GIUDIZIARIE, LEGGI
. L'espressione leges iudiciariae ha un significato molto esteso. È detta, ad es., lex iudiciaria la legge di Ti. Gracco che attribuiva la giurisdizione ai triumviri per le assegnazioni agrarie; ma in senso più ristretto s'indicavano così le leggi che regolavano la composizione degli albi dei giudici in genere o per determinati tribunali. Da tempo molto antico, era norma in Roma che i giudici per i processi civili e penali venissero scelti fra i senatori, mentre per i recuperatores e per altri speciali collegi giudicanti la scelta poteva cadere anche su altri cittadini. Quando nel sec. II a. C. si dovettero scegliere dei recuperatores per i processi civili straordinarî de repetundis, il senato dispose che essi fossero in questo caso ex ordine senatorio; e la legge con la quale L. Calpurnio Pisone Frugi istituì nel 149 a. C. la prima corte (quaestio) permanente de repetundis, ordinava che la giuria, presieduta da un magistrato, fosse composta di senatori. Poiché dinanzi a questa corte si portavano processi relativi all'amministrazione delle provincie dell'impero, sfruttate in concorrenza per due diverse vie dai senatori in veste di governatori e dai cavalieri come appaltatori dei tributi, il fatto che essa fosse composta di senatori dava ai senatori accusati il vantaggio di avere dei giudici del proprio ordine, che si erano trovati o potevano trovarsi in seguito, come ex-governatori di provincie, di fronte alle stesse accuse. Perciò nel 123 C. Gracco, per legare a sé i cavalieri contro il senato, fece approvare una legge giudiziaria, che escludeva i senatori dai posti di giudice e affidava questi ai cavalieri (secondo alcuni a coloro che avevano o avevano avuto l'equus publicus, secondo altri a coloro che avevano il censo equestre), ai quali fu così data la possibilità di vendicarsi degli ex governatori, che non avessero lasciato loro mano libera nello sfruttamento delle provincie. È incerto se la legge di Gracco abbia contemplato tutti i giudici, come parrebbe dalle fonti letterarie, o se essa invece si riferisse solo alla quaestio de repetundis, come parrebbe dalla lex repetundarum giunta a noi in frammenti d'una tavola di bronzo (Corpus Inscr. Lat., I, 2a ed., p. 443), che è una legge graccana. Se più tardi i cavalieri giudicanti in altra sede, p. es. lege Mamilia, sono chiamati iudices gracchani, questo può dipendere dal fatto che si chiamavano così i giudici scelti secondo il principio stabilito da Gracco. Il possesso degli iudicia formò dopo Gracco il pomo della discordia fra l'ordine senatorio e l'equestre sino alla fine della repubblica. Nel 106 a. C. il console Q. Servilio Cepione propose di restituire i giudizî ai senatori, ma la sua legge o non fu approvata o fu presto annullata. Analoga proposta, del tribuno M. Livio Druso il Giovane nel 91, fallì egualmente. La legge giudiziaria del tribuno dell'89 M. Plauzio Silvano, che faceva eleggere i giudici dalle tribù, 15 per ciascuna, senza obbligo di scegliere entro un dato ordine, si riferiva alla quaestio Variana sulla ribellione degl'Italici, e così anche in seguito, per singoli casi, varie leggi davano disposizioni speciali per la formazione della giuria. Silla, dopo un primo tentativo durante il suo consolato (88) di ridare i giudizî al senato completato con 300 cavalieri, restituì da dittatore nell'81 con una legge giudiziaria i iudicia esclusivamente al senato. Però nel 70 la legge giudiziaria del pretore L. Aurelio Cotta (leggermente modificata dalla lex iudiciaria di Pompeo del 55) disponeva che l'albo dei giudici fosse composto di tre decurie, ciascuna, pare, di 300 membri; una decuria doveva essere di senatori, una di cavalieri e una di tribuni aerarii. La lex Iulia iudiciaria di Cesare, del 46, eliminò i tribuni aerarii, sostituendoli, pare, nella terza decuria con cavalieri. Sotto il principato la nomina dei giudici avveniva secondo norme fissate dagl'imperatori.
Bibl.: W. Zumpt, Das Criminialrecht der römischen Republik, Berlino 1865-1869; passim; Th. Mommsen, Römisches Staatsrecht, III, Lipsia 1887, p. 527 (trad. fr. Le Droit public romain, VI, ii, Parigi 1889, p. 131); J. L. Strachan-Davidson, Problems of the Roman criminal law, II, Oxford 1912, p. 75; G. Rotondi, Leges publicae populi Romani, Milano 1912, passim; P. Fraccaro, Sulle leges iudiciariae romane in Rend. Ist. lomb., 1919.