LENOCINIO (gr. μαστρωπεία; lat. lenocinium; fr. maquerellage; sp. lenocinio; ted. Kupplerei; ingl. pandering)
In senso generico lenocinio significa "mediazione di illeciti amori". In senso giuridico, ma anch'esso ampio, F. Carrara comprende sotto il titolo di lenocinio "tutti i modi coi quali un terzo s'intromette fra due persone, ordinariamente di sesso diverso, onde fare che l'una acceda al desiderio carnale dell'altra, oppure che siano agevolati i reciproci desiderî, già in loro formati, di conoscersi carnalmente". G. Cammignani lo definì: "prostitutio alienae pudicitiae, animo lucrandi facta"
Presso i Romani il vero e proprio lenone era quello che teneva, a scopo di lucro, serve per far loro esercitare la prostituzione; il concetto fu poi esteso ai mariti conniventi, manifestamente o tacitamente, agli adulterî delle mogli. Il lenone non era colpito da pene corporali, ma era notato d'infamia e interdetto dall'esercizio di certi diritti. Nei tempi moderni, specialmente sotto l'influenza della morale cattolica, il lenocinio è considerato come uno dei più turpi mestieri. La legislazione fascista l'ha colpito più duramente, creando anche nuove figure di reato ignote al codice penale del 1889.
Il codice penale del 1930 non ha, come il codice del 1889, un titolo Del lenocinio, ma, nel capo II del titolo IX del libro II, agli articoli 531-538, contempla le seguenti figure di reato:1. agevolazione alla corruzione o alla prostituzione; 2. eccitamento alla corruzione; 3. induzione alla prostituzione; 4. costrizione alla prostituzione; 5. sfruttamento di prostitute; 6. tratta di donne e di minori, di cui si occupavano in modo insufficiente la legge sull'emigrazione 31 gennaio 1901 n. 23 e il r. decr. 9 aprile 1905 n. 171, nonché alcune convenzioni internazionali. Anche le figure 4ª e 5ª sono nuove rispetto al codice abrogato.
Si può dire che i mezzi colpiti dal legislatore nelle dette figure sono mezzi suasivi, fraudolenti e violenti, secondoché, per agevolare il commercio carnale, si adoperino blandizie o inganni o violenze o minacce. Altro mezzo è quello dell'agevolazione o del favoreggiamento di detto commercio. Il favoreggiamento e l'istigazione alla prostituzione d'una persona di età minore o che sia in stato d'infermità o deficienza psichica, come pure l'eccitamento alla corruzione della medesima, sono puniti dall'art. 531 con la reclusione da 1 a 5 anni e con la multa da lire 3000 a 5000. Minore è la pena se si tratta soltanto di agevolazione (ad es., col prestare la propria casa) alla prostituzione o alla corruzione; e invece è aumentata fino a 1/9 se gli anzidetti fatti sono commessi in danno di una minorenne coniugata o di una persona minore, affidata al colpevole per ragioni di servizio o di lavoro. La pena poi è raddoppiata: 1. se il fatto è commesso in danno di persona che non ha compiuto gli anni 14; 2. se il colpevole è un ascendente, un affine in linea retta ascendente, il padre o la madre adottivi, il marito, il fratello, la sorella, il tutore; 3. se al colpevole la persona è stata affiddata per ragioni di cura, di educazione, d'istruzione, di vigilanza o di custodia. L'art. 532 punisce chi induce alla prostituzione la discendente, la moglie, la sorella o l'affine in linea retta discendente maggiori di età, con un'attenuazione della pena se la prostituzione sia soltanto agevolata. L'art. 533 punisce chiunque costringa, con violenza o minaccia, alla prostituzione una persona minorenne o una donna maggiorenne. La pena è aumentata o raddoppiata nei casi in cui è aumentata o raddoppiata nell'art. 531. In tutte e tre le anzidette figure si richiede l'estremo del fine di "servire all'altrui libidine", ma non quello dell'abitualità o del fine di lucro. Dall'art. 534 è colpito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire 1000 a 10.000 lo sfruttatore di prostitute. L'abitualità qui è estremo costitutivo connaturale del reato, e questo può concorrere col delitto di estorsione, quando sia dimostrato che lo sfruttamento si compia per mezzo di violenze o minacce.
Anche la tratta di donne o di minori può essere commessa, secondo gli articoli 535-536, con mezzi suasivi, fraudolenti o violenti, e si concreta nell'"indurre, determinare o costringere una persona di età minore o una donna maggiorenne in stato d'infermità o deficienza psichica a emigrare in altro stato, sapendo che ivi sarà tratta alla prostituzione". Nello stesso modo è punito chi s'intromette per agevolare la partenza delle dette persone per il detto scopo. Sono qui prevedute anche le aggravanti di cui all'art. 531. Non sono necessarî gli estremi dell'abitualità o del lucro. Il delitto di tratta è punito in Italia anche se commesso all'estero da un cittadino italiano (art. 537) e ciò per il principio della solidarietà internazionale nella repressione dei reati che hanno appunto carattere internazionale.
Il colpevole dei delitti di cui agli articoli 532-536 è sempre presunto pericoloso, e perciò alla pena deve essere aggiunta una misura di sicurezza detentiva (v. art. 215 cod. pen.). Al colpevole, invece, del delitto di cui all'art. 531 può essere aggiunta una tale misura di sicurezza, se il giudice lo ritenga pericoloso.