LÖWENTHAL, Leo
Sociologo statunitense di origine tedesca, nato a Francoforte sul Meno il 3 novembre 1990, morto a Berkeley (California) il 23 gennaio 1993. Laureato in filosofia all'università di Francoforte (1923), fece parte sin dal 1926 dell'Institut für Sozialforschung, dove fu in contatto con M. Horkheimer, H. Marcuse e Th. W. Adorno. Nel 1933, in seguito all'avvento del nazismo, si rifugiò a Ginevra, dove Horkheimer aveva temporaneamente trasferito l'Istituto di ricerca sociale; emigrato poi negli Stati Uniti, fu dapprima alla Columbia University (1934-56), quindi all'università della California a Berkeley, dov'è stato professore di sociologia e, dal 1971, professore emerito. Di origini ebraiche, aderì al sionismo, anche se finì poi con lo staccarsene, occupandosi dell'antisemitismo come fenomeno sociale e delle tecniche di propaganda da esso utilizzate.
Figura meno nota della cosiddetta ''scuola di Francoforte'', L. è stato l'ultimo rappresentante del gruppo storico che le diede vita. La sua opera, ispirata all'orientamento filosofico-sociologico e ai metodi della scuola di Francoforte, si è volta alla letteratura ''borghese'' (da J.W. Goethe a C.F. Meyer, a H. Ibsen), ma anche a quella classica (Cervantes e Lope de Vega, Shakespeare, Corneille e Molière), mettendo in luce il modo in cui si sarebbe trasformato storicamente il rapporto tra individuo e società e delineando il nuovo valore dell'individualismo sorto con la mentalità borghese e le contraddizioni a cui esso sarebbe andato incontro con lo sviluppo della società capitalistica. In linea con i presupposti della ''teoria critica della società'' elaborata dai francofortesi, L. estese tale problematica a una più generale riflessione sulle società industrializzate contemporanee (in particolare quella statunitense), dove le due grandi conquiste borghesi, il liberalismo e l'individualismo, non sarebbero che vuote formule dietro le quali si nasconderebbe un sistema sociale oppressivo, molto più efficace dei regimi totalitari, economicamente e ideologicamente volto a manipolare e dominare le coscienze. Influenzato anche dalle tesi di W. Benjamin sull'arte e la cultura di massa, L. ha inoltre posto in risalto la trasformazione subita nell'epoca del ''capitalismo avanzato'', sul piano della creazione e su quello della fruizione, dall'attività artistica, non più prerogativa di una libera personalità ma spesso, anche quando appare meno conformista, soggetta alle regole del mercato e all'ideologia da questo alimentata. Di qui l'esigenza (e la difficoltà) d'individuare l'arte autentica, in grado di sottrarsi alle regole del mercato e provvista di una funzione ''critica''.
Opere principali: Biographies in popular magazines, in Radio research, a cura di P.F. Lazarsfeld e F. Stanton, 1944; Prophets of deceit. A study of the techniques of the American agitator, in collab. con N. Gutermann (1949, 19702); Literature and the image of man. Studies of the European drama and novel, 1600-1900 (1957); Culture and social character, in collab. con S. Lipset (1961); Literature, popular culture and society (1961; trad. it., 1977); Literatur und Gesellschaft. Das Buch in der Massenkultur (1964); Erzählkunst und Gesellschaft. Die Gesellschaftproblematik in der deutschen Literatur des 19. Jahrhunderts (1971); Mitmachen wollte ich nie. Eine autobiographisches Gespräch mit H. Dubiel (1980); Schriften, 5 voll. (1980-87); L'integrità degli intellettuali (1991; trad. di quattro saggi da L. Löwenthal, Schriften, vol. 4°, 1984).
Bibl.: M. Jay, The dialectical imagination. A history of the Institute of social research, 1923-1950, Boston-Toronto 1973 (trad. it., Torino 1979); P.V. Zima, L'école de Francfort. Dialectique de la particularité, Parigi 1974 (trad. it., Milano 1976); M. Jay, Permanent exiles. Essays on the intellectual migration from Germany to America, New York 1985; An unmastered past. The autobiographical reflections of Leo Löwenthal, a cura di M. Jay, Londra-Los Angeles 1987.