LEGHE (XX, p. 765)
Le leghe leggere (v. fusione, XVl, p. 221) impiegate nella pratica industriale presentano densità comprese fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 3 g/cm3, a seconda della percentuale di elementi di alligazione (max. pratico 20%) e della loro peculiare densità (cfr. tab. 1).
L'aggiunta di un determinato elemento di alligazione all'alluminio non modifica tutte le sue caratteristiche fisiche, fisico-meccaniche e chimiche in uno stesso senso, né in maniera quantitativamente proporzionale all'aggiunta; taluna fra esse può variare in senso negativo, talaltra in senso positivo. Le aggiunte di silicio o di magnesio esercitano ad esempio un'azione negativa sulla densità e sulla conduttività elettrica, nel genso che codeste caratteristiche risultano inferiori, ed un'azione positiva sulla durezza e sul carico di rottura a trazione, che risultano invece superiori a quella del metallo puro.
Le leghe leggere, sia di getto sia di lavorazione plastica, normalmente impiegate al momento attuale, sono ottenute mediante alligazione di alluminio, di titolo compreso fra 99,2 e 99,6, con varî elementi metallici: rame, silicio, zinco, manganese, magnesio, nichelio, ferro, titanio, cromo, e solo raramente vanadio, cobalto e argento.
Caratteristiche termiche. - Presentano un interesse tecnico notevole; l'impiego di bielle di alluminio nei motori a scoppio per autovetture è ad esempio, particolarmente razionale oltre che per l'alleggerimento delle masse a moto alterno che ne deriva, anche per la facilità con la quale il calore generato dall'attrito, e in parte dalla combustione, viene scaricato e disperso. Nella fabbricazione dei pistoni, p. es., questa elevata conducibilità termica permette un aumento del coefficiente di compressione che si traduce poi in un aumento di potenza: con i rapporti di compressione che una lega leggera permette di raggiungere impunemente, un pistone di ghisa indurrebbe l'autoaccensione della miscela (la massima temperatura raggiunta da un pistone di alluminio in un motore a scoppio è compresa fra 200° e 370° C; un pistone di ghisa, nelle identiche condizioni, raggiunge i 425 ÷ 485° C; tab. 2).
La conducibilità termica dell'alluminio puro è influenzata abbastanza sensibilmente dai componenti di alligazione, ridotta da quelli che formano una soluzione solida; per cui sembra logico poter pensare che, analogamente a quanto si verifica per la conduttività elettrica, la ricottura, seguìta da lento raffreddamento, debba migliorare sensibilmente questa caratteristica. Non tutti i costituenti di alligazione influiscono in maniera uguale, in ogni caso, però, l'azione è proporzionale alla percentuale presente, così il 12% di Cu riduce la conducibilità dell'alluminio puro del 32% (lo stesso quantitativo di Si la riduce del 16 oo); il 4% di Cu la riduce del 20% e l'8% del 30%.
Resistività elettrica. - È, nelle leghe, sempre superiore che nell'alluminio puro; tuttavia, per taluni, come l'Aldrey, il compromesso fra la diminuzione della conduttività elettrica e l'aumento delle caratteristiche meccaniche, rispetto all'alluminio puro, appare ancora favorevole, sicché queste leghe ricevono notevoli applicazioni nella fabbricazione di conduttori elettrici cordati. La tabella 3 raccoglie i dati elettrici delle principali leghe di alluminio da lavorazione plastica.
La dilatazione termica. - Grosso modo diminuisce in proporzione al contenuto di elementi aggiunti, almeno nel campo delle leghe industriali e per i comuni elementi di alligazione. Inoltre, dalla coagenza di due o più elementi di alligazione può derivare nella lega risultante un coefficiente di dilatazione ancor più basso di quello che si potrebbe supporre in base alla valutazione dei singoli effetti, e per questo le ricerche si sono indirizzate verso le leghe complesse. Fra gli elementi di alligazione binaria più comuni, il rame è quello che presenta il minor effetto di riduzione della dilatazione propria dell'alluminio. A questo seguono, per ordine crescente di effetto, il silicio, il nichelio e il ferro. Quest'ultimo raffronto presenta tuttavia un interesse ed un valore puramente teorici in quanto è ben chiaro come una lega a bassa dilatazione debba presentare un complesso di caratteristiche tecnologiche e non solamente fisiche, senza le quali non potrebbe ricevere alcuna pratica applicazione. Così, ad esempio, se è ben vero che una lega Al-Fe con 4,5% Fe possiede un coefficiente medio di dilatazione termica inferiore a quello di una lega con 4,5% Cu (20,4 contro 22,5, nell'intervallo fra 0 e 100°) non è men vero che la prima non presenta alcuna qualità, all'infuori di quella considerata, che la possa far ritenere tecnologicamente preferibile alla seconda. Altrettanto dicasi delle leghe Al-Ni in confronto alle leghe Al-Si di pari titolo; in questo caso, ai motivi puramente tecnici si aggiungono, a sfavore delle prime, dei serî motivi economici. Il silicio occupa quindi, in via pratica, il primo posto quale elemento moderatore della dilatabilità; in confronto al rame, 10 unità di silicio hanno un'azione più che tripla. Questa caratteristica viene apportata dal silicio anche nelle leghe ternarie o quaternarie, nelle quali esso si trovi presente in proporzioni sufficienti. Unito al rame, permette di raggiungere ottimi valori delle dilatabilità, ma risultati ancor più soddisfacenti si ottengono da aggiunte contemporanee di Cu, Ni e Mg ad una lega ipereutettica, contenente 14% di Si (leghe tipo Lo-Ex).
Dal punto di vista delle caratteristiche fisico-meccaniche, l'introduzione controllata di taluni elementi conduce normalmente ad un aumento del carico di rottura (σR), del limite di snervamento (σ0,2) della durezza (H), della resistenza al taglio (τ) e del limite di fatica, a detrimento dell'allungamento (δ), della contrazione (C) e in generale, della plasticità e della malleabilità. Il Mg costituisce un'eccezione importante a questa regola generale, in quanto il progressivo incremento del tenore di questo elemento nell'alluminio conduce ad un aumento di σR, σ0,2, e H, senza modificare sostanzialmente δ. Si può anzi notare, fino a circa il 10% di Mg, un sensibile aumento dell'allungamento, come risulta dal seguente specchio (riferito a laminati, ricotti fino a raggiungere lo stato di equilibrio strutturale):
Il modulo elastico E (generalmente circa 7000 kg/mm2 per Al puro), non si modifica di molto per introduzione di elementi di alligazione nelle abituali proporzioni.
Contrariamente all'opinione erroneamente diffusa, il materiale più resistente alla corrosione generale, in confronto a tutte le leghe leggere, è da considerarsi l'alluminio puro; le sue leghe più resistenti raggiungono al massimo quella del metallo al titolo commerciale più diffuso: 99,2 99,5. Il Cu e lo Zn ne diminuiscono in modo sensibile la resistenza alla corrosione; il Mn ed il Mg costituiscono una eccezione, non modificando apprezzabilmente la resistenza del metallo al 99,3% agli effetti della corrosione atmosferica e marina. Ne consegue che, per applicazioni di carattere decorativo, edilizio, chimico, nonché per le costruzioni marittime, ove il materiale non possa o non debba essere protetto mediante opportuni trattamenti superficiali, le leghe più indicate sono quelle contenenti magnesio (tipo peraluman), oppure quelle contenente magnesio associato a manganese e silicio (tipo anticorodal), mentre sono generalmente da evitare, in quelle condizioni (e cioè in assenza di adeguata protezione superficiale), le leghe contenenti rame, come il duralluminio; o zinco, come l'ergal; queste ultime possono essere protette mediante placcature con strati sottili di metallo puro o di leghe resistenti, purché tali da esercitare sul materiale di base una protezione catodica. Per questo è necessario che lo strato placcante sia elettronegativo rispetto al nocciolo, che anche se messo a nudo (sul bordo dei laminati, o per eventuali o intenzionali soluzioni di continuità) viene protetto funzionando da catodo nell'elemento galvanico determinato dalla presenza di un elettrolita attivo (acqua marina). Così per proteggere con placcatura duralluminio, basterà usare alluminio puro o leghe Al-Mg-Si; mentre per leghe ergal (elettronegative rispetto all'alluminio puro) è necessario ricorrere ad una lega contenente Zn (circa 1%), con eventuali aggiunte (induritrici) di Mn (0,5-1,0%) e/o di Mg (0,1-0,2%)
Poiché normalmente lo spessore dello strato superficiale di placcatura raggiunge 1/10 circa dello spessore totale del laminato, è evidente come le caratteristiche meccaniche del bimetallo risultino di quasi l'8% inferiori a quelle ottenibili da un laminato di duralluminio o di ergal di pari spessore. La resistenza alla corrosione del bimetallo partecipa invece ovviamente delle caratteristiche specifiche del metallo puro o della lega, che costituiscono la copertura superficiale.
Dato il costo relativamente elevato dei bimetalli, la loro applicazione è generalmente limitata a costruzioni di particolare impegno (p. es. aeronautiche), negli altri casi, nei quali non occorre raggiungere caratteristiche meccaniche eccezionalmente elevate e nei quali la leggerezza, pur essendo desiderata, non può essere pagata oltre un determinato limite, è preferibile far ricorso alle leghe tipo peraluman o anticorodal; le quali, o per incrudimento o per le proprietà indotte dal trattamento di bonifica, possono raggiungere caratteristiche fisico-meccaniche sufficienti, in genere, per le normali esigenze.
L'effetto dei varî elementi di alligazione, specialmente nelle leghe da lavorazione plastica, è particolarmente sensibile sulle caratteristiche di saldabilità delle leghe risultanti, e specialmente sull'attitudine delle leghe stesse a subire saldatura autogena.
Praticamente, quasi tutte le leghe di alluminio, pur essendo di per sé stesse perfettamente saldabili autogenicamente, presentano in modo più o meno marcato inconvenienti che tolgono al sistema la generale possibilità di diffusa applicazione pratica poiché durante la saldatura autogena, la bacchetta di apporto ed i bordi della giunzione subiscono in ogni caso un vero e proprio processo di fusione; durante il raffreddamento, quando la lega presenta una sensibile fragilità di ritiro, si verificano, con notevole frequenza, delle screpolature dovute alla ostacolata contrazione. Le leghe tipo anticorodal, ad esempio, difficilmente possono condurre a risultati accettabili dal punto di vista fisico-meccanico, mediante saldatura autogena, appunto per la sensibile fragilità del cordone di saldatura, inconveniente che viene peraltro in gran parte evitato impiegando, come bacchetta di apporto, una lega semplicemente binaria, contenente da 3 a 5% di silicio; lega, di per sé stessa assai plastica anche allo stato di getto, ma tuttavia di mediocri caratteristiche tensili.
Le esperienze hanno dimostrato che la pretesa facilità di saldatura autogena delle leghe Al-Mg contenenti da 2 a 7% di Mg, non è superiore a quella delle leghe tipo anticorodal, e simili, appunto per i fenomeni di fragilità al ritiro ai quali anch'esse sono suscettibili.
Tutte le leghe di alluminio (duralluminio ed ergal compresi) si presentano bene alla saldatura elettrica per punti; le leghe Al-Mg (tipo peraluman) si comportano, sotto questo aspetto, in modo anche superiore alle altre; questo tipo di saldatura induce infatti una piccolissima zona locale di fusione ed una zona poco più estesa di ricottura.
Nel caso del duralluminio, dell'anticorodal, dell'ergal e di altre leghe da trattamento termico, una zona più o meno vasta del materiale viene riportata dal calore di saldatura ad uno stato prossimo a quello del materiale ricotto; e poiché la caduta delle caratteristiche tensili fra materiale ricotto e bonificato è, in queste leghe, assai più sensibile di quello che si osserva nelle leghe Al-Mg allo stato rispettivamente crudo o semicrudo di laminazione, e ricotto, è chiaro come quest'ultime forniscano delle giunzioni, saldate elettricamente per punti, relativamente più resistenti, dal punto di vista meccanico. La chiodatura, mediante ribadini, posati a freddo ed eccezionalmente anche a caldo, rappresenta comunque il metodo di giunzione più indicato per la connessione di elementi di forza di lega leggera. Per giunzioni a semplice tenuta di liquido o per leggere pressioni, può essere invece correntemente usata la saldatura autogena, specie se eseguita in atmosfere inerte (argonarc, eliarc), scegliendo preferibilmente le leghe allo stato ricotto o semplicemente incrudito.
Per quanto tutti gli elementi solubili allo stato solido nell'alluminio (Cu, Si, Mn, Cr, Ni, Mg, Ag, Zn, ecc.) provochino rilevabili variazioni nelle caratteristiche fisico-meccaniche, per avere tempra strutturale (v. XIII, p. 291), in pratica, si ricorre soltanto a quelli fra essi per cui tali variazioni risultano tecnicamente utilizzabili. Allo stato odierno delle conoscenze e delle possibilità industriali, gli elementi o i composti di tempra più importanti possono considerarsi i seguenti: Cu Al2 (leghe tipo duralluminio, lautal, 17S, 24 S, ecc. nelle quali tale composto può essere associato eventualmente con Mg2 Si); Mg2 Si (leghe tipo anticorodal, 61 S, ecc.); Mg Zn2 (nelle leghe tipo ergal, 75 S, perunal). Il composto Mg2 Al3, presente nelle leghe Al-Mg (tipo peraluman, idronalio, ecc.), per quanto suscettibile di esercitare una sensibile azione induritrice per tempra strutturale, non viene usato in pratica in quanto la sua riprecipitazione critica induce una pericolosa tendenza alla corrosione intercristallina nei laminati e negli estrusi. La necessità di evitare questo pericolo, consiglia anzi di sottoporre tali semilavorati ad una particolare ricottura di coalescenza (3-6 ore a 300°), che coagula gli elementi riprecipitati di Mg2 Al3, in una struttura discontinua (la cosiddetta collana di perle dei metallografi) e conferisce alla lega le sue massime caratteristiche di resistenza alla corrosione sotto tensione meccanica. Per motivi analoghi, nella pratica industriale e applicativa, si preferisce talora il trattamento di bonifica con invecchiamento naturale (nelle leghe tipo duralluminio) a quello con invecchiamento artificiale (sempre teoricamente possibile): il duralluminio invecchiato artificialmente (a temperatura > 25°) è più sensibile alla corrosione intercristallina. Comportamento del tutto opposto dimostrano invece le leghe tipo ergal che presentano la massima resistenza alla corrosione intercristallina con invecchiamento artificiale, a temperature comprese fra 120 e 140°, che fornisce anche i massimi di σR (60-75 kg/mmq).
Fra le leghe leggere di getto e quelle lavorate plasticamente non esistono sostanziali differenze di comportamento, agli effetti della loro rispondenza ai trattamenti termici. Carichi di rottura dell'ordine di 35/40 kg/mm2 e durezze Brinell di 100 ÷ 150 kg/mm2 non sono difficili da ottenere, specie su getti colati razionalmente in forme metalliche (conchiglie). Tuttavia, difetta sempre nei getti, nel confronto con le leghe lavorate plasticamente, la cosiddetta riserva plastica, un buon indice della quale è fornito dal valore dell'allungamento di rottura (10-25% nei laminati e negli estrusi;1-8% nei getti). Comunque, a parità di effetto, il tempo di preriscaldo alla tempra dei getti deve sempre essere molto superiore a quello dei semilavorati plastici (8-24 ore, contro 1/2-3 ore).
Bibl.: L. Guillet, Les metaux légers et leurs alliages: I, Parigi 1936, II, ivi, 1940; P.L. Teed, Duralumin and its heat-treatment, Londra 1937; R. Debar, Einführung in die Leichtmetallkunde, Lipsia 1941; Aluminium Taschenbuch, 9ª ediz., Berlino 1942; C. Panseri, L'alluminio e le sue leghe, I, i-ii, Milano 1945-1949; A. von Zeerleder, Technologie der Leichtmetalle, Zurigo 1948; M. Schenk, Aluminium und seine ANodische Oxjidation, Berna 1948.