Leonardo Bruni
La traduzione latina degli Oeconomica attribuiti ad Aristotele, compiuta da Leonardo Bruni nel 1420-21, ha avuto una larghissima diffusione e fortuna, tanto da costituire non solo uno dei bestseller dell’Umanesimo italiano ed europeo, ma un momento significativo per lo stesso pensiero filosofico, politico ed economico. Tale traduzione, infatti, si inquadrava in un programma ideale ben definito in cui rientravano la traduzione dell’Ethica ad Nicomachum (1419), dedicata dallo stesso Bruni al pontefice Martino V, nonché la successiva traduzione della Politica, dedicata a Eugenio IV e inviata ad Alfonso il Magnanimo nel 1438. Così come le questioni inerenti l’etica non potevano non essere rivolte se non all’autorità massima, cioè al pontefice, e quelle inerenti la politica indirizzate al sovrano aragonese, analogamente la trattazione delle res oeconomicae veniva dal Bruni dedicata a Cosimo de’ Medici, il ‘principe’ dei banchieri.
Leonardo Bruni nacque intorno al 1370 ad Arezzo, dove compì la prima educazione scolastica per poi trasferirsi a Firenze; qui iniziò gli studi di diritto e frequentò le lezioni di Giovanni Malpaghini presso lo Studium fiorentino, ma soprattutto entrò in contatto con Coluccio Salutati, cancelliere della repubblica fiorentina, alla cui biblioteca e casa aveva piena libertà di accesso, come scrive lo stesso Salutati in alcune lettere. Fu uno dei primi discepoli fiorentini di Manuele Crisolora, quando questi fu chiamato, nel 1397, allo Studium fiorentino per insegnare il greco e proprio alla scuola del Crisolora iniziò a tradurre dal greco in latino alcune Vite di Plutarco e Omelie di san Basilio: suo, del resto, è il neologismo traducere che si sostituisce ai verbi vertere e interpretari.
Al vasto progetto di traduzioni affiancò innovativi ed emblematici scritti come la Laudatio florentinae urbis (1403-1404) e i Dialogi ad Petrum Paulum Istrum (tra il 1401 e il 1408). Nel 1405 si trasferì a Roma, presso la curia di Innocenzo VII, come scriptor di cancelleria e a lui si deve la stesura della bolla Ad exaltationem romanae curiae del 1° settembre 1406 che sanciva la rifondazione dello Studium Urbis con un progetto di ampio respiro nel quale si prevedeva l’insegnamento di tutte le discipline, compresa la lingua greca.
Bruni seguì i numerosi spostamenti della curia, partecipando a Pisa al processo contro Gregorio XII, per poi passare nella curia di Alessandro V e di Giovanni XXIII; andò al Concilio di Costanza, ma, a seguito della deposizione di Giovanni XXIII, abbandonò il Concilio per fare ritorno nel 1415 a Firenze, dove ricevette la cittadinanza; avrebbe ripreso la carica di secretarius pontificio solo nel 1419-20, quando Martino V soggiornò a Firenze durante una lunga tappa del viaggio verso Roma.
Gli spostamenti non impedirono a Bruni di continuare il suo impegno di traduttore (Senofonte, Eschine, Demostene, Platone, Aristotele), di scrivere trattatelli di impianto morale (come il De studiis et litteris, 1422-26, e l’Isagogicon moralis disciplinae, 1424-26) o politico (come il De militia, 1421), di elaborare orazioni (come l’Oratio in funere Iohannis Strozzae, 1428), di riadattare testi antichi come Polibio nei Commentaria tria de primo bello punico (1421-22) e soprattutto di iniziare l’Historia florentini populi (1416-42), un testo dalla lunga e complessa stesura. Nel 1426 partecipò a un’importante missione a Roma presso Martino V. Nel 1427 divenne cancelliere della repubblica fiorentina e con tale carica seguì le questioni inerenti il Concilio di Basilea, l’esilio di Palla Strozzi e il ritorno dei Medici, la fuga di Eugenio IV a Firenze, lo spostamento del Concilio da Ferrara a Firenze, non perdendo mai di vista le questioni linguistico-letterarie (partecipò con Biondo Flavio alle discussioni nel bugiale a proposito della lingua latina), storiche e della tradizione fiorentina, soprattutto scrivendo le Vite di Dante e del Petrarca (1436) e non tralasciando di riflettere, anche in forma polemica, sulla tecnica delle traduzioni, come avviene per la controversia sul De recta interpretatione con il vescovo catalano Alonso di Cartagena o per le obiezioni rivoltegli da parte di Pier Candido Decembrio sulla traduzione dell’Ethica aristotelica. In concomitanza con il Concilio per l’unione delle due Chiese, sancita dalla Laetentur caeli del 6 luglio 1439, scrisse in greco il De re pubblica Florentinorum e seguì con vivo interesse il nascere della dinastia aragonese a Napoli, fornendo istruzioni per l’ambasceria napoletana del 1442. Morì il 9 marzo 1444 e fu sepolto a Firenze nella basilica di Santa Croce, dove è ancora conservato il famoso monumento funebre fatto allestire dalla Signoria a opera di Bernardo Rossellino.
Dopo la traduzione dell’Ethica ad Nicomachum, Bruni tradusse gli Oeconomica, probabilmente durante il suo periodo di secretarius pontificio nel 1419-20 quando la curia e il pontefice Martino V erano a Firenze, come lascia intuire l’espressione «per has ferias» che si trova nella dedica a Cosimo de’ Medici: in questa egli dichiara non solo di aver tradotto dal greco, ma di aver aggiunto un commento con l’«explanatio obscuriorum verborum».
Anche il colophon del ms. Conventi Soppressi C.7.2677 della Biblioteca nazionale centrale di Firenze («Leon. Aret. traduxit e greco 1420») conferma la data e il lavoro di traduzione dal greco. Un altro importante codice, inoltre, il ms. 79, 19 della Biblioteca Medicea Laurenziana, con tutta probabilità il codice di dedica, in quanto reca alcune correzioni autografe di Bruni, nonché l’ex libris di Piero de’ Medici, figlio di Cosimo, fu trascritto da Antonio di Mario, uno dei copisti più vicini al Bruni, in stretto contatto con l’autore per la trascrizione delle opere bruniane: esso reca la data del 3 marzo 1420, apposta alla fine del commento al I libro (f. 29r: «Finis Commentarii super primo libro Oeconomicorum. Leonardus Arretinus edidit. Antonius Marius florentinus scripsit V nonis martii MCCCCXIX», cioè il 1420 stile fiorentino, in quanto l’anno aveva inizio a Firenze il 25 marzo). Il commento in due libri consisteva soprattutto nella spiegazione delle parole e dei concetti aristotelici per facilitare lo stesso Cosimo nella comprensione testuale.
Il testo degli Oeconomica bruniani è costituito da due libri, che corrispondono al primo e al terzo delle edizioni moderne degli Oeconomica pseudoaristotelici. Nella dedica al cardinale Niccolò Albergati della Vita Aristotelis (1429) Bruni avrebbe inoltre ribadito che gli Oeconomica erano composti da due libri. La questione è abbastanza complessa: la tradizione testuale degli Oeconomica tramanda infatti tre libri, di cui solo i primi due sono pervenuti in greco, mentre il terzo è in latino, con influenze che risentono del pensiero cristiano dei primi secoli; in particolare gli storici della filosofia antica assegnano il primo libro a uno scolaro di Aristotele e di Teofrasto, il secondo a un discepolo di Aristotele; il terzo libro è invece datato tra il I sec. a.C. e il II d.C. (Aristotele, Il trattato sull’economia, a cura di R. Laurenti, 1967, pp. 8-10). Mentre il primo libro riguarda il de re familiari, cioè l’amministrazione domestica intesa come governo di uno solo rispetto alla politica che è governo di molti capi, e il secondo discute sulle quattro forme di oeconomica, il terzo è esclusivamente dedicato ai rapporti tra marito e moglie; per questo terzo libro Erasmo avrebbe messo in discussione la paternità aristotelica, e non a torto.
Bruni, dunque, tenendo conto che non esisteva neanche ai suoi tempi un testimone greco per il terzo libro, poteva tradurre dal greco solo il primo libro, e a Firenze sicuramente era conservato qualche manoscritto in greco a cui Bruni potesse attingere, come, per es., gli attuali mss. 81,5 e 81,21 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze. Al tempo di Bruni, in particolare, circolavano due traduzioni in latino, quella cosiddetta vetus che comprendeva tutti e tre i libri degli Oeconomica, e la translatio Durandi, che era composta di due libri (gli attuali primo e terzo), di cui è testimone anche un codice datato 1297 (Paris, Bibliothèque nationale, ms. lat. 16089): su di essa, indicata come riduzione e rimaneggiamento della translatio vetus, hanno a lungo discusso gli studiosi per individuarne l’autore, probabilmente Durando di Alvernia. La translatio vetus, per es., pubblicata con la sigla Γ da Franz Susemihl (Aristotelis quae feruntur Oeconomica, 1887), è tradita anche da un codice della Badia fiorentina al quale Bruni avrebbe potuto accedere, l’attuale ms. Conv. Soppr. 95 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze; Bruni avrebbe potuto vedere anche la translatio Durandi, per es., nell’attuale ms. 13 sinistra 6 della medesima Biblioteca Laurenziana, appartenuto alla biblioteca del convento francescano di Santa Croce, oppure nell’attuale ms. Conv. Soppr. A.5.2769 della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, anch’esso appartenuto alla Badia fiorentina. Il fatto che la translatio Durandi sia composta di due soli libri, come la traduzione di Bruni, sembrerebbe rafforzare l’ipotesi che Bruni avesse avuto sotto mano questa traduzione: Eugenio Garin e Renato Laurenti si sono posti il quesito del rapporto del testo di Bruni con queste precedenti traduzioni, soprattutto per verificare l’autonomia della traduzione bruniana. È un dato di fatto, però, che il Salutati possedeva un codice con la translatio vetus degli Oeconomica, l’attuale ms. 5.3.D.30 della Biblioteca comunale di Macerata, contenente anche Proclo nella traduzione di Guglielmo di Moerbeke: proprio sui margini dei fogli contenenti gli Oeconomica il Salutati aveva apposto numerosi notabilia, a dimostrazione di una lettura interessata di quel testo che poi Bruni avrebbe riproposto, forse su suggestione dell’antico maestro cancelliere. Infatti lo stesso interesse per l’erudizione, intesa come storia delle opinioni dei filosofi antichi che il Salutati aveva manifestato in alcuni suoi scritti, viene consapevolmente ripreso dal Bruni nella dedica a Cosimo de’ Medici («quid de re familiari tradiderint excellentissima philosophorum ingenia»).
Questa curiosità conoscitiva nei confronti della concezione della famiglia nel mondo antico, come è tramandata dal primo libro degli Oeconomica, può forse spiegare l’interesse del Bruni, attento ai modelli politici della classicità, a riprendere il testo traducendolo dal greco. Quanto all’omissione del secondo libro, dove maggiore spazio è assegnato alle questioni per così dire finanziarie, è difficile dire se ciò sia dipeso da una volontà esplicita di eliminare un argomento considerato forse spurio al de re familiari oppure dalla situazione testuale a cui Bruni poteva accedere. Per quanto riguarda il terzo libro, dedicato all’acquisizione dei beni e alla loro conservazione, nonché soprattutto all’Idealtypus della buona moglie, si comprende come esso potesse essere accolto in una società mercantile come quella fiorentina dove, tra viaggi di commerci ed esili forzosi, la donna, rimanendo in casa, si trovava a essere l’unico soggetto in grado di poter amministrare in modo continuativo i beni dell’intera famiglia.
Del resto è significativo che, in anni vicini alla traduzione del Bruni, Giovanni Aurispa si sia cimentato nella traduzione di un altro importante testo di natura economica, l’Oeconomicus di Senofonte, anche se questa traduzione è andata perduta. Un precedente illustre, inoltre, era costituito dal fatto che già intorno al 1371-74 Nicola d’Oresme aveva tradotto in francese tre testi aristotelici, e precisamente l’Ethica ad Nicomachum, gli Oeconomica e la Politica, cioè la medesima triade a cui si sarebbe dedicato il Bruni. Altro precedente, per di più fiorentino, era costituito per il Bruni da quella Regola del governo di cura familiare (a cura di D. Salvi, 1860) che il domenicano Giovanni Dominici aveva composto agli inizi del Quattrocento, riprendendo il filone della religiosità terziaria domenicana.
Nella dedica a Cosimo de’ Medici, nella quale viene anche ricordato il padre, Giovanni Bicci, «sapientissimus», vero e proprio fondatore delle ricchezze della famiglia, emerge chiaramente la posizione del Bruni sul significato da assegnare alla res familiaris: il fine dell’economia familiare è proprio la ricchezza, le divitiae, che sono condizione preliminare e necessaria per accedere agli «honores dignitatesque», cioè quella base di stabilità economica che consente di poter partecipare alla stessa vita pubblica e politica. Bruni conclude la dedica distinguendo i praecepta della vita «activa», che suddivide in tre parti: i precetti che riguardano i costumi (mores), quelli che riguardano la vita della famiglia (res familiaris) e quelli che riguardano la vita pubblica (res publica), secondo un impianto coerente che giustifica il progetto di traduzioni dei tre testi ‘aristotelici’ a cui si dedicò Bruni, l’Ethica ad Nicomachum, gli Oeconomica e la Politica, rispettando la sequenza anche da un punto di vista temporale nell’impegno versorio.
Tale posizione, in base alla quale la res familiaris doveva identificarsi tout court con l’acquisizione delle ricchezze, fortemente e nettamente ribadita, fu in qualche modo contestata al Bruni: infatti egli risponde con una lunga lettera (di incerta datazione, da collocarsi tra il 1420 e il 1428: Luiso 1980, p. 107) a Tommaso Cambiatori, dottore in utroque, noto per il suo volgarizzamento dell’Eneide, per un commento alla Prima epistola ad Lucilium di Seneca, nonché autore di un trattato De iudicio libero et non libero, e che evidentemente aveva sollevato alcune obiezioni al Bruni: anzi il Cambiatori si era distinto per uno scambio epistolare con Decembrio nel quale erano stati affrontati problemi relativi alla vita e alla morte e dunque si presentava come philosophus ascetico che non approvava l’assunto in base al quale le ricchezze sono un bene. Nella risposta il Bruni, ricordando proprio di aver tradotto gli Oeconomica, ribadiva la compatta testimonianza dei filosofi antichi, dai quali si distaccava il solo Epicuro, a proposito del binomio ricchezze-bene e non tralasciava di ricordare di aver fatto dono di questa sua fatica versoria a un amico «dotto e soave»: il richiamo così esplicito a Cosimo de’ Medici doveva probabilmente costituire una sorta di garanzia, al riparo da critiche benevole e malevole. E che Bruni si facesse garante dei poteri mercantili e bancari è confermato implicitamente dall’Oratio ad Martinum V, recitata nel 1426 a Roma, nella quale egli, esaltando il ristabilimento della pace e le opere edilizie e di restauro che si erano realizzate con il ritorno del pontefice a Roma, non dimenticava di esaltare le condizioni di sicurezza dell’ager romanus che consentivano la tranquillità dei viaggi e degli scambi mercantili.
Proprio dalla traduzione degli Oeconomica, e dalla successiva discussione sul ruolo e il significato della ricchezza, il ceto dei mercanti acquisiva uno statuto più saldo: in particolare il secondo libro della traduzione bruniana, dedicato al ruolo della donna e all’amministrazione della casa, non poté non condizionare e suggestionare gli stessi Libri della famiglia di Leon Battista Alberti o proporre agganci con la problematica de re uxoria su cui, a partire da Ermolao Barbaro il Vecchio, si cimentarono generazioni di umanisti.
Se non si conosce il codice di dedica degli Oeconomica destinato a Cosimo de’ Medici, un altro ricco mercante, Francesco Sassetti, possedeva la traduzione bruniana degli Oeconomica (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. 79,1). La diffusione di questa traduzione bruniana fu davvero di ampie proporzioni: solo per fare qualche esempio, ne possedeva una copia il vescovo William Gray (Oxford, Balliol college, ms. 242, proveniente dalla bottega di Vespasiano da Bisticci), l’umanista Marino Tomacelli (ms. Patetta 303 della Biblioteca Apostolica Vaticana), il monaco Girolamo Aliotti (London, British library, ms. Additional 27491), il cardinale Niccolò da Cusa (Bernkastel-Kues, St. Nikolas-Hospital, ms. 179), il filosofo Marsilio Ficino (Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 135), il maestro di grammatica John Russel che nel 1446-47 copiava di seguito le tre traduzioni bruniane (Ethica ad Nicomachum, Politica, Oeconomica: Oxford, New college, ms. 228). È anzi molto frequente che la traduzione bruniana degli Oeconomica venisse a far parte di antologie umanistiche sulla famiglia e sull’educazione, come, per es., il ms. Hannover, Landesbibliotek IV, 406, comprendente anche il De liberis educandis di Plutarco nella versione di Guarino Veronese, nonché il De ingenuis moribus di Pier Paolo Vergerio.
Anche la tipologia della trasmissione testuale è quanto mai varia: non è infrequente che vengano omessi i due libri di commento voluto dal Bruni per spiegare il significato delle parole, evidentemente con l’intenzione di rivolgersi a chi non era particolarmente esperto nel campo del linguaggio filosofico; in alcuni casi è tramandato solo il primo libro, tanto che, sulla scorta di questa indicazione, Hans Baron aveva ipotizzato una realizzazione della traduzione degli Oeconomica in due tempi ben distinti, in analogia con quanto si era verificato per la circolazione del solo primo libro dei Dialogi ad Petrum Paulum Istrum. La struttura codicologica del citato ms. 79, 19 della Biblioteca Medicea Laurenziana confermerebbe inoltre tale ipotesi.
La traduzione bruniana degli Oeconomica fu anche oggetto del commento di Guglielmo Becchi, vescovo di Fiesole, realizzato intorno al 1467, da collocarsi all’interno di un progetto culturale comprendente il commento all’Ethica nel 1465 e il commento alla Politica nel 1476, con la stessa successione temporale – Ethica, Oeconomica, Politica – con cui Bruni si era dedicato a tradurre i tre testi aristotelici. Anche il francescano Pedro de Castrovol, provinciale di Aragona, scrisse un commento nel 1489-90 agli Oeconomica tradotti dal Bruni, che furono poi pubblicati a Pamplona nel 1496 (ISTC, Incunable Short Title Catalogue, ic00254000).
La traduzione bruniana degli Oeconomica ebbe anche una grande diffusione a stampa, sia separatamente come in un’edizione databile al 1470, assegnata a Venezia o più di recente a Verona (ISTC ia01009000), sia insieme con le altre due versioni bruniane dell’Ethica ad Nicomachum e della Politica, come a Strasburgo prima del 10 aprile 1469 (ISTC ia00983000) o a Barcellona nel 1473 ca. (ISTC ia00984000) e Valencia nel 1475-77 ca. (ISTC ia00985000); a Siena gli Oeconomica furono anche stampati presso Simone di Niccolò de’ Nardi il 1° febbraio 1508 con il commento dello stesso Bruni, «cum commentariis Leonardi Aretini» (Edit16, Censimento nazionale delle edizioni italiane del XVI sec., 31488).
Ma già nel 1498 Aldo Manuzio, nel V volume degli Opera di Aristotele stampati a Venezia in lingua greca (ISTC ia00959000), rivolgendosi ad Alberto Pio da Carpi, lamentava che gli Oeconomica erano pervenuti più come fragmenta quaedam che come liber integer et absolutus, ma si lamentava anche del fatto che il secondo libro della traduzione bruniana (di cui conosceva l’incipit: «latine incipit ‘Probam mulierem’») era pressoché introvabile, nonostante le ripetute ricerche a Roma, Firenze, Milano, in Grecia e in Inghilterra (Aldo Manuzio editore: dediche, prefazioni, note ai testi, a cura di C. Dionisotti, 1° vol., 1975, p. 22). In tal modo, condividendo la tragica e comune sorte del naufragium librorum, anche il Bruni, proprio in base all’impresa di quella sua fatica versoria degli Oeconomica, assurgeva ad auctor, a colui cioè che era stato il ‘vero autore’ della nascita della trattastica de re economica nel mondo moderno.
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