Legazia apostolica
Istituto sorto grazie al privilegio concesso da Urbano II, con la bolla Quia propter prudentiam tuam del 5 luglio 1098, alla persona di Ruggero I d'Altavilla, conte di Sicilia e Calabria, e del suo successore. Ne dà notizia soltanto la cronaca di Goffredo Malaterra, che termina con il racconto della concessione e il testo della bolla pontificia, la cui autenticità è stata a lungo disputata.
Sotto il titolo de regia Monarchia, essa fu inclusa nel 1508 da Giovan Luca Barberi nei Capibrevi, raccolta di documenti commessagli da Ferdinando il Cattolico per verificare e rivendicare i diritti della Corona siciliana. Contravvenendo al metodo seguito per gli altri documenti, Barberi non ne indicò la fonte. Ne dette inoltre una interpretazione, secondo la quale i re siciliani erano legati nati de latere, per diritto ereditario e in perpetuo. La sua teoria della Monarchia, intesa etimologicamente come unità di potere temporale e spirituale nei re di Sicilia, poggia sulla prassi consuetudinaria in materia ecclesiastica, oltre che sulla concessione di Urbano II.
L'interpretazione di Barberi, accolta inizialmente con una certa perplessità negli stessi ambienti di corte, trovò dopo il concilio di Trento una radicale opposizione da parte pontificia. Con la partecipazione anche di celebri autori, quali il cardinale Cesare Baronio e Pietro Giannone, si sviluppò pertanto una letteratura polemica, fiancheggiatrice di parallele controversie politico-religiose e delle relative trattative diplomatiche, in stretto rapporto con l'andamento delle relazioni tra stato e Chiesa nel Regno siciliano. I contrasti riguardarono l'autenticità e la datazione della bolla pontificia, oltre alla sua interpretazione giuridica e storica. Dopo l'abolizione disposta nel 1715 da Clemente XI e la nuova regolamentazione concordataria del 1728, l'esercizio della legazia apostolica ebbe termine nel 1871 con la promulgazione della legge delle guarentigie.
Fin dall'inizio della conquista, Ruggero I era andato svolgendo in Sicilia un'attività di riorganizzazione della Chiesa, le cui strutture erano state scardinate dai musulmani. Il conte provvide alla delimitazione delle diocesi, alla loro dotazione e alla scelta dei presuli. Già dalla prima nomina di un vescovo latino a Troina papa Gregorio VII aveva lamentato che la scelta fosse stata compiuta senza il suo consenso e senza la presenza di un legato apostolico, ma aveva concesso ugualmente la consacrazione, in considerazione dell'eccezionalità della situazione siciliana.
Urbano II nel 1098, a conquista ormai completata, nominò in Sicilia un legato apostolico nella persona di Roberto vescovo di Troina e Messina, con lo scopo di limitare i poteri esercitati in materia ecclesiastica da Ruggero, il quale reagì duramente, forse addirittura facendo arrestare il legato. Il contrasto fu sanato da un incontro del papa con il conte a Salerno, che si risolse con l'emanazione della bolla con la quale Urbano II disciplinava l'eventuale nomina di altri legati nell'isola, subordinandola all'accordo del conte e sostanzialmente riconoscendogli un diritto di veto. Accanto alla facoltà di intervenire nella nomina dei legati, e quindi di controllarne indirettamente l'ingresso e l'attività nei suoi domini, il conte Ruggero ottenne una seconda concessione, con la quale veniva praticamente riconosciuta la legittimità dell'ingerenza sua e dei successori negli affari e nella vita della Chiesa, ma subordinandola all'esecuzione delle direttive pontificie. In mancanza di un legato, il conte avrebbe infatti potuto sostituirlo. Ciò consentì già a Goffredo Malaterra di interpretare il privilegio come un'attribuzione dei poteri di legazia. Infine il conte normanno fu autorizzato a limitare la partecipazione dei prelati ai concili. Tale pretesa, come quella di vietare la presenza di legati pontifici nei propri domini, trovava vari riscontri contemporanei, particolarmente negli altri territori normanni: nella stessa Normandia e nel Regno d'Inghilterra.
L'autenticità della Quia propter prudentiam tuam è ormai pacificamente riconosciuta. Poggia sul ritrovamento di un'epistola di Pasquale II, nella quale è fatto riferimento alla concessione del predecessore, e sui due manoscritti trecenteschi della cronaca di Malaterra, che contengono il testo della bolla, nonché sul volgarizzamento della cronaca fatto a metà del XIV sec. da Simone da Lentini, che pure contiene la bolla. Quanto ai due soli documenti greci, nei quali il conte Ruggero compare con la qualifica di legato, la loro autenticità è invece molto dubbia.
Nel 1117 Pasquale II, il quale aveva riconfermato il privilegio a Ruggero II, introdusse una interpretazione restrittiva. Il papa ribadì il carattere soltanto esecutivo della facoltà attribuita al conte di Sicilia di sostituirsi al legato e precisò che le direttive, alle quali il conte avrebbe dovuto attenersi nell'attività sostitutiva del legato, potevano essere trasmesse in Sicilia per mezzo di legati pontifici ex latere. Tale interpretazione consentiva la reintroduzione in Sicilia dei legati pontifici, sottilizzando sul fatto che non si sarebbe trattato di legazioni aventi carattere di stabilità e permanenza, come era stato il caso del vescovo di Troina.
Gli accordi conclusi a Benevento nel 1156 tra Guglielmo I e Adriano IV introdussero ulteriori innovazioni. Il papa riconobbe al re per la Sicilia due delle facoltà già attribuite da Urbano II: l'esclusione di legati che non venissero a sua richiesta, mentre nella parte continentale del Regno l'invio di legati pontifici era libero, e la facoltà di trattenere discrezionalmente gli ecclesiastici convocati dal papa. Fu inoltre esclusa per la sola isola la possibilità di appello a Roma per le cause ecclesiastiche. Ma la facoltà di sostituirsi al legato pontificio, che ha consentito di parlare di attribuzione della legazia apostolica, non era invece più prevista nell'accordo beneventano.
Un nuovo concordato concluso a Gravina nel 1192 tra Celestino III e Tancredi, in una situazione di particolare debolezza del Regno, ammise anche per l'isola il libero invio di legati ogni cinque anni, o più spesso, se necessario, o se richiesto dal re, ed eliminò il divieto di appello a Roma: la Sicilia perdeva così ogni status speciale. Rimase però l'opinione che il re di Sicilia fosse legato apostolico. Nella Summa decretorum, redatta negli ultimi decenni del XII sec. da Uguccione da Pisa, l'autore, spiegando l'esistenza di alcune prassi particolari del diritto ecclesiastico siciliano, ricorda che quel re aveva la qualifica di legatus e godeva di speciali privilegi iure legationis.
Con il nuovo concordato dell'ottobre 1198, papa Innocenzo III ottenne dall'imperatrice Costanza la ratifica degli accordi conclusi a Gravina. L'assimilazione dell'isola al continente fu così assicurata e fu annullata ogni autonomia ecclesiastica da Roma, tanto in materia di appelli che di legazioni, e tutto il Regno finì anzi per essere amministrato dai legati pontifici. Al re restava soltanto la facoltà di non consentire alle elezioni episcopali liberamente decise dai capitoli, ma il consenso regio non bastava, se mancava quello pontificio.
L'elezione dell'arcivescovo di Palermo fornì a Federico II, appena pochi giorni dopo il raggiungimento della maggiore età e l'assunzione diretta delle funzioni regali, il primo motivo di contrasto col papa. I suoi burrascosi rapporti col Papato e le sue energiche prese di posizione non si collocarono però mai in una dimensione insulare. Il re e imperatore non attuò nell'isola una politica ecclesiastica particolare e diversa dal resto del Regno. Né entrerà mai il grande imperatore nella piccola logica, che sarà solo della successiva età moderna, delle speciali concessioni pontificie, della ormai superata situazione privilegiata dell'isola, della validità delle rinunce materne.
fonti e bibliografia
Goffredo Malaterra, De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratris eius, in R.I.S. 2, V, 1, a cura di E. Pontieri, 1925-1928.
S. Fodale, Stato e Chiesa dal privilegio di Urbano II a Giovan Luca Barberi, in Storia della Sicilia, III, Napoli 1980, pp. 575-600.
Id., L'Apostolica Legazia e altri studi su Stato e Chiesa, Messina 1991.
La Legazia Apostolica. Chiesa, potere e società in età medievale e moderna, a cura di S. Vacca, presentazione di C. Naro, Caltanissetta-Roma 2000.
S. Cerrini, Urbano II, in Enciclopedia dei Papi, II, Roma 2000, pp. 222-227.