leggero (leggiero; leggiere)
In senso proprio, in If V 75, riferito a Paolo e Francesca, quei due che 'nsieme vanno, / e paion sì al vento esser leggieri. Il valore semantico di limitatezza di peso, levità, è chiaro: si discute, invece, sul perché di questa particolare leggerezza di Paolo e Francesca, che, come il loro andar congiunti, li distingue dalle altre anime del II cerchio, e se essa costituisca un aumento o un alleviamento della pena.
Le diverse motivazioni addotte dai commentatori al riguardo sono da mettere in relazione con le interpretazioni date del c. V nel suo complesso e, più particolarmente, con i vari modi d'intendere l'atteggiamento di D. nei confronti dei due amanti. Quanto alla prima questione della singolare leggerezza di Paolo e Francesca, i commentatori, in genere, la spiegano come una sorta di contrapasso: cioè i due amanti, come non opposero resistenza all'impeto della passione, così non la oppongono a quella del vento. Tale interpretazione corrente non è, però, piaciuta ad alcuni interpreti: ad esempio, al Barbi, il quale scorge nella maggiore leggerezza un effetto della volontà dei due amanti di non lasciarsi separare dal vento nel suo turbinio (Con D. e i suoi interpreti, Firenze 1941, 135 n.), e al Pagliaro, secondo cui (Ulisse 132) Paolo e Francesca " volano insieme e con una leggerezza che li distingue dalle altre anime... perché li mena Amore, perché sono ancora anime amanti " (del resto, già Benvenuto chiosava, ma con ben altro senso moralistico: " scilicet ad ventum libidinis, quasi dicat, videntur esse ita amorosi. Amor enim levissimus est... "). A giudizio del Mattalia, l'aggettivo è qui usato in un senso strettamente tecnico: " Il segreto significato della levità di Paolo e Francesca è, quasi certamente, nella distinzione degli incontinenti in ‛ excessivi, idest praevolantes ' e in ‛ debiles ' che Dante ha tratto dall'Etica (VII, 8-10) di Aristotele o dal commento tomistico ad essa. L'esser sì leggieri al vento significa che Paolo e Francesca appartengono alla categoria dei ‛ praevolantes ' i quali ‛ vincuntur a passione excedente vel secundum velocitatem vel secundum vehementiam '; alla categoria, come si vedrà appunto nel racconto di Francesca, degli amanti che improvvisamente, per un fatto accidentale (la lettura di un romanzo, per Paolo e Francesca), sono travolti dall'impetuoso e imprevedibile traboccare della passione ". Quanto al secondo punto, se cioè la leggerezza dei due amanti costituisca un aumento o un alleviamento della pena, si delinearono, fin dai primi commentatori, due linee esegetiche nettamente divergenti, in seguito variamente riecheggiate: infatti già il Boccaccio chiosava " con minor fatica volanti ", mentre il Landino scorgeva nell'aggettivo un segno di " maggior pena, la qual meritavano per esser cognati ed in gran stato, perché queste due circostanze aggravano il peccato... ".
" Poco pesante ", tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva, è anche il vasello dell'angelo nocchiero (Pg II 41); e si noti che qui l. è unito ad altro aggettivo che significa " veloce " - un vasello snelletto e leggero -, così come avviene per la lonza leggiera e presta molto (If I 32). All'idea della leggerezza si associa dunque, qui e in altri esempi, quella dell'agilità che ne consegue: cfr. ancora il diavol nero che, con l'ali aperte e sovra i piè leggero (If XXI 33), procede " camminando e volando insieme " (Scartazzini-Vandelli; " agilis et volatilis ", Benvenuto); XXX 82, Pg XII 12, XXIV 69. Analogamente, ma con diversa immagine, in Fiore CXCIV 5, detto di Bellaccoglienza che seria legger'a far mercato, " pronta ", " svelta ".
In Cv II IX 5 Amore è indicato come colui al quale ogni arme è leggiere. Le armi tradizionali di Amore sono l'arco e le frecce; e armi da getto erano appunto quelle dei soldati ‛ armati alla leggera '. A questi potrebbe forse riferirsi l'espressione di D.; ma il passo non è molto chiaro.
Del tutto isolato Vn IX 9 4 trovai amore in mezzo de la via / in abito leggier di peregrino, in abito " dimesso e misero " (Barbi, in " studi d. " II [1920] 105 ss.; v. LEGGERMENTE). In senso figurato, l. vale ancora " pronto " (Chimenz e parecchi fra i moderni, come già, Buti e Landino: cfr. Fiore CXCIV 5, già citato, anche per l'analogia del costrutto), in Pg XVII 7 fia la tua immagine [" immaginazione "] leggera / in giugnere a veder com'io rividi / lo sole (ma il Tommaseo intende " imperfetta "; così il Lombardi - " poco atta " - e il Cesari: " poca e debile "); o può indicare la scarsa intensità di un desiderio (Vn XXXVIII 6 avegna che alcuno appetito [di vedere la donna gentile] n'avessi già, ma leggiero parea), o la fragilità, la precarietà della vita (Rime dubbie II 4; così in Vn XXIII 21 30 io pensava la mia frale vita, / e vedea 'l suo durar com'è leggiero, già anticipato al § 3); o ancora - ed è l'accezione più vicina al valore proprio - significa " facile ", " agevole ", adoperato sempre come predicativo: Cv II II 6 conviene prima conoscere le sue [della canzone] parti, sì che leggiero sarà poi io suo intendimento a vedere; Pg IV 92 sù [per la montagna del purgatorio] andar ti fia leggero; VIII 21 'l velo [dell'allegoria] è ora ben tanto sottile, certo che 'l trapassar dentro è leggero. cfr. LEGGERMENTE.
Vale " facilmente " la locuzione ‛ di l. ' (Pg XI 19 Nostra virtù... di legger s'adona; Cv III XII 5 per la prima... ragione assai di leggiero a questa seconda si può volgere lo 'ntendimento; Fiore XXXVI 11); e ha lo stesso valore anche il solo ‛ leggiere ', che è probabilmente avverbio, in Cv II XII 8 né li uditori erano tanto bene disposti, che avessero sì leggiere [" così facilmente "] le... parole apprese.