SOCIALE, LEGISLAZIONE (XXXI, p. 988; App. II, 11, p. 846)
Prima di dare notizia sugli sviluppi principali che si sono avuti in Italia nel decennio 1949-58 nel campo della legislazione sociale, occorrerà accennare al fatto che lo stesso concetto di legislazione sociale si è venuto precisando con l'intento di una sempre migliore sistemazione organica istituzionale di tale branca legislativa.
All'espressione legislazione sociale si suole attribuire infatti un significato convenzionale più o meno ampio ed a seconda di tale ampiezza di significato si collocano le norme relative in uno piuttosto che in un altro ramo di diritto, pur essendo concordemente riconosciuto che il contenuto di esse è generalmente di diritto pubblico.
In una accezione ampia e generica si comprende nella legislazione s. il complesso delle norme giuridiche attraverso le quali lo Stato esplica la sua attività sociale: l'attività, cioè, mediante la quale lo Stato realizza la sua funzione sociale, che consiste nel promuovere o favorire il progresso ed il miglioramento fisico, morale, intellettuale ed economico del popolo. In un significato più ristretto si comprende nella legislazione s. il complesso delle norme giuridiche attraverso le quali lo Stato esplica la sua attività assistenziale: l'attività, cioè, mediante la quale lo Stato viene in aiuto di coloro che non possono provvedere da soli ai bisogni della propria esistenza: minori senza assistenza familiare, minorati, anziani, ammalati, ed in genere coloro che non sono in grado di procurarsi i mezzi di vita. In questi due significati la legislazione sociale appartiene al diritto amministrativo.
Più comunemente, però, per legislazione s. si intende quel complesso di norme giuridiche attraverso le quali lo Stato realizza la tutela sociale del lavoratore: la tutela, cioè, del lavoratore nel campo igienico, morale ed economico. Sotto questo aspetto l'espressione "legislazione sociale" riceve un'altra specificazione che ne restringe il significato: legislazione sociale del lavoro. In questa espressione si comprendono generalmente tutte le norme giuridiche che concernono l'addestramento e la qualificazione professionale; il collocamento e le assunzioni obbligatorie di invalidi di guerra e del lavoro e categorie equiparate; l'orario di lavoro ed i riposi; la tutela dell'igiene e sicurezza del lavoro; la tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli e la tutela fisica delle lavoratrici madri; la tutela previdenziale e la vigilanza per l'osservanza delle suddette norme di tutela sociale del lavoratore.
Sotto questo aspetto le norme di legislazione s. - pur ritenendosi da un punto di vista istituzionale di indubbia appartenenza al diritto amministrativo e da denominarsi addirittura "diritto amministrativo del lavoro" - si comprendono nel diritto del lavoro, anche se, a fini soprattutto pratici, si rileva, poi, l'opportunità dello studio di esse separato e distinto dal diritto del lavoro.
Apprendistato e formazione professionale. - Nel campo dell'apprendistato la l. 19 gennaio 1955, n. 25 e le sue successive modificazioni hanno dato una disciplina completa alla materia, prevedendo, tra l'altro, a favore degli apprendisti: il diritto alla retribuzione, alle ferie, alla tutela previdenziale, all'insegnamento necessario per diventare lavoratori qualificati, e particolari garanzie di lavoro (divieto di superare le 8 ore giornaliere e le 44 settimanali di lavoro, divieto di lavoro fra le ore 22 e le ore 6, divieto di essere sottoposti a lavorazioni a cottimo, ad incentivo o in serie, a lavori usuranti, ecc.). L'onere per la contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro è stato ridotto e per gli imprenditori artigiani completamente tolto.
La nuova disciplina ha favorito lo sviluppo dell'apprendistato: infatti al 1° maggio 1955 figuravano denunciati 172.828 apprendisti (62.786 da aziende artigiane e 110.042 da aziende non artigiane) ed al 31 marzo 1957 ne figuravano denunciati 466.372 (215.252 da aziende artigiane e 251.120 da aziende non artigiane). Per la formazione professionale v. disoccupazione, in questa Appendice.
Avviamento al lavoro. - La l. 29 aprile 1949, n. 264 conferma esplicitamente (art. 7) la qualifica del collocamento come funzione pubblica, che affida nuovamente ad istituzioni governative: Uffici del lavoro e della massima occupazione. Chiunque aspiri ad essere avviato al lavoro alle dipendenze altrui deve iscriversi all'ufficio di collocamento della circoscrizione in cui ha la residenza ed il datore di lavoro è obbligato ad assumere i lavoratori di cui ha bisogno tra coloro che sono iscritti al competente ufficio di collocamento: questa è la regola generale, ma dalla legge sono previste particolari opportune eccezioni e deroghe. L'art. 23 consente che per soddisfare particolari esigenze del lavoro e della produzione possono essere organizzati, per determinate categorie di lavoratori, o per categorie specializzate, forme e servizî particolari di collocamento. Forme particolari sono previste, infatti, per l'avviamento al lavoro degli addetti alla monda, trapianto, taglio e raccolta del riso (d. P. R. 29 aprile 1950); per il collocamento dei lavoratori dello spettacolo (d. P. R. 5 giugno 1950, modificato dal d. p. r. 16 gennaio 1956); per il collocamento degli operai presso le aziende di panificazione (d. P. R. 30 agosto 1956, n. 1241); per i prestatori di lavoro a domicilio (l. 13 marzo 1958, n. 264).
È stata disciplinata ex novo la regolamentazione relativa all'assunzione obbligatoria al lavoro degli invalidi con la l. 3 giugno 1950, n. 375 e con il d. p. r. 18 giugno 1952, n. 1176.
Orario di lavoro e riposi. - Per gli apprendisti - come è stato già messo in evidenza - la l. n. 25 del 1955 vieta il lavoro notturno e limita il lavoro ordinario ad 8 ore giornaliere ed a 44 settimanali.
Per il personale viaggiante degli autoservizî pubblici di linea extraurbani adibiti al trasporto di viaggiatori, una particolare disciplina degli orarî di lavoro - prima inesistente - è stata dettata con la l. 14 febbraio 1958, n. 138: la durata del lavoro effettivo, per il computo del quale sono previste dettagliate disposizioni, non può eccedere le 8 ore giornaliere o le 48 settimanali; è vietata l'esecuzione di lavoro straordinario, che non abbia carattere meramente saltuario, salvi i casi di speciali esigenze di servizio; il lavoro straordinario, nei casi consentiti, non può superare le 2 ore al giorno, con un massimo di 12 ore settimanali; la durata del servizio di guida non può superare le 5 ore e la ripresa non è consentita se non sia trascorso un intervallo di almeno un'ora.
Nuove norme sulla disciplina del lavoro straordinario nelle aziende industriali sono dettate dalla l. 30 ottobre 1955, n. 1079, che, in linea generale, lo vieta a meno che esso non abbia carattere meramente saltuario, salvo che esso sia richiesto da eccezionali esigenze tecniche produttive e sempre che non sia possibile provvedere attraverso l'assunzione di altri lavoratori. A titolo di remora nell'effettuazione del lavoro straordinario si fa obbligo al datore di lavoro di versare al Fondo per la disoccupazione una somma pari al 15 per cento della retribuzione relativa alle ore straordinarie compiute.
La disciplina del riposo domenicale e settimanale è rimasta quella contenuta nella l. 22 febbraio 1934, n. 370, e quella delle giornate festive risulta ora dalla l. 27 maggio 1949, n. 260, modificata con la l. 31 marzo 1954, n. 90: la cui disciplina è stata estesa al personale dipendente dalle istituzioni sanitarie pubbliche e private con la l. 23 aprile 1952, n. 520 ed ai lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e pulizia degli immobili urbani con la l. 16 aprile 1954, n. 111.
Igiene del lavoro. - Il governo, avvalendosi della delega legislativa contenuta nella l. 12 febbraio 1955, n. 51, ha emanato con il d. P. R. 19 marzo 1956, n. 303, norme generali di igiene del lavoro, che possono considerarsi il testo unico in materia, in sostituzione del regolamento generale per l'igiene del lavoro approvato con r. d. 14 aprile 1927, n. 530. Le norme speciali di igiene vigenti sono rimaste immutate: per es. quelle contenute nel r. d. 15 luglio 1913, n. 998 sul buon governo igienico nei cantieri delle grandi opere pubbliche; nel regolamento, approvato con r. d. 14 ottobre 1926, n. 1927, per le fabbriche di conserve alimentari preparate con sostanze vegetali; nel regolamento, approvato con r. d. 29 ottobre 1931, n. 1601, per la produzione ed il commercio delle acque gassate, ecc., ma sono state integrate quelle contenute nei decreti presidenzíali 20 marzo 1956, nn. 320, 321 e 322, rispettivamente, per il lavoro in sotterraneo, per il lavoro nei cassoni ad aria compressa e per il lavoro nell'industria della cinematografia e della televisione.
Delle norme generali d'igiene del lavoro, contenute nel decreto presidenziale n. 303 del 1956, alcune riproducono, con qualche variazione nella forma, le disposizioni del regolamento n. 530 del 1927; altre innovano profondamente rispetto a queste. In una tabella allegata al decreto è l'elencazione delle lavorazioni industriali che espongono all'azione di sostanze tossiche infettanti o comunque nocive, connesse a 57 cause di rischio ed i cui lavoratori, ai sensi dell'art. 33 del decreto, debbono essere sottoposti a visite mediche preventivamente alla loro ammissione in servizio e successivamente durante lo svolgimento del lavoro con la frequenza periodica indicata nella tabella stessa, al fine di accertare i requisiti di idoneità al lavoro e lo stato di salute.
Conservazione del posto e limiti nei licenziamenti. - La l. 3 maggio 1955, n. 370 - pur mantenendo in vigore le disposizioni vigenti, che continuano ad avere efficacia, ove non siano meno favorevoli o incompatibili con essa - ha esteso il diritto alla conservazione del posto a qualsiasi categoria di lavoratori, privati e pubblici, richiamati alle armi per qualsiasi esigenza.
Particolari limitazioni al potere di licenziamento sono state previste negli accordi interconfederali 21 aprile e 20 dicembre 1950, sui licenziamenti per riduzione di personale, 18 ottobre 1950, sui licenziamenti individuali nell'industria; e nel contratto interconfederale dell'industria dell'8 maggio 1953 sulle commissioni interne, che limita la facoltà di recesso del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori aventi funzioni di rappresentanza in seno alle commissioni interne.
Bibl.: L. R. Levi-Sandri, Istituzioni di legislazione sociale, Milano 1958; Legislazione protettiva del lavoro: osservanza delle norme protettive del lavoro, in Relazioni della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni dei lavoratori in Italia, vol. II, Roma 1959; La disciplina organizzativa del lavoro, in Trattato di diritto del lavoro, diretto da U. Borsi e F. Pergolesi, 3ª ed., vol. III, Padova 1959.