Legislazione
L'intervento pubblico nell'attività cinematografica è stato intenso sin dalle origini investendo diversi aspetti del fenomeno. Sotto un primo profilo il legislatore ha preso in considerazione il contenuto del messaggio, per evitare che dal film, forma di manifestazione del pensiero di indubbio rilievo sociale, potessero scaturire effetti lesivi di valori di interesse pubblico. I primi interventi legislativi sono stati volti a reprimere e a contrastare possibili violazioni attraverso l'istituto della vigilanza preventiva sui film, ovvero la censura cinematografica. Gli interventi hanno poi avuto come oggetto gli aspetti economico-commerciali del fenomeno cinematografico, regolando obblighi, oneri, divieti assoluti o relativi, ovvero limiti preventivi alla produzione, alla distribuzione e all'esercizio costituiti dalle autorizzazioni e dai nulla osta. Le limitazioni non si considerarono in contrasto con il portato dell'art. 41 della Costituzione in quanto la norma, pur affermando la libertà di iniziativa economica, si affretta ad aggiungere che questa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Di qui le varie tipologie di limiti e di controlli si inquadrano nella potestà di coordinamento dell'attività economica ai fini sociali.
I primi meccanismi di intervento indiretto o di carattere finanziario, risalenti al periodo fascista, idearono l'istituto della programmazione obbligatoria e definirono le condizioni per identificare il film nazionale; stabilirono i contributi alla produzione e i premi di qualità; tracciarono le linee fondamentali del sistema di credito cinematografico, con strumenti volti a controlli penetranti sul contenuto dei film e della volontà dichiarata di perseguire una politica di protezionismo.
Oltre all'intervento cosiddetto indiretto, lo Stato interviene direttamente nel settore cinematografico attraverso strutture imprenditoriali pubbliche. Merita un cenno l'Ente autonomo gestione cinema (EAGC, oggi Cinecittà Holding), costituito nel 1958 per gestire le partecipazioni azionarie dello Stato nel settore, da determinare e trasferire con legge, e per svolgere compiti di sostegno delle iniziative artistiche.
Fu comunque nel dopoguerra che gli interventi normativi iniziarono a dar forma a un nuovo ordinamento della cinematografia, abbandonando i toni autoritari del periodo precedente. Il 4 novembre 1965 venne approvata la l. nr. 1213, conosciuta meglio come Legge Cinema, contenente il "nuovo" ordinamento dei provvedimenti a favore della cinematografia, tesa, per la maggior parte, a favorire lo sviluppo quantitativo e qualitativo della produzione cinematografica nazionale tramite un pregevole complesso di interventi pubblici. Dal Titolo I si apprende che "lo Stato considera il cinema mezzo di espressione artistica di formazione culturale, di comunicazione sociale e ne riconosce l'importanza economica e industriale", precisando così che "le attività di produzione, di distribuzione e di programmazione sono ritenute di rilevante interesse generale" (art. 1). Nel rispetto di tali principi "lo Stato: a) favorisce il consolidarsi dell'industria cinematografica nazionale nei diversi suoi settori; b) promuove la struttura industriale a partecipazione statale assicurando che sia di integrazione all'industria privata e operi secondo criteri di economicità; c) incoraggia e aiuta le iniziative volte a valorizzare e diffondere il cinema nazionale con particolare riguardo ai film di notevole interesse artistico e culturale; d) assicura, per fini culturali ed educativi, la conservazione del patrimonio filmico nazionale e la sua diffusione in Italia e all'estero; e) cura la formazione di quadri professionali e promuove studi e ricerche nel settore cinematografico" (art. 2). I Titoli successivi hanno come oggetto le norme sui film di lungometraggio, di cortometraggio, di attualità, quelli prodotti per ragazzi, sulla produzione, sul credito cinematografico, sull'esercizio e la distribuzione. La Legge Cinema ha disciplinato l'intera materia sino al momento in cui è entrato in vigore il d.l. nr. 26 del 14 gennaio 1994, successivamente convertito in l. nr. 153 del 1° marzo 1994, recante Interventi urgenti a favore del cinema; è appena il caso di notare che anche questa legge non è stata 'rivoluzionaria', ritoccando indubbiamente numerose parti della precedente senza però stravolgerne gli schemi principali. Nell'agosto 2003 è stata approvata dal Consiglio dei ministri la nuova legge delega sul cinema nella prospettiva di un riordino dell'intero settore.
Dalla lettura dei primi due articoli della Legge Cinema si evince l'attenzione del legislatore a disporre una serie di interventi idonei (quantomeno nelle intenzioni) a incentivare il settore dell'industria cinematografica operando, in seguito e implicitamente, una distinzione tra produzione beneficiaria delle provvidenze di legge e produzione che, per motivi diversi, non ne usufruisce. Da ciò emerge che le norme-incentivo non sono rivolte a tutte le imprese di produzione cinematografica, ma solo a quelle che intendono realizzare opere rientranti nell'astratto schema delineato dalla legge. Nel caso in cui vengano fatti film rispetto ai quali non siano stati adempiuti gli oneri previsti, e che pertanto non comportano al produttore alcun beneficio, essi sono considerati alla stessa stregua di quelli per i quali non si domanda l'ammissione ai benefici di legge: rimangono comunque il frutto di una completa libertà produttiva.
Ancora in tema di interventi diretti dello Stato in ordine al conseguimento di obiettivi di pubblico interesse, oltre all'intervento finanziario a sostegno delle attività cinematografiche sancito dalla Legge Cinema, occorre citare anche la l. nr. 163 del 30 aprile 1985 che ha istituito il Fondo unico per lo spettacolo, tentativo importante di razionalizzazione di tutti i finanziamenti stabiliti dalle leggi precedenti. Il Fondo ha compiti di sostegno ai soggetti che operano nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante. La ripartizione delle risorse avviene prendendo in considerazione delle quote percentuali minime per ogni singolo settore e sulla base di una programmazione triennale e annuale. Sugli incentivi e sui benefici, innanzitutto occorre chiarire che essi sono volti ad assistere tutte quelle opere cinematografiche che ottengano il riconoscimento della nazionalità italiana (E. Pessina, A. Tarasco, Giustizia penale nella cinematografia, 1980-83, 1984): l'art. 4, comma 2, della l. nr. 1213 elenca le componenti artistiche e tecniche dell'opera da prendere in considerazione, quali, tra le altre, l'autore del soggetto, il regista, lo sceneggiatore. Si tratta di una serie di indici che consentono di selezionare un prodotto quasi interamente italiano, al fine di creargli un mercato più vantaggioso. Questa linea restrittiva viene parzialmente mitigata in tema di coproduzioni internazionali: per i film coprodotti sono difatti previste le stesse provvidenze stabilite per i film nazionali ove la partecipazione artistica, tecnica e finanziaria italiana non sia inferiore al 20% del costo. Oggetto della disciplina, ai fini delle provvidenze e con diverse modalità ed effetti, sono i film di lungometraggio (di produzione nazionale o di interesse culturale nazionale), di cortometraggio, di attualità e quelli realizzati per i ragazzi.
La Legge Cinema prevede una serie di oneri e di adempimenti per le imprese (v. impresa cinematografica) che intendono essere ammesse ai benefici previsti. In primo luogo si registrano adempimenti a tutela della nazionalità (art. 23), che prevedono innanzitutto la presentazione della denuncia di inizio lavorazione al Ministero per i beni e le attività culturali (Direzione generale Cinema). L'impresa di produzione deve altresì fornire il soggetto del film, il piano di finanziamento, il piano di lavorazione, l'elenco del personale tecnico e artistico, nonché ogni altro elemento utile per l'accertamento della nazionalità italiana del film. È appena il caso di rilevare che, una volta presentata la denuncia con la documentazione prescritta, l'impresa di produzione può dare l'avvio ai lavori. Ma la denuncia stessa potrebbe rimanere priva di seguito nei casi di interruzione quando, per es., alcune fonti di finanziamento sulle quali il produttore aveva fatto affidamento vengono meno. Sempre l'art. 23 richiede che una copia del film sia trasmessa alla SIAE (Società Italiana Autori Editori) per l'iscrizione nel pubblico registro cinematografico. Sarà altresì la SIAE ad accertarsi della data di prima proiezione in pubblico del film in quanto, entro novanta giorni da questa, l'impresa dovrà presentare la copia campione dell'opera alla Direzione generale Cinema, insieme alle istanze per l'ammissione ai benefici di legge corredate dei documenti necessari a comprovare la sussistenza dei requisiti. Altri adempimenti di natura produttiva sono contenuti nell'art. 22 della l. nr. 1213, in quanto le imprese nazionali sono tenute a presentare, sempre entro i novanta giorni dalla data di prima proiezione, la domanda di nazionalità definitiva e la documentazione riferita alla data di inizio lavorazione, in modo che possa esserne consentita l'identificazione. Gli adempimenti tecnici sono disciplinati dall'art. 21 della legge, il quale stabilisce dei criteri per la determinazione della lunghezza del film (non più in termini di lunghezza minima bensì di durata minima, che per un lungometraggio si intende superiore a 75 minuti), i limiti relativi all'utilizzazione del repertorio e agli oneri di sviluppo e stampa, da effettuarsi in Italia.
Occorre infine precisare che, in ordine all'ammissione ai benefici di legge, i film devono presentare (oltre che adeguati requisiti di idoneità tecnica) sufficienti qualità artistiche, o culturali, o spettacolari. Si è osservato che il livello di sufficienza rende il beneficio automatico e destinato all'impresa in quanto produttrice di un film, pur nel rispetto di altri requisiti prescritti dalla legge, ma non di natura qualitativa. La Legge Cinema parla infatti di sufficienza alternativa, non congiunta: sta di fatto che un film può godere delle provvidenze se adeguato dal punto di vista tecnico, sprovvisto di qualità artistiche e culturali, ma dotato di caratteristiche spettacolari.
Il primo beneficio derivante dal riconoscimento della nazionalità italiana si sostanzia nell'ammissione dell'opera alla programmazione obbligatoria; l'ammissione alla programmazione obbligatoria è un'espressione ancora usata anche se la legge parla di ammissione ai benefici. Questa viene decisa da un'apposita commissione di esperti. In origine l'ammissione alla programmazione obbligatoria comportava l'obbligo, per gli esercenti delle sale cinematografiche, di riservare un certo numero di giorni alla proiezione di questo genere di film. In seguito si è tradotta in un invito ad accentuare la programmazione di alcuni film, prevedendo sgravi fiscali a favore delle imprese di esercizio. Il provvedimento con cui un film viene ammesso alla programmazione obbligatoria comporta anche dei vantaggi di natura diretta a favore delle imprese di produzione: l'art. 7 dispone che, a favore del produttore del lungometraggio ammesso alla programmazione obbligatoria, sia concesso un contributo in percentuale sugli incassi lordi (con esclusione di ogni altro provento in qualsiasi modo realizzato per l'utilizzo dell'opera) realizzati dal film nelle sale cinematografiche entro il termine di due anni a partire dalla sua prima proiezione al pubblico. Il periodo biennale rappresenta un limite massimo ai fini del meccanismo di quantificazione e non un obbligo alla proiezione per tutta la sua durata. In base a un Regolamento inserito nel d.m. 2 novembre 1999, nr. 531 si è precisato che i contributi di cui all'art. 7 della Legge Cinema sono finalizzati al sostegno della produzione cinematografica nazionale e destinati al patrimonio delle imprese nazionali di produzione.
Per i film di nuova produzione, il contributo 'cd. 13%' ha lasciato il posto a un meccanismo più articolato in attuazione del Regolamento citato, che prevede tre nuove e diverse aliquote percentuali dei contributi (25%, 20% e 10%), ciascuna corrispondente a un determinato scaglione di incasso. In questo modo risulta parzialmente mitigato l'aspetto automatico dell'aliquota unica che, in termini assoluti, premia di più il film che ha già riscosso un buon successo al botteghino rispetto a un'opera meno fortunata. L'impresa di produzione può inoltre chiedere, entro il termine perentorio di quindici giorni dalla data di deposito della copia campione, che il film realizzato possa essere ammesso al concorso per il rilascio di "attestati di qualità" (art. 8 della l. nr. 1213). La domanda dà diritto all'esame da parte della Commissione lungometraggi, cortometraggi e film per ragazzi, la quale può assegnare l'attestato di qualità a quei lungometraggi che ritenga in possesso di particolari qualità artistiche e culturali. L'ottenimento dell'attestato di qualità si sostanzia nella nascita del diritto a un premio da ripartire tra l'impresa di produzione, alla quale spetta circa il 71%, e i coautori (insieme al direttore della fotografia, allo scenografo e al montatore) per il rimanente 29%. Fra gli incentivi alla produzione nazionale e i suoi benefici, il credito cinematografico assume un'importanza particolare proprio grazie alla rilevanza dello sforzo economico implicato. Già la l. del 13 giugno 1935, nr. 1143, e il r.d. del 14 novembre 1935, nr. 2504, prevedono norme per l'erogazione e per la gestione dei fondi pubblici destinati alle imprese di produzione e, allo scopo, hanno istituito la Sezione autonoma per il credito cinematografico della Banca nazionale del lavoro (oggi Sezione di credito cinematografico e teatrale s.p.a.) avente come oggetto la concessione di finanziamenti a medio termine a enti, società e privati che svolgono attività di produzione, distribuzione e commercio di pellicole cinematografiche nazionali. La Sezione gestisce poi una serie di fondi speciali, che vengono alimentati dal Fondo unico per lo spettacolo e che sono stati creati per contribuire al finanziamento di determinate attività. Il finanziamento pubblico della cinematografia si fonda prevalentemente su mutui a tasso agevolato e su contributi sugli interessi, concessi previa previsione di fondi a ciò dedicati. È l'art. 17 della l. nr. 153 del 1° marzo 1994 (recante Interventi urgenti a favore del cinema) che definisce le norme sui mutui e regola la concessione alle imprese cinematografiche, a valere sui fondi statali, con deliberazione della concessionaria, previa valutazione tecnico-economica, a favore dei progetti che abbiano riportato il parere favorevole della Commissione per il credito cinematografico. Questa forma di finanziamento è volta a ridurre gli oneri dei soggetti mutuatari, rispetto alle condizioni correnti di mercato, con il presupposto che il sostegno venga destinato agli investimenti nelle attività produttive contemplate dalla legge.
Non sussiste dunque un diritto soggettivo dell'impresa alla concessione del finanziamento agevolato, né un obbligo della concessionaria ‒ che ha la responsabilità in merito all'esistenza dei presupposti su cui si fonda l'erogazione del finanziamento ‒ a stipulare il relativo contratto.
Altro punto importante in materia di mutuo agevolato attiene all'ammontare minimo del capitale versato dalle imprese cinematografiche che dovrebbe garantire la serietà dell'iniziativa e del progetto imprenditoriale ed evitare che le imprese vengano quasi esclusivamente finanziate con mutui agevolati, esistendo un capitale di rischio con una consistenza determinata. Per di più, in conseguenza di un'eventuale perdita o riduzione del capitale versato, escludendo una risoluzione del mutuo ovvero un obbligo al rimborso anticipato, si deduce che il capitale versato minimo deve sussistere soltanto al momento della richiesta ed erogazione del mutuo. Quanto alla garanzia tipica per le operazioni di credito cinematografico, questa è rappresentata dal film al quale il mutuo si riferisce e si articola nelle modalità di erogazione del medesimo per stati di avanzamento, a partire già dalla preparazione. A garanzia del mutuo, e fino alla concorrenza dell'importo in termini di capitale e di interessi, normalmente l'impresa di produzione cede, in tutto o in parte, i benefici e i premi governativi del film e la sua quota dei proventi derivanti dallo sfruttamento dell'opera. Qualora la garanzia sia incapiente e il mutuo non venga rimborsato, è previsto l'esproprio ex lege dei diritti del produttore e il loro passaggio all'istituto mutuante. Per il finanziamento nell'ordinamento comunitario, v. Unione Europea.
R. Zaccaria, Cinematografi e cinematografia. I. Disciplina amministrativa, in Enciclopedia giuridica, Istituto della Enciclopedia Italiana, 6° vol., Roma 1988 (e Aggiornamenti 2002), ad vocem.