PUBLILIE, LEGGI
La più antica legge Publilia è il plebiscito fatto approvare nel 471 a. C. dal tribuno Publilio Volerone; esso disponeva che i capi della plebe, tribuni e edili, venissero eletti dalla plebe in assemblee ordinate per tribù e non più per curie. Le ragioni di questa disposizione erano oscure già per gli antichi; i moderni o dubitano della storicità della legge o cercano di spiegarla con congetture varie.
Nel 339 a. C. durante la crisi della grande guerra latina, il primo dittatore plebeo Q. Publilio Filone riuscì a far approvare tre leggi molto importanti per lo sviluppo dei diritti della plebe: Livio (XIII, 12, 15) ne espone così il contemto: "unam, ut plebiscita omnes Quirites tenerent - alteram, ut legum, quae comitiis centuriatis ferrentur, ante initum suffragium patres auctores fierent - tertiam, ut alter utique ex plebe, cum eo ventum sit, ut utrumque plebeium fieri liceret, censor crearetur". La prima disposizione era stata oggetto di una precedente legge Valeria-Orazia del 449 e lo fu poi della susseguente legge Ortensia del 287, per alcuni l'unica legge certamente storica che abbia riconosciuto ai deliberati della plebe valore generale, ciò che è forse eccessivo, nei riguardi almeno della legge Publilia; la seconda riduceva a preventiva, e quindi a una pura formalità, l'approvazione dei senatori patrizî ai deliberati del comizio centuriato; la terza, la quale sanciva che un posto di censore fosse necessariamente occupato da un plebeo, mentre l'altro poteva essere occupato da un patrizio, ebbe piena applicazione solo nel 131 a. C., nel quale anno occorre per la prima volta un collegio di due censori plebei.
Gaio cita varie volte (III, 127; IV, 9; 27, 171) una legge Publilia de sponsu di epoca ignota, ma certo molto antica, la quale accordava allo sponsor la manus iniectio pro iudicato contro il debitore che entro sei mesi non avesse rimborsato la spesa incontrata per lui.
Bibl.: G. De Sanctis, Storia dei Romani, II, Torino 1907, pp. 20, 200; G. Rotondi, Leges publicae populi Romani, Milano 1912, pp. 197, 226, 473; P. Koschaker, in Zeitschrift d. Savigny-Stiftung (Rom. Abt.), XXXVII, 1916, p. 361, n. i; H. Stuart Jones, in Cambridge Ancient History, VII, Cambridge 1928, pp. 453, 529.