LEGHE (XX, p. 765; App. II, 11, p. 179; App. III, 1, p. 974)
L'applicazione della teoria delle dislocazioni all'interpretazione delle proprietà plastiche dei metalli (App. III, 11, p. 85) ha comportato una miglior comprensione dell'influenza della struttura sulle caratteristiche meccaniche delle l. e ha permesso in qualche caso di stabilire dei principi guida per la progettazione di l. aventi determinate caratteristiche. Il concetto di struttura ha subito una continua evoluzione nel tempo: modo di distribuzione dei costituenti microscopici (microstruttura), struttura dei costituenti microscopici stessi (struttura atomica cristallina), stato difettivo dei cristalli reali. Ma l'effetto delle variabili di struttura sulla proprietà meccaniche di massa è rimasto per molto tempo (e in parte lo è ancora) a livello di osservazione qualitativa e ogni tentativo di razionalizzazione quantitativa si fonda su basi ancora largamente empiriche.
Una delle principali difficoltà è che una l. è un sistema multifase complesso; il numero dei componenti cristallini partecipanti a un processo di deformazione plastica è enorme, per la caratteristica fondamentale delle l. di essere degli aggregati policristallini.
Nonostante tali difficoltà sono stati sviluppati dei modelli di comportamento delle strutture che, con l'ausilio di concetti fondamentali tratti dalla meccanica del continuo, dalla cinetica chimica, dalla cristallografia, dalla metallurgia fisica, consentono di stabilire dei criteri orientativi per l'interpretazione e la previsione di caratteristiche meccaniche, sia pure a livello qualitativo e da controllare successivamente sul piano sperimentale.
I meccanismi attraverso i quali è possibile agire, per es., sulla resistenza a trazione di una l. a diverse temperature, sono stati interpretati alla luce della teoria delle dislocazioni. Il moto d'una dislocazione in un metallo risulta ostacolato dalla presenza di atomi estranei. Ciò è vero sia se gli atomi estranei sono distribuiti nel reticolo cristallino del metallo base, che ne risulta distorto (indurimento da soluzione solida), sia se essi entrano quali costituenti di una seconda fase dispersa nella matrice (indurimento da seconda fase dispersa). Un'importante differenza fra i due casi risiede nel diverso ordine di grandezza di spostamento di una dislocazione, prima che subisca la massima interferenza al suo moto da parte dell'atomo soluto o della particella dispersa.
Gli atomi estranei in soluzione solida esercitano il loro effetto indurente sulle caratteristiche resistenziali contribuendo agli sforzi di attrito interni al reticolo cristallino; agiscono principalmente sul tratto iniziale della caratteristica sforzi-deformazioni, ossia sul tratto di comportamento elastico, innalzando il limite di snervamento. Le particelle di una seconda fase dispersa esercitano il loro massimo effetto indurente, interferendo e bloccando il moto delle dislocazioni solo dopo che si sia verificato un certo scorrimento plastico; agiscono, quindi, modificando i meccanismi d'incrudimento e in definitiva innalzando la resistenza a trazione. Tali concetti sono stati applicati con successo all'interpretazione quantitativa delle caratteristiche resistenziali (curve sforzi-deformazioni) di l. alluminio-rame 4% e di acciai semplici al carbonio allo stato ricotto (a struttura ferritico-perlitica). In quest'ultimo caso le particelle disperse sono le isole perlitiche e la percentuale di perlite, presente nella struttura, innalza il carico di rottura.
Quando una dislocazione si muove attraverso il reticolo cristallino e incontra una particella dispersa relativamente grande, deve girarle attorno, generando così un anello di dislocazioni. Ma invece di aggirare la particella nel suo moto, può anche attraversarla, e in tal caso la particella si rompe. Ciò può verificarsi se la seconda fase dispersa è costituita di particelle "coerenti" con la matrice, ossia se vi sono correlazioni fra i parametri reticolari della matrice e della particella alla loro interfaccia. Un effetto della "coerenza cristallina" è lo stato d'elevata coazione elastica della matrice, nella zona ove il suo reticolo deve in qualche modo adattarsi a quello della particella di seconda fase. Ciò comporta un effetto indurente. Nel decorso dei processi d'invecchiamento per precipitazione allo stato solido si verificano modificazioni nelle caratteristiche della l. quando, al crescere delle dimensioni delle particelle disperse, si passa dallo stato "coerente" a quello "non coerente".
Un massimo innalzamento dello snervamento si manifesta per la presenza di piccole particelle coerenti e tale innalzamento, con una uniforme distribuzione di particelle sferiche di ugual diametro, risulta inversamente proporzionale alla distanza fra due particelle. In tale condizione, allo snervamento le particelle risultano uniformemente sollecitate e deformate elasticamente, ma non sono in condizioni d'influenzare il successivo processo d'incrudimento, quando, superato lo snervamento, il materiale passa a lavorare nel campo plastico. In definitiva non si riscontra un'influenza analoga sul carico di rottura.
Un limite alle applicazioni d'un tale meccanismo d'indurimento deriva dalla situazione di pericolosità che si determina, per la possibilità di un'instabilità meccanica della struttura non appena che la sollecitazione superi il limite di snervamento, per l'incapacità intrinseca del materiale a subire un processo di deformazione plastica a sollecitazioni crescenti.
Ciò non si verifica invece se il meccanismo d'indurimento della l. è provocato da particelle disperse di seconda fase, di dimensioni maggiori. Un'applicazione importantissima di questo principio si è avuta con l'ideazione e lo sviluppo degli acciai a elevato limite elastico cosiddetti "a dispersoidi"; per es., lo snervamento d'un acciaio da costruzione viene innalzato da una piccola aggiunta di niobio, che precipita durante il raffreddamento dopo laminazione a caldo in forma di piccole particelle di carburo.
Nello sviluppo di l. a elevate caratteristiche resistenziali, occorre considerare anche i pericoli di comportamento fragile del materiale, in funzione delle sue condizioni metallurgiche, del sistema di sollecitazioni cui è sottoposto, dell'interazione materiale-ambiente (temperatura d'impiego, effetti di corrosione sotto sforzo, infragilimento da idrogeno, ecc.). La presenza di una seconda fase indurente, dura e fragile, degrada la tenacità propria della matrice; il problema della progettazione metallurgica d'una l. ideale potrebbe essere considerato quello di sviluppare una struttura fibrosa, nella quale fasi dure e fragili, allineate, sono immerse in una matrice dolce, duttile e tenace.
Se il problema della rottura fragile condiziona la progettazione e l'impiego di l. per temperatura ambiente, e ancor più, per basse temperature, un'analoga metodica di ragionamento può guidare lo sviluppo di l. per impieghi a temperatura elevata, ove il materiale manifesta un decadimento nel tempo per scorrimento viscoso, accompagnato da fenomeni di perdita di duttilità. Anche in tal caso si rilevano gli effetti positivi della presenza d'una seconda fase dispersa. Ma la spaziatura ottimale, ai fini della resistenza allo scorrimento viscoso ad alta temperatura, è maggiore di quella corrispondente al massimo innalzamento dello snervamento a temperature più basse; inoltre è importante contrastare un eccessivo ingrossamento delle particelle disperse durante la permanenza in servizio a temperatura elevata e conoscere i meccanismi di tale ingrossamento, per cui le particelle di dimensioni maggiori si accrescono a spese delle più piccole. Ossia è importante stabilire le variabili che innalzano la stabilità della dispersione. Esempi positivi dell'applicazione di tali concetti sono il S.A.P. (alluminio contenente una dispersione di allumina) e il nichel T-D (nichel contenente particelle di torio); ma benché siano state tentate e realizzate molte tecniche di fabbricazione, le difficoltà pratiche all'ottenimento di particelle disperse adeguatamente piccole sono grandi.
Bibl.: J. C. Fischer e altri, in Acta Met., 1953, n. I, p. 336; Autori vari, High-strenght materials (a cura di V. F. Zackay), New York 1965; A. H. Cottrell, An introduction to metallurgy, Londra 1968 (trad. it. Bologna); Autori vari, Physical metallurgy (a cura di R. W. Cahn), Amsterdam 1970; Effect of second-phase-particles on mechanical properties of steel, ISI (Iron Steel Inst. Spec. Rept.), Londra 1971.