Alberti, Leon Battista
Letterato e architetto (Genova 1404 - Roma 1472). Data la scarsa e talora sotterranea diffusione nel tempo delle opere letterarie albertiane, rimaste manoscritte o stampate solo parzialmente nel primo Cinquecento, il rapporto che lega il nome di A. con quello di M. si registra in modo significativo soltanto nella storiografia moderna e quasi in seguito alle edizioni di Anicio Bonucci delle opere volgari (Opere volgari di Leon Battista Alberti, 1843-1849) e di Girolamo Mancini per quelle latine (Opera inedita et pauca separatim impressa, 1890). È sulla base di queste edizioni, e dell’influente profilo desanctisiano di A. nella Storia della letteratura italiana, che sono stati per lo più espressi giudizi critici relativi al confronto tra i due scrittori fino agli anni Sessanta del 20° sec., dando così inizio a una vera e propria stagione di studi albertiani, ben più esigua dunque rispetto alla secolare durata della storiografia machiavelliana. La diversità di tradizione critica non ha impedito però in quegli anni la messa a punto di questioni interpretative, rielaborate in seguito in una più recente fase, avviata con l’edizione filologica dei testi in volgare nella collana Scrittori d’Italia dell’editore Laterza (Opere volgari, 1960-1973) e quindi con la pubblicazione di venticinque intercenali inedite (Intercenali inedite, a cura di E. Garin, 1965), forte impulso quest’ultima a una revisione dei giudizi sull’opera albertiana e quindi a interpretazioni più calibrate del rapporto A.-Machiavelli.
Nel 1911 si conclude la notevole biografia di M. scritta da Oreste Tommasini (1883-1911) e appare in nuova veste accresciuta quella di A. (Mancini 1882), a cui si aggiunge, dopo l’edizione integrale de I libri della famiglia (a cura di G. Mancini, 1908), il commento ai primi tre libri (I primi tre libri della famiglia, a cura di F.C. Pellegrini, 1911), in cui di A. e M. si confrontano le espressioni linguistiche comuni.
A parte il riferimento a M. nell’Elogio di A. di Giovanni Battista Niccolini (Opere in verso e in prosa, III, 1831, p. 100), è in effetti a Tommasini (2° vol., 1911, pp. 30-31) che si deve il primo riscontro sul topos letterario della ‘fortuna’ «irresistibile forza naturale, manifestata dal corso continuo dell’istoria»: nel capitolo “Di Fortuna” (vv. 12 e 45: «sua natural potenzia ognuno sforza»; «infino a Giove sua potenzia teme») come in Virtus, la più diffusa delle Intercenales albertiane:
Nam et Iuppiter ipse, […] illius vires atque potentiam mirum in modum veretur («lo stesso Giove […] prova grande timore per le forze e lo strapotere suo [della Fortuna]», Opera inedita et pauca separatim impressa, 1890, p. 135). Nei decenni seguenti, tuttavia, i confronti A.-M. si svolgono in contesti interpretativi che si richiamano alle tesi di Francesco De Sanctis e Jacob Burckhardt sul primato della «virtù»: ora come confidente/antagonista del destino (Dolci 1912, pp. 70-72), ora quale forza volontaristica (Gentile 1916, poi 1940, pp. 13 e 85-88; Ercole 1926), da cui dipesero i riscontri successivi (nei commenti al Principe, in Michel 1930, pp. 581-82; Saitta 1961, pp. 397 e 430) e anche la nota a Principe xxv di Luigi Russo (1931, 19387, p. 177), che però ravvisava nell’immagine del fiume rovinoso un carattere «più complicato» e «più letterato». Alla iconografia warburghiana filosofico-letteraria della ‘fortuna’ si riferiva infatti Ernst Cassirer (1927; trad. it. 1935, pp. 125-26), mentre Felix Gilbert (1939; trad. it. 1964, pp. 134-37) collocava il De iciarchia tra gli antecedenti umanistici del Principe. Altri studi anticipavano il nuovo corso esegetico nella linea di un ripensamento del binomio fortuna-virtù (Petrini 1951, pp. 671-76; Badaloni 1963, pp. 68-69), segnalando il distacco albertiano dalle tesi dell’umanesimo civile e della florentina libertas (Sasso 1953), oppure l’emergere nel Momus del «fondo oscuro, incerto e insidioso della vita» (Garin 1950, poi 19762, p. 89).
Spettava quindi alle nuove edizioni degli anni Sessanta e successivi il merito di un forte incremento di studi filologici e critici. Si rivelava comunque determinante in questa fase l’apporto delle nuove intercenali e dei contributi di Eugenio Garin, che delineavano un diverso ‘ritratto’ di A.: «giudice amaro di un mondo difficile […] testimone inquietante di un’epoca» (Garin 1972, p. 521), del «lungo travaglio» epocale da cui scaturisce la «coerenza nuova» di M. (Garin 1970, p. 69). Del resto sul versante machiavelliano il nesso dilemmatico virtù-fortuna già veniva interpretato – non univocamente – come conflitto di termini correlativi includenti in sé nel Principe «oltre che una teoria del principato, una teoria della virtù nel suo rapporto con la storia», con «l’immanente ‘materia’ dell’operare umano» (Sasso 1958, poi 1980, pp. 346, 363), per cui il riferimento all’A. era sottolineato in chiave positiva e differenziale: «Nessuno, per la verità, più dell’A. fu, nel quindicesimo secolo, più solcato da dubbi e oscuri presagi e [...] più disposto ai toni, talvolta persino sarcastici, del pessimismo» (p. 413).
Dopo queste acquisizioni e tenendo conto dei relativi presupposti critici molti studi recenti avrebbero ripreso con maggiore concretezza il confronto A.-M. nella prospettiva delle problematiche categoriali e storiografiche del periodo umanistico-rinascimentale.
Si è trattato, per es., di analisi ‘contrastive’ del pensiero etico-politico di Francesco Petrarca, Erasmo da Rotterdam e Michel de Montaigne, che, al di là di comuni radici, fanno risaltare il divario A.-M. nel quadro del progressivo sviluppo del pensiero moderno (Anselmi, in Alberti e la cultura del Quattrocento, 2007; Anselmi 2013) e ne specificano i risvolti politici (Canfora 2005; Canfora, in Alberti e la cultura del Quattrocento, 2007), allargando l’ambito delle indicazioni ad altre opere, al rapporto con altri umanisti (Poggio Bracciolini, Biondo Flavio, Lorenzo Valla) o al tema del rifiuto della politica, che situa A. su posizioni nostalgiche e in sostanza oligarchiche (Boschetto 1991; 2000), oppure infine al De iciarchia, interessante per il tema del principato (Rinaldi 2002, pp. 207-12), ma letto correttamente come institutio principis (Canfora, in Alberti e la cultura del Quattrocento, 2007, p. 716). Altre indagini si collocano ormai al di fuori di una impostazione ‘fontistica’ e si orientano verso una ricerca più attenta al confronto parallelo dei testi sulla «comunità civile» del «libro ‘politico’ delle Intercenales: il decimo» (Ponte 1981, poi 19912, pp. 76-77; Cardini 1990, p. 37; Martelli, in Leon Battista Alberti, 2000, pp. 483-87), oppure del Momus per le tipiche problematiche dell’età umanistico-rinascimentale, quali simulazione e dissimulazione, ‘impostura’ delle religioni, le vie al principato, follia del potere (Vasoli, in Leon Battista Alberti, 2000).
Di conseguenza si è sollevata l’esigenza di ricerca dei possibili canali di trasmissione al M. delle opere albertiane (Dionisotti 1971, poi 1980, p. 114), nelle cui opere, va ricordato, non risulta menzione dell’Alberti.
E tuttavia una serie di accertamenti segnalano la disponibilità di testi dell’A. negli anni laurenziani e posteriori e l’importanza del profilo di copisti (e possessori) di opere albertiane (Bertolini 2005), tra cui notevole il caso di Giovanni di Matteo di Giovanni Strozzi per i libri De familia e l’unico testimone del De iciarchia (Borsi 2006, pp. 104-18); mentre per il Momus una possibile lettura di M. è da ritenere soltanto posteriore alle due edizioni romane del 1520 (stampatori:
Giacomo Mazzocchi; Étienne Guillery). Nonostante ciò restano aperte le ipotesi per il Theogenius, per gli Apologi, per i trattati De pictura e De re aedificatoria, e verosimilmente per l’epistola De Porcaria coniuratione.
Bibliografia: Opere volgari di Leon Battista Alberti, a cura di A. Bonucci, 5 voll., Firenze 1843-1849; Opera inedita et pauca separatim impressa, a cura di G. Mancini, Firenze 1890; I libri della famiglia, a cura di G. Mancini, Firenze 1908; I primi tre libri della famiglia, a cura di F.C. Pellegrini, Firenze 1911; Opere volgari, a cura di C. Grayson, 3 voll., Bari 1960-1973; Intercenali inedite, a cura di E. Garin, Firenze 1965; Momo o del principe, a cura di R. Consolo, Genova 1986; I libri della famiglia, a cura di R. Romano, A. Tenenti (Torino 1969), nuova ed. a cura di F. Furlan, Torino 1994; Intercenales, a cura di F. Bacchelli, L. D’Ascia, Bologna 2003; Opere latine, a cura di R. Cardini, Roma 2010. Si veda inoltre: N. Machiavelli, Il Principe e pagine dei Discorsi e delle Istorie, con introduzione e note di L. Russo, Firenze 1931, 19387. Per gli studi critici si vedano: G. Mancini, Vita di Leon Battista Alberti, Firenze 1882, 19112; O. Tommasini, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo, 2 voll., Roma-Torino-Firenze 1883-1911; G. Dolci, Leon Battista Alberti scrittore, «Annali della Scuola Normale di Pisa», 1912, 23, pp. 1-223; G. Gentile, Il concetto dell’uomo nel Rinascimento (1916), in Id., Il pensiero italiano del Rinascimento, Firenze 1940; F. Ercole, La politica di Niccolò Machiavelli, Roma 1926, pp. 16-17; E. Cassirer, Individuum und Kosmos in der Philosophie der Renaissance, Leipzig 1927 (trad. it. in Id., Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento, Firenze 1935); P.-H. Michel, Un idéal humain au XVe siècle. La pensée de L.B. Alberti, Paris 1930; F. Gilbert, The humanist concept of the Prince and The Prince of Machiavelli, «The Journal of modern history», 1939, 11, pp. 449-83 (trad. it. in Id., Niccolò Machiavelli e la vita culturale del suo tempo, Bologna 1964, pp. 109-46); E. Garin, Interpretazioni del Rinascimento (1950), in Id., Medioevo e Rinascimento, Firenze 19762, pp. 85-100; M. Petrini, L’uomo di L.B. Alberti, «Belfagor», 1951, 6, pp. 651-77; G. Sasso, Qualche osservazione sul problema della virtù e della fortuna nell’Alberti, «Il Mulino», 1953, 2, pp. 600-18; G. Sasso, Niccolò Machiavelli. Storia del suo pensiero politico, Napoli 1958, Bologna 1980; G. Saitta, Il pensiero italiano nell’Umanesimo e nel Rinascimento, 1° vol., L’Umanesimo, Firenze 1961; N. Badaloni, La interpretazione delle arti nel pensiero di Leon Battista Alberti, «Rinascimento», 1963, 3, 2, pp. 59-113; E. Garin, Aspetti del pensiero di Machiavelli, in Id., Dal Rinascimento all’Illuminismo, Pisa 1970, pp. 43-77; C. Dionisotti, Dalla repubblica al principato (1971), in Id., Machiavellerie. Storia e fortuna di Machiavelli, Torino 1980, pp. 101-53; E. Garin, Il pensiero di Leon Battista Alberti e la cultura del Quattrocento, «Belfagor», 1972, 5, pp. 501-21; G. Ponte, Leon Battista Alberti umanista e scrittore, Genova 1981, 19912; R. Cardini, Mosaici. Il «nemico» dell’Alberti, Roma 1990; L. Boschetto, Note sul De iciarchia di Leon Battista Alberti, «Rinascimento», II s., 1991, 31, pp. 183-217; R. Cardini, Alberti o della nascita dell’umorismo moderno, «Schede umanistiche», 1993, 1, pp. 31-85; L. Boschetto, Tra politica e letteratura. Appunti sui Profugiorum libri e la cultura di Firenze negli anni ’40, «Albertiana», 2000, 3, pp. 119-40; Leon Battista Alberti, Actes du Congrès international de Paris, 1995, éd. F. Furlan, 2 voll., Torino-Paris 2000 (in partic. M. Martelli, Motivi politici nelle Intercenales di Leon Battista Alberti, pp. 477-91; C. Vasoli, Potere e follia nel Momus, pp. 443-63); R. Rinaldi, «Melancholia christiana». Studi sulle fonti di L. B. Alberti, Firenze 2002; L. Bertolini, Primo (e provvisorio) elenco di copisti e possessori di codici contenenti opere albertiane, in Leon Battista Alberti. La biblioteca di un umanista, a cura di R. Cardini, Firenze 2005, pp. 57-82; D. Canfora, Prima di Machiavelli. Politica e cultura in età umanistica, Roma-Bari 2005; S. Borsi, Leon Battista Alberti e Napoli, Firenze 2006; Alberti e la cultura del Quattrocento, Atti del Convegno internazionale, Firenze 2004, a cura di R. Cardini, M. Regoliosi, 2 voll., Firenze 2007 (in partic. D. Canfora, Alberti modello di letteratura politica in età umanistica, pp. 699-717; G. M. Anselmi, Impeto della fortuna e virtù degli uomini tra Alberti e Machiavelli, pp. 827-42); G.M. Anselmi, Léon Baptiste Alberti. Un modèle philosophique d’anthropologie politique et d’éthique économique, in Les Livres de la famille d’Alberti. Sources, sens et influence, sous la direction de M. Paoli, Paris 2013, pp. 417-39.