LEOCHARES (Λεωχάρησ, Leochares)
1°. - Scultore greco, di patronimico ed etnico ignoti, probabilmente ateniese, attivo in Attica, Peloponneso e Asia Minore nel IV sec. a. C.
Plinio (Nat. hist., xxxiv, 50) data l'acmè di L. all'Olimpiade 102a (372-369); ma tale datazione deve essere notevolmente abbassata per i dati cronologici forniti dalle fonti letterarie, in base ai quali ci è possibile stabilire una cronologia abbastanza determinata dell'attività di Leochares. Platone (Epist., 13, p. 361) ci informa che L. eseguì la statua di Dionigi I di Siracusa, e ciò dovette avvenire intorno agli anni 365; prima del 356 dobbiamo porre il ritratto che lo scultore fece per l'oratore Isocrate (v.) (Plut., Vita X orat., Isocr., 27); nel 351-350 collaborò alla decorazione del Mausoleo di Alicarnasso (Plin., Nat. hist., xxxv, 30; Vitruv., vii, praef., 12). Dopo il 338 eseguì il gruppo di statue crisoelefantine per il Philippeion ad Olimpia (Paus., v, 20, 9); intorno al 320 collaborò con Lisippo all'anàthema di Cratero (Plut., Alex., M 40) a Delfi. Collaborò inoltre coi maggiori scultori del periodo: Skopas, Timotheos e Bryaxis ad Alicarnasso, Sthennis ad Atene.
La maggior parte delle opere di L. furono eseguite per Atene o per l'Attica: da Atene, e per la maggior parte dall'Acropoli, provengono parecchie firme di L., in cui il nome non è seguito dall'etnico (il che induce a credere ad un'origine ateniese dell'artista); sull'Acropoli era la statua di Zeus Polièus (Paus., i, 24, 4), il cui tipo è forse da riconoscersi nella lontana derivazione del Posidone di Milo, e le statue di due privati, Pandete e Pasicle, fatte in collaborazione con Sthennis (I. G., ii, 3, 1395); nell'Agorà era l'Apollo posto davanti (πρό) al tempio di Apollo Patròos (Paus., i, 3, 4) e forse l'Apollo anadoùmenos che Pausania (i, 8, 4) menziona in vicinanza del tempio di Ares senza indicarne il nome dell'autore, ma che è stato attribuito a L. perché identificato con l'Apollo diademato che Plinio (Nat. hist., xxxiv, 79) ricorda a Roma; nel Pritaneion era la statua del pancratiaste Autolykos (Plin., loc. cit.; Xenoph., Symp., i, 2; Paus., i, 18, 3) attribuita peraltro a Lykios, ammettendo un errore nel testo pliniano; al Pireo il gruppo di Zeus e Demos (Paus., i, 1, 3); ad Eleusi il già citato ritratto di Isocrate (cfr. busto a Villa Albani). Non è certo che tutte queste opere risalgano all'inizio dell'attività di L. (la collaborazione con Sthennis infatti sembra sia da porre più probabilmente dopo il 320), ma è certo che il primo periodo dell'attività di L. fu quello attico. Più tardi invece L. appare come artista aulico al servizio dei principi ellenistici Mausolo ed Alessandro. Per il primo lavorò ad Alicarnasso, nella decorazione del lato O (come specifica Plinio, Nat. hist., xxxvi, 30) del Mausoleo (v.). Delle lastre pervenuteci dei fregi del Mausoleo, vengono attribuite a L. alcune (per ultimo il Buschor gli attribuisce quelle n. 1007-8, 1011-12, 1020-21 e la 1037) stilisticamente affini, che presentano nelle figure schemi dinamici ed esilità di proporzioni di derivazione lisippea. Per Alicarnasso L. fece anche il colossale acrolito di Zeus Arèios (Vitr., ii, 8, 11) che già gli antichi attribuivano con incertezza a L. o a Timotheos. Successivamente L. fu attivo ad Olimpia e Delfi, e forse conclude la sua carriera lavorando nuovamente ad Atene. È incerto per quali città fece le statue di Iupiter Tonans che si trovava in epoca romana a Roma (Plin., Nat. hist., xxxiv, 79); di Lyciscus mango definito da Plinio (be. cit.) come puerum subdolae ac fucatae vernilitatis e il Ganimede rapito dall'aquila (Plin., loc. cit.; Tatian., Ad Gr., 56, p. 121, ed. Worth) che Plinio così descrive: aquilam sentientem quid rapiat in Ganymede et cui ferat, parcentemque unguibus etiam per vestem puero. Quest'ultima era stata riconosciuta in una replica marmorea di piccolo formato dei Musei Vaticani, scadente opera decorativa di ispirazione probabilmente pittorica: tale identificazione appare ora meno sicura. Precedentemente, sulla base dell'identificazione del Ganimede del Vaticano con l'opera di L. era stato attribuito a questo artista anche l'originale dell'Apollo del Belvedere (v.). Ancor meno convincenti appaiono le attribuzioni a L. dell'Artemide di Versailles (Kleiner) per la sua somiglianza con un'amazzone del fregio del Mausoleo, dell'Afrodite capitolina (Sieveking), e della stele di Aristonautes. Già si è accennato, col ritratto di Isocrate, all'attività ritrattistica di Leochares. Oltre ai ritratti del Philippeion (tra cui quello di Alessandro sarebbe stato riconosciuto nel cosiddetto Alessandro Rondanini) fece probabilmente anche statue fisionomiche di Alessandro. Una derivazione da modi stilistici dell'artista è ad esempio la replica della figura di Alessandro rinvenuta a Magnesia sul Sipilo, firmata dallo scultore Menas della metà circa del II sec. a. C.
Due iscrizioni con la firma di L. seguita dall'etnico athenàios, sono state rinvenute a Roma: una ora al Museo Archeologico di Firenze (Loewy, I. G. B., 505 = I. G., xiv, 1523 = D. Mustilli, in Bull. Com., lxi, 1933, p. 208), l'altra tuttora a Roma (Jahrbuch, 1936, c. 470). La loro autenticità è però dubbia; e non è sicuro che il L. delle iscrizioni sia da identificarsi con lo scultore del IV sec. a. C.
Bibl.: H. Brunn, Geschichte d. gr. Künstler, I, Stoccarda 1889, p. 385 ss.; J. Sieveking, in Münch. Jahrb., III, 1908, p. 9 ss. (per l'identificazione con l'Artemide di Versailles); G. Lippold, in Pauly-Wissowa, XII, 1925, c. 1992 ss., s. v.; M. Bieber, in Thieme-Becker, XXIII, 1929, p. 66 ss.; R. Bianchi Bandinelli, in La Critica d'Arte, I, 1935, p. i ss. (per la datazione dell'Apollo del Belvedere); G. A. Mansuelli, Ricerche sulla pittura ellenistica, Bologna 1950, p. 79 ss.; G. Lippold, in Handbuch, III, i, Monaco 1950, p. 268 ss.; E. Buschor, Maussollos und Alexander, Monaco 1950; G. Kleiner, Ueber Lysipp, in Festschr. B. Schweitzer, 1954, p. 232 ss.; M. Bieber, The Sculpture of the Hellenistc Age, New York 1955, p. 62 ss., con bibl. precedente. Per le firme di L.: E. Loewy, I. G. B., 77-83.