CAPOCCI (Capoccini), Lello
Nacque, probabilmente a Roma, da Buccio di Paolo intorno al 1377.
La data di nascita approssimativa si ricava da un accenno nella storia della famiglia Capocci redatta da Giovanni Vincenzo Capocci che ricorda come il C. ottenne il consolato nel 1406 "non ancora trentenne" (f 131r). Degli anni giovanili e privati del C. rimane l'unico ricordo delle sue liti col padre culminate nell'anno 1400 in un compromesso stilato alla presenza del nobile Cecco di Lello Donato, "communem consanguineum", che veniva nominato arbitro "de omni et quacumque lite discordia et controversia et quod est vel esse posset" tra il C. e il padre (f. 127r).
La notizia di un primo incarico pubblico ricoperto dal C. risale dunque al 1406: in quell'anno egli fu tra i "conservatores Urbis". Dopo questa prima scarna notazione, le notizie sulla sua vita pubblica diventano preponderanti. L'autore della storia della famiglia parla della costante partecipazione del C. alle vicende pubbliche "soprattutto in quell'età travagliata in cui il re di Napoli si impadronì di Roma": egli si trovò infatti coinvolto nelle movimentate vicende romane al momento degli sforzi espansionistici del re di Napoli Ladislao.
Sembra tuttavia prudente far filtrare attraverso una realtà più cittadina l'ampio respiro ideale e la dimensione internazionale che all'agire politico del C. tende ad attribuire G. V. Capocci. Nel Diario romano di Antonio di Pietro il nome del C. infatti si trova spesso accostato, in spicciole notazioni di cronaca cittadina, a quello del nobile romano Paolo Orsini. Questo rapporto fra i due si chiarisce come legame politico nell'episodio - forse centrale - della vita politica del C. avvenuto quando, sul finire del 1409, Roma venne liberata dal dominio di Ladislao per opera della lega costituita in funzione antinapoletana dal legato pontificio a Bologna, Baldassarre Cossa.
I collegati, che si appoggiavano al papa pisano Alessandro V eletto il 26 giugno 1409, forti della scomunica da questo inflitta a Ladislao come sostenitore del deposto Gregorio XII, progettarono la riconquista di Roma e si assicurarono per l'impresa la collaborazione del romano Paolo Orsini. In questa vicenda il C. ebbe una parte determinante: scrittori di cose fiorentine quali S. Antonino e il più tardo Scipione Ammirato concordano nell'attribuirgli il ruolo dell'agitatore interno che in accordo con gli assedianti Paolo Orsini e Malatesta, capitano dei Fiorentini, "levò la città a romore", rendendone possibile la presa a nome di Alessandro V in opposizione a Gregorio XII, a cui "la città come suddita del re" aveva fino ad allora obbedito. Rimasto capo della città Paolo Orsini, si procedette all'elezione dei capi dei rioni, i quali il 3 genn. 1410 elessero i tre conservatori tra cui nuovamente il C. "de Regione Pineae".
Dell'attività di questo conservatorato due documenti in modo particolare hanno significato in relazione alla nuova situazione politica creatasi a Roma: il primo, con data del 5 febbraio, è una dichiarazione di assoluzione del Comune di Cori dai reati commessi fino al 13 dic. 1409, dal giorno in cui questo Comune si sottrasse al dominio di Ladislao. L'altro è una bolla del papa Alessandro V, datata il 1º marzo ed emessa in risposta ad un'ambasceria di romani, in cui figurava Niccolò Mancini "unus ex conservatoribus camerae", che erano andati ad offrirgli il dominio della città liberata dalle truppe di Ladislao.
Rimaneva ancora nelle mani di Ladislao il ponte Milvio, che il 1º maggio fu conquistato dai Conservatori. Questa notizia riportata da Antonio di Pietro (p. 57) subisce, nell'autore della storia della famiglia, un interessato ampliamento: più il ponte Molle soltanto, ma le porte della città e tutti i ponti e la rocca di S. Angelo sarebbero stati in mano dei fedeli di Ladislao ai quali le avrebbe strappato il valore del C. e dei suoi colleghi (f 132r). Morto subito dopo Alessandro V (3 maggio 1410), i cardinali del concilio di Pisa, riunitisi in conclave a Bologna, elessero Baldassarre Cossa, che prese il nome di Giovanni XXIII. All'annuncio di tale elezione, che giunse a Roma il 21 di maggio, i conservatori della città, e cioè ancora "Lellus Capotia cum sociis", bandirono per la città una festa "cum pulsatione campanarum".
Del legame del C. col nuovo pontefice fanno fede le vicende patrimoniali della famiglia Capocci. Nel 1406 infatti, in una delle prime fasi della guerra che opponeva Ladislao al pontefice di allora Innocenzo VII, Luigi Capocci, che prese le parti del sovrano di Napoli, fu dichiarato ribelle ed ebbe confiscati tutti i feudi tra cui Castell'Arcione. A questo castello si riferisce una bolla di Giovanni XXIII del 17 maggio 1412 con la quale se ne riconferma invece il pieno possesso al Capocci. Ed appunto il possesso di detto castello, legato a quest'atto di Giovanni XXIII, ne determinò in seguito la definitiva perdita per la famiglia Capocci in forza della deliberazione del concilio di Costanza, che dichiarò nulle tutte le infeudazioni fatte durante lo scisma.
Il C. quindi legò la sua sorte a Giovanni XXIII e quando improvvisamente l'8 giugno 1413, rotta la tregua stipulata nel giugno del 1412, Ladislao rientrò in Roma, egli probabilmente fucostretto ad abbandonare la città, se è vero che vi rientrò - come annota Antonio di Pietro - il 19 ott. 1414, al seguito del legato di Giovanni XXIII, il cardinale Iacopo Isolani. Questa data segna con esattezza l'inizio dell'ultima fase della carriera politica e della vita del Capocci. In questo periodo troviamo ancora una volta il C. conservatore della città: la notizia ci viene fornita da Antonio di Pietro che lo ricorda in carica nell'agosto del 1415 e poi nell'ottobre, al momento della sua tragica morte (pp. 99 s.).
Tuttavia a questa attività ufficiale si affiancò una partecipazione non marginale del C. alle trame che tentavano di rovesciare il governo del legato pontificio. Il periodo di governo dell'Isolani fu infatti segnato da un continuo e crescente disordine che, nella città, venne alimentato dagli interessi napoletani che tendevano al predominio di Roma e utilizzavano, per le loro manovre, elementi interni alla città. Il Diario romano di Antonio di Pietro ricorda un "maximus rumor" il 2 genn. 1415 a causa del rientro in città di certi romani "qui erant contra Ecclesiam"; di seguito ai nomi di questi, ricorda come "eadem hora fuit captus Lellus de Capoza", che però venne liberato subito dopo per l'intervento in suo favore dell'Isolani stesso. Nel maggio dello stesso anno, il concilio di Costanza depose Giovanni XXIII, ma per il governo di Roma il Sacro Collegio riconfermò l'Isolani nel suo ufficio.
Il 6 ottobre il C., che ricopriva la carica di conservatore assieme a Cecchus de Romaulis e Petrutius de Arzionibus, venne convocato d'urgenza con i suoi colleghi alla presenza del cardinale legato: imprigionato, fuprocessato nella notte stessa per tradimento. Riconosciuto colpevole di aver voluto "tradere Romam gentibus armorum ducisse Iohanne de Duratio contra voluntatem domini cardinalis et Populi Romani" (Antonio di Pietro, p. 100), il C. fu decapitato sulla piazza del Campidoglio nella notte tra il 7 e l'8 ott. 1415. Il suo corpo, ricomposto al mattino dalle donne della famiglia, venne portato alla chiesa di S. Maria sopra Minerva e lì sepolto "nullo exequio".
La giustificazione che all'episodio fornisce il compilatore della biografia della famiglia è che il C. "curaverit tradere urbem" alla regina Giovanna II per porre riparo all'assenza totale d'ogni legittima e sicura autorità che fosse in grado di provvedere a Roma e di restituirla al suo splendore (G. V. Capocci, f. 133r): egli avrebbe quindi agito in una situazione di estrema gravità per la sua città e senza venir meno ad una linea di fedeltà al potere papale,tradizionalmente legittimo per la città di Roma. Al di là di tali giustificazioni, preoccupate di salvare una qualche legittimità all'agire del C., e alla ricerca invece di una spiegazione più concreta e immediata, riappare la possibilità, già ipotizzata, di un legame tra il C. e Paolo Orsini. Quest'ultimo, condotto a Napoli in stato di prigionia da Ladislao morente, aveva poi risalito la china alla corte napoletana al seguito di Giacomo, marito di Giovanna II, il cui interesse per la questione romana fu sempre notevole. Il C., figura politica di secondo piano e soprattutto con un raggio d'azione e un prestigio puramente locali, potrebbe, anche questa volta come nell'episodio del 1410, aver funzionato come il tramite romano di un disegno politico deciso altrove e in cui invece Paolo Orsini - che il 28 nov. del 1415 occupò Roma a nome di re Giacomo - si trovava a ricoprire un ruolo determinante.
Fonti e Bibl.: Bibl. Apost. Vaticana, cod. Vat. lat. 7934:G. V. Capocci, Historia de gente Capocina, ff. 126v-133; Antonio di Pietro dello Schiavo, Diario romano, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXIV, 5, a cura di F. Isoldi, ad Indicem; S. Antonino, Chroniques... Fragmentes originaux du titre XXII..., a cura di R. Morcay, Paris 1913, p. 135; S. Ammirato, Ist. fiorentine, a cura di L. Scarabelli, V, Torino 1853, l. XVIII, pp. 9 s.; F. Reh, Kardinal Peter Capocci, Berlin 1933, p. 176; A. Salimei, Senatori e statuti di Roma nel Medioevo. I senatori..., Roma 1935, p. 160; G.Silvestrelli, Città castelli e terre della regione romana, Roma 1940, I, p. 317; P. Partner, The Papal State under Martin V, London 1958, p. 38.