prestazione dedotta nella disposizione testamentaria a titolo particolare. Con la precisazione che in caso di inadempimento dell’onerato, nei limiti in cui ciò sia ammissibile, il legatario può realizzare la propria pretesa di soddisfazione mediante l’esecuzione forzata in forma generica o specifica.
Benché il legato produca un vantaggio nella sfera giuridica del beneficiario, non v’ha dubbio che tale utilità determina, comunque, seppure in termini positivi, una modificazione della di lui sfera giuridica. Il legato, si atteggia, dunque, ad atto unilaterale a effetti ultra partem. Poiché non può tollerarsi che un effetto giuridico, ancorché favorevole, venga imposto e non offerto al terzo (Barba, V., La rinunzia all’eredità, Milano, 2008, 240 e ss.), il legislatore attribuisce al legatario il potere di rifiuto (Romano, C., I legati, cit., 996 e s.). Il legatario nel termine di prescrizione decennale (Azzariti, F.S.-Martinez, G.-Azzariti, Giu., Successioni per causa di morte e donazione, cit., 505) può rifiutare il legato e respingere, così, l’effetto acquisitivo (Masi, A., Dei legati, cit., 16 e s.). Si tratta, secondo la migliore ricostruzione, non già di un rifiuto impeditivo, ossia di un atto che impedisce il prodursi dell’effetto, bensì di un vero e proprio rifiuto eliminativo, ossia di un atto che elimina l’effetto già prodotto.
Nell’ipotesi in cui vi sia incertezza in merito all’intenzione del legatario di rifiutare o, nell’ipotesi in cui non si voglia attendere lo spirare del termine decennale, chi vi ha interesse può chiedere al giudice di fissare al legatario un termine entro il quale costui dichiari se intende rinunziare, con avvertimento che, in caso di mancato rifiuto, il legatario perde definitivamente il diritto di rinunziare (Masi, A., Dei legati, cit., 35 e ss.).
Il legislatore, pur attribuendo al legatario il potere di rifiuto, omette di dettarne la disciplina e, a differenza di quanto non accada per la rinunzia all’eredità, non prescrive eventuali formalità o requisiti di forma dell’atto Si esclude la validità di un rifiuto parziale (Masi, A., Dei legati, cit., 15 e s.). Secondo la migliore dottrina, il rifiuto del legato è a forma variabile. Esso è formale, anche per ragioni di pubblicità e annotazione nel caso in cui produca almeno uno degli effetti descritti all’art. 1350 c.c. (Cass., S.U., 29.3.2011, n. 7098, in Notariato, 2011, 260. Masi, A., Dei legati, cit., 13; Bonilini, G., I legati, cit., 211 e ss.; Stolfi, G., In tema di forma della rinunzia al legato, in Foro it., 1954, I, 754; Perego, E., I legati, cit., 256. In senso contrario, Ferri, L., Rinunzia e rifiuto nel diritto privato, cit., 95 e s.), mentre in tutti gli altri casi sarebbe amorfo, con la conseguenza che risulterebbe valido ed efficace anche quello implicito e quello tacito o per facta. È un atto di straordinaria amministrazione, che non tollera l’apposizione di termini o di condizioni, non revocabile, impugnabile soltanto per dolo o per violenza, ma non per errore, e suscettibile di essere oggetto di revocatoria ordinaria da parte dei creditori del legatario rinunziante (Masi, A., Dei legati, cit., 15 ss.).
Qualora il legatario rinunzi al legato o non possa acquistare il diritto si pone il problema della devoluzione.
Nell’ipotesi in cui il testatore abbia previsto una sostituzione, subentrano i sostituti, ossia i soggetti che il testatore ha designato per l’ipotesi in cui il legatario non possa o non voglia acquistare il diritto. In difetto di sostituzione, opera la rappresentazione, a meno che non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale. In difetto di rappresentazione e salvo che il testatore non abbia diversamente disposto, qualora a più legatarî sia stato legato uno stesso oggetto, ha luogo l’accrescimento. Il quale, in via eccezionale, opera anche nel caso in cui a più persone sia legato un usufrutto e una di esse venga a mancare dopo aver conseguito il possesso della cosa su cui cade l’usufrutto. Nell’ipotesi in cui non possa darsi neppure accrescimento, la porzione dell’erede mancante va a profitto dell’onerato, a meno che non si tratti di legato di usufrutto, nel quale la porzione dell’erede mancante si consolida con la proprietà (Giordano-Mondello, A., Legato (dir. civ.), cit., 737 e s.; Bonilini, G., Il legato, cit., 441 e s.).
Si considerano a effetti reali o a efficacia diretta (Masi, A., Dei legati, cit., 27) i legati che hanno per oggetto o per effetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale o il trasferimento di un altro diritto. A essi vanno aggiunti i legati rinunziativi. Il legato può aver a oggetto il diritto di proprietà o qualsiasi altro diritto reale; si esclude, però, la validità del legato di ipoteca (art. 2821 c.c.) e del legato di pegno. Perché il legato produca immediatamente e direttamente l’effetto, occorre, per un verso, che si tratti di un legato di specie, ossia che esso abbia a oggetto uno o più beni determinati del testatore, e, per altro verso, che il diritto legato sussista nel patrimonio del de cuius al tempo della sua morte. In difetto di tali requisiti, il legato è inefficace o, se efficace, produce effetti meramente obbligatorî. Nell’ipotesi di legato di cosa determinata soltanto nel genere (cd. legato di genere), il legato è sempre valido, (purché non si tratti di cosa determinata nel genere da prendersi dal patrimonio del testatore, caso nel quale l’efficacia del legato è subordinata all’esistenza di quelle al tempo dell’apertura della successione) ma a effetti obbligatorî. Per la sua attuazione l’art. 664 c.c. stabilisce che, salvo diversa disposizione, la scelta spetta all’onerato, il quale deve consegnare cose di qualità non inferiore alla media. Certamente da ascrivere al genere dei legati a efficacia reale, il legato di credito, ossia il legato con il quale il testatore trasferisce al legatario un proprio credito (Bonilini, G., I legati, cit., 317 e ss.; Masi, A., Dei legati, cit., 79). Da esso vanno separati il legato a favore del creditore (Bonilini, G., I legati, cit., 333 e ss.; Masi, A., Dei legati, cit., 84; Lops, F.P., Il legato, cit., 1045-1048) e il legatum debiti (Bonilini, G., I legati, cit., 339 e ss.; Giordano-Mondello, A., Legato (dir. civ.), cit., 765 e s.; Masi, A., Dei legati, cit., 86; Azzariti, F.S.-Martinez, G.-Azzariti, Giu., Successioni per causa di morte e donazione, cit., 531 e s.). Infine, per l’immediatezza del suo effetto, merita di essere considerato il legato di liberazione da un debito, ossia il legato con il quale il testatore dichiari di voler liberare il proprio debitore dalla sua obbligazione. Tale legato è efficace, purché il debito sussista o per la parte che sussista al tempo della morte del testatore. Esso determina l’immediata estinzione della obbligazione, secondo un meccanismo per larghi versi corrispondente a quello della remissione del debito (Bonilini, G., I legati, cit., 324 e ss.).
Il legato obbligatorio costituisce in capo al legatario un diritto di credito e in capo all’onerato un obbligo. Occorre, soltanto, che la prestazione del rapporto giuridico abbia contenuto patrimoniale, che sia lecita, possibile, determinata o determinabile. Essa può, indifferentemente, consistere in un dare, in un facere e in un non facere e può aver a oggetto una cosa o un fatto (Bonilini, G., Autonomia testamentaria e legato, cit., 101 e ss.).
Tra tutti, statisticamente, prevalenti, sono i legati di facere. Consista esso in un’attività materiale (es. imbiancare l’abitazione, costruire una villa, insegnare un’arte o un mestiere), ovvero in un’attività negoziale. La quale, a sua volta, può essere unilaterale (es. rinunzia d’un diritto, riconoscimento di un debito, ratifica di un negozio inefficace, prelazione), o plurilaterale (es. di contratto). Ricorrenti, nella prassi, i casi di legato di contratto di compravendita, di locazione (Bonilini, G., Autonomia testamentaria e legato, cit., 117 e ss.), di mutuo, di comodato, di lavoro subordinato di locazione d’opera, di rendita vitalizia (rara ipotesi rispetto alla quale esiste una precisa disciplina di legge all’art. 1872 c.c.), di fideiussione (Barba, V., Il legato di fideiussione, in Famiglia, Persone Successioni, 2011, 416- 427). Per la validità del legato di contratto occorre soltanto che non vi sia un contrasto all’ordine pubblico, ai buoni costumi, all’essenza e alla forma del contratto che il testatore attende e pretende venga concluso tra legatario e onorato. Un sol limite all’autonomia testamentaria potrebbe aver tratto ai contratti fondati sul c.d. intuitus personae.
Tra i legati aventi a oggetto un non facere, ricorrenti le ipotesi nelle quali il testatore, a vantaggio del legatario, imponga all’onerato di non esigere temporaneamente un credito già scaduto, di non esercitare atti di concorrenza, di non alienare un certo bene (Bonilini, G., Autonomia testamentaria e legato, cit., 157 e ss.; Bonilini, G., I legati, cit., 93 e ss.). Più complesso il legato che imponga all’onerato di non sopraelevare, perché questo potrebbe essere ricostruibile sia in termini di legato obbligatorio di non fare, che di legato costitutivo di una servitù altius non tollendi.
Il quadro può chiudersi con i legati aventi a oggetto un dare, tra i quali, non soltanto per la rilevanza pratica, ma anche per la funzione stimolatrice, talvolta afflittiva, e sovente risarcitoria, possono annoverarsi, sebbene la formula non sia sempre appropriata e felice, i cc.dd. legati punitivi (Bonilini, G., Autonomia testamentaria e legato, cit., 151 e ss.; Bonilini, G., I legati, cit., 156 e ss.). Tra essi assume rilevanza la clausola penale testamentaria, la quale si risolve nell’imporre all’onerato, per l’ipotesi di inadempimento della obbligazione, una determinata prestazione, generalmente di dare una somma di danaro.
Artt. 549-673, 462-466, 467, 540, 551, 552, 588, 591, 624-648, 675, 678, 679-687, 691 c.c.
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