SOCIALE, LEGISLAZIONE (XXXI, p. 988; App. II, 11, p. 846; III, 11, p. 759)
Confermato, qui, il significato comunemente attribuito all'espressione "legislazione sociale", già chiarito nella precedente Appendice, nel senso che "in essa, generalmente, si comprendono tutte le norme giuridiche che concernono, esemplificativamente, l'addestramento e la qualificazione professionale, il collocamento, l'orario di lavoro e i riposi, la tutela della libertà e dignità del lavoratore, la salvaguardia dell'igiene e sicurezza del lavoro, la tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli, la tutela delle lavoratrici madri, ecc.", si espone qui di seguito, secondo l'ordine cronologico, il contenuto sommario dei principali provvedimenti legislativi emessi, nella materia in esame, nel periodo 1960-75.
Intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro-appalti di opere e servizi: l. 23 ott. 1960 n. 1369. - La disciplina nella materia in oggetto, introdotta nel nostro ordinamento giuridico dalla legge citata e che non ha riscontro in altri ordinamenti europei, si è resa necessaria per una migliore e più efficace tutela della manodopera in presenza di certi fenomeni anomali sui quali aveva condotto ampie indagini anche la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni dei lavoratori in Italia, le cui constatazioni e considerazioni sono state illuminanti per il legislatore.
Due erano i fenomeni tipici lesivi degl'interessi dei lavoratori: l'appalto di manodopera e l'appalto di opere e servizi in determinate situazioni. Nel primo si verificava un vero e proprio sfruttamento della manodopera che l'imprenditore utilizzava attraverso un appalto di fornitura di essa affidato a terzi che naturalmente non garantivano ai lavoratori da essi assunti né i minimi retributivi, né le tutele previdenziali. Nel secondo si verificava l'anomalia di lavoratori occupati nella stessa azienda con trattamenti normativi diversi, e naturalmente il trattamento deteriore era quello subìto dai lavoratori dipendenti dagli appaltatori di opere e servizi.
La legge sopracitata fa divieto all'imprenditore di affidare in appalto, o in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di manodopera assunta o retribuita dall'appaltatore o dall'intermediario, qualunque sia la natura dell'opera e del servizio cui le prestazioni si riferiscono, e chiarisce che si considera appalto di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o subappalto anche per esecuzione di opere e servizi, ove l'appaltatore impieghi capitali, macchine e attrezzature fornite dall'appaltante, quand'anche per il loro uso venga corrisposto un compenso all'appaltante. In caso d'inosservanza del divieto, a parte le sanzioni a carico dell'imprenditore e dell'appallatore o altro intermediario, i prestatori di lavoro sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell'imprenditore che effettivamente ha utilizzato le loro prestazioni.
Nell'altro caso, quando, cioè, gl'imprenditori appaltano opere e servizi, compresi i lavori di facchinaggio, pulizia e manutenzione ordinaria degl'impianti, da eseguirsi nell'interno delle aziende con organizzazione e gestione propria dell'appaltatore, la legge garantisce ai lavoratori da questo dipendenti il diritto a un trattamento normativo non inferiore a quello spettante ai lavoratori dipendenti dall'imprenditore appaltante, che, per il soddisfacimento di tale diritto e degli obblighi derivanti dalle leggi sulla previdenza sociale, è responsabile in solido con l'appaltatore.
Con la suddetta disciplina viene a mancare, in entrambi i casi, l'interesse economico dell'imprenditore di ricorrere all'appalto di manodopera o a quello di opere e servizi.
Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio: l. 9 genn. 1963, n. 7. - La normativa posta dalla legge citata risolve la grave e dibattuta questione delle cosiddette clausole di nubilato. Di tale problema nel parere espresso dal CNEL erano stati individuati i seguenti aspetti:
inserzione della clausola di nubilato nei contratti individuali di lavoro e nei regolamenti di azienda;
recesso unilaterale del datore di lavoro (art. 2118 cod. civ.);
assunzione della lavoratrice con contratto a tempo determinato, non giustificato dalla specialità del rapporto;
assunzione subordinata alla preventiva sottoscrizione di una lettera di dimissioni con data in bianco che il datore di lavoro si riserva di far valere per la risoluzione del rapporto al momento del matrimonio della lavoratrice.
La legge citata, con una disciplina applicabile a tutte le lavoratrici, escluse quelle addette ai servizi familiari e domestici, dichiara nulle le clausole di qualsiasi genere contenute nei regolamenti che prevedano comunque la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio; nulli i licenziamenti attuati a causa di matrimonio; nulle le dimissioni presentate dalla lavoratrice nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni del suo matrimonio a un anno dopo la celebrazione di esso: periodo entro il quale il licenziamento della lavoratrice si ritiene, con presunzione juris tantum, che sia stato disposto per causa di matrimonio. Il datore di lavoro ha facoltà di provare che il licenziamento della lavoratrice nel suddetto periodo è stato effettuato non a causa di matrimonio, così come la lavoratrice può provare che il suo licenziamento effettuato oltre quel periodo è stato disposto a causa del contratto di matrimonio.
Libera circolazione dei lavoratori nell'ambito dela CEE: d.P.R. 30 dic. 1965, n. I656, e 19 dic. 1969, n. 1225. - Negli articoli 48 e 49 del trattato di Roma, istitutivo della CEE, è previsto il principio generale della libera circolazione dei lavoratori nell'ambito della Comunità - il principio limitatamente ad alcune categorie di lavoratori nelle industrie del carbone e dell'acciaio si trovava già nel trattato di Parigi istitutivo della CECA - e in esecuzione di esso sono state emesse, dagli organi competenti della Comunità, le opportune disposizioni di attuazione con il regolamento n. 1612 del 15 ott. 1968. In armonia con esse il legislatore nazionale ha apportato al d.P.R. 30 dic. 1965, n. 1656, che si occupa della materia, le necessarie modificazioni con il d.P.R. 29 dic. 1969, n. 1225, in base alle quali il diritto di soggiorno nel territorio del nostro paese è riconosciuto a tutti i lavoratori ai quali si applicano le disposizioni della CEE. Tale diritto si estende a favore del coniuge e dei discendenti minori di anni 21 o a carico e degli ascendenti del lavoratore e del suo coniuge che siano a carico. Ai fini del riconoscimento del diritto di soggiorno l'autorità di P.S. del luogo in cui il lavoratore o i membri della sua famiglia vanno a stabilirsi rilascia gratuitamente un documento denominato "Carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro della CEE". Il documento ha una durata di cinque anni dalla data del rilascio ed è automaticamente rinnovabile.
Hanno diritto al soggiorno nel territorio del nostro paese, senza che sia necessario il rilascio della carta di soggiorno, i lavoratori che esercitano un'attività subordinata di durata non superiore a tre mesi e i lavoratori stagionali. Una carta speciale di soggiorno è prevista per i lavoratori frontalieri che hanno la residenza in un altro Stato membro della CEE nel cui territorio ritornano di norma ogni giorno o almeno una volta la settimana.
La libera circolazione dei lavoratori importa che ogni cittadino di uno Stato membro ha diritto di accedere a un'attività di lavoro subordinato e di esercitarla nel territorio di un altro Stato membro, in parità di diritti e di condizioni con i lavoratori nazionali di detto Stato, sia per quanto attiene al trattamento normativo, sia per ciò che concerne l'applicazione delle diverse forme di previdenza e di assistenza. Per quanto riguarda in particolare la tutela previdenziale, il coordinamento delle legislazioni nazionali è disciplinato dal regolamento normativo della CEE n. 1408 del 14 giugno 1971 e da quello esecutivo n. 574 del 21 marzo 1972: disciplina improntata ai princìpi della parità di trattamento tra lavoratori nazionali e lavoratori di un altro Stato membro e del cumulo dei periodi di lavoro protetti compiuti in più Stati membri.
Collocamento nel settore agricolo: D.L. 3 febbr. 1970, n. 7, convertito con modificazioni nella legge 11 marzo 1970, n. 83. - Questo provvedimento legislativo introduce una particolare disciplina per il collocamento dei lavoratori agricoli applicabile ai lavoratori da impiegare alle dipendenze dell'impresa agricola, anche se esercitata in forma cooperativa o consortile, e ai lavoratori da impiegare in attività di raccolta di prodotti agricoli alle dipendenze d'impresa non agricola.
Nel settore in esame operano, oltre agli uffici del lavoro e loro sezioni, apposite commissioni - regionali, provinciali e locali - per la manodopera agricola, che hanno compiti direttivi, consultivi e di proposta, in materia di compilazione degli elenchi nominativi - principali e supplenti -, dei lavoratori agricoli, anche decisionali. La legge espressamente dichiara che esse esercitano funzioni pubbliche e sono organi dello stato.
Il lavoratore che chiede di essere avviato al lavoro agricolo subordinato viene iscritto in apposita lista tenuta dalla sezione dell'ufficio del lavoro, esposta al pubblico presso la sezione stessa e aggiornata alla chiusura dell'ufficio con l'indicazione degli avviati. Chiunque intenda assumere alle proprie dipendenze lavoratori agricoli deve farne richiesta alla sezione dell'ufficio del lavoro nella cui circoscrizione dev'essere eseguita la prestazione. L'assunzione diretta è consentita per i parenti e affini entro il terzo grado e alle imprese diretto-coltivatrici ubicate a distanza superiore a tre km dalla sede della sezione, limitatamente per due lavoratori agricoli e per non più di 51 giornate nell'anno ciascuno. Inoltre, il datore di lavoro ha facoltà di assumere direttamente la manodopera strettamente necessaria per evitare gravi danni alle persone, alle scorte vive, agl'impianti o ai beni prodotti e qualora non vi sia possibilità di rivolgersi tempestivamente alla competente sezione ovvero questa non possa provvedere all'immediato avviamento. È vietato il passaggio del lavoratore agricolo direttamente e immediatamente, dall'azienda nella quale è occupato in un'altra; è ammesso lo scambio di manodopera di cui all'art. 2139 cod. civile.
La richiesta di manodopera dev'essere numerica per qualifica professionale e contenere l'indicazione della durata del rapporto di lavoro. È consentita la richiesta nominativa quando essa concerne l'assunzione di impiegati amministrativi, tecnici, di personale rientrante nelle particolari categorie individuate dalla commissione provinciale per la manodopera agricola e di un dipendente - a certe condizioni anche tre - destinato esclusivamente a compiti di fiducia connessi alla vigilanza e alla custodia.
L'avviamento al lavoro, in caso di richiesta numerica, è disposto dalla sezione in ragione dell'anzianità d'iscrizione del lavoratore nella lista, e nella località con elevato indice di disoccupazione, in base allo stato di bisogno, secondo una graduatoria di precedenza formata dalla commissione locale in base ai criteri fissati dalla commissione provinciale. In caso di richiesta nominativa l'avviamento al lavoro è subordinato al nulla-osta rilasciato dalla commissione locale.
Tra i compiti più importanti delle commissioni in materia di collocamento - oltre quelli ai quali si è accennato nell'esposizione che precede - è opportuno ricordare:
per le commissioni regionali, i compiti di formulare annualmente la previsione del fabbisogno regionale di manodopera agricola e d'impartire le disposizioni necessarie in materia di avviamento dei lavoratori agricoli e le direttive ai fini della compensazione territoriale della manodopera agricola nell'ambito regionale;
per le commissioni provinciali, i compiti d'individuare particolari qualifiche per le quali è ammessa la richiesta nominativa di manodopera e di fissare i criteri per la documentazione e l'accertamento dell'effettivo possesso da parte del lavoratore della qualifica dallo stesso dichiarata all'atto della richiesta d'iscrizione nella lista di collocamento.
Garanzia del salario: l. 20 maggio 1975, n. 164. - La recessione in molti settori dell'industria ha reso necessario l'intervento della cassa integrazione guadagni in forma ordinaria, per contrazione o sospensione dell'attività produttiva dovuta a situazioni aziendali per eventi transitori non imputabili all'imprenditore o agli operai oppure a situazioni temporanee di mercato; e in forma straordinaria, per crisi economiche settoriali o locali e per ristrutturazioni, riorganizzazioni o conversioni aziendali.
L'integrazione salariale è dovuta nella misura dell'80% della retribuzione che agli operai sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le ore zero e il limite dell'orario contrattuale, ma comunque non oltre le 40 ore settimanali. I periodì d'integrazione salariale sono utili per il conseguimento della pensione e per la determinazione della misura di essa fino a un massimo di 36 mesi nell'intero rapporto assicurativo del lavoratore e sono equiparati a quelli di effettiva prestazione di lavoro ai fini del diritto all'assistenza sanitaria.
L'integrazione salariale ordinaria è corrisposta fino a un periodo massimo di tre mesi continuativi e in casi eccezionali tale periodo può essere prorogato, trimestralmente, fino a un massimo complessivo di 12 mesi; l'integrazione salariale straordinaria è ammessa fino a un massimo di 6 mesi.
La legge prevede delle procedure di consultazione sindacale preventive alla presentazione delle richieste d'integrazione salariale ordinaria o straordinaria e dei procedimenti amministrativi per ottenere l'ammissione al trattamento d'integrazione salariale.
Bibl.: Divieto d'appalto di mano d'opera, Quad. n. 21, Rass. lav., Roma 1962; F. Traversa, Matrimonio e rapporto di lavoro, in Dir. econ., 1963, p. 419; La libera circolazione dei lavoratori nella C.E.E., Quad. n. 52, Rass. lav., Roma 1969; S. Tribulato, La nuova disciplina del collocamento e dell'accertamento dei lavoratori agricoli, in Giur. agr. it., 1971, n. 263; L.R. Levi Sandri, Istituzioni di legislazione sociale, Milano 1975; E. Altomare, Licenziamenti collettivi e "salario garantito", in Ammin. it., 1975, p. 271.