LENTINI (A. T. 27-28-29)
Città della provincia di Siracusa, che sorge quasi sull'orlo del bacino del lago omonimo, a 70 m. s. m., sul luogo della colonia greca di Λεοντῖνοι (lat. Leontini). La località fu in origine abitata da Siculi, cacciati poi o assorbiti dai Calcidesi che sotto la guida di Teocle avrebbero dedotto qui una colonia, secondo la tradizione, cinque anni dopo la fondazione di quella di Siracusa. Il carattere principale di questa colonia dovette essere agricolo, come si deduce dalla singolare feracità del luogo in cui sorse, comprendente la regione oggi occupata dal Biviere e buona parte dell'odierna piana di Catania. La città distava venti stadî dal mare col quale era messa in comunicazione dal fiume Terias (oggi San Leonardo).
A un primo periodo di governo oligarchico ne seguì uno di tirannide, in cui la città dovette cercare di espandersi verso il retroterra e verso il sud, ma i suoi progressi furono ostacolati da Siracusa e da Gela che nel 495 circa, a opera di Ippocrate, la sopprimeva politicamente. Nel 476 Gerone di Siracusa vi trapiantò ghi abitanti di Catana e di Nasso già sottomesse. Dopo la caduta dei Dinomenidi, Lentini cercò un potente alleato in Atene che cominciava ad avere delle mire sulla Sicilia (433) è questa l'alleanza per la quale si adoperò l'oratore Gorgia e che condusse alla prima spedizione ateniese (427), terminata con la pace di Gela. Accaniti contrasti tra aristocrazia e democrazia travagliarono poi la Città e ne provocarono una nuova distruzione per parte di Siracusa che fu tra le cause della seconda spedizione ateniese avvenuta nel 415. Dopo le devastazioni cartaginesi del 406, Lentini, assai decaduta, fu ripopolata da Siracusa con le popolazioni agrigentina, gelese e camarinese cacciate dai Punici. Gli antichi abitatori dovettero ritornarvi soltanto dopo la pace tra Cartagine e Dionisio. Ma uno dei punti del programma di quest'ultimo era la sottomissione dei centri Lalcidesi, e difatti, dopo un primo tentativo, egli riusciva, nel 403, a conquistare Lentini che tornò a essere un ϕρούριον di Siracusa, un quartiere di mercenarî e un deposito di viveri per quella metropoli. Dopo la morte di Dionisio, essa divenne un punto d'appoggio per Dione contro Dionisio il Giovane.
Qui si rifugiò infatti Dione espulso da Siracusa e qui si raccolsero gli amici di lui dopo la sua morte. Nel 353 da Lentini moveva Ipparino alla riconquista di Siracusa. L'anno appresso vi stabiliva la sua tirannide Iceta che si oppose prima, insieme coi Cartaginesi, al ritorno di Dionisio, poi alla venuta di Timoleonte, il quale tolse alla città l'indipendenza e ne trapiantò gli abitanti a Siracusa. Nel 311 fu occupata da Agatocle in lotta con gli oligarchi, ma dopo la sconfitta di quello all'Ecnomo (311) passò ai Cartaginesi per breve tempo, cioè finché venne riconquistata dal tiranno, che vi eseguì terribili punizioni. Ebbe poi come padrone Herakleidas, uno di coloro che invitarono Pirro a passare in Sicilia. Dal 263 al 216 rimase sotto Gerone, al quale la lasciarono i Romani, ma essendosi ribellata a questi durante la seconda guerra punica, per istigazione di Ippocrate, fu riconquistata da Marcello. Divenne allora civitas decumana. Nel 104 fu devastata dagli schiavi, ma la fertilità del suo territorio doveva assicurarle ancora una certa prosperità, sebbene Cicerone la chiami misera atque inanis.
Distrutta dagli Arabi, fu riedificata nell'848. Dopo la conquista della Sicilia da parte dei Normanni fu annessa al demanio reale. Più che il terremoto del 1542 contribuirono allo spopolamento di essa la fondazione e lo sviluppo di Carlentini (v.) nella seconda metà di quel secolo, in un luogo poco distante (2 km.) più ameno e più alto (190 m. s. m.), e poi il terremoto del 1693 (nel 1570 aveva ancora 14.576 abitanti, nel 1714 ne contava 4509). Cominciò nel secolo XIX il progresso demografico di Lentini, nonostante la vicinanza della nuova città; sicché nel 1921 nel suo territorio (kmq. 215,84), feracissimo, erano 25.906 ab., e 23.136 nel 1931, in massima parte viventi nel centro, formato da costruzioni moderne e di bello aspetto.
Monumenti. - Le ripetute devastazioni e i terremoti non hanno permesso che giungessero sino a noi i monumenti dell'antica Lentini della cui topografia siamo informati soprattutto da Polibio e da Diodoro. Sono superstiti talune fortificazioni, scoperte, in epoca a noi vicina, sul colle S. Mauro, dove si rinvennero anche tetrecotte colorate indicanti avanzi di edicole o di templi arcaici. Delle fortificazioni del sec. IV qualcuno volle riconoscere tra i ruderi del monte Castellaccio. Rarissime le scoperte di sculture antiche, ma non è da dimenticare che, con la testa Biscari e il torso del museo di Siracusa, Lentini ha dato due dei più insigni pezzi della plastica siceliota arcaica. Le sue necropoli a NE. e a NO. della città, sebbene insufficientemente esplorate, hanno fornito bronzi importanti (quali il famoso lebete del Museo di Berlino), vasi e frammenti ceramici di ottima epoca. Ma tra i più significativi monumenti artistici sono sempre da considerarsi le belle monete recanti tipi diversi, che ora ricordano la superba monetazione di Siracusa, ora quella di Catania. I simboli principali sono la testa di leone, arma parlante della città, e la testa di Apollo, sua divinità protettrice, oltre all'immagine di un dio fluviale che potretibe riferirsi così al Terias come al Lyssos.
Tra i simboli che figurano nelle monete, specie in epoca romana, si notano anche le spighe di grano che chiaramente alludono alla straordinaria feracità del territorio in cui sorse la città.
Bibl.: Oltre agli autori antichi citati e oltre ai vecchi autori, come il Fazello, il principe di Biscari (Viaggio per tutte le antichità di Sicilia), o V. M. Amico (Lexicon topographic.), v. le principali storie della Sicilia. Tra gli scritti più recenti v. G. M. Columba, Contributi alla storia dell'elem. calcidico, ecc., in Arch. Stor. Sic., n. 1, XV (1891); P. Orsi, in Not. Scavi, 1879, 1884, 1887, 1889, 1904 e in Atti e mem. della Soc. Magna Grecia, 1930. Per la numismatica v. le note opere del Holm, del Salinas, del Hill, del Giesecke sulla numismatica siciliana, oltre a quella più generale del Head, Historia numorum, 2ª edizione, Oxford 1911, 149 segg.