Legenda trium sociorum
. Si tratta di una scelta di fatti (" quosdam flores ") riguardanti la vita di s. Francesco d'Assisi. È detta così perché sarebbe stata scritta da tre compagni del poverello, fra Leone, fra Angelo e fra Rufino, come risulta dalla lettera, che ivi funge da prologo, inviata a p. Crescenzio da lesi, generale dell'ordine.
La Legenda era nota nel passato dagli Acta Sanctorum (octobris, II, Anversa 1768). Nel 1856, a Recanati, il p. Melchiorri pubblicava il testo italiano della Legenda, ma assai più vasto di quello tradizionale, derivandolo da una copia tratta nel 1577 " e vetustiori quodam codice ". Più tardi il Sabatier, nella sua Vie de Saint François (Parigi 1894), concludeva che la Legenda secondo la volgata tradizionale era mutila e, forse, lo era per volontà dei superiori dell'ordine. Allora i padri Marcellino da Civezza e Teofilo Menichelli, nel 1899, tentarono ingenuamente una ricostruzione integrale della Legenda sul volgarizzamento del Melchiorri. Si acuì, allora, quella che fu detta ‛ questione francescana ' e molti, come il Della Giovanna, il D'Alençon, il Barbi, il Van Ortroy, ecc., criticarono quel tentativo, nonostante i consensi del Sabatier, del Tocco e di pochi altri. Fu a questo punto che il Van Ortroy demolì criticamente la Legenda, che definì " un habile pastiche " della fine del secolo XIII, ritenendone non autentica la lettera del prologo, perché non corrispondente al contenuto. E il Minnocchi, studiando un'altra fonte, lo Speculum perfectionis, su un nuovo codice da lui reperito, concludeva che lo scritto inviato al padre Crescenzio era lo Speculum e non la Legenda, ciò che fu comprovato dalla scoperta, a opera del Lemmens, di un altro codice ancor più antico, contenente pure lo Speculum.
Dopo le dimostrazioni del Minnocchi, pochi sostennero ancora l'autenticità della Legenda secondo la tradizione (il Pulignani, il Barbi); il Mandonnet, il Tillemann e lo Joergensen la considerarono parte di una composizione completata nello Speculum; ma i più la ritennero compilata alla fine del sec. XIII o entro il sec. XIV su fonti precedenti (per il Bihl sul Celano, per il Cutberth su fonti in parte sconosciute, per l'Oliger su fonti da cui attinse anche il Celano per la Legenda II); il Moormann, infine, la disse composta in fasi successive, con un primo nucleo precedente alla Legenda II del Celano (1228).
Qualche commentatore, come Casini-Barbi, il Sapegno, ecc., considera implicitamente la Legenda fonte parziale del c. XI del Paradiso. Soprattutto, ma non solo, vi desumono queste parole, rivolte da Innocenzo III al poverello: " vita vestra videtur nobis nimis dura et aspera " (Leg. 12) a illustrazione dei versi sua dura intenzione / ad Innocenzio aperse (Pd XI 91-92). Oggi, però, sembra escluso che la Legenda possa ritenersi fonte, anche parziale, del c. XI, perché tale è considerata in modo quasi esclusivo la Legenda Maior di s. Bonaventura (v. FRANCESCO D'ASSISI). Dopo tutto è dubbio che la Legenda sia autentica e, quindi, che D. l'abbia conosciuta. Si noti, poi, che D., mentre ricorda cinque compagni di s. Francesco, e cioè Egidio, Bernardo, Silvestro (Pd XI 83), e poi Agostino e Illuminato (XII 130), non nomina mai i tre compagni: anche questo potrebbe essere significativo.
Bibl.-Fra i numerosi studi sulla Legenda, oltre a quelli citati del Sabatier e dei pp. Marcellino e Teofilo, ricordiamo: M. Faloci-Pulignani, in " Miscellanea Franciscana " VII (1899) 145-174; F. Van Ortroy, La Légende de St. François d'Assise dite ‛ L.t.s. ', in " Analecta Bullandiana " XIX (1900) 119-197; M. Barbi, in " Bull. " VII (1900) 73-101; I. Della Giovanna, in " Giorn. stor. " XXXVII (1901) 353-371; S. Minnocchi, Leggenda antica, Firenze 1903; M. Bihl, in " Studi Francescani " XXXIX (1939) passim; J.R.H. Moormann, The sources for the life of St. Francis, Manchester 1940; E. Franceschini, prefazione a La Leggenda dei Tre Compagni, Milano 1962; G. Santarelli, S. Francesco in D., ibid. 1969.