SEMPRONIE, LEGGI
. Tranne il plebiscito fatto approvare dal tribuno delle plebe M. Sempronio Tuditano nel 193, ut cum sociis et nomine Latino pecuniae creditae ius idem quod cum civibus Romanis esset (Liv., XXXV, 7,1) e il contrastato plebiscito del tribuno della plebe del 167, Ti. Sempronio Gracco, che prorogava l'impero a L. Emilio Paolo e a due propretori per il trionfo, tutte le altre leggi Sempronie a noi note furono proposte dai due fratelli Ti. e G. Sempronî Gracchi nei loro anni di tribunato, cioè rispettivamente nel 133 e 123-122 a. C.
È di Tiberio la famosa lex Sempronia agraria, che ordinava l'assegnazione ai cittadini romani indigenti dell'agro pubblico romano in Italia, compreso quello posseduto dai privati oltre un certo limite (500-1000 iugeri) e salve alcune eccezioni. La sua approvazione fu preceduta da un plebiscito che deponeva il tribuno Caio Ottavio, che si era opposto alla legge. Con una lex Sempronia iudiciaria Tiberio fece attribuire ai triumviri incaricati dell'assegnazione delle terre la giurisdizione nelle controversie sulla natura pubblica o privata degli agri. Egli annunciò più tardi una rogazione per destinare le ricchezze lasciate dal re Attalo ai Romani al finanziamento della riforma agraria; ma la proposta non giunse ai comizî. Secondo alcune fonti, Tiberio avrebbe annunciato negli ultimi giorni della sua vita alcune leggi (concessione della provocazione contro i verdetti delle corti permanenti, riduzione del servizio militare, inclusione di cavalieri nell'albo dei giudici accanto ai senatori); ma si tratta al più di progetti per un secondo tribunato, non di rogazioni promulgate. Anche Velleio, II, 2, 3: pollicitus toti Italiae civitatem, può riferirsi, se mai, a una promessa, non a una rogazione.
La complessa legislazione di Gaio si apre con le due rogazioni di vendetta, la rogatio de abactis, sui magistrati deposti, contro Ottavio, ritirata dallo stesso Gaio, e la lex de provocatione, che ribadiva il divieto di giustiziare un cittadino senza giudizio popolare, contro Popilio Lenate, che dovette andare in esilio. Seguirono la lex frumentaria, che organizzava la distribuzione per opera dello stato di frumento a basso prezzo ai cittadini, e la lex iudiciaria (forse preceduta da una legge sulla corruzione giudiziaria e da un tentativo di far entrare nel senato un certo numero di cavalieri o di costituire un albo misto di senatori e di cavalieri), che trasferiva dai senatori ai cavalieri la funzione di giudici, pare nella sola quaestio de repetundis (è forse la cosiddetta lex Acilia repetundarum, a noi giunta in parte su tavole di bronzo). Con queste due leggi Gaio legò a sé la plebe e l'ordine equestre contro il senato. Egli fece inoltre approvare: una lex agraria, che rinforzava quella del fratello, mai abrogata; una lex de coloniis deducendis, delle quali colonie conosciamo la Neptunia a Taranto e la Minervia a Squillace; una legge, formalmente rogata dal suo collega Rubrio, per la deduzione di una colonia Iunonia a Cartagine (v. rubrie, leggi); una lex de provincia Asia, che ordinava l'appalto a Roma della riscossione delle entrate del regno di Pergamo ridotto a provincia; a questa stessa legge pare debba riferirsi la notizia sull'istituzione di nuovi dazî (portoria); una lex de provinciis consularibus la quale prescriveva al senato di fissare prima delle elezioni dei consoli le provincie da attribuirsi loro; essa mirava a impedire che il Senato potesse allontanare da Roma un console favorevole alla parte antisenatoria. Non possiamo decidere se gli horrea Sempronia costruiti lege Gracchi siano stati oggetto di una legge speciale o della legge frumentaria, e se una lex viaria, o non piuttosto l'agraria, abbia ordinato la costruzione di strade ricordata dalle fonti. Queste leggi, e forse anche la militaris, che sollevava il soldato dalle spese di equipaggiamento e vietava gli arruolamenti prima del 18° anno appartengono al primo tribunato (123). Nel 122 Gaio promulgò varie rogazioni, delle quali la più importante fu quella che ammetteva nella cittadinanza i Latini e faceva concessioni agli alleati italici (forse la latinità). Egli non riuscì a portare questa legge all'approvazione dei comizî, ciò che segna l'inizio del decadere della sua influenza politica. Alcuni ritengono che le proposte di Gaio sugli alleati siano state due: una anteriore per i soli Latini e una posteriore per tutti gli Italici. Un altro progetto tendeva a modificare in senso democratico l'ordine della votazione nei comizî centuriati. La congettura che Gaio abbia costituito con apposita legge la quaestio de sicariis et veneficiis non ha fondamento sufficiente.
Bibl.: G. Cardinali, Studi Graccani, Genova-Roma 1912; P. Fraccaro, Studi sull'età dei Gracchi. La tradizione storica, Città di Castello 1914, e in Athenaeum, n. s., III (1925), pp. 76 e 156; F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II A, coll. 1383 e 1414; G. Corradi, in Studi italiani di filologia classica, n. s., V (1927), p. 235; J. Carcopino, Autour des Gracques, Parigi 1928, e Histoire Romaine, ivi 1930, fasc. 2°, pp. 190 e 239; H. Last, in Cambridge Ancient History, IX (1932), pp. 22 e 49 (a p. 913 ricca bibl.).