PORCIE, LEGGI
. L'esistenza di tre distinte leggi sullo stesso argomento, la provocatio ad populum, è attestata esplicitamente soltanto da un passo di Cicerone (De rep., II, 31, 54): le altre fonti ne menzionano soltanto una. Comunque una di esse, la lex Porcia de tergo civium, è attribuita a M. Porcio Catone il Censore, verso il 195 a. C. (559 di Roma), che pronunziò una suasio in questo senso, e avrebbe vietato di battere con verghe un cittadino romano; un'altra ha certamente per autore un Porcius Laeca, come risulta da una moneta della famiglia. Le leggi Porcie stabiliscono gravi pene a carico dei magistrati che, non tenendone conto, facciano subire la pena di morte o le battiture al cittadino senza permettergli la provocatio ai comizî: e in ciò sta la loro importanza, poiché la precedente lex Valeria, del 300 a. C. (454 di Roma), sullo stesso argomento, si limitava soltanto a considerare improbe factum il contegno del magistrato che puniva di morte o di verghe il cittadino senza permettergli la provocatio: appunto perciò la lex Valeria sembra sia stata la prima in materia, ad onta che la tradizione parli di leggi molto più antiche. Inoltre le leggi Porcie, forse la più recente fra esse, ammisero i cittadini romani a godere del beneficio della provocatio non soltanto a Roma ma anche in Italia e nelle provincie. Probabilmente per effetto di esse la provocatio ad populum invade anche l'imperium militiae: nella guerra contro Giugurta il comandante militare non può più mettere a morte i soldati cittadini romani, ma soltanto i latini: il divieto, in vigore già nella guerra numantina, di battere i soldati con verghe si ricollega alla lex Porcia di Catone. Così le leggi Porcie consolidarono, conformemente alle correnti democratiche dell'epoca, l'istituto della provocatio, che troverà il suo perfezionamento nella lex Sempronia di Caio Gracco.
Bibl.: E. Cuq, in Daremberg e Sagilo, Dict., III, ii, col. 1160; G. Rotondi, Leges publicae populi romani, Milano 1912, p. 268.