MACINATO, legge del
L'imposta sulla macinazione del grano e dei cereali in genere, proposta dapprima invano da Quintino Sella nel 1862 (primo ministero Rattazzi) e nel 1865 (primo ministero La Marmora), e successivamente da Antonio Scialoia sotto la forma larvata di tassa di consumo sulle farine (22 gennaio 1866) e l'anno appresso da Francesco Ferrara (secondo ministero Rattazzi), divenne legge dello stato il 7 luglio 1868, quando il ministero Menabrea (ministro delle Finanze Guglielmo Cambray di Digny) la fece approvare con l'intesa che si sarebbe tolta, non appena assicurato il pareggio finanziario.
I difensori dell'imposta sostenevano essere la sola a larga base, che assicurasse un reddito facile e immediato, e aggiungevano che, ripartita a carico di tutti i cittadini, se ne sarebbe sentito meno gravemente il peso da ognuno, mentre la concorrenza dei grani forestieri avrebbe assicurato il consumatore dal pericolo del soverchio rincaro del pane. Rispondevano gli oppositori (sinistra in genere e qualche parlamentare di destra, come Giovanni Lanza) trattarsi di tassa eminentemente affamatrice del povero, e che rappresentava un esoso ricordo di alcuni dei governi passati. Francesco Crispi, che non la voleva, l'aveva infatti abolita, da ministro di Garibaldi, in Sicilia, dove i Borboni la riscuotevano.
In Italia andò in vigore dal 1° gennaio 1869, ma, non essendosi provveduto tempestivamente a distribuire i contatori necessarî per misurare la farina e applicare la tassa, si dovettero chiudere in molte parti i mulini e venne a mancare il pane. Scoppiarono allora tumulti in Val di Sieve, in Romagna e nell'Emilia in genere, sfruttati dai partiti estremi, repubblicani e clericali, per combattere il regime sul terreno politico. I contadini si adunarono armati, mettendo a subbuglio paesi e città e trascendendo a incendî e a saccheggi. Il ministero (ministro dell'Interno Girolamo Cantelli) represse i disordini con prontezza e moderazione, affidando il comando delle truppe della media Italia al generale Raffaele Cadorna, al quale concesse pieni poteri, ma dovette affrontare un'aspra battaglia alla camera, da cui uscì vittorioso (ordine del giorno Ricasoli, 26 gennaio). Inasprita dal ministero Lanza-Sella (1870) e dal successivo gabinetto Minghetti (1873-76) la tassa del macinato dette occasione alla caduta della destra (ordine del giomo Morana, 18 marzo 187b). Salita al potere la sinistra, la quale si era proposta di abolirla, fu dapprima mantenuta per le imperiose necessità del bilancio, ma nel 1879 il Depretis tentò di sopprimerla, riuscendovi solo in parte, dappoiché, contro il parere della camera elettiva, la quale aveva votato l'abolizione, il senato, preoccupandosi dell'equilibrio del bilancio, volle fosse conservata, salvo per i cereali inferiori. La soppressione totale definitiva avvenne l'anno dopo sotto il ministero Cairoli-Depretis (ministro delle Finanze, Magliani), non senza danno per il bilancio faticosamente pareggiato.
Bibl.: L. Cadorna, Il generale R. Cadorna nel Risorgimento italiano, Milano 1922; G. Paladino, Roma (Storia d'Italia dal 1866 al 1871 con particolare riguardo alla Questione Romana), Milano 1933.