BIANCO, Leonardo
Nacque a Venezia, presumibilmente intorno al 1460, da Pietro, modesto ma "fidelissimo" funzionario del governo veneto, a quanto attesta il Sanuto; lo stesso diarista ricorda che "per li meriti paterni" il B. fu "tolto ordinario a la canzelaria" (VI, col. 351). Dal 1498 prestò servizio anche in diplomazia, partecipando in qualità di segretario all'ambasceria napoletana di Francesco Morosini. Tornò a Venezia, conclusa la missione, nel gennaio del 1501 e il Morosini, nella sua relazione al Collegio e al Senato, non mancò di tributargli gli elogi d'uso.
Nel 1504 il B. fu nominato residente a Milano, indizio abbastanza significativo della stima di cui doveva godere presso il governo veneto, poiché, anche dopo la perdita dell'autonomia, Milano rimaneva un osservatorio diplomatico di notevole importanza: questo tanto più nel clima di sospetto e di risentimento che caratterizzava ora le relazioni tra Venezia e la Francia a causa della nuova politica di accordi con l'imperatore Massimiliano, perseguita dal cardinale d'Amboise e sostanzialmente approvata da Luigi XII.
La corrispondenza diplomatica del B. - conservata peraltro in misura assai ridotta - testimonia della diligenza con cui l'agente veneto tentava di cogliere nella situazione del ducato gli indizi e le ripercussioni dei nuovi orientamenti francesi, soprattutto cercando di interpretare, come naturalmente consigliava l'ipotesi di una rottura tra la Repubblica e la Francia, gli atteggiamenti dei partiti milanesi nei riguardi dei nuovi dominatori: il partito sforzesco, ancora vivo e minaccioso, sebbene diviso da aspre rivalità private, e sempre teso a spiare nella situazione internazionale le possibilità di una restaurazione; i partigiani dei Francesi, tra i quali pure il B. rilevava l'insorgere di nuove insofferenze e malcontenti; i grandi feudatari che, come i Trivulzio, continuavano a perseguire nel nuovo regime le antiche pretese di autonomia e di dominio personale. Di Gian Giacomo Trivulzio, in particolare, il B. rilevava gli ambigui rapporti con gli Svizzeri e, ia tempo stesso, la netta ostilità contro la Repubblica veneta che, data la sua grande autorità nel governo milanese, costituiva un sintomo preoccupante delle nuove, minacciose intenzioni francesi.
L'episodio centrale della missione milanese del B. fu la trattativa segreta con Simone Arrigoni, maestro delle entrate ducali. Nel settembre del 1504 questi, spinto da un oscurodesiderio "de operar cosa de qualche sua gloria" (Documents, p. 100), confidò al rappresentante veneto un suo progetto di rivolta contro i Francesi, offrendosi di mettere a disposizione della Repubblica, in caso di rottura delle relazioni franco-venete, il suo castello di Baiedo, nella Valsassina, di dove si sarebbe potuto sferrare un attacco decisivo contro Milano. Il B. replicò con grande cautela all'offerta, limitandosi ad informare il proprio governo, il quale a sua volta, preoccupato di non aggravare la tensione con la Francia, s'astenne da qualsiasi risposta, ignorando anche nei mesi seguenti le reiterate profferte dell'Arrigoni, di cui il B. si faceva diligente portavoce senza azzardare giudizi personali.
Il B. non vide la fine dell'episodio, concluso nel febbraio del 1507 dalla scoperta del complotto. L'8 giugno del 1506, infatti, un suo fratello, Ludovico, comunicava da Milano alla Signoria che egli, "in uno zorno, per non esser ben sano, era morto" (Sanuto, VI, col. 351).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia,Capi del Consiglio dei Dieci. Lettere di ambasciatori,Milano (1501-1525), b. XV (14 settembre e 14 nov. 1504; 11 e 15 marzo 1506); M. Sanuto,Diarii, III, Venezia 1880, coll. 1287, 1311; VI, ibid. 1881,ad Indicem; Doc. pour l'hist. de la domination franç. dans le Milanais, a cura di L. G. Pélissier, Toulouse 1891, pp. 100-106; L. G. Pélissier,Note e doc. su Luigi XII e Lodovico Sforza, in Arch. stor. ital., XXIII(1899), pp. 147-149 (erronea è la forma onomastica Leone Blanco adottata dal Pélissier).