LEGGIO
. Arnese per lo più di legno o di metallo da posarvi il libro in comoda posizione obliqua, per leggere o cantare. È d'uso antico sia liturgico sia ordinario; ma forse fu la forma del leggio chiesastico che suggerì quella del leggio domestico.
I primi leggii chiesastici (fr. lutrin; spagnolo atril; ted. Chorpult; ingl. lectern) furono inamovibili, e di pietra, fissati sugli amboni dove il diacono saliva a leggere i vangeli e le epistole. Dipoi, col tramutarsi del rito e il suo trasferirsi, parte dinnanzi all'altare e parte nello spazio dell'abside, nel luogo detto coro, fu quivi che sorse il leggio, che allora si fece di legno, e servì per poggiarvi i libri corali, ove si leggevano i canti liturgici. Questa sorta di leggii chiesastici di legno, di cui esistono ancora molti esemplari, hanno spesso forme architettoniche e aspetto monumentale. Quali sorgono eretti su un gran sostegno, formato da un balaustro, piantato sopra una base, le più volte triangolare e terminante in un tripode; quali sono innestati col loro sostegno nel corpo di un piedistallo armadiato (il badalone) che ha l'uso di custodire i messali e gli antifonarî ampî e massicci. Ma, per varî usi liturgici, le chiese avevano anche leggii portatili: pesantissimi quelli in ottone, di Dinant, dei quali si hanno esemplari anche in molte chiese d'Italia (Venezia, S. Marco; Empoli, Pieve, ecc.) per lo più col piano sostenuto da un'aquila; leggieri e pieghevoli quelli in legno, con piano di cuoio o di stoffa, ad altezza d'uomo, su sostegni a X, che l'arte del sec. XVII e XVIII disegriò fantasticamente; più piccoli quelli da altare.
Il leggio domestico (fr. e sp. pupitre; ted. Lesepult; ingl. reading desk) ebbe più varietà di forme di quello chiesastico. Nelle miniature bizantine medievali, nei dipinti e in altre opere d'arte dei secoli XIv e XV è raffigurato spesso come tutt'una cosa con la scrivania (Assisi, affreschi della chiesa superiore; rilievi del campanile di Giotto, della prima porta del Ghiberti, ecc.).
Usarono anche mobili che erano al tempo stesso leggii, scrivanie, piccole librerie, capaci di contenere qualche diecina di volumi, ciò che a quel tempo, spesso costituiva l'intera biblioteca di uno studioso. Quando il leggio non faceva corpo con lo scrittoio, sorgeva sopra un piccolo armadio-libreria attiguo ad esso, di modo che il lettore potesse al tempo stesso scrivere e gettar gli occhi sul libro. Risale al Medioevo una varietà di leggio girevole (tali erano in genere anche i leggii da coro) in forma di piramide poliedrica tronca, e sulle cui diverse facce stavano aperti i volumi che lo studioso poteva consultare successivamente facendoseli scorrere dinanzi agli occhi senza lasciare il suo seggio (v. la rappresentazione dello studio del Petrarca): il mobile era sormontato da un portafiamma allo scopo d'illuminare leggio e cattedra. Vi erano anche piccoli leggii da collocare su tavoli: erano formati di un piano inclinato che per lo più si apriva a ribalta su una cassettina destinata a contenere libri o carte; e in tale forma poteva anche servire per scrivere.
Col ridursi del libro a formati più maneggevoli e l'amminutirsi dei caratteri della stampa - il che rese indispensabile aver la pagina più accosto alla vista - l'uso del leggio andò scomparendo.
V. tavv. CIII e CIV.