CORTESE, Leonardo
Nacque a Roma il 20 maggio 1915 da Luca, impresario teatrale e giornalista, e da Bjeatrice Arena. Fratello di Guglielmo, che diverrà impresario e organizzatore teatrale e cinematografico, compiuti gli studi medi superiori presso il liceo scientifico di Napoli, consegui la maturità nella sessione autunnale del 1934, e frequentò dall'anno successivo il corso triennale di recitazione dell'Accademia nazionale d'arte drammatica, diplomandosi nella sessione estiva del 1938. Ma già prima R. Simoni l'aveva notato in un suggestivo spettacolo in piazza a coronamento delle celebrazioni giottesche preparato da S. D'Amico e T. Pavlova: Il mistero della Passione da laudi dei disciplinati umbri (sagrato di S. Nicolò di Padova, 20 giugno 1937).
L'esordio cinematografico avvenne con un ridondante film di M. Bonnard, Jeanne Doré (1938, parte di Jacques Doré), a proposito del quale G. Visentini scrisse che "in quella rovina è il solo nuovo attore Leonardo Cortese che rimane in piedi". Dopo avere impersonato Carlo nella Vedova di G. Alessandrini (1939), un film che riportava il sapore dei vecchi album di famiglia, e in cui il giovane attore fu giudicato ottimo, la notorietà gli sopraggiunse con la parte di Turiddu sostenuta nella Cavalleria rusticana di A. Palermi (stesso anno), film pittoresco ma non superficiale, e si consolidò con quella del conte Luciano in Una romantica avventura di M. Camerini.
L'interprete, ancora giudicato ottimo, si presentò in quest'ultimo film con un aspetto bello e curato, modi garbati e disinvolti, tenero o appassionato, vagamente malinconico, prestandosi all'evasione fantastica del pubblico giovanile, soprattutto femminile.
Per evidenziare interamente la gamma delle sue doti di attor giovane occorreva la conferma del palcoscenico; l'opportunità gliela offrì L. Adani che l'accolse nella sua compagnia e lo fece apparire nella prima italiana di Una famiglia di Filadelfia di P. Barry (teatro Carignano di Torino, 24 dic. 1940): ricordato laconicamente da L. Ridenti, fu poco dopo, al teatro Nuovo di Milano, lodato dal Simoni che ne mise in rilievo la "giovanile baldanza". Ambedue continuarono ad apprezzarlo, nella stagione in corso, come l'interprete maschile ideale, pieno di slancio e di amabilità, di un repertorio leggero e accattivante, curato e adattato alla personalità degli attori dall'Adani, intelligente capocomica e sua premurosa consigliera. Seguirono, sempre con successo, Frutto acerbo di R. Bracco (teatro Nuovo di Milano, 30 dic. 1940), La conchiglia all'orecchio di V. Bompiani (ibid., 23 genn. 1944) e l'immancabile Addio, giovinezza di S. Camasio e N. Oxilia (ibid., 28 gennaio). In questo solco è da collocarsi anche l'interpretazione di Marchbanks nella Candida di G. B. Shaw diretta da C. Pavolini (teatro Odeon di Milano, 6 maggio 1941), che non convinse L. Ridenti perché "debole d'entusiasmo e scarsa di vibrazioni". Nel 1941 impersonò il calibrato Vittorio di Sissignora di F.M. Poggioli, un film d'alta classe dalle, insolite annotazioni di carattere sociale; e l'anno dopo fu lo scanzonato Franco Amidei dei brioso Un garibaldino al convento di V. De Sica. Dopo la prima italiana di Fermenti di E. O'Neill (teatro Eliseo di Roma, 4 febbr. 1942) che lo vide, con la compagnia di E. Zacconi, interprete preciso delle infatuazioni, dei bronci, dell'innocenza e dell'impertinenza del giovane Riccardo, riportò pieno successo in una seconda edizione di Candida (ibid., 18 giugno 1942), in cui fu "un poeta tutto slancio e vibrazione, consapevolezza intuitiva e fuoco ideale; e questa sua bella fatica, compiuta sotto il segno di un'intelligenza e di una finezza ammirevoli, è certo una delle sue più felici" (L. Ridenti). Il periodo bellico lo vide ancora impegnato in lavori di non grande peso (il film dello scrupoloso A. Lattuada, La freccia nel fianco del 1943-44, in cui impersonò Brunello adulto al posto di V. Gassman trattenuto a Milano dalle precarie condizioni dei collegamenti tra Nord e Centro, risentì degli squilibri dei tempi di lavorazione) e il pubblico teatrale dovette attendere il 1946 per ammirarlo (non del tutto d'accordo con la critica) come protagonista in titolo nel Ritratto di Dorian Gray di C. Bestetti da O. Wilde (teatro Quirino di Roma, 11 giugno, regia di G. Salvini, accanto a M. Melato): E. Contini, infatti, osservò che il C. era stato un Dorian "più impetuosamente istintivo che diabolicamente perverso". Nell'ambito di un notevole repertorio francese contemporaneo che vide impegnati nelle scelte, anche poco fortunate, attori lungimiranti e coraggiosi, si debbono ricordare Appuntamento a Senlis di J. Anouilh (teatro Excelsior di Milano, 31 genn. 1947), recitato con convinto fervore; la prima italiana di Anfitrione 38 di J. Giraudoux (teatro Nuovo di Milano, 14 nov. 1947), in cui fu "un vispo e intrigante Mercurio" (E Possenti); e soprattutto Le mani sporche di J. P. Sartre (teatro Odeon di Milano, 26 genn. 1949, parte di Ugo): il dramma, accolto tra fischi (ma non molti) e applausi (che ebbero il sopravvento), fu recitato "bene nell'ultimo quadro da Leonardo Cortese ma nei precedenti con troppa espressione e poco raccoglimento" secondo il perplesso R. Simoni.
Da questo momento le interpretazioni importanti si diradarono (anzi, a partire dal 1949, egli preferi alternare per breve tempo, con quella dell'attore, l'attività inconsueta dell'attore-critico cinematografico per il settimanale Idea e collaborare con lo pseudonimo di Leo Passatore alla rivista Mercurio, ma senza risultati apprezzabili): fu "un Ivan estroso e beffatore pieno di fuoco giovanile" (E. Contini) nel Revisore di N. Gogol (teatro delle Arti di Roma, 26 maggio 1951) e apparve in taluni filin non importanti come Il capitano di Venezia di G. Puccini (1954) e Il conte Aquila di G. Salvini (1955), in cui recitò con dignità ma con scarsa convinzione.
In Italia si era aperto, con l'immediato favore del pubblico, l'esercizio televisivo (per quanto attiene il teatro, sotto il segno del Goldoni): il C. ne intuì l'importanza quando molti attori e registi cinematografici o teatrali snobbavano il nuovo mezzo espressivo, considerandolo un genere minore. Si provò dapprima come interprete del marchese Leonardo De' Fiorellini nella pionieristica messinscena da studio del raro atto unico L'osteria della posta (3 genn. 1954), poi, nello scorcio degli anni Cinquanta, si documentò sulla tecnica televisiva seguendo da vicino il lavoro di S. Bolchi che realizzava in diretta soprattutto commedie dei repertorio italiano, oltre che coi gusto dello spettacolo, con la scrupolosa direzione degli attori e l'attenta osservazione dei particolari significanti che, secondo il C., erano i segni sicuri della professionalità di un regista. Si convinse che questa era la sua nuova strada e, prima di rompere con il passato, diresse il suo terzo ed ultimo film, Violenza sul lago (1954), dopo il cortometraggio Chi è di scena? del 1951 e Art. 519 codice penale del 1952, che possono solo documentare, questo (sulle incongruenze della legislazione in tema di violenza carnale) e il primo, gli assaggi di un tema, quello poliziesco, che gli diverrà congeniale nella penultima fase della sua carriera; interpretò anche, in occasione delle celebrazioni tassiane, l'Aminta (cortile del palazzo dei Diamanti di Ferrara, 26 giugno 1954), impersonando il protagonista in titolo "con fresca emotività e misurata arte" (G. Trevisani) e il Torquato Tasso di W. Goethe (prima italiana, ibid., 27 giugno successivo) approfondendo "il suo personaggio con impegno e passione nelle esaltazioni e nelle depressioni, nel vigore e nello sconforto, dandogli tutta la sua consistenza drammatica" (Id.). Dopo aver fatto il presentatore della rassegna di talenti Tutti improvvisatori ideata da A. G. Bragaglia (in onda settimanalmente dal 19 marzo al 4 giugno 1958), il 23 apr. 1963 diresse, per la televisione, La maestra di canto di R. Craveri da una delicata novella di K. Mansfield, ma ottenne il suo primo, ampio riconoscimento di pubblico con La figlia del capitano, riduzione di F. Palmieri e sua da A. Puškin, in onda dal 12 maggio al 23 giugno 1965; tale successo fu rinsaldato con l'originale televisivo di U. Pirro e V. Talarico Luisa Sanfelice (15 maggio-26 giugno 1966), che si può considerare la sua regia migliore dal momento che egli tenne fede al proposito di non concedere nulla alla retorica e all'oleografia, accogliendo quel tanto di calore e impeto necessari a una storia prerisorgimentale, toccata a volte da un'analisi severa degli egoismi e degli interessi politici dei personaggi. Il debutto nel giallo a puntate avvenne con La donna di quadri di M. Casacci e A. Ciambricco sulle imprese del tenente Sheridan (dal 19 apr. 1968 in cinque puntate).
In tale occasione affermò che "per un regista il giallo è un'esperienza importante perché impone, con la forza della narrazione necessariamente stringata, la rinuncia a tutte le tentazioni e ai trabocchetti dell'accademia"; minuzioso fino alla pignoleria, richiedeva dagli attori impegno ed entusiasmo anche per la battuta più banale e non aveva pace finché le sequenze meditate notte e giorno non venissero realizzate secondo la sua personale prospettiva (a questo fortunatissimo ciclo seguirono, sempre degli stessi autori, La donna di cuori dal 24 ott. 1969 in cinque puntate e La donna di picche dal 26 marzo 1972 in tre puntate).
Negli anni Settanta cominciò il suo declino, forse più pè r motivi di salute che per l'emarginazione, di cui si sentì vittima, da parte dell'amministrazione televisiva. Ciononostante continuò ad operare, sia pure a ritmi più radi, convincendo con lo sceneggiato Gelosia da A. Oriani (dal 7 sett. 1980 in quattro puntate), assai accurato nella ricostruzione dell'ambiente e delle psicologie e pertanto tra le sue cose migliori, ma deludendo con gli adattamenti di Casa di bambola di H. Ibsen (26 ott. 1982) e di Come le foglie di G. Giacosa (21 febbr. 1984).
Morì a Roma il 21 ott. 1984.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio dell'Accademia nazionale d'arte drammatica, fasc. pers.; Ibid., RAI. Radiotelevisione italiana, Schedario del servizio stampa, ad vocem; Cinema, 25 nov. 1938; Il pramma, 15 gennaio, 1° febbraio, 15 febbraio, 1° giugno 1941; 1° marzo, 15 luglio 1942; 1° marzo, 15 dic. 1947; 15 luglio 1954; Corriere della sera, 28 marzo 1942; Il MesSaggero, 13 giugno 1946, 27 maggio 1951, 22 ott. 1984 (necrologio); Teatro scenario, 16-30 giugno 1951; Radiocorriere (poi Radiocorriere TV), 3-9 genn. 1954; 16-22 Marzo, 1°-7 giugno 1958; 21-27 apr. 1963; 15-21 maggio 1966; 14-20 aprile, 28 aprile-4 maggio 1968 (C. Tabasso, Entusiasta e pignolo, p. 109); 15-25 ott. 1969, 26 marzo-1° apr. 1972; 7-13 sett. 1980; 24-30 ott. 1982; 19-25 febbr. 1984; R. Simoni, Trent'anni di cronaca drammatica, IV, Torino 1958, pp. 366, 513, 518, 554; V, ibid. 1960, pp. 41, 104; F. Savio, Ma l'amore no, Milano 1975, pp. 75, 149, 181 s., 299 s., 330 s., 388. Vedi inoltre: Enciclopedia dello spettacolo, III, Roma 956, coll. 1533-1534; Filmlexicon degli autori e delle opere, I, Roma 1958, coll. 1457 s.; F. Di Giammatteo, Dizionarto universale del cinema II, Roma 1985, p. 512.